Gerlando Gatto & Francesco Venerucci “Jazz & Covid tra Parole e Musica alla Civica Scuola delle Arti di Roma

Proseguono le presentazioni dal vivo del terzo libro del nostro direttore Gerlando Gatto, “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”, che avevano subito una battuta d’arresto a causa della pandemia.
L’evento, inserito nel cartellone di Inside The Music, un progetto a cura di Fabrica Harmonica, si svolgerà alla Civica Scuola delle Arti di Via Bari, 22 (II piano) a Roma, domenica 27 febbraio 2022 con inizio alle ore 18.30

Si tratta di un’occasione unica perché, in realtà, le presentazioni saranno due! Infatti, in abbinamento a quella del libro di Gerlando, il pianista e compositore Francesco Venerucci presenterà il suo nuovo CD “Tramas”, un disco che vede la partecipazione speciale di Dave Liebman, flautista e sassofonista statunitense e dove le liner notes sono a cura dello stesso Gatto.

L’album si snoda attraverso nove tracce, tutte originali, nel quale il comune denominatore è l’assoluta qualità di composizioni ed esecuzioni, ed un gusto che fa di questo lavoro una bellissima conferma del talento del cinquantunenne pianista romano. Jazz ma non solo; si va dalle sponde del Mar Mediterraneo a quelle atlantiche direzione New Orleans, dall’Africa all’Europa. Fra le composizioni spicca la dedica alla tragedia del Ponte Morandi di Genova del 2018, testimoniata dall’intensità del brano “August 14th”.

“Il Jazz Italiano in Epoca Covid” (Lulu ed.), è il terzo libro di interviste firmato dallo storico giornalista di Jazz Gerlando Gatto, dopo “Gente di Jazz (2017, due ristampe) e “L’altra metà del Jazz” (2018), pubblicati entrambi per i tipi di KappaVu Edizioni/Euritmica.
Si tratta di un instant book che raccoglie, attraverso 41 interviste, pensieri, speranze, progetti, consigli di ascolto ma anche paure e preoccupazioni di musicisti e musiciste del Jazz italiano, immortalati in un periodo compreso tra marzo e maggio 2020, durante il lockdown dovuto alle misure di contenimento della pandemia da Covid-19.
Tra gli artisti intervistati in “Il Jazz Italiano in Epoca Covid” troviamo: Maria Pia De Vito, Paolo Fresu, Enrico Intra, Enrico Rava, Franco D’Andrea, Rita Marcotulli, solo per citare alcuni di essi, tutti personaggi di riferimento del jazz nazionale, che compaiono nel volume.
Per l’ideazione e la realizzazione dell’opera, Gatto si è avvalso della collaborazione della scrivente, la giornalista musicale Marina Tuni, che ha anche raccolto alcune delle interviste assieme a Daniela Floris.
A concludere la serata, una degustazione di vini bio della Cantina Ponziani, nata dalla passione di un gruppo di donne che producono vini caratterizzati dal grande amore per il territorio, vocato alla viticoltura, qualità, sperimentazione e cura del dettaglio per i vini IGT Umbria della Tenuta, situata nel verde delle colline di Orvieto, a metà strada tra Roma e Firenze.
INGRESSO A NUMERO CHIUSO con prenotazione obbligatoria fino esaurimento posti – 5€
CLICCA QUI PER ACQUISTARE IL BIGLIETTO ONLINE
info: 393 914 5351 – evento disponibile anche su Facebook Live Streaming alla pagina di Inside the Music

Marina Tuni

A Matera già si studia per l’edizione 2022 del festival Gezziamoci organizzato da Onyx

«Non sono un giornalista ‘politicamente corretto’ e quindi mi pronuncerò di conseguenza. Il mio libro vuole anche essere una sorta di denuncia rispetto al giornalismo a tesi che va tanto di moda e in cui, però, io non mi riconosco. Oggi un giornalista, uno scrittore parte da una tesi a lui cara e poi cerca tutti quegli elementi che possano avvalorarla. Io non avevo alcuna tesi da dimostrare. Volevo solo portare alla luce la situazione in cui vivevano i musicisti di jazz durante il drammatico periodo del lockdown. Ho quindi formulato una serie di domande da porre agli intervistati riducendo al minimo i miei interventi. Insomma ho voluto semplicemente fotografare un momento assai particolare del mondo del jazz».

Con queste parole il nostro direttore ha risposto a Serafino Paternostro che, introducendo il dibattito sul suo ultimo libro “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”, svoltosi di recente presso l’Hotel Del Campo a Matera, gli aveva proprio chiesto quali motivazioni lo avessero spinto alla scrittura del volume, sicuramente delicato dato anche il tenore delle domande. Partendo da queste premesse il dibattito si è protratto per oltre un’ora alimentato da un canto dalle “giuste” domande del moderatore, dall’altro dalle curiosità del pubblico. Gatto ha risposto esaurientemente a tutte le questioni e le reazioni dei presenti sono state più che positive.
La presentazione del volume era inserita in una tre giorni organizzata dall’Onyx Jazz Club di Matera. Partenza venerdì 12 novembre; alle ore 20.30 nell’Auditorium Gervasio, Pasquale Mega ha presentato il suo nuovo progetto dal titolo “PolìCroma Ensemble” con la partecipazione di Gabriele Mirabassi al clarinetto. Ancora una volta Mega ha evidenziato tutte le sue grandi qualità che meriterebbero ben altra considerazione a livello nazionale.
Il giorno successivo, nella splendida Casa Cava, un auditorium naturale scavato nella roccia, l’incontro con le amministrazioni comunali organizzato dall’Onyx Jazz Club Matera. Durante le oltre tre ore di approfondito dibattito, Luigi Esposito mente e cuore dell’Onyx, ha lanciato una proposta tesa a realizzare e ampliare l’edizione 2022 del Festival Gezziamoci attraverso la definizione di una “Rete Culturale” fatta da Istituzioni regionali e comunali. Un progetto tanto ambizioso quanto brillante e non è certo un caso che tutti gli intervenuti, in rappresentanza delle varie realtà locali si sono dichiarati entusiasti del progetto e pronti a collaborare. Tutto fatto, dunque? Sulla carta certamente… ma come ben sappiamo tra il dire e il fare… Insomma le fondamenta sono state poste adesso tocca a tutti dare vita al progetto; come? Sedendosi attorno ad un tavolo e cominciando a fissare punto per punto ciò che occorrerebbe fare. Ad esempio definire meglio quel concetto di “residenza artistica” che tanti buoni frutti sembra aver dato anche nel territorio materano. E speriamo che alla prossima edizione del Gezziamoci molte di queste idee abbiano trovato pratica attuazione.
Intanto a dimostrazione dell’attivismo di Onyx il 18 novembre al pubblico materano è stata offerta un’altra vera e propria perla: il concerto di “Nils Berg & Cinemascope Trio”, gruppo formatosi sette anni fa, che attualmente conta su una delle voci più influenti del Jazz scandinavo, Nils Berg al sax tenore, tornato nuovamente Matera e su Konrad Agnas alla batteria e Josef Kallerdahl al basso. Una serata davvero straordinaria, in cui i suoni della performance dal vivo si sono mescolati con quelli dei video degli “ospiti internazionali” (provenienti da tutto il mondo nelle loro live performance), proiettati alle spalle del Trio.

Marina Tuni

Gerlando Gatto presenta a Matera “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”

Domenica 14 novembre alle 19.00, nelle sale dell’Hotel del Campo, di Matera, il nostro direttore Gerlando Gatto presenterà il suo ultimo libro dal titolo “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”, un libro che parla di musica ma che nasce dal silenzio. A causa del “lockdown”, evento nefasto e necessario che si è imposto come meteora abbattutasi sulla Terra, il silenzio ha per mesi eletto a dimora le nostre strade e i nostri spazi. Difficile definire il silenzio. È una condizione. Una presenza ma al tempo stesso un’assenza, una negazione ma anche la potenzialità di riversarvi un’infinità di parole, idee e musica. Può dar pace come anche intensificare le sofferenze facendo da amplificatore ai pensieri più cupi. Per un musicista è uno spazio da riempire, mai però completamente. Ecco queste considerazioni fanno da sfondo al libro che si articola su 41 interviste ad altrettanti personaggi del mondo jazzistico nazionale, interviste che riguardano personaggi oramai celebri quali, tanto per fare un solo nome Enrico Rava, e giovani ancora in attesa di una definitiva affermazione.

Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. In accordo con le nuove normative in vigore in tutta Italia, sarà garantito l’accesso a chiunque possegga il Green Pass da verificare con l’apposita applicazione VerificaC19.
Questo evento si inserisce nel quadro di una tre giorni organizzata dall’Onyx Jazz Club di Matera.
Si parte venerdì 12 novembre; alle ore 20.30 nell’Auditorium Gervasio, Pasquale Mega presenterà il suo nuovo progetto dal titolo “PolìCroma Ensemble” con la partecipazione di Gabriele Mirabassi al clarinetto. Il nuovo ensemble del pianista e compositore Pasquale Mega riunisce un organico particolare: un quintetto tipico della musica jazz (clarinetto, pianoforte, vibrafono, contrabbasso e batteria) viene infatti completato da due strumenti di derivazione classica, quali l’arpa e il violoncello. L’idea di Pasquale Mega è quella di proporre un progetto musicale di grande varietà timbrica, con un sound originale e con un repertorio altrettanto particolare: infatti il concerto è suddiviso in tre momenti, ognuno riferito a brani dello stesso Pasquale Mega, del pianista Esbjörn Svensson e del contrabbassista Lars Danielsson.

Il costo del biglietto del concerto è di 10 euro ed è acquistabile online su Eventbrite (diritti di prevendita) oppure presso i punti prevendita Onyx Jazz Club Matera: – Cartoleria Montemurro, Via delle Beccherie, 69 – Libreria Mondadori, Piazza Vittorio Veneto, 16B

 

Infine sabato 13 novembre è in programma presso Casa Cava l’incontro con le amministrazioni comunali organizzato dall’Onyx Jazz Club Matera durante il quale sarà discussa la possibilità di realizzare e ampliare l’edizione 2022 del Festival Gezziamoci attraverso la definizione di una “Rete Culturale” fatta da Istituzioni regionali e comunali.

(Redazione – MT)

La Banda dei Carabinieri al Portogruaro Festival: musica salvifica che trasmette i valori fondanti della comunità

Evento speciale e di grande prestigio per il 39esimo Festival Internazionale di Musica di Portogruaro (VE) – curato da Alessandro Taverna – una cittadina che è un piccolo gioiello di arte, storia e cultura con un profondo senso di comunità, valore teorizzato da Platone nel definire la città ideale (“Repubblica”), dove la musica era identificata come “palestra dell’anima”.
Sabato 4 settembre si è svolto in Piazza della Repubblica il concerto della Banda dell’Arma dei Carabinieri, diretta dal M° Massimo Martinelli, per ricordare e celebrare tre importanti anniversari della storia del nostro Paese: i 160 anni dall’Unità d’Italia, i 100 anni del Milite Ignoto (sulla piazza è posizionato dal 1928 un monumento alla memoria dei caduti, opera dello scultore Gaetano Orsolini) e i 75 anni della Repubblica Italiana. Il concerto è stato organizzato con la collaborazione della Fondazione milanese “Enzo Hruby”, dal 2007 in prima linea per il suo impegno nella protezione del patrimonio culturale italiano e nella diffusione della cultura della sicurezza (in calce a questo articolo troverete i contributi di Carlo Hruby, vice presidente della Fondazione e di Alessandro Taverna, direttore artistico del Festival e pianista di indiscussa fama internazionale).
Dopo il concerto, presentato con grazia da Monica Rubele, ho avuto anche modo di incontrare e intervistare il M° Martinelli, ormai un amico, avendo collaborato ai due concerti – che ho poi seguito a Roma e recensito qui – prima dello stop a causa della pandemia, per gli annuali di fondazione dell’Arma, nel 2018 all’Auditorium della “Nuvola” di Fuksas e nel  2019 al Teatro dell’Opera.
Vorrei qui ricordare che nel 2020 Massimo Martinelli ha festeggiato 20 anni di Direzione della Banda dell’Arma, che affonda le sue origini a duecento anni fa ed è attualmente composta da 102 orchestrali. In questi anni, la sua impronta e la sua lungimiranza, che trascende gli impegni istituzionali, si sono fatte sentire. Martinelli è intervenuto sul repertorio, non fermandosi a quello classico ma ampliando l’orizzonte stilistico al jazz, al pop, al rock, alla world, alle musiche da film, con una notevole apertura verso collaborazioni con musicisti che sulla carta sarebbero potute apparire “improbabili” e invece si sono rivelate “magiche”; ha introdotto nuovi strumenti all’organico, sperimentando sonorità inconsuete e colori nuovi; gli estimatori dell’Orchestra sono sempre più numerosi, grazie anche ad apparizioni in programmi televisivi popolari e ai meravigliosi concerti in tutto il mondo! L’ultimo che ho visto è stato semplicemente spettacolare, nella suggestiva scenografia naturale della piana di Castelluccio di Norcia.
Della performance di Portogruaro inizio col dirvi che la Banda dell’Arma si è esibita con un organico ristretto ad una cinquantina di professori d’orchestra, questo a causa delle ancor stringenti disposizioni per il contrasto al Coronavirus.
Il tema del festival di quest’anno è “Ouverture”, che non è un semplice titolo ma una vera e propria dichiarazione d’intenti, un segnale di ottimismo e di apertura verso scelte coraggiose. E ouverture sia, dopo mesi e mesi di fermeture… affinché la sofferenza diventi un’opportunità per ridisegnare una società più solidale e inclusiva e per rendere più umano il futuro.
E il M° Martinelli, in perfetta consonanza con il tema, ha scelto di iniziare da tre delle Ouverture più famose: quelle delle opere rossiniane “Guglielmo Tell” e “La Gazza Ladra” e della verdiana “I Vespri Siciliani”. Per i pochi che ancora non lo sapessero, entrambe le ouverture di Rossini sono state utilizzate da Stanley Kubrick nella colonna sonora del suo “Arancia Meccanica” e quella del “Guglielmo Tell” nel film subisce una vera e propria dissacrazione in una versione accelerata a dir poco schizofrenica…
L’arciere Guglielmo Tell scocca la prima freccia e l’inconfondibile rullo dei timpani, come un tuono in lontananza, preannuncia la tempesta sonora imminente. Tratta dalla tragedia di Schiller, l’opera è l’ultima composta da Rossini, senza dubbio il suo opus magnum, e la Banda esegue l’introduzione evidenziando con impeccabile maestria gli accesi contrasti della natura, elemento primario in tutta l’opera, tanto splendida quanto crudele, in una continua altalena tra l’oscurità e la luce, come in un dipinto caravaggesco.
La melodia iniziale è meravigliosa, così come il  celeberrimo galop finale, introdotto dalle trombe e interpretato da tutta l’orchestra, con le sue figurazioni ritmiche puntate. “L’espressione musicale sta nel ritmo, nel ritmo tutta la potenza della musica”. (G. Rossini)

La sinfonia introduttiva dell’opera di Giuseppe Verdi “I Vespri Siciliani” è un distillato di profondità emotiva e di sentimenti intrisi da quella vis drammatica che avvince e provoca commozione nell’animo dell’ascoltatore.
L’ultima di questa trilogia di Ouverture, e probabilmente la più conosciuta, è quella intramontabile dell’opera la “Gazza Ladra”, che pare sia stata scritta da Rossini chiuso in uno sgabuzzino del Teatro alla Scala e che sia stata anche la preferita da Frédéric Chopin.
Scintillante, marziale, maestosa, a volte giocosa, più spesso tragica, comme il faut in un’opera semiseria, la sinfonia ha un colore orchestrale luminoso, caratterizzato dall’assidua presenza dei rullanti che si rincorrono ed introducono i temi in maniera coinvolgente.
Ad un certo punto dell’esecuzione ho proprio immaginato di vedere una gazza ladra svolazzare sulla piazza di Portogruaro, attirata dalle luccicanti spalline in metallo dorato con le frange in canutiglia sull’uniforme del Maestro Martinelli!
“Una sera di Settembre” è un personale tributo in musica di Martinelli alla figura simbolo del Generale Dalla Chiesa. Il brano è un poema sinfonico che si sviluppa come la trama di un film, nella quale il Maestro inserisce una silloge di stili diversi, a segnare i diversi momenti e le vicissitudini della vita del Generale, sia del soldato sia dell’uomo. Dalla marcia militare, alla beguine, al valzer… usando anche strumenti della tradizione popolare come il friscaletto siciliano, lo scacciapensieri, i tamburelli. Avvincente!

E parlando di film e di sicilianità non poteva certo mancare il valzer in Fa Maggiore da “Il Gattopardo”. Nelle note del concerto, viene indicato come compositore unicamente Giuseppe Verdi. In realtà è vero che il brano è costruito sul manoscritto inedito di un valzer brillante che Verdi dedicò alla contessa Maffei, acquistato in una libreria antiquaria di Roma da Serandrei, montatore del film nonché amico di Visconti e di  Rota, e poi donato a Visconti, ma è altrettanto vero che Nino Rota lo orchestrò magistralmente, facendolo diventare il valzer più iconico del cinema, ballato da Angelica/Claudia Cardinale e don Fabrizio/Burt Lancaster. La versione classica della Banda dei Carabinieri ci restituisce tutto il fascino, l’eleganza e lo sfarzo che Visconti aveva saputo regalarci nella sequenza del gran ballo nel favoloso salone delle feste di Palazzo Gangi.
Nel 2021 ricorrono anche i cent’anni dalla nascita del compositore argentino e bandoneonista Astor Piazzolla, che con le sue prospezioni sulle strutture ritmiche e la commistione con il jazz ha scardinato la stratificata tradizione del tango con geniale lungimiranza, attraversando da protagonista il Novecento lungo le rotte di Buenos Aires, Parigi e Roma, rincorrendo amori travolgenti…

Del padre del nuevo tango, Martinelli sceglie due delle composizioni più note: “Libertango” e “Oblivion”. Se – e qui ritorno al mio Platone –  la musica dona ali al pensiero e fascino alla tristezza, mai parole furono più adeguate per definire la musica di Piazzolla! Certo, per me ascoltare “Libertango” è come ricevere una folgorazione elettrica ad alta tensione, sarà per il suo irresistibile groove ritmico o per la sensualità che trasuda da ogni nota, sarà per il jazz che si fonde con la classica nelle sue armonie estese, sarà per il suo magico crescendo finale… purtuttavia… le sensazioni che mi regala “Oblivion” sono inarrivabili. Nel 2018 lo ascoltai anche alla Nuvola di Fuksas e scrissi: “la vibrazione dell’ancia dell’oboe di Francesco Loppi, che ha duettato con la violinista Anna Tifu, ha fatto vibrare tutta la platea, riuscendo a ricreare, in tutta la sua valenza, il pathos insito nelle note del musicista argentino…”
Ecco, la Tifu in quest’occasione non era presente (si sarebbe esibita al Festival il 9 settembre con l’Orchestra di Padova e del Veneto n.d.a.) ma l’oboe del prof. Loppi mi ha ipnotizzata.
“Oblivion” è la perfetta sintesi tra passione e struggimento, un tòpos poetico-musicale, l’oblio  dove i sogni irrealizzati vanno a morire…
Due i bis concessi: la frizzante “Tritsch Tratsch Polka” di Johann Strauss II, che conosco molto bene per essere, sin dall’infanzia, una fedele spettatrice del Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker dal Musikverein di Vienna e per averla ballata  nei miei saggi di danza classica e “La Cumparsita” di Gerardo Hernán Matos Rodríguez, che viene dai più considerata il tango per antonomasia, “el tango de los tangos”. “Dai più…”
In effetti neppure Piazzolla l’amava molto ma si divertiva a proporla nelle sue esibizioni perché – diceva maliziosamente – «un buon abito migliora sempre l’aspetto».
Dopo i saluti istituzionali di Florio Favero, Sindaco di Portogruaro, di Alessandro Taverna, direttore artistico del Festival e di Carlo Hruby, vice-presidente della Fondzione Enzo Hruby, in Piazza della Repubblica sono risuonate le note della marcia d’ordinanza dell’Arma dei Carabinieri, “La Fedelissima” del Maestro Cirenei e “Il Canto degli Italiani”, l’Inno Nazionale Italiano. Ad accompagnare il Maestro Martinelli e i suoi valenti orchestrali, lo speciale coro dei numerosi spettatori presenti.

Ed ora, spazio alle interviste da me raccolte nel corso della serata:
Maestro Massimo Martinelli, direttore della Banda dei Carabinieri
Maestro Martinelli, ordunque possiamo ridare vita al forte legame affettivo che ha sempre unito la Banda dei Carabinieri con il suo pubblico, essendo ripartiti i concerti in presenza dopo la pausa forzata dovuta al Covid. Ci racconti come voi musicisti avete vissuto questo periodo? Che avete fatto?
«Il periodo buio appena trascorso è stato un momento di ‘pausa’ per noi musicisti che ci ha consentito di fare delle riflessioni oppure, come nel mio caso, dei bilanci. Le riflessioni riguardano il senso della nostra professione, che senza pubblico perde gran parte del significato, ovvero è come avere delle partiture o degli spartiti musicali da poter eseguire e non avere nessuno a cui farli ascoltare. Tutto rimane a livello di lettura non letta o lettera morta. La musica è viva se ha una destinazione se  incontra l’altro,  l’ascoltatore, il fruitore dell’opera musicale,  altrimenti, come una partitura mai eseguita, scompare, non esiste. Per quanto riguarda me, che tra l’altro ho passato un breve periodo di malattia a letto per il covid, la sospensione forzata dall’attività musicale ha ingenerato un irrefrenabile desiderio di scrittura; in particolare mi sono dedicato ad argomenti che riguardavano l’essere musicista e compositore all’interno di una Forza armata come l’Arma dei carabinieri, nel caso specifico ho scritto dei pezzi per celebrare la figura di alcune grandi personalità, umane e militari,  come Salvo D’Acquisto e Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sono nati così due pezzi: “Presente” dedicato a Salvo D’Acquisto e “Una sera di settembre” che avete ascoltato stasera».
-Già. Ho dato una scorsa al repertorio di questa sera, Rossini, Verdi, Piazzolla e… Martinelli! C’è appunto il brano “Una sera di Settembre” che tu hai composto e dedicato al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (ispirato dal bel libro “Il mio valzer con papà”, scritto da Rita, sua figlia), in occasione del centenario della nascita, nel 2020, e il cui trentanovesimo anniversario della morte è stato celebrato proprio ieri (3 settembre n.d.a). Lui fu un uomo eccezionale ed “eccezione” è un termine che proviene dal latino “exceptio”, da excipĕre, ovvero “estrarre, tirare fuori”. Lui, anche nei momenti più bui o quando gli fecero terra bruciata intorno, riuscì a tirar fuori da sé stesso quelle virtù che lo rendono ancora oggi straordinariamente unico, al punto da  essere riuscito a cambiare il corso della storia con il proprio immanente pensiero e con le azioni compiute. “Vi sono pochissimi uomini − e sono le eccezioni − capaci di pensare e sentire al di là del momento presente”. Sono parole del Generale prussiano Karl von Clausewitz,  che scrisse “Della guerra”, 8 libri in cui ne analizzò tutti gli aspetti, e quella alla mafia è una guerra… all’epoca di Dalla Chiesa come ora. Io credo che la tua dedica sia la testimonianza di quanto il Generale sia sempre molto amato da voi Carabinieri e di quanto il suo pensiero, le sue azioni e la sua integrità morale siano una guida. Come hai pensato di strutturare musicalmente i tanti episodi della la sua vita militare e di uomo?
«”Una sera di settembre” è un brano descrittivo che ripercorre le tappe più importanti della figura del generale più amato dell’Arma dei Carabinieri. Un uomo che aveva un grande senso della famiglia e che doveva dividersi tra delicati incarichi istituzionali, che comportavano lunghe assenze per motivi  di lavoro, e la sua famiglia, per la quale doveva ritagliare il poco tempo che gli rimaneva a disposizione…»
In un’intervista ad un direttore d’orchestra chiesero: “Quale è la tua musica preferita?”. Lui rispose: “Qualunque cosa io stia dirigendo in questo momento è la mia musica preferita”. Ti ritrovi in queste parole di Nachev, che dirige la Shen Yun Symphony Orchestra? C’è comunque una musica che prediligi?
«Cara Marina, circa la tua domanda anche io ho le mie preferenze, ad esempio adoro autori come Bach, Beethoven, Bartok, Bernstein! Quattro B. per dire che avendo una formazione di tipo classico ma essendo particolarmente interessato alle declinazioni musicali più varie ti confido che mi trovo a mio agio con la musica che mi piace e questi autori rappresentano per me quello che mi si addice di più. Bisogna a parer mio, come un Giano bifronte, guardare alla grande musica del passato con il rispetto che essa merita ma al contempo, come faceva Bernstein declinarla sempre al presente e possibilmente, ammesso di esserne capaci, come lo era Mozart, al futuro!
Scusami per l’estrema sintesi di questa risposta alla tua bellissima domanda!»
Carlo Hruby – Vice-Presidente della Fondazione Enzo Hruby, Milano
Dottor Hruby, dopo aver ascoltato il suo intervento alla fine del concerto di Portogruaro, ho pensato che mi sarebbe piaciuto proporre ai nostri lettori un approfondimento sulle attività della Fondazione Enzo Hruby, che credo rappresenti un unicum in Italia.
Dunque, da imprenditore di un’azienda leader nel campo della sicurezza, decide di dare vita alla Fondazione Hruby e poi ancora all’Associazione Musica con le Ali, affiancandola ad un ottimo strumento di diffusione della classica quale è la webradio MCA.
Ognuna di queste attività di patronage riveste una considerevole  importanza nei settori in cui opera: la prima nella protezione e la sicurezza dell’immenso patrimonio storico, culturale e architettonico del nostro Paese, le altre due nella meritevole azione volta alla conoscenza e alla valorizzazione della musica classica e dei suoi giovani talenti, attraverso molteplici iniziative. Forse il paragone potrà apparirle un po’ audace, tuttavia, documentandomi su ciò che state facendo, non ho potuto non andare con il pensiero al mecenatismo rinascimentale e ad uno dei suoi personaggi più rappresentativi: Lorenzo il Magnifico. Per lui il mecenatismo non era solamente un’arte per governare ma una necessità del suo animo sensibile. Anche nel suo caso è stata la sua anima, oltre alla consapevolezza di svolgere un meritorio servizio per la collettività, a guidarla nelle scelte che ha portato avanti? Avrebbe piacere di raccontarsi un po’?
«Lei ha citato un personaggio immenso, a cui non posso certo paragonarmi. Le scelte portate avanti nel corso degli anni e che hanno determinato la nascita della Fondazione Enzo Hruby – a cui si è aggiunta, più recentemente, l’Associazione Musica con le Ali – sono scaturite da una formazione umanistica che mi ha dato le basi per apprezzare la bellezza dell’Italia nelle sue infinite sfaccettature e dal desiderio, mio e della mia famiglia, di impegnarci concretamente per offrire un valore alle nuove generazioni e al Paese che ha visto nascere, alla fine degli anni Sessanta, la nostra realtà imprenditoriale, diventata nel corso del tempo un punto di riferimento nel mercato della sicurezza elettronica. Le tecnologie più evolute ci hanno sempre accompagnato nella nostra attività e dunque abbiamo desiderato sostenere con quelle stesse tecnologie la protezione del patrimonio culturale che rende così unica e straordinaria l’Italia. Ma non solo: attraverso la Fondazione Enzo Hruby il nostro desiderio costante è stato fin dall’inizio e continua ad essere tuttora quello di far crescere la cultura della sicurezza e la consapevolezza del valore del nostro tesoro-Italia. Un tesoro che per poter essere valorizzato deve essere per prima cosa protetto contro furti, sottrazioni, atti di vandalismo e danneggiamenti. Per raggiungere questo obiettivo le tecnologie da sole non bastano ma occorre creare un dialogo costante tra gli operatori della sicurezza e gli operatori dei beni culturali, e allo stesso tempo, sensibilizzare le nuove generazioni sul valore dei tesori che ci circondano e sull’importanza di conoscerli, proteggerli e difenderli.
È proprio attraverso l’attività della Fondazione Enzo Hruby che ho avuto l’occasione di approfondire la conoscenza del mondo della musica classica. Questo è avvenuto sia in occasione di progetti  destinati alla protezione del patrimonio musicale italiano sia in occasione di eventi organizzati dalla nostra Fondazione, che hanno visto l’esibizione di giovani musicisti di talento. Nel 2016 ho dunque istituito insieme a mia moglie e ai miei figli l’Associazione Musica con le Ali, che svolge un’azione di Patronage Artistico unica nel suo genere in Italia e all’estero sostenendo i migliori giovani talenti italiani, e che parallelamente si propone di diffondere sempre più la conoscenza e l’ascolto della musica classica tra le nuove generazioni. Oggi, anche attraverso uno strumento così utile e innovativo come Radio MCA, portiamo avanti il nostro percorso verso nuove avventure e nuovi traguardi. Pensando sempre –  ad ogni progetto, ad ogni nuova iniziativa che ci sta a cuore e che vorremmo tentare – che quasi nulla è impossibile, bisogna sono iniziare. Ecco, forse questa è in sintesi la massima che mi ha più guidato da sempre».
Alessandro Taverna, neo direttore artistico del Festival Internazionale di Musica di Portogruaro:
-Prof. Taverna, abbiamo assistito ad una serata speciale, prestigiosa e densa di significati. Un ottimo biglietto da visita per il nuovo corso del Festival che lei ha iniziato a curare quest’anno.
«Si, per celebrare al livello più alto gli anniversari legati alla nostra Storia (75° anniversario della Repubblica, 100° del Milite Ignoto e 160° dell’Unità d’Italia) abbiamo fortemente desiderato nel Festival la presenza di una compagine di indiscusso prestigio musicale internazionale e che nello stesso tempo incarna al massimo grado i valori della nostra Repubblica. Sono sicuro che per tutti quelli che vi hanno assistito, il concerto di sabato 4 settembre resterà come un ricordo indelebile: una serata magica, e il merito va anzitutto al maestro Massimo Martinelli e a tutti i professori della Banda dell’Arma dei Carabinieri, che con grande maestria ci hanno regalato una lettura memorabile di alcuni dei più celebri capolavori della storia della musica. Un grazie particolare alla Fondazione Enzo Hruby per aver permesso che il nostro desiderio diventasse realtà».
Chiudo questo mio reportage con la citazione completa di Platone, che avevo usato parzialmente per commentare la musica di Piazzolla: “la musica è una legge morale. Essa dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza, e la vita a tutte le cose”.

Marina Tuni

A Proposito di Jazz desidera ringraziare: l’Arma dei Carabinieri, lo Studio Sandrinelli, ufficio stampa e comunicazione del Festival di Musica di Portogruaro (dott.ssa Clara Giangaspero) e il fotografo Andrea Pavan per la gentile concessione delle immagini, la dott.ssa Simona Nistri, Responsabile Relazioni Esterne Fondazione Hruby/Musica con le Ali

Gerlando Gatto ricorda Astor Piazzolla negli studi Rai di “Italia con Voi” – il video

Il direttore di A Proposito di Jazz, Gerlando Gatto, ricorda Astor Piazzolla, nel centenario della nascita, negli studi Rai del programma Italia con Voi, assieme alla conduttrice Monica Marangoni e al fisarmonicista Gianni Coscia. “Italia con voi” è un programma di intrattenimento e informazione di Rai Italia, il canale per gli italiani nel mondo.

La puntata è andata in onda giovedì 11 marzo 2021 ed è disponibile in versione integrale al sito di Rai Play

Il contenitore quotidiano si arricchisce ogni giorno di nuove storie dalle comunità italiane all’estero con tanti ospiti in studio e in collegamento. E poi, rubriche dedicate al mondo italico nello spettacolo, nello sport, nella cultura, nell’impresa, nella creatività in tutte le sue espressioni e a tutte le latitudini. Continua la collaborazione con le istituzioni: con la Farnesina e le sue sedi diplomatiche e culturali, con la Società Dante Alighieri per la promozione della lingua italiana, con gli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero come Comites e CGIE. Conduce Monica Marangoni, con il Maestro Stefano Palatresi al pianoforte.

(Redazione MT)

Riccardo Crimi: il fotografo AFIJ del mese di marzo – la gallery e l’intervista

Riparte, dopo una piccola pausa, la nostra rubrica dedicata all’AFIJ, Associazione Fotografi Italiani Jazz, che inizia il nuovo anno con un efficace restyling del sito web e l’inserimento dei soci Paolo Piga, Gabriele Lugli, Giuseppe Cardoni, Marco Floris, Luciano Rossetti e Riccardo Crimi tra i 30 finalisti del prestigioso Jazz World Photo, edizione 2021.
Ed è proprio quest’ultimo, Riccardo Crimi, il fotografo che abbiamo intervistato questo mese e al quale è dedicata la nuova gallery.

Riccardo Crimi

Crimi nasce in Sicilia nel 1956, ma risiede a Formia in provincia di Latina dal 1975. Si occupa di fotografia di spettacolo e di musica jazz in particolare. Collabora con diversi magazine di settore tra cui Jazzit, Musica Jazz, oltre ad alcuni web magazine. Le sue foto sono state utilizzate per diverse copertine di cd, tra cui quelle per il doppio di Paolo Fresu per EMI, Gaetano Partipilo & Urban Society, Michael Blake, Pietropaoli. Da diversi anni si occupa di corsi di fotografia, sia di gruppo sia individuali, oltre a tenere diversi workshop di fotografia musicale. Accreditato nei più importanti festival di musica jazz come Umbria Jazz nelle due date, estiva e invernale, Young Jazz e Auditorium Parco della Musica. Socio fondatore dell’AFIJ. (Marina Tuni)

Scorrendo le tue note biografiche e curiosando sul web sono rimasta davvero impressionata di quanto tu, a differenza di altri fotografi, abbia dedicato la tua intera carriera professionale quasi unicamente alla fotografia di spettacolo, al jazz in particolare. Vorresti spiegarci da che cosa scaturisce la tua scelta, partendo magari dal raccontarci come ti sei avvicinato all’arte fotografica?
«Come molti mi sono avvicinato alla fotografia da piccolo, ricordo che agli inizi fotografavo di tutto, formiche, sassi… tutto quello che stuzzicava la mia fantasia! Crescendo ho iniziato a “selezionare” i soggetti, torturando amici e parenti. Nei primi degli anni ottanta entro in una agenzia fotografica e nell’82 vengo accreditato ai concerti dei Rolling Stones e di Frank Zappa, quindi il mio primo Umbria Jazz nel 1985; lì nasce la passione pura di fotografare la musica e gli artisti che ami… che volere di più dalla vita? Poi, come spesso succede, diventa difficile conciliare lavoro e famiglia e decido di abbandonare per poi riprendere nei primi anni del 2000. Da allora non mi sono più fermato».

Osservando i tuoi scatti ho potuto cogliere aspetti peculiari della personalità di alcuni artisti, che solo ascoltando la loro musica non ero riuscita a scoprire; evidentemente riesci a creare con l’artista che stai fotografando un’interazione naturale che va oltre la superficie. Non credo basti soltanto saperli mettere a loro agio… Come entri nel mondo dei musicisti che ritrai, tirando fuori il meglio di essi – o anche il peggio, a volte?
«Penso che sia una questione di “rispetto”. Il musicista capisce che lo rispetto prima come persona poi come musicista e forse per questo nasce quella giusta alchimia che mi permette di entrare nel suo mondo intimo di “personamusicista“, dove la prima non annulla la seconda e viceversa, e come in tutti gli esseri umani convive il meglio e il peggio ed è giusto conoscere e rispettare le due facce».

-Tempo fa lessi un romanzo di Thomas Bernhard, “Estinzione”, e rimasi colpita da questa frase: «Fotografare è una passione abietta da cui sono contagiati tutti i continenti e tutti gli strati sociali, una malattia da cui è colpita l’intera umanità e da cui non potrà mai più essere guarita. L’inventore dell’arte fotografica è l’inventore della più disumana delle arti. A lui dobbiamo la definitiva deformazione della natura e dell’uomo che in essa vive, ridotti a smorfia perversa dell’uno e dell’altra». Beh, è notorio che Bernhard è un maestro dell’arte dell’esagerazione… tuttavia, queste parole sono uno spunto per dire che nell’epoca in cui tutti fotografano tutto, non è così scontato che la logica meritocratica, in qualsiasi ambito professionistico, sia sempre riconosciuta. Qual è il tuo pensiero a questo proposito?
«La fotografia, come l’arte in genere, è lo specchio della società in cui viviamo ed è giusto che sia così… poi, va anche detto che viviamo in una società che di meritocratico non ha nulla…».

Una foto ben fatta ha un’anima e soprattutto mostra l’essenza del musicista, quel filo, dicevamo, che lo unisce al suo pubblico. Spesso, quando scrivo un articolo, una recensione, mi soffermo a pensare al peso, all’impatto che ogni singola parola potrà avere in chi mi legge… È una grossa responsabilità, non trovi? Capita anche a te di pensarlo per le fotografie che scatti?
«Sicuramente si, anche se per un fotografo è diverso, ovvero non deve analizzare e riportare come un musicista ha  suonato ma quello che ha profuso sul palco: passione, amore, sofferenza e, soprattutto, se tutto questo è arrivato al pubblico».

-La musica è una fenomenale attivatrice di emozioni.. anche estetiche, se vogliamo. Esiste persino una ricerca che dice che le nostre menti hanno la capacità di elaborare una sorta di libreria musicale che riesce a richiamare, attraverso una singola emozione collegata ad un brano, una multiforme combinazione di sentimenti ad esso associati. Quando scatti una fotografia, quanto la tua mente è condizionata dal fatto che ti piaccia o meno la musica dell’artista che stai fotografando e quanto ciò influisce sul risultato finale?
«Più che la musica che suona, per me influisce molto quanto il musicista sul palco sia “personamusicista” – come dicevo prima – cioè quanto si da al pubblico».

-Immagino che tu, come un padre nei confronti dei suoi figli, ami ogni tuo singolo scatto… tuttavia, ne ricordi qualcuno di cui sei particolarmente orgoglioso?

«Quella che ancora non ho scattato e sta li ad aspettarmi.
In effetti la foto di cui vado più orgoglioso non è stata fatta da me, ma a me da Art Blakey  ad UJ nell’85!»

Marina Tuni