nell'ambito dell'annuale Roma Jazz Festival

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“Malkuth”: il regno, il terreno, i piedi secondo la Kabbalah, alla base del misticismo ebraico che connette trascendente ed immanente. Il Gabriele Coen quintet ha chiuso il suo concerto (8/11) al Pitigliani Centro Ebraico Italiano con un brano ispirato al più “terrestre” dei livelli kabalistici, di fronte ad un pubblico da tutto esaurito. Il luogo è a Trastevere in una delle rare zone medievali, un posto ad alta suggestione poco lontano dal Lungotevere e sulla sponda opposta a quella dove c'è la Grande Sinagoga.

ph: Davide

Fortemente radicato nella tradizione, “Sephirot. Kabbalah in Music” è un progetto (ed un Cd, Parco della Musica Records) che musicalmente guarda al Miles Davis elettrico come a Electric Masada e The Dreamers di John Zorn, estimatore e produttore per la sua Tzadik di Coen. Il quintetto vanta una lunga storia e vede, alle ance del leader, affiancarsi il Fender Rhodes di Pietro Lussu, la chitarra del giovane ed interessante Francesco Poeti, il basso elettrico di Marco Loddo e la batteria di Luca Caponi (Lussu e Lutte – altro chitarrista del gruppo – sono anche compositori). Dieci brani per altrettanti livelli della kabbalah, partendo da “Kèter” (la corona, ispirazione dell'universo). La musica muta nei vari livelli, mantenendo un impianto modale e combinando chitarra-piano elettrico con le tre ance del leader, magistrale soprattutto al soprano ed al clarinetto. In un repertorio eccellente emergono “Binàh” (intelligenza, la sfera femminile) e “Tifèret” (bellezza, il cuore) ma in ogni brano risaltano il sovrapporsi e fondersi di fiati e chitarra, la marcata personalità dei temi e l'alternarsi dei ritmi.

Luigi Onori

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