Intervista raccolta da Gerlando Gatto

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Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Renzo Ruggieri, fisarmonicista – ph: Bruno Severini

-Come sta vivendo queste giornate?
“Le giornate di lezioni non sono cambiate molto, utilizzo Skype da diversi anni e la procedura ormai è consolidata. Non tutti gli studenti però si sono convertiti al web e molti non hanno un'attrezzatura adeguata. Lo studio personale si è invece ridotto nonostante il maggior tempo a disposizione; è paradossale quanto la motivazione (il salire sul palco) influenzi anche il tempo dedicato allo strumento. Dovrei seguire l'onda del postare video sui social ma proprio non mi riesce di buttare “tutto a tutti”. In compenso sto completando molto materiale sospeso che forse non avrei mai finito. Nel quotidiano invece dormo di più, dedico più tempo ai figli e riesco anche a vedere qualche buon film”.

Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Ho perso tutti i tour italiani ed esteri, tutti i festival sono fermi o in standby, ho perso tutti i concerti fino a giugno e quelli estivi sono “in forse”; aggiungo che un quarto delle lezioni private sono saltate. Sono divorziato, con tre figli, un mutuo e un gatto. Non sarà facile ma “so accontentarmi anche di un semplice saluto” diceva una nota canzone e il futuro non mi spaventa”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?
“Lezioni, lezioni, lezioni! Sto individuando “alternative” efficaci qualora il vaccino ritardasse, ma se il mondo non si è fermato con gli orrori della seconda guerra mondiale, vuole che avvenga per una “influenza”?”.

 Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Oggi vivo con mio figlio di 15 anni; ci sosteniamo a vicenda per le faccende domestiche e nell'umore. Stare da soli comunque non dovrebbe spaventare gli artisti che esorcizzano le paure creando nuove opere”.

Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Forse sì, ma ho poca fiducia nell'odierna società, tutta proiettata all'auto-soddisfazione. Il corona virus ci ha ricordato che non siamo immortali e che abbiamo un corpo da restituire prima o poi. La visione cattolica della vita inoltre mi induce a ritenere che una vera trasformazione possa avvenire soltanto tramite la spiritualità; pochi mesi però non sono sufficienti per questo. Le relazioni professionali invece le sento ancora conservative; ci si osserva, ci si racconta la storiella del virus cattivo e del governo ladro ma nulla è cambiato tranne che tutti suonano – gratis – sui social la stessa canzone: ‘Guardate quanto sono bello e quanto sono bravo' “.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“L' è nata principalmente per dare piacere all'uomo e tutte le volte che gli artisti lo dimenticano falliscono. Ma l'arte non è la vita e come tale non la risolverà, pur agevolandone il percorso”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Mi ripeto, credo la spiritualità sia l'unica vera strada in grado di dare senso alla precarietà umana, enfatizzata da questa pandemia”.

Quanto c'è di inutile retorica in questi continui richiami all'unità?
“In epoca social, dove tutti “lucidano” la propria maschera, mi pare evidente che un po' di retorica sia inevitabile e forse necessaria. Con il protrarsi della crisi però le cose potrebbero cambiare… auguriamoci il meglio”.

-È soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?

“Rido!  Senza generalizzare le faccio una contro-domanda: “Ma di quali organismi parla”? Chiunque abbia incontrato in questo ambito ha finito per deludermi…. O troppo “interessato” o troppo poco “impegnato” o “incompetente”, o “egocentrico” o con troppo poche “risorse”. Mi creda gli artisti non sono in grado né di farsi rappresentare e né di rappresentarsi. Siamo pochi e in vendita per un applauso o per un contatto in più. Del resto quelli “puri” sono tutti morti poveri e una ragione ci sarà.
Le faccio un esempio: per questa crisi è stato previsto un contributo di qualche centinaio di euro per coloro che hanno fatto almeno “30” concerti regolari nell'anno precedente. Regola corretta in un ambito scorretto (sich). Chi l'ha pensata è evidente che non sale sul palco e non sa nulla di questo mondo.
Abbiamo un sistema burocratico che chiede – oggi nel 2020 – al musicista di “munirsi del permesso per suonare (agibilità)” con la conseguenza che tutti trovano strade alternative. Trenta concerti regolari significa un ogni 10 giorni: troppo pochi per sopravvivere e troppi per essere in regola. Ecco la seconda contro-domanda: “A quali professionisti è rivolto il sussidio?” Beh! Rispondo da solo…
Gli “amatori” di giorno fanno i dottori, i commercialisti e via dicendo e non chiederanno il nulla perché non ne hanno bisogno.
Gli artisti “famosi” non perderanno tempo per 600 euro. Molti musicisti “insegnano” nelle scuole statali e non rientrano nei parametri. Rimangono i “professionisti” (che vivono di soli concerti) che spesso hanno un paio di concerti regolari al mese, pur facendone altri 10 irregolari e sottopagati.
Morale???  O questi organismi non esistono o non valgono nulla”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Il Ministero della Musica”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Questi sono i momenti in cui aprirsi alla bellezza di nuovi incontri musicali con ascolti “pacati” e “cool” come si dice oggi. Più che brani mi sento di suggerire artisti: Sofia Gubaidulina per la sua musica classica che nonostante le sonorità d'avanguardia, è in grado di portarti in cielo; il Tarkovsky Quartet per l'intensità e la profondità della loro musica tutto sommato semplice; la Jazz Bigband Graz per la loro interessante commistione con ambiti colti e con l'elettronica. Per la world music consiglio invece le performance dal vivo di Alexey Arkhipovsky (balalaika) – preferisco le più vecchie -. Quando sarete stanchi di novità un buon CD degli E.S.T. ritengo possa togliere la corona al virus. Se poi volete illudervi di aver capito molto, capendo poco, allora ascoltate la mia Opera? (punto interrogativo è incluso) in versione russa”.


Gerlando Gatto

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