Carla Bley : ottant’anni e non sentirli

Carla Bley

Le ricorrenze anagrafiche forniscono talvolta l’occasione per illuminare la parabola artistica di un(a) jazzista. Nel caso della pianista, tastierista, compositrice, arrangiatrice e band-leader di Oakland ci si accorge che la sua carriera – iniziata nel 1959 – non è ancora finita, anche se molti frutti sono maturati dai semi che ha saputo coltivare. Per evitare un semplice riassunto della vita e delle opere, proverei a parlare di quest’eclettica e singolare artista seguendo – dopo una breve introduzione – un ipotetico programma radiofonico con l’ascolto (purtroppo immaginario ma facilmente realizzabile, anche attraverso la rete web) di sue composizioni, differenti per organico e data d’esecuzione.
Piena di mille impegni la sua vicenda fin dall’inizio: arrangiamenti per cantanti folk, lavori nei piano-bar, venditrice di sigarette nei jazz club, costumista in teatro, compositrice, cantante, tastierista… Trasferitasi a New York dalla natìa California, incontra il pianista Paul Bley che ventunenne sposa, incrementando il lavoro di scrittura: i suoi brani iniziano a piacere a musicisti di valore come Art Farmer, Jimmy Giuffre e George Russell. La musica diverrà il suo unico lavoro dal 1964, quando aderirà al Jazz Composer’s Guild creato dal visionario trombettista e compositore Bill Dixon. Insieme ad un altro trombettista – Michael Mantler – diventa codirettrice della Jazz Composer’s Orchestra Association, l’anomala big-band autogestita dai musicisti della fervente scena d’avanguardia newyorkese. E’ in questa temperie artistica “alternativa”, dove il free incontra la musica europea ed in cui i jazzisti più creativi incrociano i propri linguaggi, che si collocano l’esistenza e l’opera di Carla Bley. La jazzista sposa Mantler in seconde nozze e si getta nel magmatico progetto di “Escaletor Over the Hill” (1968-1972).
“Hotel Ouverture” da “Escaletor Over the Hill” (JCOA Records, 1971). E’ il fiammante prologo di un’opera su testo di Paul Hines, musica della Bley, coordinamento e produzione di Mantler. Tre album per una ciclopica esecuzione registrata in varie sedute tra il 1968 ed il ’71. Un orchestra di diciassette elementi (da Jimmy Lyons ad Enrico Rava) si muove su scuri fondali, illuminati da due strumenti che saranno basilari nella poetica della compositrice: il trombone (Roswell Rudd) ed il sax tenore (Gato Barbieri). Altre parti solistiche sono per l’aspro clarinetto di Perry Robinson e per il plastico contrabbasso di Charlie Haden. Preludio dagli accenti ora epici ora strazianti di un’opera complessa e visionaria anche per il rapporto tra testo e musica.
“Liberation Music Orchestra” (Impulse, 1969). Tra Haden e la Bley c’era già una forte empatia sonoro-politica. Nella foto con striscione rosso che campeggia sulla copertina dell’album i due sorreggono, da lati opposti, quella sorta di coraggiosa bandiera. Gli arrangiamenti sono dell’artista di Oakland come tutti i brani che connettono le riletture da pagine della guerra civile in Spagna e le composizioni del contrabbassista e di Ornette Coleman. Nell’orchestra spiccano Barbieri e Rudd, Dewey Redman, Don Cherry e Sam Brown: una vera “all stars” del free unita da un impegno politico nettissimo e sincero (siamo nel 1969). E’ il primo di una lunga serie di album della Liberation Music Orchestra di fatto codiretta con Charlie Haden, formazione a cui Carla Bley darà costantemente, e creativamente, il suo apporto: tra i più recenti “Dream Keeper” (1994, Polydor) e “Not in Our Name” (2005, Universal France) in cui l’artista è anche direttrice. Perché l’orchestra era e sarà la sua dimensione preferita ed il suo vero strumento.
“Ad Infinitum” da “Dinner Music” (Watt, 1976). L’etichetta nasce nel 1973 perché la Bley e Mantler vogliono documentare la propria musica in totale libertà. Il brano ha un semplice tema e vede l’artista all’organo – sua grande passione alla testa di un tentetto ricco soprattutto di ottoni (elemento che la avvicina a Gil Evans) e con due chitarre. Su un lungo pedale c’è vasto spazio per il trombone di Roswell Rudd in una temperie sonora a cavallo tra jazz e progressive rock, una “terra di mezzo” molto frequentata negli anni ’70 (del resto la Bley nel 1974-’75 suona con il gruppo del bassista inglese Jack Bruce, conosciuto ai tempi di “Escletor…”).
“Musique Mecanique III” da “Musique Mecanique” (Watt, 1978). Solo un paio d’anni separano le due partiture ma qui la big-and di tredici elementi (tra cui la figlia Karen al glockenspiel e Steve Swalow al basso elettrico che diventerà il compagno musicale ed esistenziale della sua vita) evoca altri mondi sonori. Ci sono riferimenti all’Europa e il brano alterna un tema onirico e inquieto (con sfumature circensi) a sezioni in cui l’organico si impunta come se la puntina di un giradischi non andasse avanti, con uno straordinario effetto straniante. Tromba, trombone (Rudd), corno (John Clark) e tuba (Bo Stewart) appaiono fondamentali nella policromia dell’orchestra, come l’organo suonato con originalità dalla leader. (altro…)

I nostri libri

Enzo Boddi – “Uri Caine – Musica in tempo reale” – Sinfonica Jazz, pgg.241, 
€ 20

Uri CaineEccellente lavoro questo del musicologo fiorentino Enzo Boddi che dedica le sue attenzioni ad una delle personalità più sfaccettate e poliedriche che il mondo musicale ci abbia offerto negli ultimi decenni: Uri Caine. L’artista è ben noto al pubblico italiano sia per le numerose apparizioni in festival e concerti sia per le collaborazioni con musicisti italiani. Di qui un ulteriore motivo per leggere con curiosità ed interesse le oltre duecento pagine del libro.
E devo dire che la lettura viene ampiamente ripagata: Uri Caine è lumeggiato in tutti i suoi aspetti, a partire dalla Philadelphia anni ‘50, fino alle opere più recenti, a disegnare un mosaico complesso di cui le varie influenze cui Caine è stato sottoposto e le molteplici direzioni che la sua arte ha seguito nel corso degli anni rappresentano gli imprescindibili tasselli.
Ecco quindi i primi forti legami con Don Byron e Dave Douglas, l’importanza del piano-trio, il fattore soul nella sua musica .. per approdare ad un primo e importante punto fermo: la forza delle radici ebraiche che diventano fonte di ispirazione.
Raggiunta questa consapevolezza, Caine si muove su altri fronti: sperimenta con la canzone pop, sperimenta con alcuni grandi della musica classica quali Bach, Beethoven, Mozart, Schumann, Mahler, Verdi, si inoltra nei sentieri tortuosi della musica contemporanea…mantenendo comunque intatta la sua cifra stilistica. 
Boddi ci guida con mano sicura in questo zig zagare tra stili, epoche, suggestioni pure assai diversi e lontani tra di loro evidenziando quel filo rosso che lega il tutto e che è rappresentato dall’arte di Caine. Questo perché l’autore, nella sua analisi, non segue tanto un percorso cronologico quanto una via che si snoda attraverso i differenti contenuti della musica di Caine.
Il volume è inoltre scritto in maniera semplice ma non banale ed è corredato da discografia e biografia.

Peter Erskine – “No Beethoven – La mia vita dentro e fuori i Weather Report” – Arcana Jazz pgg.305 più un’appendice fotografica – € 25,00

No BeethovenI Weather Report non esistono più da tempo, Joe Zawinul è venuto meno nel 2007 eppure questi musicisti continuano a calamitare l’attenzione degli appassionati. Di recente vi abbiamo presentato quella splendida realizzazione della Legacy contenente inediti del gruppo. Adesso è la volta dell’autobiografia di Peter Erskine che, guarda caso, è anche l’estensore delle note che accompagnano la citata raccolta discografica. E la cosa non stupisce più di tanto ove si tenga presente da un lato la straordinaria carriera artistica di Erskine, batterista giustamente annoverato tra i più grandi di sempre, musicista e compositore di rilievo che ha collaborato con artisti di estrazione pure assai diversa quali, tanto per fare qualche nome Stan Kenton, Maynard Ferguson, Michael Brecker, Joni Mitchell, gli Steely Dan, Elvis Costello, Pat Metheny, dall’altro il ruolo che il batterista ha giocato all’interno del gruppo fondato da Joe Zawinul e Wayne Shorter. Un ruolo che andava ben al di là del semplice partner per assurgere a quello di vera e propria colonna portante della migliore edizione del gruppo, vale a dire quella con Wayne Shorter, Joe Zawinul e Jaco Pastorius; Erskine rivive quel periodo  che va dal 1978 al 1986, con cinque album, tutti di straordinario livello. Ma, come racconta lo stesso Erskine, c’è un prima e un dopo Weather Report. Ecco quindi i 63 capitoli in cui è diviso il volume, veri e propri frammenti di vita vissuta in cui l’artista esprime le proprie opinioni circa gli accadimenti della vita quotidiana di un musicista e quindi, tanto per fare qualche esempio, i rapporti con l’industria discografica, la musica per il cinema, le registrazioni ECM, i voli in Giappone e via di questo passo in una galleria affascinante di fatti e personaggi. Il racconto non si sviluppa, tuttavia, su un canovaccio temporale ma trova il suo preciso punto di riferimento nei Weather Report, ossia nel periodo che precede la sua entrata nel gruppo, negli anni vissuti assieme e nell’imperituro ricordo che accompagna il batterista dopo essere uscito dal gruppo. Non a caso l’autobiografia si chiude con una toccante “Ultima lettera di Joe” in cui il tastierista austriaco ringrazia Peter per la sua amicizia e soprattutto ricorda il grande amore che per tanti anni lo ha legato alla sua Maxine, “il centro del suo universo”.
Il volume è corredato da due appendici: la prima dedicata alle «persone che appaiono in questo libro, ma che non hanno avuto spazio sufficiente, oppure le persone che mancano del tutto dalla narrazione» (p.245); la seconda a cinquanta album, compresi tra il 1974 e il 2010 e selezionati da una discografia di seicento, «che per qualche motivo meritano una discussione separata» (p.279). (altro…)

Chiude la stagione Candiani Groove, con quattro concerti

CANDIANI GROOVE GIUGNO 2016

Giovedì 9 giugno, ore 21.00

New Landscapes
Not just a soundscape
Silvia Rinaldi (violino barocco)
Luca Chiavinato (liuto barocco, oud)
Francesco Ganassin (clarinetto basso)

Daniele Vianello Quartet
Lunaria
Stefano Gajon (clarinetto)
Dario Zennaro (chitarra elettrica)
Daniele Vianello (contrabbasso)
Davide Michieletto (batteria)

Giovedì 16 giugno, ore 21.00

Venice Connection Quartet
Acrilico
Tommaso Troncon (sax tenore e soprano)
Paolo Garbin (pianoforte)
Vincenzo della Malva (contrabbasso)
Enrico Smiderle (batteria)

Claudio Cojaniz
Stride vol. 1 e vol. 2
Claudio Cojaniz (pianoforte)

ingresso : intero € 5
ridotto speciale per giovani fino ai 29 anni € 3

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L’affascinante universo sonoro di Martin Tingvall

Martin1_by Jenny Kornmacher - small

Sono al Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica di Roma per ascoltare il concerto in piano solo di Martin Tingvall
Quando appare sul palco Martin suscita immediatamente simpatia; il suo essere svedese è chiaramente evidenziato dalla statura e dal colore dei capelli; si muove con un certo imbarazzo che scompare del tutto quando comincia a suonare.
E a questo punto mi sorge spontaneo un raffronto con il disco di Cecil Taylor che ascoltavo in macchina recandomi all’Auditorium: certo, non si tratta di considerazioni originalissime, ma ancora una volta sono rimasto stupito da quanta differente musica si possa trarre da un medesimo strumento, il pianoforte. Così nei brani di Taylor possiamo ritrovare una smisurata energia e intricati poliritmi che in qualche misura richiamano l’Africa mentre l’arte di Tingvall è profondamente radicata nella cultura europea e in modo specifico nella grande musica del Nord Europa caratterizzata da grandi aperture, profondi silenzi e dolce malinconia. Una musica difficilmente etichettabile che ha indotto qualche critico ad affermare, non senza ragione, che si tratta di una forma di musica che non conosce classificazione di genere collocandosi vicino sia a Edvard Grieg sia al Chick Corea delle ‟Children‘s Songs”.
Nel concerto romano Martin ha presentato brani provenienti dai suoi ultimi due album per solo piano, ‟En ny dag”, del 2012 e “Distance” uscito di recente. (altro…)

Ferenc Fricsay su Deutsche Grammophon. Un mito induttivo

Il grande direttore magiaro Ferenc Fricsay (1914-1963) divenne famoso, oltreché per le equilibratissime interpretazioni di un vasto repertorio, anche per aver costituito un’orchestra, la RIAS (Radio nel Settore Americano) destinata a divenire sotto la sua guida un organismo ammiratissimo in tutto il mondo. «Per un interprete è doveroso suonare tutto. Non si deve mai insistere su un compositore in particolare». Così ammoniva, e fu coerente. Allievo dei grandi musicisti-docenti dell’Accademia Liszt di Budapest (Bartók, Kodály, Weiner ) Fricsay era un polistrumentista, caso raro già fra quanti la musica la suonano, figuriamoci tra i direttori. Altra qualità fu la grande apertura culturale, che lo avvicina forse solo a Mitropolous. Non a caso l’incarico berlinese gli venne affidato con due opere nuove: “Dantons Tod” di Gottfried von Einem e “Le vin herbé” del compositore svizzero Frank Martin, autori che non erano certo delle ‘pop star’. La morte prematura a 59 anni, nel 1963, consegnò quindi agli archivi del mito un nuovo nome intramontabile. Karajan, dopo la morte di Furtwängler, prese il timone della Filarmonica di Berlino e la trasformò, come noto, nella migliore orchestra del mondo, ma l’eccellenza raggiunta dalla RIAS di Fricsay non fu inferiore. Anzi: se è vero che il gregge vincolò il nomade Karajan a seguirlo, le scelte direttoriali di Fricsay e della sua orchestra, meno vincolati allo star-system, furono in certo qual modo più libere. Particolarmente feconda poi fu la naturale collaborazione con alcuni compatrioti come i pianisti Géza Anda, Andor Foldes e Louis Kentner e il grande violinista Tibor Varga. (altro…)

JAZZIT FEST#4 CIVITATES PIEMONTE | Cumiana [TO], da venerdì 24a domenica 26 giugno 2016

0 CONTRIBUTI PUBBLICI + IMPRONTA ZERO AMBIENTALE

 1 BANCA DI SVILUPPO CULTURALE CON CIRCA 700 DONATORI [il 40% dei ricavi finanzierà la nascita di una ‘Casa Civica della Musica’ nel paese che ospita l’evento]

1 GOOD PRACTICE EUROPEA DAL TITOLO ‘CULTURE SHAPES THE SMART CITY’

1 BUONA PRATICA CULTURALE #LACULTURACHEVINCE

 1 PAESE CHE OSPITA E CHE FA ‘INCLUSIONE SOCIALE’ CON L’ARTE, LA MUSICA E LA CULTURA 

3 GIORNI DI MUSICA, WORKSHOP, CONFERENZE, SHOWCASE, CAMPUS DIDATTICO E LABORATORI DI MUSICA PER L’INFANZIA

 3 GIORNI DI TURISMO CULTURALE CON GUIDE LOCALI, STORYTELLING DIFFUSO, LABORATORI E DEGUSTAZIONE DI PRODOTTI TIPICI

3 GIORNI DI SHARING ECONOMY TRA MUSICISTI, ADDETTI AI LAVORI, SERVICE, VOLONTARI E COMUNITÀ LOCALE

 200 VOLONTARI provenienti da tutta Italia e dall’estero 

300 RESIDENZE CREATIVE VISSUTE DA MUSICISTI, CREATIVI, PROMOTER, DISCOGRAFICI, BLOGGER, EDUCATORI, INTELLETTUALI, ARTISTI, FOTOGRAFI e VIDEOMAKER

15.000 PRESENZE ATTESE

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Il JAZZIT FEST è una manifestazione promossa e prodotta dalle piattaforme editoriali JAZZIT e IL TURISMO CULTURALE, ed è uno degli eventi più rivoluzionari degli ultimi anni
In virtù dei suoi princìpi e dei suoi valori, il JAZZIT FEST  ha meritato una good practice europea dal titolo ‘Culture Shapes the Smart City’, il patrocinio onorario UNESCO e la buona pratica #laculturachevince.  Dopo tre edizioni promosse nel borgo medievale umbro di Collescipoli, il JAZZIT FEST cambia pelle e da festival diventa un processo sociale e culturale: CIVITATES. Da qui l’idea di essere itineranti e trasferire la nostra esperienza su scala nazionale: nel 2016 saremo in Piemonte, nella città di Cumiana (TO), nel 2017 in Veneto (a Feltre, BL) e nel 2018 in Puglia (ad Andria, BT).
Il JAZZIT FEST nasce come occasione di incontro e confronto per la comunità jazzistica nazionale; con CIVITATES, invece, vogliamo dimostrare che la musica, la creatività, l’etica e la partecipazione civica possano cambiare i destini di una comunità locale, avviando un percorso di sviluppo culturale, economico e sociale in modo giusto, coerente e sostenibile.
Questa, in sintesi, la nostra carta d’identità:
# è prodotto secondo una sua ‘Carta dei Valori’ che racchiude dentro di sé un ‘Codice Etico’ e un ‘Bilancio Sociale’
# è prodotto senza contributi pubblici, a basso impatto ambientale e in sharing economy
# si alimenta di una direzione artistica a ‘sorgente aperta’: per iniziativa diretta, libera e spontanea, di musicisti, addetti ai lavori e creativi
# si promuove esclusivamente attraverso due hastag: #benvenuti_jazzitfest [la comunità locale che ospita] ed #eccomi_jazzitfest [chi partecipa]
# la comunità locale ospita nelle proprie case tutti i protagonisti del programma
# si autofinanzia attraverso la ‘Banca di Sviluppo Culturale’, un crowdfunding innovativo perché il 40% dei ricavi sarà destinato alla fondazione di una ‘Scuola Civica della Musica’
# mette in scena coinvolgimento attivo della comunità locale
# è un esempio di co-working tra istituzioni, privati e comunità locale
# è un evento che nasce come incontro e confronto di una specifica comunità artistica, il jazz; occasione per scambiarsi informazioni e per attivare reti professionali
# è un evento che esprime un ‘Bilancio Emozionale’: una raccolta delle impressioni lasciate sui social da parte di tutti colore che hanno partecipato all’evento
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IL MECCANISMO OPERATIVO

☞ PARTECIPAZIONE ‘A SORGENTE APERTA’ → c’è una comunità di musicisti, creativi, artisti e intellettuali che decide spontaneamente, e senza invito, di vivere una tre giorni di ‘Residenza Creativa’ all’interno di una comunità locale, nello specifico Cumiana; lo fanno per condividere esperienze, performance e informazioni; per registrare, arrangiare e provare musica nuova; per attivare una rete di relazioni umane, artistiche e professionali; per saperne di più sulle novità del music business contemporaneo;

☞ LA COMUNITÀ LOCALE: ACCOGLIENZA E INCLUSIONE SOCIALE  → c’è una comunità locale che, spontaneamente, mette a disposizione le proprie case e le proprie strutture ricettive per ospitare e dare accoglieva a tutti i protagonisti delle ‘Residenze Creative’; famiglie e imprenditori locali che decidono di entrare in contatto e accogliere chi fa musica, arte, cultura e creatività;

☞ LE ISTITUZIONI PUBBLICHE COLLABORAZIONE MA NON CONTRIBUTI PUBBLICI → ci sono le istituzioni pubbliche, nello specifico il Comune di Cumiana, che ha stretto un protocollo collaborativo con il promoter del Jazzit Fest: non erogherà contributi pubblici e non finanzierà l’evento ma offrirà un sostegno logistico e burocratico necessario per la buona riuscita dell’evento e sensibilizzerà cittadini e imprenditori a offrire accoglienza, ristoro, beni e servizi;

☞ SERVICE, VOLONTARI, PUBBLICO E MECENATISMO: SHARING ECONOMY  → c’è una comunità di service, volontari, imprenditori sensibili e donatori che mette a disposizione dell’evento tutto ciò che può: tempo, competenze, beni, partecipazione e risorse, così da sostenere e finanziare il progetto

☞ LA NOSTRA ‘BANCA DI SVILUPPO CULTURALE’: SEMINARE CULTURA SUL TERRITORO → JAZZIT FEST » CIVITATES non fa utilizzo, per scelta, di contributi pubblici, e ci alimentiamo di donazioni e sponsorizzazioni che saranno raccolte dalla Banca di Sviluppo Culturale, una banca ideale che nasce come forma innovativa di crowdfunding: perché il 40% delle risorse raccolte sarà destinato alla fondazione di una ‘Casa Civica della Musica’ a Cumiana e al finanziamento di borse di studio per i giovani della città. Perché vogliamo dimostrare che il passaggio del nostro evento ‘semina’ cultura sul territorio e trasforma per sempre le abitudini di una comunità locale

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IL PROGRAMMA

Il programma del JAZZIT FEST si sviluppa su tre fasce orarie: mattina, pomeriggio e sera.

Ogni fase della giornata è connotata da una lunga serie di attività, in parte programmate [visite guidate, conferenze e showcase] e in parte lasciate alla libera iniziativa dei musicisti e artisti in programma [happening, house concert, mob, installazioni, etc].

Tutto ciò che concerne l’attività musicale, didattica e artistica è offerta a titolo gratuito e tutto ciò che si genererà all’interno delle ‘Resigenze Creative’ – a livello discografico, fotografico e video – sarà di pubblico dominio e ‘rojalties free’ in quanto generato dalla convergenza d’azione di più soggetti che operano senza scopo di lucro o commerciale.

Le iniziative di turismo culturale e di ristoro saranno invece offerte a pagamento: ma tali quote non saranno incassate dal JAZZIT FEST » CIVITATES , ma dirette a sostenere l’associazionismo culturale e sociale del territorio, e il tessuto imprenditoriale della comunità locale.

MATTINA [dalle ore 10.00 alle ore 15.00]

» itinerari di turismo culturale con guide locali; picnic sonori; trekking naturalistici

» mercatino locale

» laboratori del gusto, dell’artigianato e di storytelling

» stand enogastronomici a filiera corta

POMERIGGIO

[dalle ore 15.00 alle ore 18.00]

» conferenze, masterclass e laboratori di musica d’insieme

» proiezioni di film e videoclip musicali

» stand enogastronomici a filiera corta

SERA

[dalle ore 18.00 a dopo mezzanotte]

» showcase musicali diffusi [performance nelle piazze, nei chiostri, all’interno di residenze private, palazzi storici, chiese, etc]

» stand enogastronomici a filiera corta

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I PROTAGONISTI DELLE ‘RESIDENZE CREATIVE’ 

Al JAZZIT FEST » CIVITATES non si partecipa per suonare o vendere, ma per vivere, e condividere, l’esperienza di una ‘Residenza Creativa’; che significa scambiarsi informazioni, esperienze e capacità; registrare, produrre, suonare e arrangiare nuova musica; aggiornarsi sulle nuove forme del music business; ricordarsi che la musica è anche un fatto sociale.

Nell’arco di tre giorni, trecento persone – tra musicisti, artisti, creativi, promoter, fotografi, manager, educatori, produttori discografici, videomaker, blogger, intellettuali e critici musicali –

Accademia Europea di Firenze [scuola di musica]

Alma Progetto  [musicisti]

Giovanni Angelini Open4tet [musicisti]

Associazione Culturale Notabene [scuola di musica]

Audiation Institute [associazione musicale per l’educazione musicale]

Bagnolo Jazz Trio [musicisti]

Giuseppe Bassi – Eugenio Macchia [musicisti]

Ermanno Basso [direttore artistico della CAM Jazz] 

Duccio Bertini [arrangiatore]

Gabriele Boggio Ferraris [musicista e produttore della Ur Records] 

Capalbo – Falcone “Duologues’ [musicisti]

Piero Cardarelli Melodies In Jazz [musicisti]

Massimo Carrano [musicista]

Mario Ciampà [direttore artistico del Roma Jazz Festival]

Peppe Consolmagno “Flowing Spirits Trio” [musicisti]

Filippo Cosentino [musicista]

Marta Del Grandi [musicista]

Leonardo De Lorenzo ‘L’Isola dei Girasoli’ [musicisti]

Gaspare De Vito [musicista]

Federica Di Bari [blogger – Salt Peanuts]

Luca Di Bernardo [promoter Music:LX]

Sergio Di Gennaro Trio [musicisti]

Dock In Absolute [musicisti]

Edna [musicisti]

Elon University [scuola di musica]

Empathia Jazz Duo [musicisti]

Antonio Figura [musicista]

Daniela Floris [blogger – Jazz Daniels]

Maurizio Franco [musicologo – Civici Corsi di Jazz / Musica Oggi]

Marco Fumo [musicista – musicologo]

Paolo Galletta [fotografo]

Fabio Giachino [musicista]

Andrea Guariso – Performart [musicisti e artisti]

Honolulu Records [musicisti ed etichetta discografica]

Ashley Kahn [critico musicale]

☆ Il Turismo Culturale [rivista]

Jazz Hub [startup musicale]

Jazzit [rivista]

Anna Luglio [musicista]

Margherita Labbe [Jazz For Food_Cover -Accademia di Belle Arti di Brera]

Maloo [musicisti]

Francesco Mascio Duo [musicisti]

Andrea Massaria Hapax Trio [musicisti]

Milesi – Papetti ‘Dimidiam’ [musicisti]

MILK Studios [studio di registrazione ed etichetta discografica]

Nico Morelli [musicista]

Rosario Moreno [direttore e fondatore della BlueArt Management]

Mario Nappi Trio [musicisti]

No Smoke Gospel Choir [musicisti]

Luca Nostro Quartet [musicisti]

Note Legali [associazione di promozione sociale per tutelare e migliorare la professione del musicista]

Giovanni Palombo  [musicista]

Simona Parrinello Trio  [musicisti]

Poesia in Azione  [associazione culturale per la promozione e diffusione della poesia]

Andrea Rea  [musicista]

Massimiliano Rolff  [musicista]

Salieri – Govoni – Negrelli  [musicisti]

Satoyama  [musicisti]

Sonia Schiavone  [musicista]

Leonardo Schiavone  [fotografo]

David Schroeder  [direttore della NYU Steinhardt]

Simona Severini  [musicista]

Solitunes Records  [etichetta discografica e studio di registrazione]

Talkin’ All That Jazz   [stazione radiofonica]

Francesca Tandoi  [musicista]

Lorenzo Tucci  [musicista]

TriAd Vibration  [musicisti]

Francesco Turrisi  [musicista]

Unisono Groovemaker  [musicisti]

☆ Unisono Music School & Jazz Café  [scuola di musica]

University of North Carolina Chapell Hill  [scuola di musica]

Michele Villetti E-MAGO   [musicisti]

Antonella Vitale  [musicista]

Washington University Saint Louis  [scuola di musica]

 

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LINK – TESTIMONIANZE 

  1. Massimo Bray[direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana ‘Treccani’] » https://www.youtube.com/watch?v=Wj__Kdz0Tpc
  2. Enrico Intra [musicista, protagonista di una Residenza Creativa’] » https://www.youtube.com/watch?v=O_kaZMGfmRo
  3. Massimo Nunzi[musicista, protagonista di una Residenza Creativa’] » https://www.youtube.com/watch?v=xchmZDedfdg
  4. Pasquale Innarella[musicista, protagonista di una Residenza Creativa’] » https://www.youtube.com/watch?v=uXx8J4mgjhk
    5. I volontari del Jazzit Fest » https://www.youtube.com/watch?v=tTSsSVdiNXQ
    6. Jazzit Fest: essere una good practice europea » https://www.youtube.com/watch?v=JeWj5SijjFo
    7. La comunità locale che racconta il Jazzit Fest » https://www.youtube.com/watch?v=T-4IqEY2yA0

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