Antonio Sanchez ed Migration al Summertime 2016

sanchez

Casa del Jazz
Summer Time 2016
mercoledì 20 luglio 2016, ore 21

Antonio Sanchez and Migration

Antonio Sanchez, batteria
Seamus Blake, sassofoni acustico ed elettrico
John Escreet, pianoforte e Rhodes
Matt Brewer, contrabbasso
Thana Alexa, voce

Antonio Sanchez  sale sul palco ed avverte che “Migration” è un progetto in forma di suite, come avviene nella musica classica, e che dunque  non ci saranno interruzioni  per tutta la durata del concerto. Ma rassicura il pubblico sul fatto che potrà avere un comportamento rilassato,  applaudire liberamente e  persino tossire. Il che dà sollievo, beninteso, almeno a chi vi sta scrivendo: la suite, nel Jazz mi porta a cercare una concentrazione particolare, condita con una piccola ma necessaria dose di rassegnazione preventiva.
Però bisogna dire che “Migration” è un progetto variegato, energico ed intenso,  e vive oltre che dell’ estro compositivo di Sanchez, del suo particolare, personalissimo e travolgente drumming.
Il quintetto poi mostra una coesione perfetta. Tanto che i momenti che riportano alle difficili parti “scritte” di questo lavoro imponente, fluiscono in maniera talmente naturale da sembrare improvvisati, e le parti improvvisate sono svolte con tale interplay che paiono scritte: specie nel dialogo tra sax e batteria e pianoforte e batteria.
Non è Jazz semplice quello di questo progetto: ma la cosa è evidente solo quando, ascoltando, cerchi di analizzare a fondo come è scritto, quali sono i ruoli reciproci durante tutta la performance, quali le scelte timbriche e armoniche. Ascoltando senza quell’analizzare quello che si percepisce è un Jazz di impatto, sanguigno, coinvolgente: la trama fittissima che c’è dietro porta ad un risultato che non esito a definire “impressionista”.
La batteria è l’elemento trainante. Ma non l’elemento prevalente: le varie sezioni della suite si aprono con un protagonista diverso. Il tema melodico dell’incipit iniziale è presentato dal sax di Blake, doppiato dalla voce di Alexa, e ritorna circolarmente nel finale ripresentato nel pianoforte. La quantità di suggestioni  che si susseguono in più di un’ora di musica è enorme: episodi, come nella prima parte, in cui d’ improvviso i volumi si assottigliano e il trio indugia su tonalità indefinite, con la batteria che diventa morbida, piena di armonici. Salvo poi ritornare travolgente e dalla ricchezza timbrica infinita. Per non parlare della capacità creativa di Sanchez di  assecondare con precisione millimetrica persino nei respiri la libera improvvisazione del sax.
Nella seconda parte  il pianoforte disegna una introduzione lenta, essenziale, dall’incedere severo, sottolineata fedelmente dalla batteria: che però dopo qualche battuta comincia a disturbare quella regolarità, con battiti di cui si percepiscono intense anche le pause, e i silenzi, e che ricama anticipi e ritardi apparentemente fuori tempo “voluti” ed efficaci: creando tensione, viene costruita un’atmosfera surreale. Poi, mano a mano, il quintetto cambia versante. Il pianoforte si tramuta in Rhodes, il Sax e il contrabbasso diventano elettrici: un altro mondo sonoro.
Fino all’episodio successivo, introdotto da un assolo di batteria potente, che interagisce con rapide spennellate distorte del Rhodes di Escreet e si concretizza in un 7/4 poderoso, coinvolgente, quasi concitato nella sua perfezione, in cui il basso mostra tutta la sua granitica funzione armonico ritmica.  Poi il flusso sonoro si assottiglia, rimane in campo il trio elettrico. Seguirà poi un morbido ¾, dall’ atmosfera soffusa, dolce, in cui Sanchez comincia con i mallets per poi passare alle bacchette , leggerissime, che indugiano sui piatti. Si estrapola il trio stavolta acustico, e stavolta siamo su un Jazz dolce, raffinato, impalpabile ma intenso.
Una piccola nota di colore: quando si arriva alla fine, con la ripresa del tema iniziale, si aggiunge una cicala che frinisce perfettamente a tempo.
Unico piccolo appunto -confutabile naturalmente- è da farsi al ruolo della voce femminile. Non a Thana Alexa come vocalist, che anzi è parsa musicalmente preparatissima, assolutamente adeguata a seguire l’innegabile complessità della composizione da tutti i punti di vista (armonico, ritmico in particolare). Non è emersa però con chiarezza, musicalmente, la funzione della voce nella compagine complessiva: pressoché impercettibile timbricamente più che come volume, non abbastanza connotata, semplicemente non ha fatto la differenza, nonostante la sua bravura.
Pubblico in piedi, bis a grande richiesta e un Jazz di altissimo profilo,  Sanchez conferma ancora una volta di essere musicista, compositore, strumentista spettacolare. E con lui i suoi musicisti: non vi perdete, se potete, questo concerto.