Pino Sallusti nel ricordo di Andrea Zanchi

di Andrea Zanchi – Come di consueto, mi ritrovo la mattina presto a percorrere l’autostrada Roma – Fiumicino. Vedo lampeggiare il telefonino. Sono le 8.00. Non sono abituato a parlare al telefono mentre guido ed in genere evito di rispondere. È Gianni Di Renzo.

Non si può mancare di rispondere all’amico, grande batterista, che non sentivo da diverso tempo. Ne sono veramente felice ma, nell’istante in cui avvicino il cellulare all’orecchio, un brivido mi corre dietro la schiena, come un avvertimento…..

Purtroppo la notizia che mai avrei voluto sentire esce dalla voce rauca di Gianni: Pino Sallusti durante la notte è deceduto.

Quando si perdono delle persone così care, così importanti, il rischio è quello di commemorarle con una enfasi smielata a volte fastidiosa, ma Pino Sallusti era una persona così ‘bella’ che le opinioni non possono che essere unanimi.

Personalmente mi piace ricordarlo nel bellissimo periodo trascorso assieme con il Trio che mi ha dato la possibilità di entrare dalla finestra nel mondo della musica Jazz.  Non a caso, utilizzo il termine dalla finestra perché il mio percorso musicale cominciò più tardi rispetto ad altri musicisti,  ma con Pino Sallusti al contrabbasso e Gianni Di Renzo ci lanciammo in questa avventura con grande entusiasmo.

Erano gli anni ‘70 e a Roma un piccolo Jazz Club, il Billie Holiday, dava l’opportunità a tutti i musicisti ‘emergenti’ di poter avere la platea a disposizione .

Fu il nostro esordio e l’adrenalina era alle stelle. Verso la fine del concerto, mi ricordo ancora l’espressione di Gianni Di Renzo che preoccupato ed eccitato nello stesso momento, mi fece capire che era appena entrato niente di meno che Massimo Urbani. Ci chiese di suonare assieme.

Guardai Pino e Gianni come per domandare se saremmo stati in grado di poter reggere una performance cosi ‘ambiziosa’. Pino aveva sempre l’abitudine con il suo classico  intercalare ‘a za…  che dici de no?’ .  E’ certo, come si poteva dire di no a Massimo Urbani anche se le mani mi cominciarono a sudare senza nemmeno aver toccato un tasto del pianoforte…..

Pino aveva questo aspetto ‘serafico’, ‘sornione’. In qualsiasi circostanza non ti trasmetteva quell’ansia dell’incertezza che a volte accade durante l’improvvisazione di un brano. Pino era sempre lì, solido come una roccia, ti faceva sempre capire dove riprendere il filo conduttore.

Aveva una capacità mnemonica incredibile. Durante le prove, durante le pause, era capace di cantare gli assoli di alcuni brani  non solamente dei contrabbassisti ma anche quelli di  altri strumenti. Come me, era un ‘autodidatta’ ma con una grande musicalità che gli ha consentito di suonare a livelli di tutto rispetto.

Se il Trio ebbe  la possibilità di mettersi in evidenza all’epoca, lo si deve sicuramente a Pino Sallusti e Gianni Di Renzo che condivisero assieme a me una mentalità carpita dall’idea originale di Bill Evans a cui eravamo tutti e tre legati. L’obiettivo comune era quello di creare una ‘musica d’insieme’.

Come spesso accade nella vita e quindi anche nella musica, le nostre strade si divisero per altre avventure, altre collaborazioni. Per me la ‘coppia’, è il caso di dirlo, di Pino Sallusti e Gianni Di Renzo è sempre stata un punto di riferimento e lo è stata anche  per molti musicisti .

È vero, le regole della vita sono queste, e il taglio del cordone ombelicale  vale per tutti, ma quando accade è dura da sopportare. È un gioco che non vorremmo smettere mai, ma poi, una telefonata ti ricorda la fragilità del gioco.

Di Pino non posso che confermare quello che è apparso sui social dal momento in cui è circolata la notizia della sua scomparsa. Una bella persona prima di tutto e un grande musicista. Nell’ultimo periodo  aveva anche gestito l’appuntamento del  Festival Jazz  alla Garbatella (noto quartiere di Roma) e come era sua prassi, dava spazio ai giovani e a quelle formazioni meno conosciute.  Un atteggiamento che gli faceva certamente onore.

Grazie Pino per le emozioni che ci hai regalato ….

‘we will meet again’