Didier Lockwood Il Paganini del jazz

Magnetismo personale, tecnica eccezionale, creatività e inventiva, capacità di trasmettere sapere e conoscenza, erede dei più grandi violinisti di jazz: queste sono solo alcune delle specificità cha caratterizzano Didier Lockwood che ci ha lasciati domenica scorsa (18 febbraio) all’età di 62 anni, a seguito di una crisi cardiaca.

Dire che il mondo del jazz – francese, europeo, internazionale- è sotto choc è un eufemismo. Nell’arco di oltre quattro decenni di carriera, il talentuoso strumentista, originario di Calais e figlio di un professore di violino, dapprima membro del gruppo rock kobaien «Magma» del batterista Christian Vander, quindi di « Zao , una formazione di jazz-rock e di rock progressive guidato da François “Faton” Cahen et Yoshk’o Seffer, si è finalmente imposto nel mondo del jazz diversificando, un po’ alla maniera di Michel Portal, le sue attività musicali. Compositore di musiche da film, di opera jazz, di musica sinfonica (ricordiamo in particolare il suo concerto “Les Mouettes”), di poemi e di spettacoli lirici come “Le Jazz et la Diva” con  Caroline Casadesus, il violinista, acustico ed elettrico, depositario del violino di Michel Warlop – il quale, a sua volta, l’aveva ricevuto dal suo primo mentore e ‘maître à penser’, Stéphane Grappelli – ha esteso la sua passione musicale anche attraverso l’insegnamento creando una scuola, il CMDL (Centre des musiques Didier Lockwood) a Dammarie-les-Lys en Seine-et-Marne).

La forza di questo grande musicista, particolarmente affabile e disponibile, era inoltre la sua facoltà di visionario capace di mescolare le musiche. Qui il jazz francese con le sue declinazioni, anche manouches, lì ancora il jazz-rock, la fusion, là la musica classica e le sperimentazioni sonore della più spinta avanguardia. E tutto ciò con una immensa professionalità e una passione divorante per la sperimentazione, la ricerca e il desiderio di oltrepassare qualsivoglia formalismo.

Violinista estremamente sensibile, generoso, amico fedele, seduttore e incantatore in musica, si era esibito appena qualche settimana fa al Duc des Lombards a Parigi – con André Cecarrelli (batteria) e Antonio Faraò (piano) per la presentazione della sua ultima opera, “Open Doors” (Okeh/Sony Music), e aveva appena suonato al Bal Blomet (Parigi – XVè) quando la grande falciatrice ha tolto al mondo del jazz, senza preavviso, uno dei suoi fiori più belli e adorabili.

Didier Pennequin

Attribuiti a Parigi i premi de l’ Académie du Jazz

I premiati de l’Académie du Jazz

Senza voler parafrasare lo slogan della campagna elettorale di Donald Trump, bisogna riconoscere che la cerimonia dell’attribuzione dei premi 2017 dell’Accademia del Jazz, presieduta da François Lacharme , ha confermato la predominanza degli artisti venuti d’oltre Atlantico rispetto ai loro colleghi europei e/o francesi. Un’evidenza che non si può discutere!

Il tutto nel corso di una bella serata in cui alcuni dei premiati, come Christian McBride, hanno dato una lezione di contrabbasso e di swing unica prima di raggiungere, nel finale improvvisato, l’impressionante, comunicativa e calda blueswoman Thornetta Davis. Ma ecco a chi sono andati i singoli premi che non hanno certo bisogno di ulteriori commenti:

– Premio Django Reinhardt (musicista francese dell’anno): la meravigliosa cantante Cécile McLorin Salvant (che ha la doppia nazionalità)

– Gran Premio dell’Accademia del Jazz (miglior disco dell’anno): Christian McBride Big Band con “Bringin’ It” (Mack Avenue/PIAS);

François Lacharme e Christian McBride

– Premio per la Migliore Riedizione e/o Miglior Inedito (ex-aequo): Thelonious Monk per “Les liaisons dangereuses 1960” (Sam Records – Saga/PIA) e Lucky Thomson “Complete Parisian Small Group Sessions – 1956-1959” (Fresh Sounds/Socadisc);

– Premio Soul: The Como Mamas  : “Move Upstairs” (Daptone/Differ-Ant);

– Premio Blues: Thornetta Davis : “Honest Woman” (Sweet Mama Music).

E, in un registro molto vicino, il premio del Disco Francese attribuito all’eccellente pianista, scrittore Laurent de Wilde per il suo “New Monk Trio” (Gazebo/L’Autre Disribution).

François Lacharme e Karin Krog

Gli altri riconoscimenti hanno incoronato  la vocalist svizzera Susanne Abbuehl (premio del miglior Musicista europeo per la sua opera), il sassofonista Michel Pastre (premio del Jazz Classico per il suo album, “Tribute to Lionel Hampton” – Autoproduction), la leggendaria vocalist norvegese, Karin Krog (premio del Jazz Vocale per il cofanetto “The Many Faces of Karin Krog 1967 – 2017” – Odin/Outhere), e ancora Pierre Fargeton (premio del Libro Jazz per “André Hodeir, le jazz et son double” – Edition Symétrie).

Didier Pennequin

Christian McBride

Thornetta Davis

François Lacharme e Susanne Abbuehl

Con Lucien Malson scompare un altro pezzo della storia del jazz.

Se non fosse stato per Adriano Mazzoletti che mi ha avvisato con una mail, probabilmente avrei saputo della morte di Lucien Malson ancora con maggior ritardo.
Scusandoci per questo con i nostri lettori, pubblichiamo una corrispondenza da Parigi del nostro Didier Pennequin.

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Critico di jazz mondialmente riconosciuto e apprezzato, professore, scrittore, filosofo e sociologo, Lucien Malson è deceduto il 27 gennaio a Parigi.
Nato Lucien Patte il 14 maggio 1926 a Bordeaux, professore universitario di lettere e aggregato di filosofia, è diventato dopo la guerra una delle “penne” del mondo del jazz in Francia. Dapprima attraverso una collaborazione, nel1946, alla rivista “Jazz Hot” allora diretta da uno dei suoi fondatori Charles Delaunay. Poi lavorando una dozzina d’anni più tardi con il mensile "Jazz Magazine", fondato da Nicole e Eddie Barclay nel 1954, poi ripreso dal tandem Frank Ténot/Daniel Filipacchi. E questo mentre contemporaneamente animava alla Radio di Stato una serie di programmi dedicati al jazz come “Visages du jazz” e “Tribunes des critiques de jazz”. Successivamente tra il 1959 e il 1971, prende la direzione di “Cahiers du jazz”, una rivista musicale trimestrale che è stata un luogo di dibattito e di riflessione per critici, musicisti e appassionati di jazz. Membro dell’Académie Charles-Cros, una istituzione che difende la diversità musicale dopo il 1947, Lucien comincia a lavorare per il quotidiano della sera “Le Monde”.
Parallelamente a queste collaborazioni giornalistiche, redige parecchie opere di sicuro livello come “Les Maîtres du Jazz” (1952), “Le jazz moderne”(1961) o ancora “Histoire du jazz” (1967) e “Histoire du jazz et de la musique afro-américaine” (1976). Insomma tanti libri che hanno apportato uno sguardo intelligente e illuminante su questa musica tanto da divenire opere di culto presso parecchie generazioni di fans e critici di jazz.
Nel 1961 ha creato a Radio France il “Bureau du jazz”, e animato tra il 1956 e il 1996 su France Culture e France Musique, numerose emissioni.Come scrittore lo si ricorda soprattutto per “Les Enfants sauvages”(apparso nel 1964), che è stato portato sul grande schermo dal regista François Truffaut nel 1970. Agli inizi degli anni 2000, aveva pubblicato dei libri dedicati a Charles Delaunay e al critico, pedagogo e musicologo André Hodeir.
Insomma con Lucien Malson scompare un altro pezzo importante della storia del jazz non solo francese, non solo europea…

 

Anche a Parigi Jazz per Amatrice

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Paolo Fresu, Nico Morelli, Flavio Boltro o ancora Michel Portal, Michele Hendricks e Emmanuel Bex sono alcuni degli artisti che il 2 dicembre parteciperanno ad un concerto-maratona organizzato dall’Istituto di Cultura Italiano a Parigi per solidarietà con le vittime del terremoto di Amatrice che ha fatto circa 300 morti nell’agosto scorso.
Il pianista Nico Morelli è stato l’ideatore del concerto (dalle 19h alle23h) il cui ricavato (ingresso a partire da 30 euro) sarà donato per la ricostruzione del cinema-teatro “Giuseppe Garibaldi” di Amatrice, un monumento storico distrutto dal sisma del 24 agosto.
Stabilitosi a Parigi nel 1998, Nico Morelli ha fatto appello al fior fiore del jazz made in Italy : il trombettista sardo Paolo Fresu, il suo alter ego torinese Flavio Boltro, il sassofonista pugliese Roberto Ottaviano, la violinista e vocalist Marta dell’Anno, il contrabbassista Mauro Gargano e il vocalist, presentatore, animatore radiofonico, Gegé Telesforo. (altro…)

Vecchie glorie e stelle nascenti al Blue Note Xperia Lounge Festival

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Due venerabili veterani – Charles Lloyd et Al Jarreau – un talento che torna al jazz – Norah Jones – e parecchi rappresentanti della nouvelle vague quali Robert Glasper, Christian Scott, Trombone Shorty et Kandace Springs formano l’ossatura della nuova edizione del Blue Note Xperia Lounge Festival che si svolgerà a Parigi dal 15 al 22 novembre.
Dopo aver debuttato sulla scena jazzistica nel 2002 e aver vinto non meno di cinque Grammy Awards, l’anno seguente la pianista e cantante Norah Jones, 37 anni, ha intrapreso altre strade molto più redditizie dal punto di vista economico come il pop-jazz, il folk, il country, il soft-rock e il soul. Il che ha ovviamente deluso quanti avevano risposto molte speranze in quella che consideravano un astro nascente della mitica scuderia “Blue Note”. Dopo una dozzina d’anni, l’artista torna con il suo ultimo album, “Day Breaks”, alle sue radici jazz e blues. E’ sufficiente, al riguardo, ascoltare ” Carry On “, molto orientato verso il blues, o ancora la sua ripresa di ” Fleurette africaine (African Flower) “, una composizione di Duke Ellington registrata nel 1963, e ” Peace ” di Horace Silver. E da notare la presenza di jazzmen straordinari come Wayne Shorter (saxes), Lonnie Smith (organo) e Brian Blade (batteria) – già presenti nel suo primo album  – per constatare il desiderio della pianista/cantante di allontanarsi dalle strade seguite in precedenza… Ma fino a quando? (il 15 Salle Pleyel & il 21 nov. à L’Olympia – concerti sold out).
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