Il Jazz per l’Ucraina in Italia e nel mondo

La musica non è un’arma spuntata. Ma non è “inoffensiva” nel senso che può diventare veicolo di messaggi forti – pensiamo a brani come “Imagine” di John Lennon o “Russians” di Sting –  in grado di influenzare le coscienze di intere fasce di popolazioni.
E non è semplice psicologismo (di massa) tant’è che anche in ambito militare si riconosce quanto sia importante il “morale della truppa”.
Può essere inno pacifista come il famoso “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” dei Giganti e i tanti brani dell’epopea hippie ma può tramutarsi anche in un aiuto concreto. Ed è quanto di fatto sta avvenendo in un Occidente dove lo stesso jazz ha iniziato a mobilitarsi. Con qualche distinguo, però, non del tutto secondario che si sta manifestando nel nostro Paese. In effetti consentitemi di nutrire qualche ragionevole dubbio sulla perfetta coincidenza tra l’indire manifestazioni di sostegno e condividere appieno le sofferenze del popolo ucraino. Dubbio determinato da quanto leggo in questi giorni da varie fonti: invece di condannare senza se e senza ma le azioni di Putin, si comincia il discorso con i soliti “sì, ma, allora gli USA, il Libano, la Libia, l’Afghanistan, l’Iraq… e chi più ne ha più ne metta”. Il tutto non tanto e non solo per capire le cause dell’attuale guerra (cosa che si potrebbe benissimo fare ad ostilità concluse) quanto per giustificare se non per appoggiare pienamente Putin nel nome di vecchi slogan che sognavamo sepolti dalla storia e che invece riaffiorano sulla scorta di un “anti-atlantismo” più vivo che mai. Ma tant’è!
Per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, aggiungo che la redazione intera di “A Proposito di Jazz” ritiene di dover attestare la propria vicinanza alle vittime di questa guerra ripugnante, per riprendere le parole di Papa Francesco. Lo facciamo scrivendo. Computer e strumento musicale non saranno armi, d’accordo. Ma possono arrivare a trasmettere parole, suoni, emozioni, sentimenti. Là dove le armi non arriveranno mai.
Ma torniamo alle tante iniziative di cui in apertura. Fra le tante significative storie da segnalare quella di Tetyana Haraschuk, batterista jazz che vive a Winnipeg in Canada, dove si è trasferita qualche anno fa coi suoi genitori. Lei è nata a Kiev, e in Ucraina ha ancora tanti parenti minacciati dalla guerra. Alcuni di loro sono riusciti a passare il confine e rifugiarsi in Polonia, ma la situazione non è semplice nemmeno lì. Così lei è partita per incontrarli e condurli definitivamente in salvo.

Dal canto suo Tamara Usatova, cantante jazz e soul da oltre 15mila visualizzazioni su Youtube, nata in Ucraina da padre russo e madre ucraina, ha raccontato la lacerazione che sta vivendo in questi giorni. Perché anche lei, come molte persone russe, ha l’impressione di essere nel mezzo di una guerra civile. Per questo ha organizzato dei concerti a Milano con un doppio obiettivo: raccogliere fondi a sostegno del popolo ucraino e creare un ponte che avvicini i due Paesi in ostilità.
Ancora: in Gran Bretagna si è svolto il Concert for Ukraine grazie alla arpista di origine ucraina Alina Bzhezhinska, la quale nell’occasione ha dichiarato che “l’Ucraina è sempre stata un Paese europeo; ha persone straordinarie che vogliono vivere in pace e armonia con il resto del mondo”. Centrando, con tali affermazioni, il perché della reazione dell’Europa al conflitto, concorde ed unitaria come mai era stata in precedenza in situazioni più o meno assimilabili avvenute in territorio europeo. Le ha fatto eco Dave Wybrow, direttore del Cockpit, struttura teatrale sempre aperta alle battaglie ideali e antitotalitarie.

Giungono notizie sul sostegno all’Ucraina anche dagli U.S.A. In particolare il 18 marzo si è svolto a NYC “10,000 Tones for Peace”, un concerto cui hanno partecipato artisti del calibro di Oliver Lake, William Parker, Matthew Shipp, Frank London, Joe Morris, Marty Ehrlich, Melvin Gibbs… e altri. Notevole anche il contributo della Utah Jazz Foundation che ha stanziato fondi per l’accoglienza dei profughi ucraini.

E in Italia? Da noi lo scorso 13 marzo, la Midj, associazione musicisti italiani di jazz ha promosso “Italian Jazz 4 Peace”, una giornata di concerti on line e dal vivo per raccogliere fondi in favore delle popolazioni colpite dal conflitto. L’evento solidale, organizzato in collaborazione con Unchr Italia, l’Agenzia Onu per i rifugiati, è basato sul presupposto che “la musica unisce popoli, culture, persone. Da sempre il jazz è incontro e scambio, estemporanea espressione artistica che riflette la realtà del momento”. Ai vari coordinamenti regionali è stato assegnato il compito delle iniziative in loco per il cui riscontro rinviamo alle varie cronache di spettacoli.
Giovedì 17 marzo 2022 il Conservatorio di Milano ha ospitato presso la Sala Verdi il concerto dell’Orchestra Nazionale Jazz dei Conservatori italiani: gli studenti dei Conservatori si sono esibiti insieme per la pace in Ucraina nel concerto Kings of Pop in Jazz a sostegno del progetto Emergenza Ucraina #HelpUkraine della Fondazione Avis, guidati da Pino Jodice (nella doppia veste di direttore e arrangiatore) e con la voce di Cinzia Tedesco.
Buone nuove anche da Bergamo: la Fondazione Teatro Donizetti e Bergamo Jazz hanno aderito alla raccolta fondi promossa da Fondazione Cesvi con l’iniziativa “Emergenza Ucraina”: in occasione dei concerti, il pubblico ha così potuto effettuare donazioni destinate alla popolazione colpita dal conflitto.
Tra le iniziative locali da segnalare , infine, quella svoltasi a Palermo dove il 26 marzo scorso, al Real Teatro Santa Cecilia, l’Orchestra Jazz Siciliana – Fondazione The Brass Group, sposando l’appello dell’assessore regionale turismo, sport e spettacolo, Manlio Messina, ha dato vita allo spettacolo BRASS and FRIENDS for UKRAINE. Sono stati raccolti 6.000 euro, devoluti alla raccolta fondi promossa dalla Croce Rossa Italiana per il popolo ucraino, Oltre all’Orchestra, sono saliti sul palco molti artisti tra cui Flora Faja e Diego Spitaleri.

Gerlando Gatto

Gerlando Gatto & Francesco Venerucci “Jazz & Covid tra Parole e Musica alla Civica Scuola delle Arti di Roma

Proseguono le presentazioni dal vivo del terzo libro del nostro direttore Gerlando Gatto, “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”, che avevano subito una battuta d’arresto a causa della pandemia.
L’evento, inserito nel cartellone di Inside The Music, un progetto a cura di Fabrica Harmonica, si svolgerà alla Civica Scuola delle Arti di Via Bari, 22 (II piano) a Roma, domenica 27 febbraio 2022 con inizio alle ore 18.30

Si tratta di un’occasione unica perché, in realtà, le presentazioni saranno due! Infatti, in abbinamento a quella del libro di Gerlando, il pianista e compositore Francesco Venerucci presenterà il suo nuovo CD “Tramas”, un disco che vede la partecipazione speciale di Dave Liebman, flautista e sassofonista statunitense e dove le liner notes sono a cura dello stesso Gatto.

L’album si snoda attraverso nove tracce, tutte originali, nel quale il comune denominatore è l’assoluta qualità di composizioni ed esecuzioni, ed un gusto che fa di questo lavoro una bellissima conferma del talento del cinquantunenne pianista romano. Jazz ma non solo; si va dalle sponde del Mar Mediterraneo a quelle atlantiche direzione New Orleans, dall’Africa all’Europa. Fra le composizioni spicca la dedica alla tragedia del Ponte Morandi di Genova del 2018, testimoniata dall’intensità del brano “August 14th”.

“Il Jazz Italiano in Epoca Covid” (Lulu ed.), è il terzo libro di interviste firmato dallo storico giornalista di Jazz Gerlando Gatto, dopo “Gente di Jazz (2017, due ristampe) e “L’altra metà del Jazz” (2018), pubblicati entrambi per i tipi di KappaVu Edizioni/Euritmica.
Si tratta di un instant book che raccoglie, attraverso 41 interviste, pensieri, speranze, progetti, consigli di ascolto ma anche paure e preoccupazioni di musicisti e musiciste del Jazz italiano, immortalati in un periodo compreso tra marzo e maggio 2020, durante il lockdown dovuto alle misure di contenimento della pandemia da Covid-19.
Tra gli artisti intervistati in “Il Jazz Italiano in Epoca Covid” troviamo: Maria Pia De Vito, Paolo Fresu, Enrico Intra, Enrico Rava, Franco D’Andrea, Rita Marcotulli, solo per citare alcuni di essi, tutti personaggi di riferimento del jazz nazionale, che compaiono nel volume.
Per l’ideazione e la realizzazione dell’opera, Gatto si è avvalso della collaborazione della scrivente, la giornalista musicale Marina Tuni, che ha anche raccolto alcune delle interviste assieme a Daniela Floris.
A concludere la serata, una degustazione di vini bio della Cantina Ponziani, nata dalla passione di un gruppo di donne che producono vini caratterizzati dal grande amore per il territorio, vocato alla viticoltura, qualità, sperimentazione e cura del dettaglio per i vini IGT Umbria della Tenuta, situata nel verde delle colline di Orvieto, a metà strada tra Roma e Firenze.
INGRESSO A NUMERO CHIUSO con prenotazione obbligatoria fino esaurimento posti – 5€
CLICCA QUI PER ACQUISTARE IL BIGLIETTO ONLINE
info: 393 914 5351 – evento disponibile anche su Facebook Live Streaming alla pagina di Inside the Music

Marina Tuni

Varato l’ORPHEUS AWARD, il Premio della Critica per produzioni di fisarmonica

L’Associazione Promozione Arte, anche quest’anno organizza l’ORPHEUS AWARD (Premio della Critica per produzioni di fisarmonica e tutta la famiglia delle ance) rivolta ad artisti italiani. La direzione artistica è confermata al nostro direttore GERLANDO GATTO.
La versione passata ha ribadito quanto il concetto di “progetto artistico” sia profondamente cambiato. Oltre il 90% delle produzioni arrivate erano digitali e non più delle canoniche durate dei CD. Si parla di SINGOLI, di EP o brani unici ma di lunga durata. La rivoluzione è in atto e l’Orpheus Award vuole rimanere fedele al suo compito di fare il punto della situazione annuale della fisarmonica italiana. Il regolamento dello scorso anno è stato molto apprezzato e quindi confermato; i critici esprimeranno “tre preferenze” per ogni sezione.


Le Categorie sono le seguenti:
Miglior Produzione Italiana per Fisarmonica nella MUSICA CLASSICA
Miglior Produzione Italiana per Fisarmonica nella MUSICA JAZZ
Miglior Produzione Italiana per Fisarmonica nella WORLD MUSIC
Orpheus alla CARRIERA
Per “MUSICA JAZZ” – sezione che maggiormente interessa in questa sede – si intende “musica dove gli elementi fondamentali saranno le IMPROVVISAZIONI, lo STILE del leader. I progetti di tango personalizzati con improvvisazioni rientrano in questa sezione”.
I vincitori riceveranno i CERTIFICATI UFFICIALI degli ORPHEUS AWARD durante una diretta streaming con la proclamazione dei risultati.
Sarà predisposta una “LISTA DELLE PRODUZIONI” (sempre aggiornata) sul sito ufficiale con tutte le produzioni segnalate (Nome Artista, Titolo Progetto, Etichetta, Anno Pubblicazione, Sezione, Link per l’Ascolto: Spotify/ITunes/Bandcamp/etc.) per rendere disponibile ai critici la pubblicazione.
L’albo d’oro, che potrete consultare per intero al link seguente, www.associazionepromozionearte.com/orpheusaward/#idalbo
per quanto concerne in modo specifico il jazz, ha visto, a partire dal 2009, i seguenti vincitori: Luciano Biondini (2009); Renzo Ruggieri (2010); Daniele Di Bonaventura (2011); Di Bonaventura, Fresu, Filetta (2012); Di Sabatino, Ruggieri duo (2013); Daniele Di Bonaventura (2014); Max De Aloe quartet (2015); Simone Zanchini (2016); Biondini-Giuliani-Pietropaoli-Rabbia (2017); Di Bonaventura-Fresu-Bardoscia-Rabbia (2018); Soscia-Jodice quartet (2019); Vince Abbracciante e Simone Zanchini (2020).
Insomma quanto di meglio nel corso di questo decennio ha offerto il panorama fisarmonicistico jazz nazionale.
Infine qualche parola sulla giuria che annovera alcuni tra i più affermati e competenti giornalisti di settore italiani e stranieri tra cui Amedeo Furfaro, Christina M. Bauer (Germania), Fabio Ciminiera, Flavio Caprera, Gianluca Bibiani, Giuseppe Attardi, Herbert Scheibenreif (Austria), Marco Gemelli, Paolo Picchio, Stefano Dentice, Stefano Duranti Poccetti.

(Redazione)

Bill Evans e Scott LaFaro, legati a filo doppio. Una conferenza di Gerlando Gatto al Sic12 Roma

Appuntamento da non perdere per gli appassionati romani del #pianojazz domenica 20 febbraio presso il Sic12/Artstudio, sito in Via Francesco Negri: alle ore 17 il nostro direttore Gerlando Gatto terrà una conferenza sul rapporto tra Bill Evans e Scott LaFaro cui seguirà un concerto-tributo del pianista Fausto Ferraiuolo e del contrabbassista Pietro Ciancaglini.

Chi segue la musica jazz conosce perfettamente l’importanza che ha avuto il trio di Bill Evans con Scott LaFaro e Paul Motian nello sviluppo del classico trio pianoforte e sezione ritmica. In effetti valutare la grandiosità delle registrazioni effettuate dal trio in un periodo relativamente breve sarebbe assolutamente riduttivo. La realtà è che, ogni tanto, accadono dei fatti assolutamente imprevisti e imprevedibili come, per l’appunto, l’incontro tra il pianista e il contrabbassista. Due anime, due artisti, due sensibilità che si sono incontrati per dar vita ad una musica nuova, una musica in cui pianoforte contrabbasso e batteria coesistono con pari dignità; il tutto senza alcunché togliere a Paul Motian, già allora grande, grandissimo batterista che ha dato il suo formidabile contributo alla riuscita delle su accennate registrazioni.
Peccato che il tempo sia stato così avaro con Evans e LaFaro.
Alla conferenza farà seguito un concerto, dedicato ovviamente a Bill Evans, che vedrà la partecipazione di due dei più affermati e talentuosi jazzisti italiani quali Fausto Ferraiuolo e Pietro Ciancaglini.
Info: www.sic12.org/art-studio-1

SIC12 Art Studio APS
Via Francesco Negri. 63/65
Roma
tel. +39 06 92599626
mail: artstudio@sic12.org

Il Pop Italiano&non incontra il Modern Jazz

Organizzato dall’Associazione Civica Scuola delle Arti, nell’ambito del ciclo di incontri Inside The Music, sabato prossimo alle 18,30 in Roma, via Bari 22 si svolgerà l’evento “TM – TRIPOP: Il Pop Italiano&non incontra il Modern Jazz”.


Protagonista il trio jazz guidato dal pianista Danilo Ciminiello, completato dal bassista Fabio Penna e dal batterista Duccio Luccioli. La particolarità del progetto risiede nella rilettura in chiave Modern Jazz di alcuni dei più famosi brani del Pop Italiano e non solo. Sarà quindi possibile ascoltare classici di Francesco De Gregori, Lucio Battisti, Mina, the Beatles, Pino Daniele, Norah Jones ricchi di suggestioni e raffinatezze che emergono nell’approfondimento jazzistico.
Il Live streaming sarà effettuato con regia multicamera in hd, consentendo la massima partecipazione emotiva da parte degli spettatori da remoto.
Danilo Ciminiello è musicista che può già vantare un ricco curriculum costellato da esperienze assai diversificate nel campo del jazz, del pop/rock, senza trascurare teatro e televisione. In particolare nel campo del jazz il pianista ha collaborato con la U.M. BIG BAND diretta da Pino Iodice, con il gruppo “F.M. Project” con cui partecipa al “Toscana Jazz”(Colognole-LI), “Alatri Jazz”, “Fontana Liri Jazz Festival”, “Festival Jazz di Sondrio”(con la partecipazione del sassofonista Filiberto Palermini). Nel 2006 Suona presso il conservatorio Licinio Refice di Frosinone con il sassofonista Olandese Dick de Graaf. Nel 2008 Partecipa con il gruppo FFDG project al concorso ElbaJazzContest

(Redazione)

Mino Cinelu e Luca Aquino, simbiosi elettroacustiche sul palco virtuale di Roma Jazz Festival 2020

di Alessandro Fadalti

Il grande pregio che emerge dal Roma Jazz Festival 2020 è la volontà di adattarsi al tempo e cercare nuove soluzioni, rimettendo in discussione, citando Philip Auslander e Paul Sanden, il concetto di Liveness. Il 19 novembre si è tenuto un concerto che ha visto esibirsi su un palco fisico, ma virtuale, Mino Cinelu, (storico percussionista dei Weather Report e Miles Davis) accompagnato dal trombettista Luca Aquino. Assistere a un concerto in streaming lascia aperti molti spunti di discussione per i musicofili, ai quali rilancio alcune considerazioni a conclusione della recensione.

SulaMadiana” è il progetto che ha unito l’anima francofona di Mino Cinelu con quella norvegese del, purtroppo assente in questa data, Nils Petter Molvær, che qui a Roma è stata reinterpretata dalla tromba di Luca Aquino. Osservando il puro contenuto musicale vanno premesse alcune considerazioni vista la sua trasmissione in diretta sul web. In primis, i musicisti hanno comunque saputo dimostrare la loro energia e indubbia qualità artistica. Altresì il maggior plauso va ai tecnici che si sono adoperati per offrire la miglior resa audio e video possibile.

Sin dal primo brano “O Xingu” emerge l’importanza del suono acustico ed elettronico con le sue componenti rumoristiche, nell’insieme sono il motore percussivo dei brani. L’estetica di Cinelu si compone in un piano verticale fatto di intricate sovrapposizioni ritmiche e poliritmie, intessute con scioltezza e forte espressività, facendo oscillare il tempo dal frenetico a quello di una nenia; dal solenne al quieto meditativo. L’atmosfera frenetica di alcuni brani come “Indinala” e “Take The A# Train” richiama alle radici caraibiche del musicista, attraverso le multietnicità sonore senza barriere tipiche dell’isola di Martinica. “SulaMadiana”, nella sua rappresentazione dal vivo, cerca di non perdere la resa sonora e lo spirito sensibile che dal disco traspare come un uragano. Non è scontato riportare sul palco alcuni degli artefici elettronici che si innestano di solito tramite la registrazione in studio. Il percussionista si dimostra un’artista al passo coi tempi, l’utilizzo di loop station si articola alla perfezione con la costruzione ritmica, dondolandosi cineticamente tra una pelle del timpano con i Trigger, a un tasto del Launch Pad, per poi passare al Ride e al tasto Play di un Sample su una VST. Cinelu arricchisce questa matassa percussiva con parti canore in ogni brano dal carattere a tratti narrato a tratti simili a un canto mantra. Infine, verso la metà del concerto, si è cimentato prima alla tastiera Nord e poi, in due occasioni, alla chitarra: in un suo arrangiamento molto articolato e particolare della celebre “Summertime” e in “Cold is The Night” tratta dall’album Quest Journey del 2018.

A metà del secondo brano si innalza sullo sfondo un video della vista aerea di Langevåg, luogo d’origine di Nils Petter Molvær, nella zona principale del comune di Sula. Su questa immagine entra in scena il trombettista italiano Luca Aquino. Il suo stile si avvicina molto allo spirito di Petter Molvær e ne è degno interprete. Un potente lirismo alla tromba e flicorno, fatto di frasi in legato ma frammentate da brevi silenzi, dove il protagonista assoluto è il timbro. L’effetto aulico si amplifica e arricchisce il materiale sonoro con la componente elettronica fatta di riverberi, delay e armonizzatori; di grande effetto specialmente nel brano “Kanno Mwen”. I due artisti vanno in simbiosi e respirano in osmosi: al palazzo ritmico di Cinelu si somma il piano orizzontale, uno sviluppo di trama melodica che ben si collega, in un’atmosfera dalle forti tendenze nu-jazz. Anche per Aquino la parte rumoristica la fa da padrona, facendoci udire il rumore del fiato che esce dalla campana, i pistoni premuti e l’attacco della nota sul bocchino.

In generale, una coppia vincente, ma non senza macchia. Aquino con i suoi fraseggi risultava spesso enigmatico e il perpetuo effetto aulico faceva perdere frequentemente la bussola, forse volontariamente, annullando l’efficace periodicità di alcune sublimi frasi. Inoltre, specie nel suo flicorno solo, l’equalizzazione nelle dinamiche forti faceva scaturire una saturazione troppo squillante. Cinelu, invece, in alcuni momenti era un pelo calante di voce e il tocco con le dita sulle corde della chitarra era a volte poco pulito e chiaro; sono state delle cosiddette stecche che ho in verità apprezzato.

La stecca è diventata paradossalmente un pregio, rendendo esplicito come l’esibizione fosse in diretta. In conclusione, cosa rende dal vivo un evento Live? Verrebbe da dire l’hic et nunc, essere in un determinato spazio in un determinato momento. Il parere personale è che finché c’è vitalità si può considerare dal vivo. Lo spazio virtuale è una nuova dimensione da esplorare per tutti noi. Le cuffie durante quel concerto sono diventate un teatro casalingo grazie ad attente scelte di riverberi ed equalizzazione per mano dei tecnici. L’approssimazione alla fedeltà rende affascinante l’impegno, citando testualmente Mino Cinelu a fine concerto: “un’organizzazione della madonna”. Ciò che distoglieva da quella magia “dal vivo” erano i primi piani e campo-contro campo, forse una ripresa statica dalla poltrona avrebbe aumentato l’immersività. Le novità hanno bisogno di nuovi mezzi e nuovi linguaggi per esprimersi. Concerti come questi fanno pensare a una strada chiara nella mente, ma in corso d’opera; al pubblico non resta che pazientare. Il tema scelto dal Roma Jazz Festival 2020 “Jazz for Change”, in tal senso pare azzeccato, visto il cambiamento sociale di usi e costumi che gli artisti promulgano con coraggio, senza volersi fermare nemmeno di fronte all’epidemia.

Alessandro Fadalti

La redazione di A Proposito di Jazz ringrazia Giorgio Enea Sironi (ufficio stampa dell’Auditorium Parco della Musica di Roma) per la collaborazione e Riccardo Musacchio, Flavio Ianniello e Chiara Pasqualini per le immagini presenti nell’articolo.