Intervista raccolta da Marina Tuni

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Intervista raccolta da Marina Tuni

Massimo De Mattia – ph: Luca A. d'Agostino – Udin&Jazz 2015

-Come sta vivendo queste giornate
“Ho fiducia nel cambiamento che questa tragedia planetaria ci imporrà. Ho fede nella ricostruzione. La necessità forse è una cura. Resisto quotidianamente pensando a questo”.

-Tutto ciò come ha influito sul suo lavoro?
“Intendiamo il lavoro artistico? Ebbene, manca certamente la pratica condivisa, che, per quanto mi riguarda, comunque non era poi così assidua. L'isolamento forzato mi sta aiutando a discernere meglio. Abbiamo i mezzi per comunicare, non è questo il problema. Anzi, questo eccesso tecnologico ci sta rendendo tutti queruli ed eccessivi. Quindi meglio rallentare, diradare, no?”.

-Pensa che nel prossimo futuro sarà lo stesso?
“Sì. Ma sapremo tutti sfruttare questa occasione di ripensamento e captarne significati e cause. Ne ho la speranza”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?
“Sono musicista ma non ho mai voluto intraprendere, o ipotizzare, la mia attività artistica come una possibile fonte di reddito. Ho sempre svolto un'attività professionale di tutt'altro genere, di qui la mia attuale sussistenza”.

-Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Vivo con mia moglie Cristina e la cagnolina Penelope. Ad entrambe chiedo perdono per la continua, quotidiana, incessante vessazione uditiva. È molto importante ed è una fortuna avere accanto qualcuno da amare e che ti ama, ma che non sempre ti approva e ti sostiene. Non credo che specchiarsi sia il modo giusto di vivere l'amore. Devi sempre riequilibrarti con la vita, l'altro in questo ti deve aiutare. Perché chi eccede nel viversi come artista o intellettuale spesso si fa fagocitare dal proprio ego”.

– Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e   professionali sotto una luce diversa?
“Questa tragedia umanitaria e il distanziamento sociale che ci stiamo imponendo dovranno per forza generare in noi maggiore solidarietà e compassione. Per troppo tempo abbiamo convissuto nel sospetto e nella diffidenza reciproca. Questa tragedia globale, che ci ha reso tutti inermi e inerti, non potrà non innescare una rivoluzione. O ripensiamo l'individuale o saremo perduti! Sarà indispensabile il volontariato, anche artistico e culturale; sarà inevitabile cercare e trovare altre soluzioni di sostenibilità, per la produzione e la fruizione della cultura e la sussistenza delle professionalità. Dobbiamo riappropriarci della politica e del sociale. Dovremo tutti rimettere in gioco le nostre capacità e attitudini”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“Credo che l'arte e la cultura siano il vero capitale, senza il quale oggi saremmo già tutti vittime della disperazione. Abbiamo bisogno di assurgere a un nuovo stato emotivo di speranza e meraviglia, di folgorazione e di sogno. Crearci nuove utopie. Non vedo su quali altre forze contare. A parte l'amore”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Alla lettura”.

-Quanto c'è di inutile retorica in questi continui richiami all'unità?
“Tutto è retorico e nessuno ci crede, alla nostra vera e sostanziale unità. Indubbiamente noi amiamo l'Italia, ma come Paese, non come Stato. Ci troviamo a sostenere un presente edificato su fragili pilastri etici. Forse perché ci siamo sempre affidati ai rappresentanti politici meno peggiori. Dobbiamo evolvere e riprenderci la vita. Studiare, attrezzarci, poi agire”.

-E' soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?
“Non mi sento rappresentato. Chi davvero oggi si sta facendo carico delle istanze più libertarie della musica? Allora non accetto l'idea che altri parlino per me. Voglio rappresentarmi. Ma allo stesso tempo mi urge esprimere solidarietà verso ogni categoria in disagio. Quelle artistiche in primis,  vivono una grave discriminazione ed esposizione economica. Sono pronto a spendermi, per questo. Moralmente non posso tollerare questa situazione”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Meglio puntare a obiettivi più corti e alla portata. Mi basterebbe poter riuscire a dialogare con i referenti politici e gli amministratori locali, chiederei un futuro impostato su politiche culturali più consensuali, attente agli interessi di pubblici minoritari, spesso svantaggiati o inascoltati, di artisti, intellettuali e attivisti, di realtà associative e volontari culturali costantemente mortificati se non addirittura negletti. Abbiamo bisogno di una differente rappresentazione della cultura, chiediamo alla politica di affrancarsi dalla logica viziosa del ritorno e del consenso. Proposte concrete al Governo? Abolire o almeno ridurre l'iva per i consumi culturali; forti detrazioni per le spese di studio e perfezionamento artistico; eliminazione della maggior parte dei balzelli burocratici, amministrativi e fiscali agevolando agevolando così le associazioni, gli operatori e il volontariato culturale. Ma soprattutto discernere, finalmente, ma anche discriminare tra produzione, rappresentazione e diffusione culturale davvero necessaria e consumo pseudo-culturale, mercato del divertimento; differenziandoli con nuovi criteri di scelta, sostegno, investimenti, agevolazioni.”

-Ha qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“In questo “oceano di suoni” dobbiamo tutti cercare di orientarci meglio e non sprecare energie. Ognuno faccia i conti con il proprio gusto e con le proprie necessità. Ma li faccia. Investiamo sul necessario”.

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