RFM Organ Trio al TrentinoInJazz

Mercoledì 19 settembre 2018
Ore 21.00
Mas dela Fam
Via Stella 18
Trento

R.F.M. ORGAN TRIO

Ultimo appuntamento estivo del TrentinoInJazz con un nuovo concerto targato TrentinoIn JazzClub, il ciclo del TrentinoInJazz ideato da Emilio Galante per coinvolgere i club di Trento e Rovereto, che torna alla centralità dell’organo elettrico con il RFM Organ Trio a Trento. Roberto Gorgazzini (organo), Fiorenzo Zeni (sax tenore, soprano e ewi) e Michele Vurchio (batteria) nascono come trio nel 2011, sono tre personalità con esperienze molto diverse, che in gruppo elaborano un sound tipico degli anni ’60 e ’70, rivissuto in chiave moderna.

Roberto Gorgazzini è da oltre 30 anni sulla scena musicale regionale e non solo, ha collaborato con musicisti del calibro di Gianni Basso, Carla Marcotulli, Tony Scott, Larry Nocella, Lilian Terry, Bruno de Filippi e tanti altri.
Michele Vurchio ha lavorato nel campo della musica brasiliana con Irio De Paula, Jim Porto, Roberto Duarte e molti altri, ma anche con Nada, Camaleonti e Anna Oxa. Fiorenzo Zeni ha dalla sua collaborazioni con grandi del jazz come Paolo Fresu, Franco d’Andrea, Enrico Marc Abrams, Maria Pia de Vito, Claudio Angeleri, Paul Wertico, Javier Girotto, Fabrizio Bosso, Giovanni Falzone ed altri.

Prima consumazione minimo 7,00 €. Degustazione piatto unico “Gnoc en Toc” (spatzle bianchi con patate e formaggio casolet spolverata di semi di papavero, contorno di verdure). Illustrazione del piatto a cura dello chef Andrea Bassetti. Prossimo appuntamento con il TrentinoInJazz 2018 sabato 29 settembre: Tiziano Popoli e Vincenzo Vasi a Trento.

Gerlando Gatto e “L’altra metà del Jazz” alla Feltrinelli di Roma via Appia

Tutte le foto sono di ADRIANO BELLUCCI


Il nuovo libro di Gerlando Gatto, L’ Altra metà del Jazz, è stato presentato alla Libreria Feltrinelli di Via Appia a Roma. Posti a sedere esauriti, copie del volume esaurite, un parterre non solo di amici e artisti ma anche di curiosi, e a parlare con l’ autore di questo ultimo successo editoriale Claudia Fayenz, giornalista, ed autrice della prefazione, e ben cinque delle protagoniste intervistate: Mariapia De Vito, Antonella Vitale, Ada Montellanico, Marilena Paradisi, cantanti, musiciste. Marcella Carboni, arpista, musicista. Moderatore, Luigi Onori. Presente anche Marina Tuni, ufficio stampa di Euritmica, nonché ispiratrice del titolo di questo interessante volume.

Ada Montellanico

Mariapia De Vito, Marilena Paradisi, Claudia Fayenz

Mariapia De Vito, Claudia Fayenz, Gerlando Gatto, Luigi Onori

Luigi Onori, Antonella Vitale, Ada Montellanico

Nico Morelli

Marina Tuni

Gerlando Gatto, Luigi Onori


Un dibattito vivace, imperniato sui racconti e sulle esperienze di cinque artiste e del loro successo nel Jazz. Quali le difficoltà, se ve ne sono state? Quali le rinunce, se ve ne sono state? Quali le soddisfazioni?
La bellezza di ascoltare quanta passione, determinazione, poesia ci vogliano per scegliere la non facile strada della musica si è materializzata nelle risposte intelligenti e scevre da ogni retorica potenzialmente implicita nel  “lamento di genere” (che spesso relega le donne a minoranza da tutelare a prescindere, come le specie protette dal WWF), delle quali risposte anche io, che non sono musicista ma sono donna che si occupa di Jazz, sono stata grata.
Ci sono certamente pregiudizi. Ma oramai li si guarda con una certa distaccata ironia e li si tramuta in un vantaggio.
La gratitudine va anche a Nico Morelli, pianista, compositore, che rispondendo ad una domanda rivoltagli dallo stesso Gerlando Gatto ha precisato che non ha mai pensato ad una influenza delle donne nel Jazz in quanto donne: è la musica che importa. Un musicista o una musicista sono… musicisti, ed è la musica che conta, al di là del genere.

Ecco altre immagini di un pomeriggio sold out!




Il Rossini Jazz Club raccoglie il testimone dello Zingarò di Faenza

Il Rossini Jazz Club raccoglie il testimone dello Zingarò di Faenza

La rassegna diretta da Michele Francesconi si apre giovedì 20 settembre con Banana Boat

Giovedì 20 settembre 2018, si apre una stagione importante per la rassegna musicale diretta da Michele Francesconi. Dopo oltre dieci anni, i concerti cambiano sede e si spostano al Bistrò Rossini che diventerà, ogni giovedì, il Rossini Jazz Club: la seconda importante novità riguarda proprio il giorno della settimana, si passa appunto al giovedì come giorno “assegnato” ai concerti. Resta invece immutato lo spirito che anima l’intero progetto: al direttore artistico Michele Francesconi e all’organizzazione generale di Gigi Zaccarini si unisce, da quest’anno, la passione e l’accoglienza dello staff del Bistrò Rossini e l’intenzione di offrire all’appassionato e competente pubblico faentino una stagione di concerti coerente con quanto proposto in passato.

Banana Boat, il progetto di Bruno Orioli e Francesco Plazzi, è la formazione scelta per un’apertura dedicata alle sonorità ancora estive e rilassate del soul, del reggae e del calypso, un viaggio musicale verso i Caraibi e l’America Latina. Come di consueto, secondo le linee seguite dalle scelte di Francesconi, sarà possibile ascoltare alcuni tra i progetti più interessanti sulla scena nazionale a fianco dei musicisti che animano la vita jazzistica del territorio, si alterneranno formazioni che affrontano il jazz nella maniera più tradizionale e gruppi che attraversano i confini tra i generi musicali per portare altre sonorità e grammatiche nel linguaggio del jazz.

E quindi si passa dall’attenzione per la vocalità con la presenza in cartellone, ad esempio, di Francesca Bertazzo, Tati Valle, Stevie Biondi, Lisa Manara e Francesca Ajmar alle aperture contemporanee della musica di Carla Bley riletta da Andrea Massaria e Bruce Ditmas, dall’incrocio con il mondo classico e con la world music proposto da Trio Eccentrico, Tango Minas, Giò Belli Jazz Manouche Trio e Luca Ciarla Solorchestra alle linee più squisitamente jazz delle formazioni capitanate da Emilio Marinelli, Alessandro Scala, Beppe Di Benedetto e Paolo Ghetti.

Si aggiunge inoltre anche lo sguardo alle nuove generazioni e alla didattica con i due appuntamenti previsti nella parte finale della stagione con il Laboratorio sul Piano Trio e la serata dedicata agli Allievi della Scuola Sarti.

Tutti i concerti si terranno il giovedì con inizio alle 22 e con ingresso libero. Il Bistrò Rossini è a Faenza in Piazza del Popolo, 22.

web: www.bistrorossini.it
social: facebook.com/rossini.jazzclub; twitter.com/rossinijazzclub; instagram.com/rossinijazzclub

Rossini Jazz Club, Faenza
programma dei concerti

Giovedì 20 Settembre
Banana Boat

Giovedì 27 Settembre
Lisa Manara Quartet “L’urlo dell’Africanità”

Giovedì 4 Ottobre
Love Sick Duo

Giovedì 11 Ottobre
Sax Four Fun “Opera Remix”

Giovedì 18 Ottobre
Alan Bedin. T&nCò

Giovedì 25 Ottobre
Michele Francesconi & Francesca Bertazzo Quartet “The Jimmy Van Heusen Songbook”

Giovedì 1 Novembre
Stevie Biondi “Modern Vintage Trio”

Giovedì 8 Novembre
Trio Eccentrico

Giovedì 15 Novembre
Tango Minas

Giovedì 22 Novembre
Emilio Marinelli Dope 3

Giovedì 29 Novembre
Luca Ciarla Solorchestra

Giovedì 6 Dicembre – doppio concerto
Mattia Parissi Trio
Oligo

Giovedì 13 Dicembre
Andrea Massaria & Bruce Ditmas “The Music of Carla Bley”

Giovedì 10 Gennaio
Alessandro Scala Groovology Trio

Giovedì 17 Gennaio – doppio concerto
Yuri Ciccarese & Pepe Medri “Migrazioni Musicali”
Silvia Wakte “Solo Act”

Giovedì 24 Gennaio
Musicanti Di Braina

Giovedì 31 Gennaio
Diego Frabetti Quartet

Giovedì 7 Febbraio
Daniele Ciuffreda Organ Trio

Lunedi 11 Febbraio
Concerto Di Chiusura di Fiato al Brasile

Giovedì 14 Febbraio San Valentino
Tati Valle Solo

Giovedì 21 Febbraio
Francesca Ajmar Quintet feat. Hector “Costita” Bisignani

Giovedì 28 Febbraio
Giò Belli Jazz Manouche Trio

Giovedì 7 Marzo
Sleego

Giovedì 14 Marzo
Beppe Di Benedetto Concept Quartet

Giovedì 21 Marzo
Paolo Ghetti Melody Quartet

Giovedì 28 Marzo
Laboratorio Piano Trio feat. Walter Paoli & Stefano Senni

Giovedì 4 Aprile
The Latin Quarters

Giovedì 11 Aprile
Allievi Scuola Sarti

I nostri libri.

I nostri libri

Paolo Fresu – “La musica siamo noi” – il Saggiatore – 80 pagine, 15 euro

“So cosa ha spinto me a viaggiare e so cosa ho portato indietro. La musica” Sono le parole con cui Paolo Fresu, straordinario musicista e coinvolgente affabulatore, chiude il primo capitolo di questo suo breve volume dedicato alla musica, alla sua Berchidda… ma non solo ché nel suo sottolineare come attraverso i viaggi, attraverso la musica si possa costruire un ponte tra le diverse culture, l’artista sardo pone in primissimo piano la sua esigenza di uomo e di artista di adoperarsi per costruire un mondo migliore. Di qui la convinzione che l’arte più di tutto aiuti a vivere, insegni a vivere. “E solo adempiendo a questo compito l’artista può essere fedele alla sua natura più profonda”. Insomma un libro che parla sì di musica ma i cui confini vanno ben al di là.
In effetti il volume nasce da una conferenza sul tema ‘Musica e Cultura’ suggerita da Luca Formenton in occasione del traguardo dei mille titoli per la collana La cultura del Saggiatore. Non crediamo, quindi, di esagerare affermando che Fresu detti una sorta di filosofia di vita, in cui l’artista ha il compito precipuo di “agire sulla società, costruirla, farsi architetto o forse anche semplice manovale, insomma deve adoperarsi perché le cose cambino, perché il mondo vada in una direzione nuova e migliore”:
Ovviamente, riferendosi a sé stesso, lo strumento di Fresu è la musica che per lui rappresenta tutto, la vita stessa, la possibilità di rapportarsi con gli altri, una sorta di centro di gravità capace di dare un senso a tutto ciò che sta attorno. E nel parlare della musica Fresu dedica molto spazio alla sua creatura forse più amata, il Festival di Berchidda di cui ripercorre le tappe fondamentali sottolineando come ”Time in Jazz” abbia avuto il merito di scuotere alle fondamenta un sistema che trovava nell’immobilismo la sua principale ragion d’essere.
E alla stessa esigenza di scuotere il “pachiderma di una discografia oramai fossilizzata” risponde la creazione di “Tuk Music” etichetta cui Fresu dedica particolare attenzione a partire dalle copertine le cui foto, non a caso, sono presentate a colori nel volume in oggetto, la cui lettura è tanto piacevole quanto interessante.

Danilo Rea – ““Il jazzista imperfetto” RaiEri ed. – 237 pagine, 18 euro

La lettura di un libro può lasciarti soddisfatto se ti ha arricchito culturalmente o se ti ha trasmesso tutta una serie di emozioni magari facendoti andare indietro nel tempo con la mente e con il cuore. E’ proprio in questa seconda categoria che, almeno per me, va iscritto il volume recentemente edito dalla Rai e contenente una sorta di autobiografia di Danilo Rea scritta con l’ausilio di Marco Videtta, scrittore, sceneggiatore e produttore di successo.
In effetti molti degli eventi narrati dal pianista sono stati vissuti anche dal sottoscritto in primissima persona e così la lettura del “Jazzista imperfetto” si è man mano trasformata in una sorta di album dei ricordi. Ecco, quindi, riaffiorare alla mente gli anni Settanta, il “Trio” di Roma con Roberto Gatto e Enzo Pietropaoli che ebbi modo di ascoltare al Folkstudio del compianto amico Giancarlo Cesaroni, il quartetto con Massimo Urbani, le molte esibizioni di Chet Baker, le collaborazioni con Lee Konitz, i concerti al Capolinea di Milano e al Music Inn di Roma… e via di questo passo in una sorta di galleria che ci conduce fino ai giorni d’oggi, quando Danilo è giustamente considerato uno dei migliori pianisti anche al di fuori dei confini nazionali.
Rea, senza alcuna presunzione, rievoca, con stile piano ma non banale, le tappe che lo hanno portato al successo evidenziando sempre la sua peculiarità di “improvvisatore”: non a caso, nella quarta di copertina, afferma che “qualunque sia il fuso orario, ovunque mi trovi, quel che è certo è che stasera ancora una volta mi sfiderò, sperando che l’ispirazione arrivi: come la fame, il respiro, l’amore”. E quanto queste parole illustrino l’animo di Danilo può capirlo solo chi lo conosce bene.
Personalmente frequento e apprezzo Danilo da quando lo ascoltai per la prima volta con il Trio di Roma e ricordo benissimo un’intervista che gli feci nel 1980 n cui lo trovai ancora un po’ demoralizzato perché il successo tardava a arrivare ed io gli pronosticai che nel giro di pochi anni sarebbe diventato famoso anche al di fuori degli stretti confini del jazz. Fui fin troppo facile profeta e d’altro canto bisognava avere le orecchie otturate da una buona manciata di prosciutto – come si dice dalle mie parti – per non rendersi conto della valenza di Danilo.

Talos, un festival a sud-est del mondo

La musica ha una qualità: può migrare senza incorrere nel freno di frontiere, muri, fili spinati. Può cioè spostarsi liberamente ed, in alcuni casi, trovare l’accoglienza più calda.
Ecco. Il Talos Festival suggerisce quest’idea, di una rassegna aperta e inglobante per arti musica danza e in genere spettacolo. Il tema principale resta quello delle bande, grazie alla cui folta presenza, per citare Mascagni, la Puglia è una terra benedetta da Dio. E Pino Minafra, condirettore con suo figlio Livio della kermesse, da combattivo pronipote del mitico Talos qual ė, ha affermato che si sta finalmente concretizzando un importante traguardo legislativo regionale per la tradizione bandistica per come emerso nello specifico convegno interno alla manifestazione (che ha ospitato peraltro la presentazione del libro di Ugo Sbisá, “Puglia: le etá del jazz”).
Le bande hanno una tradizione forte nella regione – un paragone possibile le fanfare che eseguivano Sousa negli USA di inizio novecento – che risulterebbe di denominazione d’origine (non) protetta se non esistessero iniziative come quella ruvese la cui mission è tenerle in vita, consolidarle, rilanciarle.
Alle bande è stata, come da consuetudine, riservata un’ampia vetrina nella settimana di anteprima (1-5 settembre) a base di concerti, masterclass, flash mob, mostre fotografiche (Talosart a cura di Raffaele Puce), laboratori coreografici.
Talos è ancora La Melodia, La Ricerca, la Follia. Ma il tema sottotraccia rimane quello della rivendicazione della ricchezza artistica del territorio che si estende attorno a Ruvo verso varie latitudini e longitudini.

La notte della tammurriata offerta da Enzo Avitabile con i Bottari di Portico, che ha inaugurato a piazzetta Le Monache la sezione internazionale del Festival (6-9 settembre), va in tale direzione, in cui Suono Parola Danza si incontrano, per come statuito dal leader, profeta della ‘disamericanizzazione’, pur mantenendo l’influsso di black music (slang e tamburi compulsivi richiamano il rap); ed omaggiando, alla sua maniera, il Chain Of Fools di Aretha Franklin con lo stesso spirito devoto con cui rinnovare il canto accorato di Terra Mia di Pino Daniele. Il sassofonista di Soul Express ha maturato una propria poetica di “Paisá” che è sintesi profetica di linguaggi, come il griko, e ritualitá afro/mediterranee, rafforzate da collaborazioni come con la cantante palestinese Amal Murkus e col francese Daby Tourè, immortalato nel documentario ” Enzo Avitabile: Music Life” (2012) di Jonathan Demme: tutto nel segno della condivisione-senza/divisione e del recupero unitario e identitario di comuni radici ritmiche, sonore, idiomatiche.

Ed anche quando, poche ore prima, si esibiva, nello spettacolo Notturni, il trio italo-franco-austriaco composto da Livio Minafra al piano (degno di sviluppi il suo fischio che raddoppia le note della mano destra, alla Salis), Michel Godard a tuba e serpentone e Roland Neffe a vibrafono e marimba, la cifra stilistica era di quel taglio, con una musica leggera, variante, emotiva, inerpicantesi su immaginari Balcani con affacciata su New Orleans ma anch’essa radicata nella vasta area sull’asse tirreno/jonio/adriatica.
Sulla traccia dell’album Campo Armonico (Quinton) vi si è costruita la dimensione scenica dell’Adagio alla Finestra di giovani ninfe e mature driadi che, affacciate sulla corte della Pinacoteca d’Arte Contemporanea-ex Convento, gesticolano acclamano chiacchierano, bocche della verità e follia maldicente, tarantolata, mentre lasciano scivolar giù brandelli di carta, vox populi (o vox dei?) nella visione dell’ideatore Giulio De Leo che “ribalta il luogo comune teatrale e letterario del balcone come simulacro del femminile”.

Giorno 7 il vento dell’est ci porta in direzione Egeo, verso la Grecia di Xenakis e Vangelis, sulle ali del pianoforte di Sakis Papadimitriou, giá visto alla prima edizione del festival di Noci nel 1989. Ed ancora in spolvero nel prodigarsi nella ricerca modale di echi classici, agli albori del pensiero occidentale, fino al I secolo a.c., e riportare in vita aforismi, epitaffi, odi poetiche grazie al canto di Georgia Sylleou, incorniciato dalle figurazioni coreutiche di De Leo e Compagnia Menhir, con l’apporto di interpreti diversamente abili. Titolo della coreografia ‘Passionale’, dove il gesto, privo di illusioni estetiche, è strumento di relazione, vicinanza, ascolto.

Poi la zolla musicale indoeuropea tracima ancora verso oriente, sulle rotte di Marco Polo, fino all’India di Trilok Gurtu. Il percussionista, con un set strumentale che è un arsenale, si esibisce in un “solo” in cui prevalgono tablas e voce, in una congiunzione meditativa trasmessa agli spettatori che partecipano, a fine concerto, all’ esecuzione creando collettivamente un bordone tipo tampoura con un riff ripetuto ad accompagnare il musicista sul palco. Il cui sargam recita il ritmo, lo melodizza. E dà il meglio di sé quando si trasforma in un intona rumori concreti, creando vibrazioni da un secchio d’acqua, agitando oggetti, soffiando nel microfono per generare echi apocalittici, bacchettando cose per scovarne risonanze, in una sfida alle leggi dell’acustica quasi fosse un Cage venuto dall’Asia più tradizionale.

Est, est ancora est con The Bulgarian Voices “Angelitas”, polifonia di schietta matrice popolare, la loro, resa attraverso il sapiente gioco delle sezioni soprano-mezzosoprano-alto-contralto che si intrecciano e si riuniscono in accordi inconsueti per noi, talora misteriosi da decifrare, in cui pesa l’ utilizzo dei quarti di tono proprio della musica folklorica. Applauditi i canti a dispetto e quelli a risposta ma soprattutto bissata, su richiesta di un pubblico divenuto maggioranza bulgara, una originalissima versione di Bella Ciao.

Le due giornate finali hanno registrato la produzione La notte delle bande con Pino Minafra & La Banda, diretta da Michele Di Puppo, in repertorio Rossini, Bellini, vari autori fra cui compositori bandistici pugliesi, e con la partecipazione fra gli altri del poeta Vittorino Curci. Una formazione eccellente, sicuramente da “esportare”.

In pinacoteca poche ore prima era stato presentato il disco Sincretico (Dodicilune) del fisarmonicista Vince Abbracciante con Alkemia 4et nonché In The Middle, atelier coreografico curato da Sanna Myllylahti su musica del contrabbassista Giorgio Vendola oltre a Giardini famigliari, con commento sonoro affidato alla tromba di Giuliano De Cesare, con la danzatrice Mimma Di Vittorio in bella evidenza.
Nell’ultima serata la performance dei Fratelli Enzo e Lorenzo Mancuso, seguita da Ciclopica, dei salentini di BandAdriatica diretta da Claudio Prima, con brani del nuovo album Odissea (Finisterrae), ha chiuso in bellezza il palinsesto dopo le sonorizzazioni di Nicola Pisani e Michel Godard sulle figure di Arcipelago.

È tutto, da Ruvo di Puglia, la cittå del “Jatta”, il Museo; la città del “Jezz”, meticcio con sponde a Levante oltre che con i Sud del mondo.

Amedeo Furfaro

Il Duo meets Michele Polga al TrentinoInJazz

Domenica 9 settembre 2018
ore 15.30
Parco delle Feste
Lagolo (TN)

IL DUO MEETS MICHELE POLGA

ingresso gratuito

Domenica 9 settembre nuovo appuntamento del TrentinoInJazz 2018: sarà l’ultimo concerto del cartellone di Suoni d’acqua, la sezione del festival nata in collaborazione con il Comune di Madruzzo attorno all’idea della residenza di alcuni musicisti nella Casa degli Artisti di Lagolo. Domenica 9 al Parco delle Feste di Lagolo, il concerto pomeridiano del Duo con Michele Polga!

Gioele Pagliaccia e Giulio Campagnolo, meglio noti come Il Duo, sono molto attivi nella scena jazz Italiana ed internazionale e collaborano con artisti apparentemente diversi tra loro come Fabrizio Bosso, Will Bernard, Danilo Gallo, Joe Lalli (Fugazi), Enzo Carpentieri, Giovanni Perin, Piero Bittolo Bon, Monique “Honeybird” Mizrahi. Suonano insieme dal 2013 e da allora si sono esibiti un po’ ovunque: dai jazz club ai festival come La Fabbrica del Jazz, il Bassano Jazz ed il Garda Jazz. Pagliaccia e Campagnolo suonano una miscela di soul-funk-jazz passando per l’afro beat e la musica elettronica, senza dimenticare le radici dell’organo Hammond. Propongono sia pezzi originali che qualche standard di John Coltrane e Lou Donaldson, spesso si circondano di ospiti come Will Bernard, Glauco Benedetti, Federico Pierantoni, Rosa Brunello, Frank Martino, Antonio Gallucci e tanti altri. Per l’occasione, il loro ospite sarà il sassofonista Michele Polga.

Prossimo appuntamento con il TrentinoInJazz 2018 martedì 11 settembre: Hans Raecke a Roncegno (TN).