I NOSTRI CD. Una fresca ventata di buon jazz italiano

a proposito di jazz - i nostri cd

Bardoscia, Alborada, Marcotulli – “Trigono” – Tuk Music 12
Conosciamo Rita Marcotulli da quando ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo della musica; l’abbiamo sempre seguita con affetto e stima e la pianista romana ci ha ricambiato con una carriera luminosa, ricca di splendidi episodi sia concertistici sia discografici. Anche questo album della Tuk Music si colloca su livelli molto alti grazie questa volta non solo a Rita ma anche all’ottimo contrabbassista Marco Bardoscia, allo straordinario quartetto d’archi Alborada nonché alla presenza, quali ospiti d’onore, di Maria Pia De Vito in “I’m a Dreamer” e della chitarra di Nguyên_Lê in “Andrea’s Milonga”, dove compare anche Paolo Fresu straordinariamente al pianoforte e ai battiti di mani. In repertorio tredici brani di cui sei a firma di Marco Bardoscia. L’atmosfera che i musicisti sono riusciti a creare è sorprendente: l’ascoltatore si lascia facilmente cullare dalle note proposte con naturalezza dal gruppo che riesce a far apparire semplici anche passaggi che facili non sono. Il sound creato con l’apporto degli strumenti a corda è ora poetico, ora inebriante, ora suggestivo ma sempre ben lontano da facili concessioni anche perché ad orecchie ben aperte non sfugge l’apporto di fonti ispirative diverse che vanno dalla classica, alla musica accademica contemporanea, dal folk al jazz. Si ascolti, ad esempio, con quanta pertinenza la chitarra di Nguyên_Lê e il pianoforte di Fresu si integrino nel tessuto connettivo disegnato dai compagni di viaggio in “Andrea’s milonga” mentre in “I’m a Dreamer” Maria Pia De Vito conferisce ulteriore spessore ad un ensemble di per sé già ottimo. Tra gli altri brani, uno più convincente dell’altro, ci ha particolarmente colpiti per la bellezza della linea melodica introdotta da Marco Bardoscia, “My Head” dello stesso contrabbassista.

Angiolini Bros Quartet – “JazzOmetrix” –
Due fratelli sardi, Alessandro e Andrea Angiolini, rispettivamente sax tenore e pianoforte, sono i co-leaders di un quartetto completato da Mattero Marongiu al contrabbasso e Roberto Migoni alla batteria. L’album, inciso nel febbraio del 2016 per l’etichetta cagliaritana ‘Claire de Lune’, si inserisce nel solco di quel modern mainstream che a sua volta prende le mosse da un hard-bop aggiornato e rivisto. Quindi un jazz robusto, muscolare ma allo stesso tempo raffinato, in cui scrittura e improvvisazione si legano perfettamente. Il tutto declinato attraverso un repertorio di dieci brani tutti composti a partire dalla metà degli anni ’90 fino ad oggi da Andrea Angiolini che denota una certa facilità e originalità di scrittura. Si ascolti, al riguardo, “Dear Astor”, un omaggio a Piazzolla in cui Angiolini è riuscito a ricreare un clima che in qualche modo ci rimanda al grande artista argentino senza far ricorso ad alcuno dei clichés che solitamente si adoperano per omaggiare Piazzolla. Evidentemente la bella riuscita dell’album è legata non solo alla valenza dei brani ma anche alla bravura degli esecutori. Alessandro Angiolini è sassofonista esperto, maturo ben consapevole delle eredità che gli hanno consegnato tenoristi del calibro di Gordon e Brecker ; Andrea Angiolini è pianista di squisita sensibilità, in possesso di una eccellente tecnica di base che gli consente, tra l’altro, un’assoluta padronanza della dinamica; l’intesa tra i due è perfetta segno evidente che i molti anni passati a provare, a suonare assieme non sono passati invano. Marongiu e Migoni costituiscono, infine, una brillante sezione ritmica propositiva e swingante.

Federica Colangelo – “Chiaroscuro” – Alfa Music 168
Delizioso album della pianista e compositrice Federica Colangelo alla testa di “Acquaphonica” formazione composta dall’olandese Joao Driessen sax soprano, dal tedesco Matthijs Tuijn chitarra acustica, dal bulgaro Mihail (Misho) Ivanov contrabbasso e dallo sloveno Kristijan Krajncan batteria e percussioni, insomma una sorta di multinazionale del jazz che raccoglie alcuni dei più luminosi talenti della scena europea. E già da questa composizione dell’organico si ha una prova della maturità raggiunta dalla Colangelo: le sue scelte risultano, infatti, assolutamente coerenti con le idee compositive che la stessa pone in essere dal momento che non si nota una solo attimo in cui il gruppo non si esprima con grande empatia seguendo alla perfezione le indicazioni della leader. Così ognuno ha la possibilità di mettersi in luce in un equilibrio costante tra pagina scritta e improvvisazione: si ascolti, ad esempio, Joao Driessen in “Croma” e “Contemporary Solution” o Matthijs Tuijn in “Graphic Work”. Dal canto suo la Colangelo si fa notare immediatamente fin dalla trascinante introduzione del primo brano “In bilico” per innervare tutto l’album del suo pianismo allo stesso tempo intenso e delicato, frutto di una profonda conoscenza dello strumento: ottima la padronanza della dinamica, leggero e scorrevole il flusso delle improvvisazioni senza alcuna forzatura, senza alcuna volontà di stupire con tecnicismi fuori luogo. Dal punto di vista compositivo, la sua musica è caratterizzata da una linea melodica frutto di varie influenze (musica classica, Karnatic Music ovvero la musica classica dell’India del Sud) che riesce a trasmettere sensazioni profonde.

Sade Farida – “La terra dei ciclopi” – Inner Circle Music 064
Un pianismo spumeggiante non scevro da reminiscenze classiche e folcloriche. Questa, in estrema sintesi, la carta d’identità stilistica di Sade Farida così come la si evince da questo album uscito a fine settembre per la Inner Circle Music, etichetta discografica newyorkese guidata da Greg Osby. “La Terra dei Ciclopi” è il primo album in piano solo di Sade Farida Mangiaracina, interprete e compositrice siciliana che si è fatta già conoscere in tutto il mondo , grazie a collaborazioni con artisti di fama internazionale come Fabrizio Bosso e Michael Rosen . Come si accennava, l’album è per piano-solo eccezion fatta per due brani , “Ballarò” e “Sugnu tutta pi tia”, in cui accanto alla pianista è possibile ascoltare uno strepitoso Luca Aquino impegnato alla tromba e al flicorno. Ma probabilmente il brano più interessante è “Ciuri Ciuri” che assieme a “Vitti ‘na crozza” è la canzone popolare siciliana più famosa di ogni tempo; composta da Francesco Paolo Frontini nel 1883, con testi d’autore ignoto, “Ciuri Ciuri” ha fatto parte del repertorio di qualunque artista abbia voluto affrontare con serietà il grande patrimonio della canzone popolare siciliana. Ne hanno fornito buone versioni, tra gli altri, Mina, Fiorello, Roy Paci e Otello Profazio cui si aggiunge, adesso, Sade Farida. La sua è una interpretazione sotto certi aspetti straniante: dopo una sorprendente introduzione, Sade intona il tema ma lo fa in modo assolutamente personale, innanzitutto ritardandolo all’inizio di molto rispetto alle esecuzioni cui siamo abituati per poi assumere un andamento più veloce sostenuto da un ostinato della mano sinistra; l’esecuzione prosegue alternando, in mirabile equilibrio, improvvisazione e fedele richiami all’originale.

Claudio Fasoli – “Inner Sounds” – abeat 158
Fasoli è uno di quei rari musicisti che, come si dice in gergo, mai sbaglia un colpo: lo conosco e lo seguo oramai da molto tempo e non ricordo una sola volta in cui un suo concerto, un suo disco mi abbiano deluso. E anche quest’ultimo album non sfugge alla regola: il sassofonista veneziano (ma oramai milanese d’adozione) si presenta alla testa di un doppio quartetto, il Quartetto “FOUR” ed il “SAMADHI 4et” , ad eseguire sette sue composizioni originali, ispirate a una raccolta di sette poemi (Horae Canonicae), le “ore canoniche” del poeta inglese Wystan Hugh Auden. Il percorso seguito da Fasoli, more solito, non è dei più semplici alternando momenti di grande apertura, liricità a situazioni più scure all’insegna della più assoluta imprevedibilità. Il perché è motivato assai bene dallo stesso Fasoli in una breve nota che accompagna il CD, laddove l’artista spiega che per poter dare ad ogni musicista la possibilità di esprimersi in un territorio sonoro scelto solo per lui, si è giunti ad una moltiplicazione delle situazioni musicali e a brani politematici; di qui la studiata volontà di accostare atmosfere le più lontane fra loro, di qui la possibilità di creare una serie di variabili strumentali che si alternano con grande fascino. Ed è proprio questo, a nostro avviso, il merito maggiore dell’album, vale a dire la capacità dell’inusuale organico di misurarsi, con successo, su partiture tutt’altro che semplici che testimoniano la volontà di Fasoli di mai fermarsi sugli allori, di sperimentare continuamente, di cercare sempre di dare sfogo alla propria creatività con una coerenza, un’onestà intellettuale che unanimemente gli viene riconosciuta. Il tutto impreziosito da una valentia strumentale che trova pochi eguali e non solo in ambito nazionale; il suo sound, il suo fraseggiare sia al tenore sia al soprano hanno una precisa riconoscibilità mentre le capacità compositive sono oramai talmente acclarate che riteniamo inutile ogni ulteriore commento. Insomma un gran bel disco che merita la massima attenzione. (altro…)