Presentazione speciale per Gente di Jazz, con l’autore Gerlando Gatto, a Napoli il 24 ottobre. L’eleganza della musica jazz sposa la magnificenza architettonica di Palazzo San Teodoro

La lettura rende un uomo completo, la conversazione lo rende agile di spirito e la scrittura lo rende esatto.

Francis Bacon, uno dei padri del pensiero moderno, scrisse queste parole nel 1625 e sono certa che se avesse conosciuto il giornalista Gerlando Gatto avrebbe sicuramente pensato che la descrizione s’attagliasse perfettamente al personaggio!

Catanese, classe 1946, romano d’adozione, Gatto mastica jazz sin da bambino, al punto che, come ha ricordato nel corso della presentazione del suo libro “Gente di Jazz” (ed. KappaVu / Euritmica) a Napoli, lo scorso 24 ottobre, non ricorda di aver ascoltato altri generi musicali, sin da quando era poco più di un marmocchio… tant’è che già nei primi anni ’60, a soli 14 anni, scriveva già di musica su “Il Corriere di Sicilia”!

Nel suo sangue corrono rotaie di note, sulle quali sfrecciano gli “Honky Tonky Trains” del jazz, che partono dai club di New York per arrivare al blues dei Juke Joint della Louisiana, rincorrendo i freddi venti musicali del Nord-Europa, fino a raggiungere le calde sonorità del sud del mondo… con frequenti passaggi nelle stazioni del latin-jazz, brasiliano e afro-cubano.

Ho provato a riassumere la sua lunga carriera usando questa metafora perché sarebbe impossibile – e finanche riduttivo – limitarsi a citare tutto quello che Gerlando ha fatto per il jazz in questi ultimi quarant’anni; basti ricordare i cicli di guide all’ascolto alla Casa del Jazz di Roma, con la quale collabora dal 2007 o la conduzione di programmi radiofonici e televisivi per la Rai, assieme al grande Adriano Mazzoletti, o ancora l’essere uno degli estensori della “Enciclopedia del Jazz” edita da Curci.

Il tassello che mancava all’opera musiva che è il suo imponente curricolo professionale era la pubblicazione di un libro che raccogliesse in qualche modo il suo importante lavoro.

Nasce così l’idea di “Gente di Jazz”, un volume che racchiude preziose interviste a protagonisti indiscussi della storia del jazz mondiale, che sono uniti da un elemento comune: l’aver partecipato ad una o più delle ventisette edizioni del Festival Internazionale Udin&Jazz.

Ed ecco allora scorrere sotto i nostri occhi i nomi di alcuni dei musicisti che hanno influenzato fortemente il linguaggio musicale della nostra epoca: McCoy Tyner, Cedar Walton, Michel Petrucciani, Enrico Pieranunzi… ma solo per citarne alcuni, perché nel libro le interviste sono ben 25, introdotte dalla prefazione del trombettista Paolo Fresu e chiuse dalla postfazione del filosofo e intellettuale friulano Fabio Turchini.

Le immagini a corredo dell’opera sono quasi tutte del fotografo storico di Udin&Jazz, Luca d’Agostino, tranne un paio firmate da Elia Falaschi e da Luciano Rossetti.

E dopo la presentazione in anteprima, a maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino, quella a Udine, in occasione di Udin&Jazz 2017, e quella più recente alla Feltrinelli di Roma, “Gente di Jazz” ha fatto scalo a Napoli, avvolto nella bellezza di uno scenario prestigioso quali sono le splendide sale affrescate, in stile neoclassico, di Palazzo San Teodoro.

A condurre la serata, con grande competenza e passione, il filosofo napoletano Marco Restucci, che è anche critico musicale, giornalista e scrittore (suo il libro “Dioniso a New Orleans. Nietzsche e il tragico nel jazz”, da poco pubblicato da Albo Versorio). Restucci ha introdotto l’opera definendola come un libro “a cornice” al cui interno trovano posto diversi frammenti, storie e personaggi tutti coinvolti nello stesso, affascinante gioco dialogico i cui fili sono tirati dall’autore.

Oltre a Gerlando Gatto, erano presenti tra i relatori: Giancarlo Velliscig, direttore artistico di Udin&Jazz e Antonio Onorato, chitarrista e compositore napoletano di livello internazionale, un vero e proprio rainbow warrior (dal modo in cui i nativi americani, alla cui cultura e pensiero Antonio è molto vicino, definiscono i loro spiriti che si reincarnano nei bianchi).

I contributi al dibattito, che si è generato grazie anche alle molte domande da parte del numeroso e preparato pubblico, sono stati parecchi e interessanti. Si è venuto così a delineare un vero e proprio “stato dell’arte” della musica jazz contemporanea, con uno sguardo su diversi aspetti tra i quali – forse il più interessante – una riflessione sul ruolo attuale della tradizione orchestrale, che in passato ebbe come protagonisti jazzisti eccezionali. Si è parlato anche dei nuovi linguaggi della scena jazzistica americana dei nostri giorni, chiedendosi come gli artisti possano sfuggire ai canoni imposti dal conformismo culturale odierno riportando nella loro musica quei valori sociali e politici, un tempo legati ai movimenti di protesta, di  quando gli Stati Uniti erano esportatori di contro-cultura.

Ph Massimo Cuomo

Ricco di suggestioni mnemoniche l’intervento di Antonio Onorato, incentrato sul rilevante apporto dato dai musicisti italiani allo sviluppo della musica jazz in America, facendo riferimento ai tanti emigranti che dal meridione sbarcarono negli Stati Uniti e ricordando che questi uomini erano quasi tutti capaci di suonare uno strumento musicale, grazie alla grande tradizione bandistica delle regioni del sud Italia e alle sue svariate contaminazioni.

Nel corso della presentazione, Antonio Onorato, fresco di rilascio di un nuovo lavoro discografico dal titolo “Vesuvio Blues (Blu Music International), e il suo allievo chitarrista Luca Farias (figlio d’arte… il padre, Angelo Farias, è il bassista della band di Antonio Onorato) hanno imbracciato le rispettive chitarre, improvvisando sulle note della sinuosa Footprints di Wayne Shorter, giocando sulla colorata tavolozza armonica del classico della tradizione napoletana Munasterio ‘e Santa Chiara e chiudendo la serata fondendo la bossa nova al neapolitan power con la splendida Manhã de Carnaval, main theme della colonna sonora del celebre film Orfeo Negro, trasposizione cinematografica del mito di Orfeo ed Euridice.

Ph Massimo Cuomo

Una serata perfetta in una location da favola per un libro davvero ben riuscito, che veleggia verso la terza ristampa. Il patron di Udin&Jazz, Velliscig, si è lasciato strappare la promessa di pubblicare nel 2018, sotto l’ala dell’associazione culturale Euritmica, per i tipi della KappaVu di Udine, il secondo volume di Gente di Jazz, che pare sarà interamente dedicato “all’altra metà del jazz…”.

Per finire, permettemi una piccola digressione, essendo una friulana che ama profondamente la sua terra: al termine della presentazione, ospiti del gentiluomo partenopeo Pietro Micillo nella sua Taverna La Riggiola, elegante ristorantino attiguo al Palazzo San Teodoro, con una cucina tendente alla rivisitazione moderna di gusti e sapori della tradizione campana, è avvenuto un simbolico e perfettamente riuscito gemellaggio enogastronomico tra il Friuli Venezia Giulia e la regione ospite dell’evento, con l’abbinamento degli eccellenti vini della casa vinicola Livio Felluga di Brazzano di Cormòns alle varie e squisite portate proposte dallo chef Francesco Pucci. Praticamente… l’optimum delle tipicità!

Marina Tuni

Special thanks per la preziosa collaborazione e per l’ospitalità a Palazzo San Teodoro a: Pietro Micillo, Giovanni Lombardi, Giobby Greco, ing. Camerlingo, Tecno srl

Un sincero ringraziamento alla Taverna La Riggiola, Napoli e a Elda Felluga dell’Azienda Vinicola Livio Felluga, Brazzano di Cormòns (Gorizia)

Grazie al fotografo Massimo Cuomo per la gentile concessione di alcune delle immagini che corredano l’articolo.

 

ROBERTO MASOTTI ‘LIFE-SIZE-ACTS’

 

Nell’ambito di JAZZMI di cui vi abbiamo riferito nei giorni scorsi, si svolgerà la mostra di Roberto Masotti “Life-Size-Acts”. Ma come nasce questa nuova fatica del noto fotografo ravennate?

Roberto Masotti riceve un invito a Berlino dall’organizzazione del Total Music Meeting per la mostra ‘Diario dal Sud’ e contemporaneamente per una residenza. Ha a disposizione un atelier adiacente alla sala da concerto dove invita molti dei musicisti in programma a brevi sessioni fotografiche. Le immagini realizzate sono nate per costruire ritratti singoli o, accostate, a comporre un gruppo per essere poi esposte a grandezza naturale. Sono composizioni che legano la figura ad uno o più particolari il più delle volte in stretta relazione con il personaggio, in altri casi in modo più enigmatico e astratto.

L’installazione ’Life-Size-Acts’ che si sviluppa attraverso un percorso per le magnifiche sale di Palazzo Litta, comprende 34 composizioni fotografiche con figure di musicisti a grandezza naturale stampati su pvc. Ad accogliere il pubblico nella sala d’ingresso sarà esposto un grande disegno su carta raffigurante l’abbozzo d’ombra di un grande tavolo, che richiama il tavolino sempre presente nel lavoro ‘You Tourned the Tables on Me’ con due ‘repliche’ ingrandite dello stesso

Parte integrante della mostra sono due video, il primo in proiezione è frutto di un montaggio che percorre solo parzialmente il vasto archivio di foto di Roberto Masotti. Le riprese sui provini a contatto, che si intrecciano con tutte le foto, le composizioni in mostra e altre ancora, si ricongiungono a formare un flusso d’immagine che si affianca a quello sonoro realizzato in modo assai originale da Dj Spooky.

L’altro video alterna la presenza di alcuni dei musicisti presenti nella serie colti mentre raccontano o interpretano brevi frammenti di improvvisazione.

Il nucleo originario d’immagini realizzate per la prima esibizione prodotta da Novara Jazz è stato qui rivisto e integrato da diverse nuove composizioni inedite, testimonianza questa di una modalità in progress cara all’autore.

 

‘Masotti – afferma Roberto Mutti –  intende trasformare la staticità della fotografia –la cui natura consiste nel cogliere l’attimo come sintesi del movimento- in un elemento dinamico e per questa ragione fa ricorso ad una macchina fotografica decisamente insolita come la panoramica. Proponendo una estetica che gli appartiene da sempre Roberto Masotti ha creato un allestimento di grande fascino che circonda il visitatore e lo coinvolge emotivamente’.

La mostra sarà inaugurata il 4 novembre con gli interventi di Luciano Linzi (direttore artistico di JAZZMI), Riccardo Bertoncelli (giornalista, critico musicale), Corrado Beldì (direttore artistico di Novara Jazz). Azione sonora: Massimo Falascone (sax alto), Claudio Lugo (sax soprano) / TAI NO-ORCHESTRA

 

Sarah Jane Morris, Antonio Forcione: un duo che emoziona e trascina

Le collaborazioni tra vocalist e chitarristi non sono certo un fatto nuovo nel mondo del jazz. L’apice è stato raggiunto dal celeberrimo duo Ella Fitzgerald-Joe Pass che ha dato vita ad album oramai storici come “Take Love Easy” del 1973, “Fitzgerald and Pass…Again” del 1976, “Easy Living” del 1986. E tutti giocati su un repertorio costituito in massima parte da standard riproposti in veste minimale, con voce e chitarra acustica. Ma Ella e Joe non sono stati gli unici. Nell’arco degli anni ricordiamo Tuck and Patty, Sammy Davis Jr protagonista di due album oramai classici, uno con  Mundell Lowe per la Decca negli anni ’50 e l’altro alla fine dei ‘60 con Laurindo Almeida, Julie London accompagnata da Barney Kessel o Howard Roberts, Sheila Jordan con Barry Galbraith … fino a giungere ai giorni d’oggi con il duo “Empathia” costituito da Mafalda Minnozzi e Paul Ricci.

In questo glorioso filone si è inserito, oramai da qualche tempo, un altro duo di straordinaria valenza: Sarah Jane Morris e Antonio Forcione.

I due si sono esibiti di recente all’Auditorium Parco della Musica di Roma ottenendo uno strepitoso successo, per altro assai meritato.

In effetti si tratta di due musicisti di eccezionale livello: Sarah Jane Morris, (Southampton, 21 marzo 1959) è una cantante, compositrice, attrice britannica capace di interpretare con egual classe musica jazz, rock e R&B. Particolarmente legata al nostro Paese, che lei stessa definisce la sua seconda casa, non perde occasione per esibirsi dalle nostre parti trovando sempre un’ottima accoglienza.

Antonio Forcione (Montecilfone in Molise 1960) è un compositore, chitarrista, produttore che, dopo alcune esperienze nel nostro Paese, nel 1983 si trasferisce in Gran Bretagna dove ottiene unanimi riconoscimenti tanto da essere considerato, dagli stessi inglesi, uno dei musicisti più vitali ed originali dell’attuale scena musicale britannica; nel luglio 2012 inizia a collaborare ed esibirsi con Sarah Jane Morris.

Illustrate per somme linee la personalità dei due musicisti, si capisce bene il perché i due stanno ottenendo ovunque grandi consensi e il perché ogni loro concerto si concluda con una prolungata ed entusiasta standing ovation. Così alcuni critici hanno avvicinato il loro stile, l’intensità che mettono nelle loro interpretazioni, il modo in cui sanno raccontare in musica le proprie esperienze a veri e propri geni quali Janice Joplin, Tom Waits e Jimi Hendrix.

A Roma hanno presentato la loro ultima fatica discografica, “Compared To What”, album tutto giocato su un repertorio originale (ben otto brani scritti da Sarah Jane Morris, Antonio Forcione e Johnny Brown) cui si aggiungono altri quattro pezzi: “Blowin in The Wind” di Bob Dylan, “Message in a Bottle” di Sting, la title-track di Gene McDaniels e “Superstition” di Stevie Wonder. Il filo conduttore sia del disco sia del concerto è la precisa volontà di affrontare tematiche sociali di attualità e quindi di grande impatto; il tutto coniugato con arrangiamenti moderni e originali. Così ecco “Comfort Zone” che parla di violenza sulle donne, dedicato alle prostitute uccise a Ipswich nel 2006 da un serial killer, che evidenzia tutte le straordinarie capacità attoriali della Morris, in grado di calamitare l’attenzione degli spettatori senza minimamente alcunché forzare e pur tuttavia riuscendo a toccare l’animo di chi l’ascolta; ecco “The Sea” sul dramma dei profughi nel mar Mediterraneo, “I Bare My Soul” sull’incertezza del futuro. Accanto a queste tracce di impegno sociale, ci sono anche canzoni d’amore (“Awestruck” che apre l’album), d’ironia (“All I Want Is You”) e quelle tre cover cui abbiamo già fatto riferimento: “Message in a Bottle”, “Superstition” e “Blowing in the Wind”.

Per quanto concerne la modernità degli arrangiamenti, l’esempio migliore è costituito da “Blowing in the Wind”; ma l’essenzialità che caratterizza questo brano, il basarsi quasi esclusivamente sulla semplicità dell’esecuzione e dell’interpretazione, ha costituito la cifra stilistica dell’intero concerto romano. Chitarra e voce dialogano in modo convincente: Sarah Jane canta con la sua voce possente, ma allo stesso tempo calda, sensuale e avvolgente, dando un senso preciso ad ogni singola parola del testo; il suo stile, che la rende così personale, coniuga perfettamente una sensibilità pop con quella flessibilità che le deriva dall’amare e dal frequentare territori prettamente jazzistici. Dal canto suo Antonio Forcione crea una sorta di straordinario tappeto che mai si sovrappone alla voce, dando anzi alla Morris la capacità di far emergere la valenza del testo. La chitarra è quindi essenza musicale allo stato puro, mai una nota fuori posto, mai un fraseggio che non sia funzionale al discorso interpretativo, mai sfoggio di bravura ‘inutile’. Pochissime volte durante il concerto Forcione si è lanciato in spericolati assolo ma ogni volta – come ad esempio in “All I Want Is You” – è stato un tripudio di applausi.

Insomma una serata da incorniciare.

Gerlando Gatto

A Proposito di Jazz ringrazia Michele Stallo per la concessione delle immagini

Mauro De Federicis e Vale & The Varlet allo Zingarò Jazz Club di Faenza

Lo Zingarò Jazz Club presenta, mercoledì primo novembre 2017, un appuntamento doppio: Guitar Solo Live Experience è il titolo della prima parte della serata, con il chitarrista Mauro De Federicis che presenta Smile, il suo disco in solo; a seguire, il duo Vale & The Varlet formato da Valentina Paggio al pianoforte, alla voce e alla batteria elettronica e Valeria Sturba al violino, al theremin e all’elettronica. La serata è ad ingresso libero con inizio alle 22.

Con Guitar Solo Live Experience, Mauro De Federicis affronta il terreno del concerto in solo: il chitarrista traccia in questo modo un panorama delle sue esperienze, del suo modo di intendere il jazz e del suo stile espressivo. L’improvvisazione diventa perciò il filo conduttore per legare tra loro le piccole miniature scelte da Mauro De Federicis: un percorso formato da brani originali e da temi di autori come Charlie Chaplin, Heitor Villa-Lobos, Chico Buarque e Thelonious Monk, un messaggio positivo sintetizzato dal titolo scelto per il progetto, Smile.

La dimensione essenziale e ridotta del solo consente a De Federicis di mettere a disposizione degli ascoltatori una voce versatile, sempre riconoscibile e arricchita dalle collaborazioni con artisti diversi – tra gli altri Milva, Giorgio Albertazzi, Dee Dee Bridgewater, Paolo Fresu, Bob Mintzer, Fabio Concato, Fabrizio Bosso e Marco Tamburini. (altro…)

Nina Pedersen il 10 novembre in concerto a Roma

NINA PEDERSEN
Eyes Wide Open
Auditorium Parco della Musica
Roma – venerdì 10 novembre 2017
Sala Petrassi
Ore 21.00

Ingresso: 15 Euro

Venerdì 10 novembre all’Auditorium Parco della Musica Roma (Sala Petrassi) sarà presentato Eyes Wide Open, il nuovo disco di Nina Pedersen. Insieme a lei il fidato trio composto da Pierpaolo Principato, Marco Loddo e Giampaolo Scatozza e la partecipazione di Aldo Bassi e Paolo Innarella e infine il coro jazz ConCorde, diretto proprio da Nina e da lei fondato 16 anni fa. Passione e nuove direzioni, immersione nella scrittura come irresistibile bisogno espressivo, songwriting come esperienza di vita e di cammino: parlare con Nina Pedersen significa scoprire, già dalle prime parole, una affascinante dimensione artistica nella quale la canzone d’autore e il jazz convivono con serenità e continui scambi. Proprio come accade in Eyes Wide Open, il nuovo album di Nina Pedersen, primo per la prestigiosa etichetta norvegese Losen Records. (altro…)