Egberto Gismonti un’antologia della musica brasiliana… e non solo

Egberto Gismonti © Roberto Cifarelli RSI

Era da molto tempo che non l’ascoltavo dal vivo e serbavo il ricordo di un artista esplosivo, comunicativo, prorompente, in grado di esprimersi su livelli tecnici di assoluto rispetto, con punte di virtuosismo comunque mai fine a se stesse; è stata, quindi, una sorpresa, seppur relativa, ritrovarlo durante il concerto all’Auditorium di Roma più riflessivo, quasi intimista, più propenso a scavare nelle profondità del proprio io piuttosto che a scaricare sul pubblico una musica ribollente. E forse, non a caso, ha fatto esplicito riferimento alla sua famiglia, con madre siciliana, padre libanese e lui ad imparare come seconda lingua il francese.

Ovviamente, ciò nulla toglie alla prestazione di Egberto che si dimostra ancora una volta – se pur ce ne fosse stato bisogno – artista di punta nel pur variegato panorama musicale, capace di sintetizzare in un unicum di rara bellezza i vari input che gli sono pervenuti dalla musica classica, dalla lunga frequentazione degli indios Xingu dai quali apprende l’utilizzo del loro flauto, dalla musica popolare brasiliana, dal jazz, dalla bossa nova, dal rock e dalla musica classica brasiliana di Heitor Villa-Lobos. Tutto ciò si riflette nella sua ampia produzione in cui troviamo musica per il cinema, il teatro e la televisione e la realizzazione di oltre sessanta dischi, molti targati ECM (in cui, oltre a quelli da leader, suona accanto a musicisti quali Charlie Haden, Ralph Towner, Herbie Hancock, Jan Garbarek, Wayne Shorter, John McLaughlin … tanto per citare qualche nome).

Tornando al concerto romano, in oltre un’ora e mezzo Gismonti ha evidenziato le due facce della sua personalità: i primi quaranta minuti si è fatto ascoltare con la sua particolare chitarra, sfoderando la solita impeccabile tecnica impreziosita da un sound personale. Nella seconda, altrettanto lunga parte, Gismonti si è seduto al pianoforte continuando a deliziare il pubblico nonostante qualche leggera défaillance tecnica.

In repertorio brani tratti dagli ultimi due album «Dança dos Escravos» (1988) per quanto concerne la prima parte del concerto e «Alma» (1986) per il piano solo. In ambedue le situazioni Gismonti ha continuato a tessere le sue trame, a suonare la sua musica in cui, come si accennava, è facile da un canto rinvenire quelle influenze che hanno forgiato il suo stile, dall’altro il profondo rispetto che Gismonti nutre per tutte le culture musicali con cui è venuto a contatto, con una particolare predilezione – che non ha mancato di sottolineare anche questa volta – per la musica brasiliana nelle sue molteplici sfaccettature.

Non a caso il concerto si è chiuso con tre pezzi emblematici della ricchezza e varietà della musica brasiliana: “Retrato Em Branco E Preto” di Tom Jobim, “O Trenzinho do Caipira” di Heitor Villa-Lobos e “Carinhoso” di Pixinguinha.

Gerlando Gatto

Si ringrazia Roberto Cifarelli RSI © per le immagini