Paolo Fresu Devil Quartet e Odwalla guest Baba Sissoko

Tempo di lettura stimato: 6 minuti

Parole Daniela Floris
Foto Carlo Mogavero

Sabato 24 marzo, ore 18, Sala Santa Marta

Una serata davvero densa di musica e non solo musica, quella di sabato 24, che comincia con un dibattito all' Oratorio di Santa Marta sul progetto Odwalla, che andrà in scena in seguito la sera al Teatro Giacosa.
“Maurizio Franco, riflessioni su Odwalla”, sulla falsariga del libro di Davide Ielmini Odwalla, tempus fugit, moderato da Alberto Bazzurro, è il modo con cui si analizza, si descrive, si spiega e si cerca di comprendere un progetto oramai ventennale che si rinnova ogni anno, in quanto progetto aperto: aperto a suggestioni, cambiamenti, ospiti accolti, e dunque definibile in toto come Jazz. Strutturato ma in continuo cambiamento. I preziosi ascolti proposti da Maurizio Franco disvelano proprio l'unicità di un progetto che è quello ma che non sarà mai lo stesso. Come sarà chiaro, ancora una volta, come leggerete, al Teatro Giacosa, dove Odwalla entrerà in scena in questa 37 edizione con Baba Sissoko.

Dopo la degustazione aperitivo offerto dal Consorzio Vini Canavese, va in scena il concerto di un fenomenale .

Ore 18:30

Boris Savoldelli, voce ed elettronica

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Mi verrebbe naturale un incipit che dicesse all'incirca così: “Non fatelo a casa da soli”.
Sì, perché Boris Savoldelli, vocal performer, presenta un'ora di concerto in solo in cui, con l'ausilio della loop station e del sample, moltiplica la sua voce (e che voce, multitimbrica) per tutte le volte che vuole, costruendosi una vera e propria orchestra, o trio, o qualsiasi compagine gli venga in mente di costruire.
Ma per fare questo bisogna essere ottimi musicisti, avere un orecchio finissimo, gusto nell'armonizzare, nonché saper creare basi ritmiche molto precise: la loop station è micidiale, una volta inserita la propria voce, quella viene parte e procede implacabile senza possibilità di aggiustamenti ulteriori, pena l'eternarsi dell'errore, della cattiva intonazione, di un'armonizzazione sbagliata o anche soltanto spiacevole nella resa. No, non fatelo a casa, perché è davvero impresa titanica, e il fallire porta a risultati insopportabili per il malcapitato che vi dovesse ascoltare.
Boris Savoldelli è un musicista, può permettersi questa impresa.
La prima parte consta di una rigorosa arte dell'arrangiamento, estemporaneo, ovvero la creazione di una base strutturata che definire di accompagnamento è certamente riduttivo. La seconda parte è la possibilità di improvvisare su quel ricco substrato autoprodotto, creando secondo la propria sfrenata fantasia: il risultato è di impatto notevole e musicalmente di alto livello.
Savoldelli è divertente, costruisce un repertorio vario e dunque tutt'altro che monocorde (da I mean You, a Leonard Cohen, al blues, a brani leggendari quali My favourite things), e fornisce anche un saggio della propria voce senza sovrimpressioni con un assolo pazzesco, amplificato dalla particolare acustica della Sala Santa Marta.
Se vi capita, andatelo ad ascoltare, perché oltretutto questo artista ha una grande comunicativa e gli piace spiegare, sorridendo e facendo sorridere, tutto ciò che sta creando: dote rara in un settore musicale non di rado un po' troppo autoreferenziale.

La serata finale entra nel vivo con il Teatro Giacosa sold out per i due concerti di Paolo Fresu Devil Quartet e Odwalla & Baba Sissoko.

Ore 21

Paolo Fresu Devil Quartet

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Paolo Fresu: tromba, flicorno, effetti
Bebo Ferra: chitarra
Paolino Dalla Porta: contrabbasso
Stefano Bagnoli: batteria

Chi, tra chi ama e il Jazz, e non solo, non conosce Paolo Fresu, e anche il Devil Quartet? Anche chi vi scrive lo ha ascoltato più volte, in varie occasioni. Dunque potrei essere in imbarazzo davanti al mio taccuino, quasi vuoto, perché tanto so già tutto e devo solo trovare nuove parole su cose già scritte.
Invece ad Ivrea ho preso molti appunti, come succede sempre quando ascolto musica che mi piace e per la quale ho intenzione di trovare le parole giuste che possano descriverla.
Ho cominciato a scrivere da subito, con Ambre, brano dolce e melodico, suonato piano, forse pianissimo, ma con una intensità e pienezza di suono particolari: la batteria di Bagnoli apparentemente minimale, respira, invece che battere, il contrabbasso di Dalla Porta interagisce con la chitarra e la tromba intrecciandosi con loro anche melodicamente, e non solo con una funzione di accompagnamento. Il tessuto melodico si fa via via sempre più intenso, le spazzole vengono sostituite dalle bacchette, gli scambi tra la tromba e la chitarra che si fanno più fitti, si improvvisa, il flicorno si arricchisce di effetti, fino ad arrivare alla nota lunghissima in fiato continuo, suggestiva sotto i ricami della chitarra di Bebo Ferra: un andamento al quale è impossibile rimanere indifferenti.
Con Moto Perpetuo si cambia atmosfera: comincia Bagnoli alla batteria, si uniscono man mano gli altri a partire da Ferra: prevalgono gli effetti, si sconfina verso un funky trascinante, il duettare tra chitarra e tromba è continuo, la batteria mantiene il punto graniticamente su rullante e charleston, ed è substrato non solo necessario ma davvero irresistibile, quasi ipnotico, fino ad aprirsi in un assolo dirompente e liberatorio. Si continua a lungo, passando per un bellissimo Blame it on my youth, come omaggio a Chet Baker, poetico, sì, ma di certo non melenso, anzi, ricco di particolari, di cura. E ancora un bellissimo assolo di Dalla Porta al contrabbasso, una chitarra fonte di continui e preziosi spunti, e le note lunghe della tromba ricche di dinamiche cangianti.
Giulio Libano di Bagnoli, brano ancora inedito, che uscirà con il prossimo album, completamente acustico, è ancora una volta un esempio di delicatezza ma anche di efficace pienezza, con il tema che passando da uno strumento all'altro cambia nel timbro e non solo nelle note.
Il bis è il tema della popolarissima fiction Un Posto al Sole e dimostra che il Jazz è ovunque, se a suonare ci sono veri Jazzisti. Quali sono, applauditissimi, Fresu, Ferra, Dalla Porta e Bagnoli.

Ore 22:15

Odwalla e Baba Sissoko

Massimo Barbiero: marimba, vibes, percussions
Matteo Cigna: vibes, percussions
Stefano Bertoli: drums
Alex Quagliotti: drums, percussions
Dudù Quate: percussions
Doussou Bakary Touré: djembè
Andrea Stracuzzi: percussions
Baba Sissoko: kora, tama, voice
Vocal: Gaia Mattiuzzi
Dance: Vincent Harisdò – Jean Landruphe Diby

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Odwalla è Jazz? E' musica africana in particolare? E' musica etnica? E' un ensemble di percussioni? E' un progetto sperimentale? E' musica per danza?
Potremmo partecipare a mille dibattiti, e troveremmo particelle di ognuna di queste definizioni e anche altre. Non credo sarebbe costruttivo classificare, riordinare, strutturare un ensemble così cangiante, aperto, multiforme. Ne perderemmo la parte più suggestiva e in fondo anche il senso. Perché come ho detto più volte, il senso di Odwalla è farsi trascinare dai suoni, dai movimenti, dai colori (Odwalla, quando sul palcoscenico è un'esperienza multisensoriale che comprende anche la danza, i costumi, le luci e anche solo la bellezza visiva di tanti strumenti diversi).
In questa 37′ edizione del Festival l'ospite era Baba Sissoko. Originario del Mali, virtuoso del tama, o tamburo parlante, vocalist eccellente, un curriculum imponente, collaborazioni molteplici con musicisti internazionali di svariati ambiti musicali, tra cui naturalmente il Jazz, è parso essere dal primo istante l'artista perfetto, talmente in sintonia con tutto il gruppo da non sembrare l'elemento esterno, ma uno degli elementi fondanti.
Così come è apparsa assolutamente convincente, compenetrata con il complesso tessuto ritmico armonico del gruppo Gaia Mattiuzzi, con la sua voce capace di essere ad un tempo cosìimmateriale e terrestre.
Odwalla, Baba Sissoko, Gaia Mattiuzzi i due danzatori Cincent Harisdò e Jean Landrupge Dibi hanno creato uno spettacolo di dualismi, di ossimori del tutto apparenti. Il ritmo si è trasformato in melodia, con la tama di Sissoko, la melodia in ritmo, con i vibrafoni di Barbiero e Cigna. Le voci maschile e femminile si sono fuse in un unico suono di cui importava (più che il timbro) la resa come suono universale, punto di arrivo di fusione con il gruppo. Le percussioni, nel loro suonare insieme, hanno creato armonie, oltre che battiti. La innegabile strutturazione ritmica di molti pezzi, come Cappellaio Matto, o più introspettive e melodiche, come Cristiana,  hanno dato il via a poliritmie affascinanti e a lunghi episodi di improvvisazione dove gli assoli però mai hanno determinato l'emergere del musicista in essi impegnato a discapito degli altri.
La danza è apparsa simbolica ma anche fortemente legata a tradizioni ben definite,  gli stessi costumi contrastanti tra il bianco assoluto e i colori sgargianti delle maschere hanno trascinato il pubblico tra sensazioni opposte eppure complementari , in un alternarsi tra il movimento del corpo in tutta la sua fisicità e movimenti invece più astratti o evocativi.
Baba Sissoko è fiero delle sue origini africane, ma con la sua musica, da sempre aperta alle suggestioni “altre” , è una porta aperta alla dell'accoglienza e dello scambio. Odwalla e Sissoko, Massimo Barbiero, anima musicale e culturale di questo progetto imponente i danzatori, i musicisti tutti hanno dato vita ad un concerto di musiche e danze della Terra: inutile andare alla ricerca dei vari tasselli che lo hanno composto e che lo compongono. Il mosaico finale è ciò che si spererebbe accadesse nel Mondo in questo particolare periodo storico: lo abbiamo potuto visualizzare nei metri quadrati di un palco di una città del Nord Italia, chiamata Ivrea. Non poteva esserci una chiusura migliore per l'Open Papyrus Jazz Festival, diventato per due ore, il 24 marzo 2017, il centro del Mondo che, appunto, auspicheremmo abitare.

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