ALBA JAZZ 2017: la prima serata con Omar Sosa Afrocuban 4tet

Foto di Carlo Mogavero

Giovedì 8 giugno, piazza Michele Ferrero, ore 21
Omar Sosa Afrocuban Quartet

Omar Sosa piano, guitar, vocals
Leandro Saint-Hill flute, saxophone
Childo Tomas bass, mbira end vocals
Ernesto Simpson drums

L’ Associazione Alba Jazz colpisce ancora e porta a casa una serata inaugurale travolgente e festosa con la Cuba d.o.c. di Omar Sosa, che presenta il suo quartetto afrocubano.
Un ritorno alle origini, in realtà mai lasciate totalmente alle spalle, e un concerto ricco da tutti i punti di vista, a cominciare dalla timbrica: Sosa è al pianoforte ma ha anche tastiere e loop station, Leandro Saint-Hill è al flauto, al sax contralto e al sax soprano, ma è anche voce duttile e coinvolgente, Childo Tomas è al basso elettrico e alla mbira ma è anche un po’ la voce “mistica” del quartetto, contrapposta alla voce giocosa di Saint-Hill. Ernesto Simpson è batteria cangiante, tanto Jazzistica quanto tipicamente cubana, e sa mescolare ma anche, all’occorrenza, garantire i due aspetti del suo strumento compiendo rapidi switch e modulando sapientemente il groove del gruppo.
Omar Sosa da inizio alla musica insieme a Childo Toma: una lunga introduzione suggestiva, lenta, sospesa, un’atmosfera quasi rituale costruita con pianoforte, whirlies (un tubo flessibile che insufflato e anche roteato nell’aria crea un particolare suono sibilato, profondo), voce.
Gradatamente si uniscono altri suoni: il sax soprano di Saint-Hill, con vibrati, note lunghe, rende concreti gli accordi del piano riaggregandoli man mano in una scansione più strutturata: infine entra la batteria di Simpson. Dopo una lunga preparazione quasi mistica dunque si arriva all’esplosione del ritmo cubano, tribale, e anche il sax e il pianoforte, fino ad ora essenzialmente armonici diventano ritmici. Omar Sosa a questo punto dialoga con la batteria, in un crescendo irresistibile, con efficaci improvvisi stop che non fanno altro che rendere ancora più potente la ripresa del suono, che avviene in ambiti ritmici del tutto diversi.

In questo primo pezzo c’è in fondo anticipato tutto il materiale che si svilupperà durante tutto questo bel concerto che ha entusiasmato il pubblico, “nordico” sì, ma beneficamente aperto e recettivo ai continui – a volte appena eccessivi forse – richiami all’interazione di Leandro Saint-Hill.
Le intro di pianoforte e tastiere sono belle, evocative, emozionanti e preludono a brani di volta in volta molto diversi tra loro, ma sempre trascinanti, diretti, espliciti. Una volta può essere il cha cha cha con la sua progressione tipica I – IV – V – IV e il divertente gigioneggiare dei musicisti (che però si divertono moltissimo anche tra loro: non c’è quel calcolo freddo aprioristico del “facciamoli divertire e ce ne andiamo”, per intenderci). O magari il quartetto sfocia in una bella ballad di stampo più jazzistico, con il sax soprano a tratti struggente, e Omar Sosa con la mano destra sul pianoforte e la sinistra a creare accordi sulla tastiera.


Può accadere anche che una semplice progressione discendente di accordi sia la base per le bellissime improvvisazioni del flauto che coinvolge il quartetto in una irresistibile Rumba: a quel punto, ferma restando l’impeccabilità di musicisti eccellenti, ritorna quell’ammiccamento al pubblico forse un po’ troppo insistente, che distrae un po’ dalla musica facendola apparire più semplice di quanto non sia in realtà. Ma siamo certi che il coinvolgere il pubblico invocandone battiti di mano, cori, sia un vero difetto? La musica afrocubana è musica comunicativa, popolare, prevede il ballo, il coinvolgimento degli astanti, e questo quartetto è dichiaratamente un quartetto afrocubano. Siamo qui per questo dunque, bando agli snobismi: essere coinvolti e lasciarsi andare è la chiave giusta per godersi la musica di un quartetto obiettivamente di altissimo livello. E così in effetti è accaduto.
Il bis è un duetto pianoforte e batteria inarrestabile e molto, molto divertente: il pianoforte di Omar Sosa è volutamente pomposo, classicheggiante e la batteria di Ernesto Simpson terzinata e implacabile, in una corsa a due fluida, veloce, una specie di volo sonoro in discesa diverso da tutto ciò che si era sentito fino ad un attimo prima. Il Jazz afrocubano continua ad essere pieno di belle sorprese, per nostra grande fortuna!

Alba Jazz come sempre non è “solo” il concerto serale in piazza Ferrero: ieri c’erano gli aperitivi in concerto, e l’inaugurazione della mostra fotografica “Have trumpet, will excite” all’ Associazione Alec Gianfranco Alessandria, allestita in occasione del centesimo anniversario della nascita di Dizzy Gillespie. Ritratti di trombettisti del nostro Carlo Mogavero ed esposizione di vinili d’epoca, un’esposizione alla quale sono intervenuti tutti i colleghi fotografi (tantissimi) presenti: il che conferma che questo Festival, giunto alla undicesima edizione (e speriamo dunque all’inizio di un secondo proficuo decennio) viene recepito come importante evento musicale a cui non mancare. Vi posso garantire che anche quest’anno, in tutta la città, c’è l’atmosfera giusta, quella dei grandi Festival di Jazz
Stasera ci spostiamo in Europa, precisamente in Germania, con il Tingvall Trio. Ne parleremo domani!