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Ecco un'altra di quelle notizie che mai vorresti leggere e che ti colpiscono forte come un pugno nello stomaco. Ieri mattina, mentre scorrevo le solite stronzate pubblicate su Facebook, mi imbatto in una foto di Riccardo Bergerone e Roberto Masotti e sotto una serie di commenti tutti accomunati da un forte sentimento di tristezza. Stento a capire…  poi leggo meglio e la realtà è lì, Roberto Masotti se n'è andato all'età di 75 anni, dopo una malattia che l'ha colpito più di un anno fa.
Ci eravamo conosciuti nei primissimi anni '70, quando Roberto era praticamente il volto della ECM in ; bellissime, come sempre , le sue foto che impreziosivano gli album della casa tedesca, intelligenti e profonde le sue osservazioni sulla musica che Manfred Eicher cercava di far emergere nel panorama musicale non solo europeo.
Insomma un fotografo colto, un artista di squisita sensibilità, molto competente in fatto musicale e sempre con i piedi ben piantati per terra, mai riposando sugli allori, preferendo piuttosto affrontare sempre nuove sfide, il che lo ha portato ad essere, a ben ragione, considerato uno dei migliori fotografi a livello internazionale. Certo, il jazz restava probabilmente il suo interesse principale, ma la sua arte spaziava ben al di là della musica.

In effetti tracciare una biografia di Masotti in questa sede è tutto sommato inutile; basti sottolineare alcune tappe fondamentali: nel 1973 inizia una lunga e proficua collaborazione con ECM Records di cui è stato responsabile della comunicazione per l'Italia, oltre a veicolare nel mondo l'immagine della casa tedesca; dal 1979 al 1996 è il fotografo ufficiale del Teatro alla Scala di Milano con Silvia Lelli, sua compagna anche nella vita; nel 2005 viene realizzato un programma televisivo a lui dedicato per SKY/Leonardo nella serie Click… nel corso degli anni le sue fotografie sono state esposte in numerose città italiane ed europee, sempre con grande successo
Purtroppo non ci sentivamo così spesso ma ogni volta le nostre conversazioni – il più delle volte telefoniche – erano improntate ad una sincera piacevolezza; ci scambiavamo opinioni, analisi e sempre le sue idee erano perfettamente lucide, a conferma di una mente aperta.
L'ultima volta ci siamo parlati nel settembre scorso, quando ho avuto il piacere di presentare ai lettori di “A proposito di jazz” due suoi libri: “Jazz Area” che lo stesso Masotti considerava la sua “storia attraverso il jazz più che con il jazz” e “Keith Jarrett. A portrait” un vero e proprio atto d'amore che Masotti dedicava ad uno dei più grandi pianisti del jazz. E per comprendere a fondo ciò che la fotografia significava per Roberto, credo importante ricordare alcune sue parole: «le foto sono il risultato di una intima e oggettiva attenzione nei confronti di un artista a lungo seguito e ammirato, ma anche di una sua risposta che è consapevole accettazione, e soprattutto, partecipazione. Suo, solo suo, è il suono di una musica inconfondibile che la serie di fotografie ambisce di evocare e far risuonare».
Ecco, Roberto era in grado di trasmettere a chi guardasse le sue foto con attenzione, non solo un'immagine ma qualcosa che andava al di là, lo spirito del soggetto ritratto, il suo stato interiore, il suo modo – in quel momento – di vivere la realtà. Insomma Masotti era davvero un artista a tutto tondo e il suo contributo alla comprensione del mondo jazzistico, oggi ancora più complesso di ieri, ci mancherà… e tanto!

Gerlando Gatto

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