Tre serate ad Ortaccio Jazz Festival: un grande festival a dimensione umana

Mi dichiaro colpevole di non essere mai stata prima di quest’anno ad Ortaccio Jazz Festival, che è arrivato già alla tredicesima edizione nella mia quasi inconsapevolezza.
OJ (acronimo simbolo che dopo tre giorni di permanenza nel borgo di Vasanello entra a far parte del tuo modo di nominarlo) nasce da un’idea venuta a quattro amici appassionati di Jazz : Adolfo Benedetti, Augusto Ferri, Rodolfo Orlandi e Sergio Paganini, quest’ultimo venuto a mancare troppo presto ma costantemente presente nei pensieri degli organizzatori, della gente del posto e, vi assicuro, dei musicisti che in queste serate hanno suonato. Oj comincia come una sfida e prende forma tra qualche difficoltà iniziale, ma molto entusiasmo.
Parte la ricerca di fondi, di sponsor, si organizza una forma di autofinanziamento bellissima: le famiglie si attivano per preparare la cena nella piazzetta dove è montato il palco, con i proventi della quale si pagano le spese. L’intenzione si concretizza e oramai da 13 anni Ortaccio Jazz è una realtà solida, e non si può certo definire “un piccolo festival a gestione familiare”. Molti musicisti hanno calcato questo palco: e, nei tre giorni di mia permanenza a Vasanello, ho sentito gli stessi musicisti, di cui vi parlerò nei miei articoli, parlarne con un entusiasmo e con un affetto che mi hanno lasciata stupita.
La piazzetta è deliziosa. L’acustica ottimale. L’estate è dolce e non implacabile, i concerti cominciano alle 22 dopo la cena preparata dalle mogli e dalla parentela allargata degli organizzatori. Le verdure che vengono offerte provengono dagli orti dei proprietari delle case, la mattina ci si reca a fare la spesa nei negozietti di prelibatezze vicini.
E in questa dimensione familiare, la scelta della musica da portare sul palco è di livello.
Ho assistito a tre delle quattro serate in programma, Chi c’era la prima sera mi ha detto che Stefano Di Battista e Nicky Nicolai hanno registrato un pienone ed entusiasmato il pubblico, coinvolgendolo irresistibilmente.
La seconda sera sono arrivata, e ho assistito a  CINEMA ITALIA: sul palco Rosario Giuliani, Luciano Biondini, Enzo Pietropaoli e Michele Rabbia.
Prima di ogni concerto ho anche svolto delle piccole interviste agli artisti per Radio Tuscia Events.
Cliccate qui per ascoltare l’intervista a Biondini, Rabbia e Pietropaoli.

Le foto sono di Adriano Bellucci
CINEMA ITALIA

Luciano Biondini, fisarmonica
Rosario Giuliani, sax soprano e sax contralto
Enzo Pietropaoli, contrabbasso
Michele Rabbia, batteria, percussioni, effetti

CINEMA ITALIA ( Jando Music – Via Veneto Jazzè la rivisitazione di temi celebri tratti dalle colonne sonore di due grandi compositori: Nino Rota e Ennio Morricone. Non mi sento di etichettare questo progetto con la frase “in chiave jazzistica”, perché ciò che si è ascoltato nella piazzetta (gremita) di Vasanello è musica in senso lato, non la riproduzione swingata con l’accento sul tempo debole le blue note, l’improvvisazione a turno.  Non è insomma l’applicare pedissequo di stereotipi del Jazz alla musica da film.
I temi di lungometraggi leggendari come Nuovo Cinema Paradiso, Amarcord, Otto e 1/2, La strada vengono rivissuti, plasmati, filtrati, riletti da musicisti che hanno personalità molto spiccate, e che, pur lasciando riconoscibile ciò che serve strettamente a fornire a chi ascolta un punto di riferimento preciso, li trasformano in altro.
Può accadere che il tema sia appena accennato dalla fisarmonica, ad esempio, come ne La strada, e l’aggiungersi del contrabbasso con l’archetto sia l’inizio di un aggregarsi graduale degli altri: inaspettatamente il sax si apre in un ostinato ritmico prima di arrivare a cantare quella melodia che chi ascolta si aspetta da un momento all’altro.

Un ritmo sincopato swingante si può tramutare in latin, ma la batteria, che Michele Rabbia suona percuotendola con le mani, bacchette, spazzole, spazzoline, palline da golf (si avete letto bene) quel latin lo può trasformare, da mago dei suoni qual è, in altro, introducendo effetti elettronici surreali.
Oppure, come in Nuovo Cinema Paradiso, la fisarmonica di Biondini può essere struggente e cantarne la melodia inconfondibile mentre Pietropaoli al contrabbasso si prende in carico la funzione prettamente armonica: e questo trio fisarmonica contrabbasso batteria procede senza troppi tortuosi abbellimenti, privilegiando l’espressività delle note lunghe, ma accese da dinamiche sofisticate, fino all’arrivo del sax di Giuliani, che espande il tema drammatizzandolo e trascinando gli altri in un crescendo molto intenso.


Se in alcuni brani il tema – chiave viene esposto subito, in altri (come in Otto e 1/2) emerge solo dopo un avvincente episodio swingante tra contrabbasso e Sax alto, che lo accennano quasi fuggendone, si provocano, si inseguono, si suggeriscono, fino a quando non approdano ad un unisono sul quale entrano fisarmonica e percussioni: è solo ora che il sax canta la melodia, in 5/4, però.
Potrei descrivervi ogni brano nel dettaglio attingendo dai miei appunti, ma forse sarebbe un’inutile pedissequa cronistoria di ciò che è avvenuto musicalmente sul palco di Ortaccio.
In realtà ciò che è importante è che tutto il materiale sonoro a disposizione viene rielaborato sempre in modo originale e poetico. Le armonizzazioni sono belle, la musica riesce ad essere, a seconda del momento, struggente, evocativa, energica, surreale, allegra, solenne, sommessa, destrutturata o densa di spessore. Sempre, parla degli autori che la hanno scritta, ma anche dei musicisti che la plasmano e che, suonandola, hanno dimostrato, durante questa ora e mezzo di concerto, di amarla profondamente.