La serata inaugurale del Sant’Elpidio Jazz Festival

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Spesso nelle cronache musicali si legge “musicista completo”, “artista a 360 gradi”; ma quali sono le caratteristiche per cui un jazzista potrebbe essere considerato in tal modo? A nostro avviso un musicista completo dovrebbe: innanzitutto possedere una più che solida preparazione tecnica; avere una fertile capacità compositiva e progettuale; saper arrangiare; ed eventualmente saper anche cantare… ultimo elemento, ma non certo per ordine di importanza, avere una buona presenza scenica, cioè saper stare sul palco, saper intrattenere il pubblico senza scadere nel banale o peggio ancora nella volgarità.
Ecco, per quanti hanno assistito domenica 17 luglio alla serata di apertura del 17° Sant’Elpidio Jazz Festival sarà stato facile riscontrare tutte queste doti nel protagonista del concerto, il bassista, multistrumentista e vocalist camerunense Richard Bona con “Mandekan Cubano” ovvero Osmany Paredes al piano, Dennis Hernandez alla tromba, Rey Alejandro al trombone, Luisito e Roberto Quintero alle percussioni e Ludwig Afonso alla batteria. L’ensemble ha presentato l’ultimo lavoro discografico , “Heritage”, che è anche il settimo album registrato da Bona a suo nome. Un album il cui senso è ben spiegato dallo stesso Bona laddove afferma che “La musica abbraccia le differenze e riunisce le genti cosa che non riescono a fare la politica e la religione. Gli schiavi, quando hanno potuto, hanno salvaguardato le musiche dei loro Paesi familiarizzando con gli strumenti di fattura europea dei loro padroni”.  IMG_3004

Personaggio ben noto agli appassionati di jazz, Richard Bona si è oramai imposto all’attenzione generale come uno dei più originali musicisti nell’ambito di quell’area che tende ad una fusione, non di facciata, della musica africana con altre espressioni. In quest’ultimo progetto Bona è andato a ricercare le comuni radici tra la musica del suo Paese e quelle di Cuba sulla scorta di quelle infauste vie che dall’Africa dell’ovest portavano sino a Cuba. Di qui un impianto ritmico fortemente caratterizzato in senso cubano, con un evidente sapore ‘salsero’, in cui Bona si inserisce con il suo strumento e soprattutto con il canto espresso quasi sempre nella sua lingua e spesso in falsetto. Strumentalmente Bona è un vero e proprio “virtuoso” ma questa sua straordinaria abilità tecnica mai è fine a sé stessa essendo, piuttosto, messa al servizio dell’intero gruppo. Diverso il discorso per il canto: qui Bona evidenza appieno il suo essere camerunense portando nel discorso musicale il peso non indifferente della sua eredità, il ricco folklore e la musica tradizionale dell’Africa Occidentale. Dal canto suo “Mandekan Cubano” si conferma gruppo di grande livello a conferma delle prestigiose collaborazioni cui è stato chiamato nel corso di questi ultimi anni. Particolarmente interessanti i fiati il cui linguaggio, in special modo quello del trombonista Rey Alejandro, si avvicina particolarmente a stilemi jazzistici.
Quanto mai recettiva la platea che ha risposto agli input di Bona cantando con lui e tributandogli alla fine una meritatissima lunga ovazione.

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