I NOSTRI CD

Rosario Di Rosa – “Composition And Reactions” – Deep Voice Records.

L’ album Composition e Reactions (Deep Voice Records) di Rosario Di Rosa, in solo pianistico, presenta essenzialmente un’unica opera che si “sfasa”in 12 cosidette Reactions.
Nasce nel solco del precedente già maturo Pop Corn Reflection (NAU) in un percorso artistico i cui riferimenti stilistici arrivavano a Steve Reich e Schoenberg.
Stavolta il jazzista offre una versione ulteriormente aggiornata della propria musica.
Nella struttura d’insieme affiora una certa affinità con le arti visive, le tecniche grafiche nell’uso di forme e colori per il gusto di “rappresentare” spazi e figure, nel definirne i passaggi.
E c’è poi una dichiarata apertura agli effetti elettronici e un recupero del datato MIDI. In dettaglio le Reactions sono 12 frammenti liberi della Composition n.26, questa, si, scritta, non improvvisata.
Ognuna di esse ha una propria specifica caratterizzazione. Si comincia con Variation e Morphing ovvero trasformazione dei lineamenti iniziali in quelli del tutto nuovi del punto d’arrivo. La successiva, e suggestiva Phasing e’ l’attuazione per gradi della cellula sonora selezionata attraverso sequenze di tipo minimalista laddove Density, giocando su “l’interdipendenza dei vari parametri musicali” (Harrington), percorre in lungo e largo una tastiera che pare non pesata.
La Reaction n. 4, Spaces, è la più onirica, gravida di silenzi astrali. Seguono, appesi/sospesi nel pentagramma, Intervals, in due takes, il primo dei quali a momenti si adagia melodicamente liberandosi dal senso di tensione che li contrassegna.
La n. 6, Tuning, e’ il ritorno alla culla tonale dopo varie scorribande fuori dal seminato. E se nella n. 7, Sampling And Loops, sopravviene la techné di una voce metallica che comprime le note del pianoforte, in Strings lo strumento ritorna percussione pura. Di Rosa espone poi in Clusters grappoli di note grumose del ricorrente sapore monkiano reso contemporaneo che in Textures rivela trame di puro tessuto non tappezzeria musicale.
Lo (s)compositore insomma assembla e sfaccetta, anatomizza e ricuce, spostandosi dal concreto all’astratto mosso da un impulso espressivo forte. Verificando dinamicamente come alla azione (compositiva) possa corrispondere una reazione (improvvisativa).

Federica Gennai, Filippo Cosentino – “Come Hell Or High Water” – Naked Tapes 01
C’e’ modo e modo di combinare e disporre corde e corde vocali, nel jazz.
Petra Magoni si fa accompagnare da Ferruccio Spinetti al contrabbasso. Claudio Lodati non disdegna loop ed elettronica creativa nel seguire la voce di Rossella Cangini. Il melodizzare di Patty è armonizzato dalla chitarra di Tuck così come il bel canto, fra etno e classica, di Noa trova nella chitarra di Gil Dor una piattaformasonora che è un riferimento più che costante. E c’è chi, come Filippo Cosentino, nel seguire volute ed evoluzioni canore, alterna diverse soluzioni di strumento, orientando così ovviamente la prospettiva musicale.
Assieme alla vocalist Federica Gennai annovera nel proprio armamentario sonoro sia chitarra acustica sia elettrica sia, spesso con funzione di “basso armonico”, la chitarra baritona. La cantante, come del resto lui stesso, si serve spesso di effettistica, ma il dato saliente della loro ricerca sonora sono i colori variopinti della timbrica da una parte, dall’altra un ondeggiare fra atmosfere mediterranee e climi musicali tipici del jazz contemporaneo europeo in un comporre del tutto originale.
Nel cd Naked Tapers 01 intitolato Come Hell Or High Water la proposta dei due musicisti evidenzia in modo abbastanza nitido la propria dimensione ispirativa. Beninteso, fra i brani eseguiti si ritrovano Avalanche di Leonard Cohen e Footprints di Wayne Shorter quasi come due fari del folk-blues e dei ’60s jazzistici a cui guardare e riprendere con rispetto e partecipazione. Ma ecco la musica popolare, la propria, in senso strettamente culturale, affiorare in Tramuntanedda (il chitarrista piemontese ha origini siculo-calabre) brano che, ne siamo sicuri, sarà stato fra i più apprezzati nei suoi tour estivi fra Centroeuropa ed Asia per l’abile coniugare linee melodiche southern con improvvisazioni su base spanish. Peraltro ogni brano in scaletta ha una propria connotazione ben definita. Loneliness per il tema trattato della solitudine “nel cuore della terra” affrontato consuadente poesia dalla Gennai. E se No Solution Re Solution è ancora un meditare, essenziale e spoglio, che si adagia su reverberi di arpeggi come stesi sotto la luce solare e Lullaby in Blue è viaggiointrospettivo… bifronte insomma dai due poli, a Baritona e Crescendo, un nome un programma, segue Every Moment Is A Gift (SongFor Paola) con quello strano sapore di istantaneo come il momento in cui il pezzo è nato. Resalio ha un attacco che ricorda Non dire No diBattisti ma è solo un’impressione; lo sviluppo prende una piega bluesy che si trasforma strada facendo, strato per strato di accordi.
Infine il brano che da il titolo all’album è un rientro in quella confidenziale intimità che costituisce la principale cifra stilistica del progetto discografico del duo. Meglio dire della Coppia, per sinergia, musicale e interpersonale.
Umberto Tricca – “Moksha Pulse” – Workin’ Label

Curioso il titolo del disco di esordio del chitarrista Umberto Tricca, Moksha Pulse, edito da Workin’ Label e distribuito da I.R.D.   Moksha, in sanscrito, significa liberazione, emancipazione, affrancamento dalle limitazioni. E la cosa ci può stare, col jazz, visto che anche l’Asia, oltre l’afroamericanità, può rivendicare vicinanze con questo tipo di musica. Pensiamo all’improvvisazione della musica indiana tradizionale. E già nell’intro dell’album, Slow Passacaglia, il chitarrista appare slegato da contorni e margini canonici occidentali.
Non si pensi a influssi etnici spinti alla Remember Shakti per intenderci. Gli strumentisti che lo accompagnano, Achille Succi (sax, clarinetto basso), Giacomo Petrucci (sax baritono), Nazareno Caputo (vibrafono), Gabriele Rampi Ungar (contrabbasso) e Bernardo Guerra (batteria) producono con lui un magma sonoro che afferisce a modalità più di jazz contemporaneo che parajazz o metafolk che dir si voglia.
Pulse, l’altro termine del titolo, non c’entra con i Pink Floyd ne’ con Roger Waters. Nessuna parentela rock (semmai la 6 corde pare richiamare a volte certa sgorgante limpidezza accordale di Larry Coryell). Pulse è il polso, il battito, semplicemente. Seguendolo il sestetto si prodiga in una ricerca di gruppo consistente nell’interfacciare linguaggi musicali anche eterogenei nelle 6 composizioni del chitarrista (la settima, Lude, e’ dell’indiano Vijay Iyer). E se Jhumara Tal pare riecheggiare Sue’s Changes di Mingus, contrattempi ostinati e complesse sincopi contrassegnano in stile Metrics di Steve Coleman il brano che da titolo all’album. Che poi, nell’incedere inventivo si allarga, scopre spazi nuovi, si diversifica. Empty Sky, ballad legata idealmente a Burning in Varanasi, ha un attacco scofieldiano che lascia insinuare, come un serpente dal cesto, l’alto sax di Succi, sorretto da vibrafono e double bass, musica allo statu nascenti dalle estreme radici est/ovest.
Chango Rebel ha per finire una lenta struttura ciclica con un crescendo che deborda in una caleidoscopica poliritmicità afrocubana, con relativa esplosione della sezione ritmica.
L’opera prima di Tricca, sia come compositore che leader, si presenta insomma come un buon viatico verso i prossimi lavori, si spera sempre a 360 gradi di latitudine geomusicale.

 

 

“LE NUOVE ROTTE DEL JAZZ”: DAL 7 AL 10 GIUGNO A TRIESTE I GRANDI PROTAGONISTI DEL JAZZ SPERIMENTALE E DI RICERCA

Arriva alla XV edizione “LE NUOVE ROTTE DEL JAZZ”, l’innovativa rassegna organizzata dal Circolo Controtempo di Cormòns (GO) che porta sul palcoscenico grandi musicisti e nuovi talenti che fanno della ricerca più raffinata e della sperimentazione sonora il loro credo.

L’edizione 2017, in programma dal 7 al 10 giugno, si svolgerà come da tradizione all’Auditorium del Museo Revoltella di Trieste; per il terzo anno consecutivo, uno degli appuntamenti riguarderà un progetto sviluppato con il coinvolgimento del Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste.

n calendario tre concerti, tutti alle 20:30 e ad ingresso libero. (altro…)

Irio De Paula Un gigante della musica brasiliana… e non solo

 

La notizia mi è giunta improvvisa, come uno schiaffo in piena faccia: quasi contemporaneamente Daniela Floris e Donatella Luttazzi mi informavano che Irio De Paula, chitarrista e compositore di fama internazionale,  se n’era andato.

Uno schiaffo in piena faccia, dicevo, perché è stata proprio questa la sensazione che ho vissuto nel leggere quelle poche righe. Conoscevo Irio dai primissimi anni ’70 e per un certo lasso di tempo, in quegli anni, ci siamo molto frequentati.

Irio De Paula, nome completo Irio Nepomuceno De Paula (Rio de Janeiro10 maggio 1939), arrivò in Italia nei primissimi anni ’70   a seguito della cantante Elza Soares, insieme al percussionista Mandrake e al batterista Afonso Vieira, facendo presto conoscere il suo straordinario talento.

Come ho già avuto modo di raccontare parecchie volte anche in questa sede, per quei miracoli che ogni tanto accadono, tra me e Mandrake si sviluppò un profondo legame rotto soltanto dalla scomparsa del percussionista. Ma, allora, frequentare Mandrake mi portò inevitabilmente a conoscere bene anche Irio ed ebbi così modo di apprezzarne non solo la straordinaria musicalità, l’eccezionale bravura tecnica… insomma tutti quegli elementi che ne facevano un artista con la A maiuscola, ma anche la mitezza, la dolcezza, l’estrema disponibilità che disegnavano la personalità di un uomo “per bene”.

Sempre in quel periodo un mio carissimo amico, purtroppo anch’egli scomparso,  Nuccio Liistro, pianista eccellente, seppur dilettante, organizzava delle serate musicali a casa sua e più di una volta abbiamo avuto il piacere di avere con noi Irio che non si faceva certo pregare disdegnando qualsivoglia atteggiamento da superstar. E di quelle serate conservo un bellissimo ricordo con un nastro purtroppo non molto fedele essendo stato registrato con un apparecchio tutt’altro che professionale.

Poi, morto Nuccio, andato via Mandrake, i nostri rapporti si sono allentati ma ciò non mi ha impedito di seguirne con attenzione la parabola artistica iniziata, nel nostro Paese, con la partecipazione nel 1970 a “Per un pugno di samba”, album realizzato a Roma da Chico Buarque de Hollanda con gli arrangiamenti di Ennio Morricone e proseguita con  “Balanço”, registrato a Roma per la mitica Horo nel dicembre del 1972 con Afonso Vieira alla batteria, Mandrake alle percussioni e Giorgio Rosciglione al contrabbasso, impreziosito dalle note di copertina di Enrico Simonetti. E al riguardo è d’obbligo sottolineare come per De Paula sia stato importante il ruolo della Horo, la casa discografica diretta con passione e competenza da Aldo Sinesio: per questa etichetta, nel 1975 e nel 1976  Irio registrò una serie di album ancora oggi di grande interesse quali “Mariamar” con Archie Shepp, “Dannie Richmond” con il celebre batterista, “Steve Grossman”; “Sal Nistico”, “Maracanà” con Alessio Urso e Afonso Vieira,  “Casinha Branca” in cui accanto al trio su citato si ascolta la big band diretta da Cicci Santucci.

In quegli stessi anni – per la precisione nel 1973 – De Paula acquisì una certa notorietà presso il pubblico italiano, anche al di fuori dei confini del jazz,  quando un suo pezzo, “Criança”, venne inserito nella colonna sonora de “L’ultima neve di primavera” e venne pubblicato sulla facciata B del 45 giri del tema principale del film, che raggiungeva il primo posto nella hit parade.

Già a metà degli anni ’70 l’astro di Irio De Paula splendeva, quindi, alto nel firmamento musicale non solo italiano e sono in molti ad accorgersi delle sue straordinarie capacità. La sua reputazione cresce anche tra i musicisti e questo lo porterà a pubblicare più di cinquanta album, da solo o in varie formazioni, spaziando dalla musica brasiliana agli standard della musica statunitense.

Irio ha accompagnato alla chitarra i più popolari artisti della musica latinoamericana quali Sergio Mendes, Elza Soares, Baden Powell, Eumir Deodato, Astrud Gilberto e ha inoltre partecipato come ospite, sia dal vivo che in studio, a incisioni di prestigiosi jazzisti quali Gato Barbieri, Chet Baker, Tal Farlow.

Il fatto è che Irio è stato un grandissimo musicista la cui arte pur essendo ancorata alle più  profonde tradizioni della musica brasiliana era tuttavia innervata da una accurata conoscenza anche del jazz sì da produrre un mix perfettamente equilibrato e soprattutto di assoluta originalità Ecco, Irio era uno di quei musicisti che dopo qualche nota risultava perfettamente riconoscibile a chi segue con attenzione sia la musica brasiliana sia il jazz.

Insomma un vero e proprio gigante della musica il cui vuoto sarà difficile colmare.

IL CIRCOLO FRIULANO “CONTROTEMPO” INCANTA TORINO CON VITALIANO TREVISAN E I MALKUTH

Dopo il successo a Pordenone e Sacile con i concerti della rassegna Piano Jazz, il Circolo Controtempo di Cormòns (GO) ha incantato il pubblico di Torino con la performance organizzata domenica 21 maggio al festival Narrazioni Jazz e che ha visto protagonisti Vitaliano Trevisan e i Malkuth.

Tutto esaurito infatti all’Auditorium Grattacielo Intesa Sanpaolo per “Short-cuts in Jazz”, il progetto di Controtempo – per la prima volta in scena a Torino – che ha unito sul palcoscenico l’arte letteraria e teatrale di Trevisan con il jazz visionario dei Malkuth, quintetto rivelazione del jazz italiano. Uno spettacolo in cui la scrittura ritmica e affilata di Vitaliano Trevisan si è intrecciata con le musiche dei talentuosi Malkuth creando un effetto di grande suggestione molto apprezzato dal pubblico.
Si tratta di un risultato di prestigio per il circolo Controtempo, unica realtà culturale friulana ospite al festival Narrazioni Jazz.

L’evento è stato inoltre accompagnato da un “regalo” per il pubblico: un elegante volume, curato dal critico e giornalista Flavio Massarutto, che raccoglie due racconti (oggi quasi introvabili) di Trevisan intercalati dalle illustrazioni del fumettista Pasquale Todisco in arte Squaz, che collabora con riviste quali Linus, Internazionale e Rolling Stone. (altro…)

Il jazz italiano a FIM – Fiera Internazionale della Musica

 

FIM – FIERA INTERNAZIONALE DELLA MUSICA
La Fiera della Musica e dei Musicisti
26/27/28 Maggio 2017
LarioFiere
Viale Resegone
Erba (CO)

Anche il grande jazz italiano alla Quinta Edizione di FIM – Fiera Internazionale della Musica. Dal 26 al 28 maggio a Erba (CO), cinque grandi musicisti, diversi per estrazione, esperienze, storia e approcci, interverranno per portare al pubblico di FIM la propria testimonianza, all’insegna della musicalità più libera, espressiva, ricercata. Non solo rock, dunque, alla Quinta Edizione di FIM, ma anche diverse modalità di intendere, vivere e divulgare il rapporto con il jazz. Si parte proprio il giorno dell’inaugurazione, venerdì 26 maggio, con Gaetano Fasano, che alle 14.30 in Casa FIM presenta La Padderia. Il musicista salernitano è un profondo conoscitore della storia del tamburo, vissuto sempre attraverso il gusto della ricerca e il superamento delle convenzioni: Fasano ha maturato una lunga carriera artistica in cui ha esplorato i generi più diversi, dal jazz al prog-rock, dal blues sino alla musica latina, Africana ed Araba. Eccellente strumentista, Fasano è anche un didatta assai richiesto dalle principali scuole italiane, grazie al suo sistema di studio La Padderia: un originale metodo fondato sul confronto diretto tra maestro e allievo, che praticano frontalmente con un sistema di hardware e pads da studio.

Dalla batteria al sassofono, tra forme standard e non convenzionali, con Tino Tracanna: sabato 27 maggio alle 17.45 in Casa FIM uno dei più ammirati e influenti sassofonisti nostrani racconta la sua esperienza musicale dai primissimi anni ’80 ad oggi. Figura seminale per il sax jazz italiano degli ultimi 40 anni, insignito del Top Jazz di Musica Jazz 2016 come secondo miglior musicista e terzo miglior gruppo, Tracanna racconterà la propria visione del sassofono attraverso i suoi lavori da bandleader, o in compagnia di giganti come Franco D’Andrea e Paolo Fresu. Alle 18.15, poco dopo Tracanna, sarà un altro amatissimo nome della musica italiana a raccontarsi in Casa FIM: Patrizio Fariselli! L’improvvisazione sarà il filo conduttore dell’incontro con l’ex tastierista degli Area: dagli anni ’70 ad oggi, dalla musica totale accanto a Demetrio Stratos all’esperienza discografica di avant-jazz degli ultimi anni, Fariselli si rivelerà al pubblico nel suo percorso – davvero sui generis – tra musica, scrittura e immagine. A Fariselli verrà consegnato il FIM Award 2017 “Creative Keoyboards”. (altro…)