I mille risvolti di un linguaggio complesso e articolato qual è il jazz di oggi

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Cos'è oggi il jazz? Chiunque volesse dare una qualche sensata risposta a tale interrogativo si troverebbe immerso in un mare di guai. Eh sì, perché definire cosa sia oggi il jazz è impresa al limite dell'impossibile tali e tanti sono gli elementi che contribuiscono a determinare tale linguaggio. Il jazz è la tradizione di Louis Armstrong, le splendide voci di Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, il bebop di Charlie Parker e Dizzy Gillespie, le cascata sonore di John Coltrane, il modale di Miles Davis, l'informale di Cecil Taylor e Ornette Coleman… ma è anche l'espressione di quanti cercano e spesso trovano un ponte sonoro con la musica contemporanea creando qualcosa in cui è ben difficile trovare attinenze con la tradizione di cui sopra.

Di tutto ciò abbiamo avuto ancora una volta plastica conferma ascoltando, alla Casa del Jazz,  una sera dopo l'altra le esibizioni di Cettina Donato e del duo Lucian Ban e Mat Maneri.

Ma procediamo con ordine.

Il 30 aprile in occasione dell'International Jazz Day, la pianista e compositrice messinese ha presentato, per la prima volta live in Italia, il suo quarto lavoro discografico “Persistency – The New York Project” realizzato con Matt Garrison sax, Curtis Ostle contrabbasso e Eliot Zigmund drums. Andare in tournée con tre musicisti di tal fatta è impresa praticamente impossibile per cui la Donato si è presentata con Luca Fattorini contrabbasso  e Francesco Ciniglio batteria che non hanno certo sfigurato. Ecco, Cettina Donato è artista che ancora adopera un linguaggio che non si fatica a definire “jazzistico” essendo profondamente inserito in quella sorta di mainstream che ancora oggi contraddistingue molti jazzisti di  vaglia. E questo suo radicamento lo si nota non solo nel suo modo di “toccare” il pianoforte quanto nelle composizioni che denotano una raggiunta maturità espressiva che le consente di magnificamente adattare le sue capacità strumentali a ciò che vuole esprimere. Di qui una musica che pur rimanendo fortemente ancorata alle radici del jazz è tuttavia in grado di offrire spunti sempre nuovi e…perché no, di commuovere quanti sanno ascoltare non solo con la mente ma anche con il cuore. E di cuore Cettina ne ha davvero tanto; anche durante il concerto romano, l'artista ha tenuto a precisare che l'intero ricavato della vendita del disco sarà destinato ad un progetto da lei fortemente voluto: la costruzione della Residenza “VillagGioVanna”, in provincia di Messina, destinata ad ospitare in maniera permanente bambini, ragazzi e adulti affetti da autismo e che non hanno il sostegno della propria famiglia. Il progetto comprende anche un grande spazio destinato alle attività musicali con uno studio dotato di strumenti, dischi, una sala cinema, un terreno che ospiterà animali domestici per la Pet Therapy ed anche una piscina. Previsto il supporto di medici, assistenti, infermieri, operatori.

Come accennato, la sera dopo siamo tornati alla Casa del Jazz, per ascoltare Lucian Ban al pianoforte  e Matt Maneri alla viola. E qui il discorso cambia radicalmente ché trovare tracce di jazz, canonicamente inteso, è davvero difficile…anche se la performance dei due è stata semplicemente superba.  Lucian Ban è un pianista e compositore rumeno cresciuto in un villaggio della Transilvania e residente da diverso tempo negli Stati Uniti. Il suo pianismo ha radici nel blues, in Ellington, Monk e Jarrett e si collega in qualche modo alla tradizione afroamericana, cui aggiunge le influenze che gli vengono dalla sua terra,  la melodia, la malinconia soffusa. Mat Maneri, americano di origine italiana, figlio del sassofonista Joe Maneri, è invece un affermato violinista e specialista di viola, che ben conosce tutta la lezione del free. I due hanno già suonato insieme nel disco a doppio nome Ban/Hebert intitolato “Enesco Re-Imagined” del 2010 mentre a Roma i due hanno presentato brani tratti da “Transylvanian Concert” registrato nel 2011 e che ha rappresentato l'esordio per ECM del pianista rumeno. L'album nasce da un'esibizione live al Culture Palace di Targu Mures in Romania, regione in cui Lucian Ban ha trascorso la sua infanzia. I due hanno letteralmente affascinato il non numeroso pubblico con una musica tanto straniante quanto profonda, esplorando a fondo quel terreno di confine che sta tra il jazz e la musica contemporanea con una padronanza strumentale fuori del comune. I due si conoscono bene e soprattutto si nota che provano grande gioia nel suonare assieme. Non c'è frase, non c'è spunto, non c'è input lanciato da uno dei due che non venga immediatamente ripreso, sviluppato, rilanciato dall'altro. Comunque quello che tra i due impressiona maggiormente è Maneri per la sua capacità di piegare uno strumento difficile come la viola alle sue esigenze espressive. Così la viola la si ascolta ora con voce perentoria, con un sound profondo quasi del tutto privo di vibrato, ora con voce sottile, delicata a sottolineare i passaggi più intricati del pianista, ora in funzione quasi vocale, il tutto sulle ali di una improvvisazione che sembra non conoscere limiti e che proprio per questo, necessita di una concentrazione totale, assoluta. Non a caso il clima che si crea è di quelli che si fatica a rompere anche con gli applausi alla fine di ogni brano.

Un'ultima ma non secondaria considerazione: ad ascoltare questi due artisti straordinari eravamo circa quaranta; nelle stesse ore per il concertone del I maggio a San Giovanni c'erano migliaia di persone!!!

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