All’Auditorium della “Nuvola” di Fuksas a Roma lo splendido concerto, declinato al femminile, della Banda dei Carabinieri per le celebrazioni dei 204 anni di fondazione del Corpo

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Novantadue professori d’orchestra (ma l’organico completo ne conterebbe 102), di cui sei alle percussioni e il resto ai fiati, una potenza di suono di grande impatto, anche emotivo, ricco di colori e sfumature, un repertorio vasto e un curriculum di assoluta eccellenza, impreziosito da numerose tournée in ogni parte del mondo a partire dalla prima, nel 1916 a Parigi. Stiamo parlando, l’avrete già capito, di una banda… ma non di una qualsiasi banda quanto di una delle migliori formazioni del genere che il mondo musicale possa vantare: la Banda dell’Arma dei Carabinieri, ottimamente diretta, da ben 18 anni, dal Colonnello Massimo Martinelli.

Il 28 maggio scorso l’imponente formazione ha tenuto un concerto all’Auditorium della “Nuvola” di Fuksas, nel quartiere Eur a Roma, nell’ambito delle celebrazioni per il 204° annuale di fondazione del Corpo.

A questo punto alcuni dei nostri lettori si staranno chiedendo cosa c’entri la Banda dei Carabinieri in un blog dedicato al jazz. Ebbene le risposte sono molteplici. In generale, parlare semplicemente di jazz, oggi come oggi, è decisamente limitativo, si può – e si deve – invece ampliarne la visione immaginando la musica come un’arte dei suoni, senza dover necessariamente erigere steccati, con inutili distinguo di rango, tra generi. Infatti, come abbiamo più volte detto, è vero che “A proposito di Jazz” è una pubblicazione dedicata al jazz, ma non lo è però in maniera esclusiva. In secondo luogo, sempre in queste stesse pagine, abbiamo più volte dedicato spazio alle bande, nella giusta considerazione che si tratta di formazioni di estrema importanza per la crescita musicale dell’intero Paese. Ma non basta: proprio con riferimento al jazz, molti musicisti – soprattutto statunitensi – si sono formati suonando nelle bande militari che, ancora oggi, introducono nei loro repertori brani di estrazione jazzistica.

La stessa cosa ha fatto anche la Banda dei Carabinieri, inserendo nel proprio repertorio alcuni brani riconducibili al jazz.

Il concerto, presentato da Veronica Maya,  inizia con una delle partiture meno “battute” di Claude Debussy, “Il Martirio di San Sebastiano”, scritta dal compositore francese come musica di scena per l’omonimo melodramma dannunziano. Segue una marcia dei Carabinieri Reali, composta da Luigi Cajoli, che fu il primo Maestro della Fanfara della Legione Allievi Carabinieri di Roma, nel 1887, l’embrione dell’attuale Banda dell’Arma, che egli stesso diresse dal 1910 al 1925. Piccola curiosità per i jazzofili: Cajoli è citato anche nel volume “Il jazz in Italia: dalle origini alle grandi orchestre”, del critico e storico Adriano Mazzoletti, pietra miliare, assieme ad Arrigo Polillo, del giornalismo dedicato a questo genere musicale.

Le prime pennellate jazzistiche della serata ci portano nelle strade di una New York anni ’50,  in balia delle bande giovanili. Da West Side Story, di Leonard Bernstein, ascoltiamo “Mambo” e “America”, due brani di cui l’orchestra ci restituisce intatta la grande forza comunicativa e “Ragtime” composto dal Maestro Direttore della Banda, Massimo Martinelli, forse ispirato da colui che venne definito il re del genere, Scott Joplin.

Nella “Rapsodia Americana”, della prolifica compositrice pugliese Teresa Procaccini (presente in sala), prima donna ad essere nominata direttore di un conservatorio di musica, e in “Bugle Call Rag” e “Sing, Sing, Sing”, brani portati al successo da un maestro della swing era, Benny Goodman, abbiamo avuto il piacere di ascoltare una straordinaria pianista che risponde al nome di Gilda Buttà.

Siciliana di Patti, Gilda frequenta la musica classica sin da giovanissima, tanto da diplomarsi con lode, a soli sedici anni, sotto la guida di Carlo Vidusso. Successivamente si costruisce una solidissima reputazione sia attraverso una fitta serie di concerti in tutto il mondo sia collaborando con il Maestro Ennio Morricone, con il quale ha inciso varie colonne sonore (su tutte “La leggenda del pianista sull’oceano”). Ed è stato davvero un bel sentire, dal momento che la Buttà è una concertista di assoluto livello: le sue dita volano letteralmente sulla tastiera ed esprimono al meglio le concezioni dei compositori, padroneggiando gli aspetti ritmici, armonici e melodici delle esecuzioni nonché il gioco delle dinamiche, così importante quando si suona avendo alle spalle una formazione granitica come quella della Banda dei Carabinieri.

Ma la Buttà non è stata la sola presenza femminile importante; in effetti, come ha sottolineato il Comandante Generale dell’Arma, Giovanni Nistri, sono oltre quattromila, ad oggi, le donne che portano la divisa da carabiniere, ed anche nella Banda ci sono varie esponenti del gentil sesso. Va infatti ricordato che la serata era altresì dedicata all’universo femminile; di qui l’invito ad altre due soliste: la violinista Anna Tifu e l’arpista Micol Picchioni.

Di origini rumene ma nata a Cagliari nel 1986, la Tifu è considerata in senso assoluto una delle migliori violiniste apparse sulla scena negli ultimissimi anni. Attualmente ha l’onore di suonare uno Stradivari del 1716, già posseduto da Napoleone e a lei affidato dall’Associazione Canale di Milano. La Tifu si è esibita, evidenziando una perfetta commistione di tecnica (straordinaria) e sentimento, nel “Concerto per Violino op. 26 n. 1” di Max Bruch, compositore romantico a mio avviso molto sottovalutato. Quest’opera è un capolavoro di simmetria tra elementi stilistici e formali: un incantesimo melodico commovente.

La vibrazione dell’ancia dell’oboe di Francesco Loppi, che ha duettato con la Tifu nel celeberrimo “Oblivion” di Astor Piazzolla, ha fatto vibrare tutta la platea, riuscendo a ricreare, in tutta la sua valenza, il pathos insito nelle note del musicista argentino. Del resto, come non essere piacevolmente vittime di un estatico coinvolgimento verso uno strumento, il violino, che proprio Bruch così descriveva: “può cantare una melodia, e la melodia è l’anima della musica…”

Il gineceo strumentistico si completa con la giovane arpista genovese Micol Picchioni. Diplomatasi col massimo dei voti nel 2004 al Conservatorio F. Morlacchi di Perugia, Micol è stata allieva di Catherine Michel (prima arpa dell’Opera di Parigi), Paloma Tironi, Susanna Bertuccioli e Patrizia Bini (prima e seconda arpa del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino).

L’altra sera si è fatta ammirare in un particolare arrangiamento per arpa e orchestra di “Stairway to Heaven”, dei Led Zeppelin, stratificato brano, sicuramente tra i più conosciuti della musica rock, pubblicato nel 1971. La “scala” che ci ha portato al paradiso (letteralmente!), così come gli altri brani proposti, è suonata da Micol con una straordinaria arpa celtica elettroacustica, dotata di un supporto che le consente di suonare in piedi.

Questo meraviglioso strumento polivoco rivela tutta la sua bellezza nel barocco “Canone” di Johann Pachelbel, brano sulla cui datazione, tuttavia, non si hanno ancora certezze; l’unica che si possiede in merito a questa composizione è che quella manciata di note, originariamente scritta per tre violini e basso continuo, è tra le più copiate della storia della musica, con centinaia di canzoni realizzate sulla sua celebre melodia. Una su tutte? Rain and Tears degli Aphrodite’s Child.

Come spesso accade in ambienti di grandi dimensioni, e come accaduto all’Auditorium della Nuvola, l’eccessiva riverberazione ha inficiato talora un ascolto ottimale, nonostante il suo progettista, l’architetto Fuksas, abbia dichiarato di aver studiato luce e acustica in modo maniacale. Per quanto riguarda la luce dell’intera struttura, non vi sono dubbi: è spettacolare! Nondimeno, ci attende una piacevole sorpresa. Verso il finale, la Banda si scompone: metà rimane sul palco e l’altra metà si posiziona nella parte più alta della platea. Questo effetto surround ci permette di ascoltare perfettamente e nella pienezza dei suoni il poema sinfonico di Respighi “I Pini di Roma”.

Dopo i saluti delle varie autorità presenti, la chiusura rituale di ogni concerto di questa Banda, vera eccellenza della musica italiana, prevede l’esecuzione della “Fedelissima”, composta dal Maestro Luigi Cirenei, marcia d’ordinanza dell’Arma dei Carabinieri e del “Canto degli Italiani”, ovvero l’inno nazionale, in un’interpretazione corale da parte di tutti gli spettatori che hanno gremito l’auditorio. Il concerto verrà trasmesso da Rai 5, in uno speciale realizzato da Rai Cultura, il 5 giugno, data in cui ricorre la giornata nazionale di questa prestigiosa istituzione.

Marina Tuni

A Proposito di Jazz ringrazia il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Giovanni Nistri, il Responsabile Relazioni Esterne e Comunicazione, Generale di Brigata Maurizio Stefanizzi, il Maestro Direttore della Banda, Colonnello Massimo Martinelli e l’Ufficio Cerimoniale.

Photo courtesy: Arma dei Carabinieri

 

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