Massimo Urbani Ma chi era costui?

 

Cinquecento adesioni in quattro giorni e , nel momento in cui pubblichiamo, saranno senz’altro aumentate. E’ questo il risultato della petizione on line https://www.change.org/p/comune-di-roma-assessorato-alla-cultura-non-cancellate-il-festival-jazz-di-monte-mario-dedicato-a-massimo-urbani . La rete è lo strumento a cui si sono infine rivolti l’Associazione Culturale Scuola di Musica l’Esacordo (presieduta da Giuseppe Salerno), Maurizio Urbani e gli altri musicisti che per due anni – con il sostegno del Municipio – hanno dato vita alla rassegna “Il Jazz di Monte Mario”, dedicato a Massimo Urbani, rassegna che il municipio XIV guidato dai CinqueStelle sembra, di fatto, voler sopprimere.

Fin da febbraio – nell’incontro con l’Assessore alla Cultura – a Salerno e Maurizio Urbani (fratello di “Max”) era stato comunicato che i fondi in bilancio erano pochi e molte le manifestazioni da organizzare ed i personaggi da commemorare. Scritta una mail alla Presidente della Commissione Cultura, i due sono stati invitati (dalla Presidente, il giorno precedente) a presenziare ai lavori della Commissione stessa. In buona sostanza  nella riunione è stata ribadita la limitatezza dei fondi, che “Il Jazz di Monte Mario” non è tra gli interessi dei CinqueStelle, che ci sono indicazioni di utilizzare le risorse in altro modo. C’è stata la reazione del consigliere Barletta (ex-Presidente PD del municipio, che si attivò per realizzare la prima edizione della rassegna nel 2015) con la richiesta/proposta di destinare anche una piccola parte dei fondi per il festival, in modo di garantirne almeno la continuità. Nulla da fare: la decisione sembra già presa e la controproposta è stata quella di organizzare qualcosa per il 6 giugno nel giardino dedicato a Massimo Urbani, con la concessione di utilizzazione gratuita del suolo pubblico ma senza un euro (da cercare presso fantomatici sponsor).

Una successiva comunicazione scritta sia al Presidente del Municipio che all’Assessore alla Cultura, inviata da Giuseppe Salerno (in qualità di Presidente dell’Associazione Culturale Scuola di Musica l’Esacordo), non ha avuto risposta. A questo punto è scattata la petizione, strumento democratico on-line che dovrebbe esser caro ai CinqueStelle.

Ho seguito personalmente come critico musicale le due edizioni del festival, la prima a piazza Guadalupe (2015) e la seconda nel settembre 2016 in via Cesare Castiglioni. Penso che – come è accaduto a livello cittadino – alla base del rifiuto del finanziamento pubblico ci sia una scarsa informazione. Ciò riguarda la figura di Massimo Urbani che è stato un jazzista di statura mondiale, apprezzato in Europa e negli Stati Uniti la cui lezione artistica è ancora viva e fertile. La disinformazione riguarda altresì l’importanza culturale e civica di una rassegna che si radica sul territorio (attraverso un’attiva scuola di musica), crea occasioni di aggregazione attorno alla musica, offre opportunità di esibizione e di fruizione in un municipio in cui non abbonda certo l’offerta culturale. Non mi pare si pretenda un’erogazione di fondi al buio: ci sono due anni di lavoro che parlano da soli, e non si tratta di una questione politica, anche se “Il Jazz di Monte Mario” è stato appoggiato dalla precedente consiliatura a guida PD. Nella petizione si chiede che l’amministrazione faccia tutti gli sforzi possibili per continuare il festival e da parte degli organizzatori c’è la disponibilità a “stringere la cinghia” ma da soli non è possibile fare nulla mentre esiste un’oggettiva difficoltà nel reperimento di sponsor.

Come andrà a finire “Il Jazz di Monte Mario”? Ci si augura un ripensamento da parte del municipio e si invitano i lettori a sottoscrivere la petizione e ad attivarsi perché sia firmata. In ogni caso la storia non si cambia ed è necessario – proprio per questo – non far dimenticare Massimo Urbani a Monte Mario e mantener viva una “memoria generativa”.

LE STELLE DEL JAZZ MONDIALE A MAGGIO IN FRIULI: LARS DANIELSSON-GRÉGORY PRIVAT E TORD GUSTAVSEN IN UNICA NAZIONALE AL FESTIVAL “PIANO JAZZ”

Le stelle del jazz internazionale si danno appuntamento in Friuli-Venezia Giulia al Festival “Piano Jazz” per una serie di concerti esclusivi: la rassegna organizzata dal Circolo Controtempo, iniziata a gennaio 2017, propone per il mese di maggio tre imperdibili concerti con grandi virtuosi degli 88 tasti.

Mercoledì 3 maggio (ore 20.45 – Fazioli Concert Hall di Sacile) verrà recuperato il concerto del contrabbasista svedese Lars Danielssonin coppia con il pianista martinicano Grégory Privat inizialmente previsto per il 7 aprile: l’evento è in UNICA NAZIONALE.
Mercoledì 5 maggio (ore 21.00) il Club Kristalia di Prata di Pordenone risuonerà delle note del pianista e compositore norvegese Tord Gustavsen, in ESCLUSIVA PER L’ITALIA.
Chiude il Festival “Piano jazz”, venerdì 12 maggio (ore 20.25) al Teatro Verdi di Pordenone, il concerto del pianista Dado Moroni con il sassofonista Max Ionata, per un jazz dalle calde venature soul. Concerto in condivisione con il Teatro Verdi nell’ambito di Jazz Corner.

“Piano Jazz” è la rassegna ideata dal Circolo Controtempo per esplorare tutte le sfumature che si possono ottenere con gli 88 tasti. Giunta alla sesta edizione, quest’anno propone da gennaio a maggio cinque concerti con grandi nomi del panorama internazionale, che danno vita a un “Piano Jazz” per la prima volta itinerante, con l’obiettivo di ricreare l’intima atmosfera del jazz club in tre sedi, completamente diverse l’una dall’altra, in una fusione tra eccellenze musicali ed eccellenze imprenditoriali del Friuli Venezia Giulia. Il jazz targato Circolo Controtempo è protagonista sul retropalco del Teatro Verdi di Pordenone (in collaborazione con il Teatro per la rassegna Music Corner), nella prestigiosa Fazioli Concert Hall di Sacile, e al club Kristalia, che sorge all’interno dell’omonima fabbrica italiana di design. (altro…)

Teatro Studio sold out per la “Piccola storia del Jazz” di Giampaolo Ascolese e Gerlando Gatto

Foto di Fabrizio Sodani (cliccare sulle foto per espanderle)

Auditorium Parco della Musica, sala Teatro Studio Gianni Borgna
sabato 29 aprile, ore 21

Giampaolo Ascolese, batteria
Andrea Beneventano, pianoforte
Elio Tatti, contrabbasso
Mauro Zazzarini, sax tenore
Francesco Lento, tromba

Gerlando Gatto : narrazioni e ricostruzioni storiche

Sono uscita confortata dalla piccola Storia del Jazz – Concerto che il batterista Giampaolo Ascolese ha tenuto, insieme a Gerlando Gatto, all’Auditorium Parco della Musica. Era da molto che non vedevo il Teatro Studio strapieno e mi è sorta una specie di trepida speranza non circoscritta al Jazz, che è una musica che amo ma che certo non è l’unico genere musicale esistente sulla terra: piuttosto su un generale stato di cose in un periodo che mi appare gravemente asfittico, dal punto di vista culturale.
Invece sabato 29 aprile ho assistito ad un concerto “didattico”, aperto anche ai non espertissimi di Jazz, che coniugava la semplicità scorrevole di approccio ad un genere musicale troppo spesso ritenuto “di nicchia” ad una ottima qualità esecutiva.  E soprattutto mai come in questa occasione è emerso che conoscere, imparare, è molto più facile ed entusiasmante, se ci si diverte. E se si ha ancora così tanta voglia di capire, ed imparare (che sia musica, o qualsiasi altra cosa), magari unendo a questa necessità anche il divertimento, allora non tutto è perduto.
Giampaolo Ascolese ha basato la scaletta della serata sul suo bel libro, illustrato dalla pittrice e compagna di vita Marie Reine Levrat, Tim & Tom, viaggio nella Musica Jazz. Gerlando Gatto, forte di anni di esperienza (basti pensare alle sue Guide all’Ascolto, seguitissime, richiestissime), ha formulato i suoi interventi in modo che ogni brano fosse preceduto da una narrazione, non certo solo tecnica,  disvelandone così genesi, aneddoti collegati, e rendendo proficuo e davvero interessante l’ascolto dei pezzi.
Trattandosi di una storia del Jazz, partita dal ragtime, passando per Scott Joplin, Louis Armstrong, il Bebop, per poi arrivare agli anni 70 con Horace Silver e al latin, il quintetto di Giampaolo Ascolese ha compiuto un’operazione tutt’altro che semplice: suonare “in stile” cambiando pelle continuamente per un’ora e mezzo di concerto.
Oltretutto, alternati a standard immortali, volutamente scelti tra i più noti proprio per rendere le narrazioni comprensibili e godibili, non è mancata la musica originale, a firma Zazzarini, anch’essa composta “in stile”: un modo anch’esso di derogare dal “già noto” rimanendo però nell’ambito narrativo che Ascolese, e con lui Gatto, si erano prefigurati.
Per il pubblico in sala acquisire una consapevolezza diacronica – collocare brani noti in un preciso arco temporale – ed anche ricostruirne un contesto autorale aneddotico, è stata una preziosa opportunità. In molti certamente riconoscono When the saints go marchin’ in , o Caravan, o Round Midnight, o Interplay.
Ma in quanti sanno che il primo è diventato leggendario solo dopo che lo suonò Louis Armstrong? O che Round Midnight è di Thelonius Monk ma che Miles Davis ne eseguì una versione ben diversa dall’originale, e che i due al ritorno da un concerto a bordo nella stessa vettura, litigarono furiosamente per questo?

I cinque musicisti sul palco, parlando dell’esibizione in senso strettamente musicale, si sono mostrati più che all’altezza di un compito, come dicevo, difficile. Ricostruire una storia del Jazz riproducendo più stili, replicando le intenzioni di mostri sacri come Miles Davis, o Scott Joplin, o Horace Silver, richiede, usando una parola semplice, bravura. Oltretutto in questo caso la fedeltà a certi canoni stilistici si è comunque affiancata ad una buona dose di creatività che è emersa negli assoli: a partire da Tomorrow Chicken, blues originale di Zazzarini in forma di “chicago blues”, in cui lo stesso Zazzarini è apparso dotato di grande forza propulsiva per il quintetto, ma anche ascoltando la batteria esplosiva e per nulla scontata di Ascolese in When the Saints go marchin’ in, e il pianoforte traboccante di spunti improvvisativi di Beneventano, in brani quali Interplay di Bill Evans.
Elio Tatti è parso assolutamente indispensabile nella compagine: generoso nei momenti di accompagnamento, inarrestabile nelle parti libere. E poi una menzione particolare a Francesco Lento, giovane trombettista in rapida e sacrosanta ascesa, che oramai è riduttivo definire “nuovo talento”: è apparso addirittura eclettico in questo percorso temporale jazzistico così ampio. La sua tromba ha decine di voci possibili e, accanto a loro, la voce personalissima dello stesso Lento, che come musicista ha cominciato da tempo ad essere riconoscibile e dotato di notevole personalità.
Una serata allegra, divertente, interessante ed utile. Si spera la prima di una bella serie: Gatto ed Ascolese lo sapranno che i viaggi da percorrere nel Jazz possono essere infiniti? Credo di sì, ma spero che questa mia affermazione valga per loro (e per l’ Auditorium Parco della Musica, dato il successo della serata) da incoraggiamento.