I nostri CD

ACT – Compilation in primo piano Predisporre delle compilation è impresa allo stesso tempo facile ma estremamente rischiosa. Facile perché quando si ha a disposizione un catalogo piuttosto ampio e variegato come quello della ACT risulta agevole scegliere fior da fiore e produrre un album. Il rischio, o meglio la difficoltà consiste nel trovare un filo rosso che leghi in maniera plausibile i vari artisti presentati. E crediamo che sotto questo profilo le scelte della casa tedesca risultano appropriate. Ecco quindi le tre ultime compilation che vi presentiamo in questa sede.
In “Romantic Freedom – Blue in Green” la ACT risponde a quella che è sempre stata una sua antica mission, valorizzare i giovani pianisti talentuosi che man mano si affacciavano sulla scena europea. Ecco quindi raccolti alcuni artisti – in solo, in duo o in trio – che nel corso degli anni sono diventati elementi di primissimo piano nel panorama internazionale e non solo europeo. Qualche nome: Esbjörn Svensson, Joachim Kühn, Michael Wollny, Iiro Rantala, David Helbock, Leszek Mozdzer, Johanna Summer, Bugge Wesseltoft, Carsten Dahl, Yaron Herman, Jacob Karlzon…Insomma una fotografia quanto mai esaustiva della scena pianistica europea a tutto vantaggio, sia di giovani appassionati che ancora poco conoscono, sia di “vecchi” appassionati che magari hanno voglia di sentire uno dopo l’altro alcuni dei loro pianisti preferiti.

“Magic Moments 14 – In the Spirit of jazz” è una compilation fortemente voluta dal boss dell’etichetta Siggi Loch, il quale – informa l’ufficio stampa della stessa ACT – ha personalmente selezionato con cura i migliori titoli recenti dal suo catalogo. Una accanto all’altra possiamo così ascoltare le star dell’etichetta: Nils Landgren, Emile Parisien, Nesrine, Lars Danielsson, Joachim Kühn, etc. In repertorio sedici brani che illustrano al meglio da un canto ciò che il jazz ha rappresentato nel mondo, dall’altro quale sia ancora oggi la sua capacità di unire, di creare un ponte tra gli uomini indipendentemente da qualsivoglia barriera di etnia o di religione.

“Fahrt ins Blaue III – dreamin’ in the spirit of jazz” in oltre un’ora di musica offre un momento di sincero relax pur restando a tutti gli effetti in territorio jazzistico. D’altro canto gli artisti scelti non ammettono obiezioni al riguardo. Si parte con due piccole ma luccicanti perle di Esbjorn Svensson registrato sia in piano solo sia alla testa del suo gruppo E.S.T. e si prosegue con una sfilza di nomi che hanno dato lustro al jazz europeo come, tanto per fare qualche esempio, il quartetto di Nils Landgren, il trio composto dal nostro Paolo Fresu con Richard Galliano e Jan Lundgren, le vocalist Viktoria Tolstoy e Norah Jones, Ulf Wakenius. L’album trova la sua omogeneità nella gradevolezza di tutti i brani all’insegna di una cantabilità ben lontana da qualsivoglia sperimentazione.

Harald Bergersen – “Baritone” – Losen Cantabilità che caratterizza anche questo nuovissimo album del baritonista Harald Bergersen che alla verde età di 84 continua a calcare validamente le scene e ad essere giustamente considerato una icona del jazz norvegese. In questa sua ultima fatica discografica è alla testa di un quartetto completato da Bård Helgerud (guitar), Fredrik Eide Nilsen (double bass), Torstein Ellingsen (drums & percussion). Il repertorio consta di 12 brani con cui Harald intende omaggiare alcuni grandi quali Tommy Flanagan, Billy Strayhorn, Thad Jones e Gerry Mulligan tra gli altri. Insomma una sorta di viaggio in un passato non tanto prossimo ma reinterpretato con coerenza, sincerità d’ispirazione e tanta, tanta bravura strumentale. Il quartetto si muove con leggerezza affrontando anche partiture non particolarmente semplici com’è il caso, ad esempio, di “Chelsea Bridge” un brano all’apparenza semplice ma come tutte le composizioni di Stratyhorn in realtà assai complesso da rendere efficacemente. All’ottima riuscita dell’album hanno contribuito in maniera sostanziale tutti i componenti del gruppo, dal chitarrista Bård Helgerud (lo si ascolti ad esempio in “Three and One” di Thad Jones in “Blues in the Closet” di Oscar Pettiford o in “Observing” di Helgerud con uno straniante richiamo alle musiche di Django) alla sezione ritmica quanto mai precisa e propulsiva (ammirevole Nilsen soprattutto nel già citato “Blues in the Closet”). Ma su tutti spicca sempre il sax baritono del leader, dal suono morbido, dall’eloquio forbito che richiama alla mente il post-bop non scevro da alcune sfumature ‘bossanovistiche’ se non a tratti addirittura funk.

Danilo Blaiotta – “The White Nights Suite” – Filibusta Solo due anni fa, nel 2020, Danilo Blaiotta veniva salutato come un talento emergente grazie alla buona riuscita dell’album “Departures” (Filibusta Records). Il secondo capitolo discografico del Danilo Blaiotta Trio (con Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria) è questo “The White Nights Suite”. Si tratta di una composizione originale suddivisa in 11 movimenti, tutti a firma del leader, ispirata al romanzo “Le notti bianche “di Fedor Dostoevsky. L’organico che si ascolta nel disco presenta, accanto al già citato trio, Stefano Carbonelli alla chitarra elettrica, Fabrizio Bosso alla tromba e Achille Succi al sax alto e clarinetto basso. Il titolo dell’album richiama esplicitamente l’opera del grande scrittore e filosofo russo così come nel primo brano – “Fisrt Night / St. Petersburg” – è chiaro il riferimento alla passeggiata del protagonista per le strade di Pietroburgo. Di qui l’album prende man mano consistenza raggiungendo picchi di grande intensità espressiva come nel brano “The Meeting” che evidenzia da un lato Bosso il quale, abbandonato il suo virtuosismo spesso muscolare, si esprime con dolce misura, dall’altro il leader che disegna un assolo tra i più notevoli dell’intero album. Ma non è la sola perla del CD; si ascolti, ad esempio, con quale pertinenza il trio – senza ospiti – esegue “Second Night – The Dreamer” a rappresentare il dialogo tra i due protagonisti attraverso l’empatia del trio; e ancora superlativo il clarinetto basso di Achille Succi in “Nasten’ka” un pezzo dal sapore vagamente balcanico mentre in “Third Night” il linguaggio del gruppo assume colorature più prettamente jazzistiche.

Anais Drago – “Solitudo” – Cam Anais Drago è violinista di sicuro spessore, capace di inglobare nel proprio repertorio input provenienti dalle più disparate angolature. Ecco quindi dieci sue composizioni – affiancate dalla “Gnossienne” di Erik Satie da lei stessa arrangiata – in cui non è difficile scoprire le fonti da cui l’artista ha attinto per forgiare la “Sua” musica, una musica che si colloca in un contesto del tutto personale: il linguaggio non è jazzistico in senso stretto in quanto  si allontana egualmente sia dagli stilemi afroamericani,  sia dalla musica classica propriamente detta sia dalla musica contemporanea: siamo, insomma, in un contesto sonoro in cui la Drago ha modo di esprimere tutte le proprie potenzialità senza lasciarsi condizionare da alcunché ma seguendo semplicemente la propria ispirazione, cosa facile a dirsi ma non altrettanto a farsi. E così tutto l’album gode di grande coesione tanto che per gustarne la valenza occorre ascoltarlo con la medesima curiosità dalla prima all’ultima take. Tra queste sceglierne qualcuna in particolare non è impresa facile anche se ci sentiamo di segnalare il già citato brano di Satie, in apertura di album, che sviluppato su un tappeto elettronico, rivela una certa malinconia di fondo, mentre in tutte le composizioni originali appare evidente uno dei suoi principali motivi ispiratori, da lei stessa rilevato nel corso di una recente intervista: “L’improvvisazione e la sperimentazione sono elementi che ricerco in qualità di musicista, tanto quanto rifuggo in qualità di persona”.

Claudio Fasoli – “Next” – Abeat Claudio Fasoli è uno di quei rari musicisti che non sbaglia un colpo. Quando trovate un suo nuovo album state pur certi che si tratta di musica di indubbia qualità. In tanti anni di onorata carriera, il sassofonista si è guadagnato una reputazione ed un rispetto che lo collocano in cima ai migliori sassofonisti e non solo a livello nazionale. E questa sua ultima fatica discografica non fa eccezione. Registrato in quartetto nello scorso maggio, l’album presenta il sassofonista alla testa di una nuova formazione ma perfettamente in linea con quanto è stato proposto in precedenza. Insomma il Fasoli è quello che abbiamo imparato a conoscere nel corso di tutti questi anni, vale a dire non solo un esecutore di assoluto livello ma anche un compositore che conosce perfettamente l’arte di fare musica. In effetti tutti e sette i brani contenuti nel CD sono sue composizioni e alternano momenti di grande intensità ritmica sì da richiamare abbastanza esplicitamente il mondo rock ad atmosfere in cui si sfiora atmosfere più vicine al nuovo jazz europeo, il tutto senza trascurare una certa cantabilità. Da sottolineare il sottile gioco sulle dinamiche, l’uso dei silenzi, il ricorso ad una variegata palette di colori. Ma quel che rende questo album degno della massima attenzione è sempre lui, Claudio Fasoli, che come si accennava in apertura, non ha certo perso questa ulteriore occasione per evidenziare il suo talento. Eccolo, quindi, fraseggiare con eloquio elegante, raffinato, solo all’apparenza semplice ma in realtà frutto di anni di studio, di assiduo lavoro. Fresu, Di Bonaventura, Vacca –

“Tango Macondo” – TUK Music Paolo Fresu – popOFF- Tuk Music Ecco due album di ispirazione completamente diversa ma che hanno il pregio di essere eseguiti in modo magistrale. Il CD dedicato al tango – “Tango Macondo” – vede il musicista sardo affiancato da Daniele di Bonaventura al bandoneon, Pierpaolo Vacca all’organetto e Elisa, Malika Ayane, e Tosca alla voce in tre brani. Il repertorio si sostanzia nella colonna sonora dello spettacolo che sta girando in varie città italiane ottenendo ovunque unanimi consensi. E il perché è facilmente spiegabile: Fresu e compagni riescono a creare un clima quasi onirico in cui l’ascoltatore è portato inevitabilmente a riallacciarsi a qual luogo – Macondo – creato dalla fervida fantasia di Gabriel Garcia Marquez nel suo “Cent’anni di solitudine” e quindi a intraprendere una sorta di viaggio accompagnato dalla musica certo di ispirazione tanguera ma che non disdegna di coniugare il moderno degli effetti elettronici con l’arcaico di bandoneon e organetto. Il tutto, ovviamente, cucito dalla tromba e dal flicorno del leader che non perde occasione per evidenziarsi artista maturo, perfettamente consapevole delle proprie possibilità e quindi in grado di esprimersi sempre con squisita sensibilità. Doti che ritroviamo anche nel secondo album “popOFF” in cui il trombettista sardo ha voluto rendere omaggio alla sua città d’elezione, Bologna, attraverso la rilettura delle canzoni dello “Zecchino d’oro”. Il CD, che si avvale anche di una veste grafica particolarmente curata e accattivante, vede impegnato un organico piuttosto rilevante in cui, accanto al leader, ritroviamo Cristiano Arcelli al sax soprano, clarinetto basso, flauto e melodica, Dino Rubino al piano, Marco Bardoscia al basso, il Quartetto Alborada e la vocalist Cristina Zavalloni cui si aggiunge in un brano il flauto di Luca Devito. Certo suscita una certa curiosità ascoltare le canzoni scritte appositamente per bambini ma sulla base del vecchio ma giusto detto per cui “jazz non è ciò che si suona ma come lo si suona” ecco che melodie in origine destinate ad esecutori in tenera età, si trasformano in pezzi jazzisticamente validi grazie all’interpretazione degli artisti su citati. Ed il disco risulta davvero gradevole senza che per un solo momento si abbia la sensazione di ascoltare qualcosa di banale.

Carmine Ioanna – “Ioanna Music Company” – abeat Delizioso album firmato dal fisarmonicista Carmine Ioanna alla testa di un gruppo con Gianpiero Franco (batteria), Eric Capone (pianoforte e tastiere), Giovanni Montesano (basso e contrabbasso) cui si sono aggiunti in qualità di ospiti Francesco Bearzatti (sax tenore e clarinetto), Gerardo Pizza (alto sax), Daniele Castellano (chitarra), Sophie Martel (sax soprano). L’album ha una storia particolare essendo stato concepito nei mesi scorsi, vale a dire in uno dei periodi più difficili che l’Italia del dopoguerra abbia attraversato, e registrato al teatro “Adele Solimene” di Montella (Avellino) nei primissimi giorni di maggio del 2021 dopo tanti mesi di isolamento, necessariamente lontani dai palcoscenici. Di qui l’idea, esplicitata dallo stesso Carmine nelle brevi note che accompagnano il CD, di pensare “Ioanna Music Company” come non “solo un album bensì un progetto di condivisione umana e artistica”. Logica, perciò,   la scelta di coinvolgere alcuni musicisti e tecnici di grande profilo e soprattutto di grande affinità. Il risultato, come si accennava in apertura, è più che positivo; la musica scorre come una sorta di racconto in cui ognuno può ritrovare le proprie emozioni mantenendo sempre una propria omogeneità. Tutti i brani meritano di essere ascoltati anche se le nostre preferenze vanno alla title track, sette minuti di rara intensità, sottolineati da brevi assolo dei fiati e da un andamento ritmico particolarmente serrato e al successivo “Postcard From Dreamland” un breve bozzetto (inferiore ai due minuti) di toccante dolcezza. Quasi inutile sottolineare come ancora una volta Ioanna si conferma tra i migliori fisarmonicisti oggi in esercizio e non solo nel nostro Paese. Hermon Mehari, Alessandro Lanzoni –

“Arc Fiction” – MIRR Duo senza rete questo che vede protagonisti il trombettista statunitense ma parigino d’adozione Hermon Mehari (classe 1987) e il nostro pianista Alessandro Lanzoni (nato nel 1992) impegnati nel loro primo album in duo registrato nel marzo 2021 e pubblicato il 10 ottobre scorso. Il combo funziona bene: i due si intendono alla perfezione e così la musica scorre fluida, interessante senza che in un solo momento si noti la carenza di altri strumenti. I due amano scambiarsi il ruolo di prim’attore così quando è il pianoforte a dettare la linea, la tromba è pronta a ricevere il testimone e viceversa in un alternarsi di intrecci mai scontati. In repertorio undici brani di cui ben dieci originali (scritti o a due mani o singolarmente dal trombettista e dal pianista) e il celebre “Donna Lee” di Charlie Parker. In particolare “End of the Conqueror”, “B/Bb”, “Reprise in Catharsis”, “Volver”, “Peyote”, “Boston Kreme” e “Penombra” sono stati composti da Mehari e Lanzoni, mentre “Savannah” e “Fabric” sono opera del solo pianista, così come “Dance Cathartic” è da attribuire al solo trombettista. La caratteristica principale dell’album è la godibilità della musica che pur non essendo scontata o banale riesce comunque a farsi ascoltare dal primo all’ultimo minuto. In tale contesto individuare le parti scritte e quelle improvvisate è tutt’altro che facile (si ascolti al riguardo sia “Savannah” sia “Fabric”) dato che i due artisti possono fare affidamento su una squisita sensibilità e su una indubbia preparazione tecnica. Di qui la difficoltà di segnalare qualche brano in particolare anche se personalmente troviamo “Dance Cathartic” particolarmente elegante e ben strutturato.

Angela Milanese – “Racconto italiano” – Caligola Partiamo da un presupposto: le canzoni non sono qualcosa di sciocco, senza importanza ma rappresentano la colonna sonora della nostra vita quotidiana. Basti confrontare i testi degli anni’30 con le composizioni di oggi per rendersi conto di quanto questa affermazione sia veritiera. Se non si ha, quindi, la puzza sotto il naso dei “veri intenditori di jazz” questo è un album che può essere ascoltato con interesse e, perché no, con piacevolezza. Lei è una vocalist-compositrice di squisita sensibilità e ad accompagnarla sono musicisti di rilievo come Paolo Vianello nella duplice veste di pianista-tastierista e arrangiatore, Alvise Seggi al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria. In cartellone dieci brani che accompagnano l’ascoltatore in una sorta di viaggio immaginario dagli anni ’30 fino ai giorni d’oggi. La Milanese rilegge questi pezzi secondo la propria cifra stilistica ben coadiuvata da Vianello e compagni. Così canzoni famose come “Ma le gambe” (1938), “Bellezze in bicicletta”, “Un’estate fa”, “Domani è un altro giorno”, “Rosalina” (1984)…tanto per citare qualche titolo, rinascono a nuova vita pronte per essere apprezzate anche dai più giovani che forse mai le hanno ascoltate nella versione originale. Un’ultima non secondaria notazione: l’album è stato registrato durante un concerto svoltosi il 23 maggio del 2019 all’Auditorium Candiani di Mestre, e la dimensione live riflette ancor meglio la bravura dei musicisti che danno vita ad una performance a tratti trascinante.

Bernt Moen Trio – “The Storm” – Losen Il pianista norvegese Bernt Morten è artista poliedrico capace di transitare con estrema disinvoltura da un linguaggio prettamente jazzistico a forme espressive molto prossime al funk e alla fusion. In questa sua ultima realizzazione, registrata nel febbraio del 2021, l’artista torna sul terreno che forse gli è più congeniale vale a dire quello del classico piano trio. Ad accompagnarlo il batterista Jan Jnge Nilsen e il bassista Fredrik Sahlander. In repertorio dodici brani tutti composti dal leader e tutti caratterizzati da una solida struttura e quindi da un profondo senso dello spazio. I tre si muovono con empatia tanto che risulta assai difficile distinguere le parti improvvisate da quelle scritte. Nonostante il linguaggio sia jazzistico nell’accezione più comune del termine, tuttavia in alcuni frangenti si avverte, prepotente, l’eco della tradizione compositiva europea. E’ il caso, ad esempio, del secondo brano in programma “Majestic”, e di altri tre brani, “Ode”, “Floating” e “Sakral” tutti presentati in piano solo in cui, come si accennava, è ben presente una certa atmosfera Romantica. Assai ben costruita la title track che si apre con una intro per piano solo dopo di che i tre improvvisano ben sostenuti dalla batteria. Convincente anche “Passing By, Not Too Fast, Not Too Slow”, il brano più lungo dell’album con i suoi 6’21, in cui Moen e compagni mescolano sapientemente elementi tratti dal jazz così come dal folk, con Fredrik Sahlander in grande spolvero.

Jorge Rossy – “Puerta” – ECM Debutto come leader in casa ECM per Jorge Rossy che si presenta nella duplice veste di compositore (nove dei dieci brani dell’album sono dovuti alla sua penna) ed esecutore. Impegnato al vibrafono e alla marimba dirige un trio completato da Jeff Ballard batteria e percussioni e Robert Landfermann basso. Jorge è quel che si definisce un musicista a 360 gradi: nasce nel 1964 a Barcellona in una famiglia di musicisti, il padre Mario suona piano, chitarra e fisarmonica, ed ha accanto a sé un fratello e una sorella anch’essi musicisti. Inizia così a suonare la batteria all’età di undici anni e nel 1978 comincia a studiare percussioni classiche. Nel 1980 studia armonia jazz e improvvisazione, suonando piano e vibrafono; l’anno successivo inizia a suonare anche la tromba ma lo strumento principale, con cui comincia ad esibirsi professionalmente, è la batteria. Ed è con questo strumento che si fa conoscere collaborando per una decina d’anni con Brad Mehldau. Come si accennava in quest’ultimo lavoro discografico si cimenta al vibrafono e alla marimba con risultati assolutamente eccellenti. Contrariamente a quanto forse ci si potrebbe aspettare da un batterista, in questo album Jorge suona quasi per sottrazione, le note che intona sui suoi strumenti sono poche, sillabate, distillate si potrebbe dire come a voler far respirare la musica. In ciò ben coadiuvato dai due partners che assecondano questo gioco di sottili rimandi, senza eccedere in alcun momento. Dopo aver attraversato varie atmosfere, garantendo anche un pizzico di swing (cfr “Post-Catholic Waltz”) il CD si chiude con un brano dal sapore tanguero, dal significativo titolo “Adios”.

Daniela Spalletta – “Per Aspera ad Astra” – TRP Music La Sicilia continua a proporsi come terra di talenti: proprio dall’Isola arriva infatti questo album della vocalist Daniela Spalletta che definire eccellente forse è poco. Ben coadiuvata da Jani Moder alla chitarra, Seby Burgio al pianoforte, Alberto Fidone al contrabbasso e basso elettrico e Giuseppe Tringali alla batteria cui si aggiunge la TRP Studio Orchestra, ci propone una sorta di viaggio introspettivo al cui termine c’è comunque una luce vitale. Ora, mettere in musica tali concetti, è impresa piuttosto ardua eppure la vocalist siciliana ha in certo qual senso centrato l’obiettivo dal momento che ascoltando l’album si ha come la sensazione di estraniarsi dal presente per immergersi in un flusso sonoro che ci conduce in un altrove non meglio identificato. Sacerdotessa del tutto è lei, la Spalletta, che usa la voce come uno strumento e che non disdegna di sdoppiarsi con la tecnica della sovraincisione pur di restare fedele al suo complesso disegno compositivo. Disegno che si svela man mano con il procedere dell’album declinato attraverso dodici brani tutti scritti ed arrangiati dalla stessa leader la quale si assume per intera la responsabilità dell’album: è lei che l’ha concepito, è lei che ne ha scritto ed arrangiato i pezzi, è lei che ha immaginato e conseguentemente scelto l’organico, è lei che ha saputo sapientemente dosare sia gli interventi dei compagni di viaggio sia le parti improvvisate ivi compreso lo scat che si ascolta in “Samsara”…insomma un’opera davvero complessa che denota il ritratto di un’artista completa, in grado di ricoprire tutte le parti in commedia.

Pasquale Stafano – Sparks – enja Quella del piano trio è una formula ancora oggi molto frequentata dai musicisti e, anche se ovviamente non è possibile raggiungere i fasti del passato (si pensi solo al celeberrimo trio Evans Motian LaFaro) tuttavia ci sono jazzisti che riescono ancora a dire qualcosa di originale. Tra questi è il pianista Pasquale Stafano che si ripresenta con un nuovo trio completato da Giorgio Vendola al basso e Saverio Gerardi alla batteria. L’album, registrato il 25 gennaio del 2021, si articola su otto brani tutti composti dal leader che conferma così la sua statura di musicista a 360 gradi. E le composizioni appaiono tutt’altro che banali: in effetti, oltre a presentare una solida struttura di base, si fanno apprezzare per la varietà di atmosfere che propongono, dal jazz canonico alla musica classica, dal funk fino a certi frammenti riconducibili al progressive-rock. In questo mutare di situazioni il ruolo di contrabbasso e batteria è importante: si ascolti ad esempio Vendola in “Mirror of Soul” e Gerardi in “Clocks” per avere un’idea di quale contributo i due abbiano dato alla riuscita dell’incisione. Comunque il filo conduttore è rappresentato dallo stile di Stafano che riesce a transitare da un terreno all’altro con estrema disinvoltura grazie ad una tecnica sopraffina e ad un linguaggio fluido e preciso. Tra i vari brani particolarmente riusciti “Three Days Snow” e “Remembrance” ambedue velati da una leggera malinconia che richiama atmosfere nordiche. L’album si conclude con “The Roller Coaster” introdotto dal contrabbasso suonato con l’archetto che a circa 40 secondi dall’inizio registra l’intervento di pianoforte e batteria per un’esecuzione su tempo veloce con il leader sempre in pieno controllo del materiale sonoro. Virginia Sutera,  Ermanno Novali –

“Duo Sutera Novali” – Aut records Ecco un altro duo che si muove su direttrici completamente diverse da quelle che vedevano protagonisti i su citati Hermon Mehari e Alessandro Lanzoni. Qui siamo su un terreno molto complesso e quindi per sua natura scivoloso: quella ”striscia di terra feconda” (per usare il titolo di una felice rassegna) che si pone tra musica classica e jazz. In effetti i due musicisti – la violinista Virginia Sutera e il pianista Ermanno Novelli – pur essendosi affacciati da poco sulla scena musicale, possono vantare una buona conoscenza di ambedue i generi musicali. E così l’album, registrato alla Sala Piatti di Bergamo il 12 aprile del 2019, in occasione dell’International Jazz Day, presenta una suite in cinque movimenti composti a quattro mani. Ad un primo ascolto sembra che le parti siano scritte dalla prima all’ultima nota ma in realtà si tratta di una improvvisazione che si sviluppa momento dopo momento collocandosi apertamente nell’area della musica contemporanea. Ciò detto, preso atto dell’abilità strumentale dei due, resta il fatto che, almeno a nostro avviso, si avverte come la sensazione di un lavoro non perfettamente compiuto, come se ci fosse ancora qualcos’altro che i due non hanno avuto la possibilità…o il coraggio di esplorare. Insomma un duo di livello ma da cui ci aspettiamo qualcos’altro di più convincente, anche perché il tutto scaturisce da quello straordinario laboratorio di ricerca musicale condotto a Siena da Stefano Battaglia.

Ayumi Tanaka – “Subaqueous Silence” – ECM Titolo molto pertinente per questo nuovo lavoro discografico della pianista nipponica Aymi Tanaka che come Jorge Rossy è al debutto da leader per la ECM. Per l’occasione si presenta in trio con Christian Meaas Svendsen al contrabbasso e Per Oddvar Johansen alla batteria. Si tratta di due musicisti norvegesi e la cosa non stupisce più di tanto ove si tenga conto di due fattori: innanzitutto che la pianista, attratta dalla musica improvvisata norvegese, nel 2011 decise di trasferirsi a Oslo e, in secondo luogo, che proprio nella capitale norvegese ebbe modo di incontrare i due artisti su citati con i quali collabora quindi da oltre dieci anni. Così nel 2016 è stato pubblicato “Memento” per AMP Records. E i frutti di questa lunga collaborazione sono nuovamente a disposizione di tutti ben evidenti: l’intesa fra i tre è praticamente perfetta pur nell’esecuzione di un repertorio tutt’altro che banale. La musica proposta dal trio è lontana da come siamo abituati ad immaginare la musica jazz: nei brani della Tanaka non c’è ombra di swing, ma un   rigore quasi ascetico nell’interpretare partiture che potremmo definire ‘cameristiche’ pur nella consapevolezza che una musica del genere va ascoltata rifiutando qualsivoglia etichettatura. I tre si muovono lungo direttrici che privilegiano atmosfere rarefatte, in cui anche il silenzio gioca un ruolo importante nella ricerca di spaziature così presenti nella musica classica giapponese. Tra i sette brani del CD spicca “Ruins II” in cui la pianista sembra quasi lasciarsi andare ad una sorta di quella dolce malinconia che caratterizza la musica ‘nordica’ e norvegese in particolare.

Eberhard Weber – “Once Upon a Time” – ECM L’altra volta ci eravamo soffermati sulle realizzazioni discografiche per solo basso. Adesso è la volta di un altro grande specialista dello strumento, Eberhard Weber, che ci presenta una registrazione live effettuata al Teatro des Halles di Avignone nell’agosto del 1994, nell’ambito del Barre Phillips’ Festival International De Contrebasse.  L’album acquista un rilievo particolare ove si tenga conto che il jazzista nel 2007 è stato colpito da un ictus che lo ha praticamente estromesso dalle scene, anche se non si tratta del primo album registrato in solitudine dal tedesco. Ricordiamo, al riguardo, “Pendulum” (1993) interamente composto da brani in cui l’unico strumento che li esegue è il contrabbasso, mixato in maniera stratificata per creare diversi effetti sonori e “Résumé” che raccoglie pezzi di varie esibizioni registrate tra il 1990 e il 2007. C’è da sottolineare come proprio dopo questi due album Weber abbia iniziato ad incidere piuttosto copiosamente anche da leader dal momento che in precedenza si era fatto apprezzare soprattutto nel gruppo guidato dal sassofonista norvegese Jan Garbarek. In questo “Once Upon…” Weber offre un ulteriore saggio delle sue grandi qualità. Tutti i brani (di cui alcuni sono tratti dai precedenti album dello stesso Weber, “Orchestra” ECM 1988 e il già citato “Pendulum” ECM 1993) sono degni della massima attenzione anche se, personalmente, preferiamo il sempre verde “My Favorite Things” interpretato con originalità e “Trio for Bassoon and Bass” in cui il contrabbassista evidenzia la sua versatilità nell’improvvisare per parecchi minuti senza soluzione di continuità.

Paul Wertico – “Letter from Rome” – Alfa Music Quando in un combo c’è Paul Wertico si ha la quasi certezza che si tratti di musica eccellente. E anche questa volta la situazione è proprio questa: alla testa di un trio completato da Fabrizio Mocata al piano e Gianmarco Scaglia al contrabbasso, il batterista statunitense non si smentisce e propone un album interessante. In programma nove brani scritti in vari incroci dai tre musicisti con l’aggiunta di un classico della musica leggera italiana, “Vecchio Frak” di Domenico Modugno, un brano che ha già attirato l’attenzione di parecchi jazzisti tra cui Fabrizio Bosso e Marco Tamburini; il trio ne dà un’interpretazione personale e convincente: dopo un’introduzione del basso che disegna la linea melodica, è la volta di Fabrizio Mocata a concepire un assolo che gira attorno alla melodia per approdare, quando entra in campo anche la batteria, su un terreno completamente improvvisato, oramai ben lontano dalla partitura originale. Ed è un po’ questo il canovaccio su cui si sviluppa la musica per tutto il CD, vale a dire l’accenno ad una linea cantabile (introdotta dal piano o dal contrabbasso) e poi i tre che si lasciano andare ad improvvisazioni spesso trascinanti che denotano, oltre ad un’ovvia intesa (Wertico e Scaglia avevano già inciso un altro album, “Dynamics in Meditation”, Challenge Records 2020) la gioia di fare musica, di suonare assieme. Il tutto impreziosito dagli assolo di Paul che si conferma uno dei migliori batteristi oggi in esercizio: ascoltate attentamente il modo in cui tratta i piatti, suo vero e proprio marchio di fabbrica.

Gerlando Gatto

Venticinque anni del festival MetJazz: “Le cose cambiano”, verso il futuro

Compie 25 anni il festival MetJazz di Prato, organizzato dal Teatro Metastasio con la direzione artistica del musicologo Stefano Zenni. L’edizione 2020 si svolgerà dal 29 gennaio al 27 febbraio 2020 coinvolgendo diverse location della città – lo stesso Teatro Metastasio, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, il Teatro Fabbricone, il Teatro Politeama Pratese, la Scuola Comunale di Musica Giuseppe Verdi – oltre al Pinocchio Jazz Club di Firenze.
La 25a edizione, dal tema “Le cose cambiano” avvia una nuova fase del festival tracciando un’apertura che identifica un nuovo inizio: se negli anni MetJazz ha ospitato dapprima prestigiosi solisti italiani con omaggi ai grandi del jazz e poi si è indirizzata verso musicisti internazionali, attenzione per il jazz contemporaneo, apertura agli stili più diversi, produzioni originali ed esclusive, mostre e seminari, per questa nuova edizione il direttore Stefano Zenni ha scelto di rivolgere lo sguardo in avanti, al futuro, a come cambia la musica, a come cambiano i gusti.
MetJazz 2020 affida infatti a energie creative nuove: due progetti speciali in prima assoluta, tre diverse orchestre, quattro pianisti, solisti di peso, una grande festa danzante d’apertura, sei concerti e due conferenze, articolati nella struttura classica delle due consuete sezioni, Official e Off.

I protagonisti dell’edizione 2020.
Per l’evento d’anteprima del 29 gennaio una grande festa danzante al Centro Pecci Prato con Stefano Tamborrino e il suo trascinante e raffinato spettacolo “Don Karate” ormai ben noto per la mescolanza di hip hop, jazz, house, perfino punk, con larghe aree di improvvisazione avventurosa, atmosfere elettroniche, groove danzanti, in un intreccio dal suono trasparente e arioso, complici il bassista Francesco Ponticelli e il vibrafonista Pasquale Mirra. Per l’occasione sul palco ci saranno anche il rapper Millelemmi, al secolo Francesco Morini, e il videoartist Paolo Pinaglia. Il live è anche l’occasione per presentare in Toscana l’omonimo progetto discografico in uscita su vinile e in digitale il 24 gennaio 2020 per l’etichetta Original Culture. Un evento realizzato in collaborazione con Centro Pecci Prato.

Quattro i grandi eventi dislocati tra Metastasio, Fabbricone e Politeama Pratese.
Il festival si apre ufficialmente lunedì 3 febbraio nella bellissima cornice del Teatro Metastasio, con un progetto speciale per il MetJazz della Martini Big Band formata da studenti e docenti del Conservatorio G.B. Martini di Bologna diretti da Michele Corcella, special guest il trombonista Gianluca Petrella. Protagoniste, le musiche della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden e Carla Bley arrangiate e riorchestrate in esclusiva per MetJazz dal M° Corcella. Una co-produzione tra MetJazz e Conservatorio di Bologna, in collaborazione con Musicus Concentus di Firenze. La Liberation Music Orchestra è stata una formazione composita ed eclettica nata nel 1969 con un programma e un repertorio esplicitamente politici, impostasi come il paradigma del jazz più impegnato, dispiegatosi in quattro album, Liberation Music Orchestra (1969), The Ballad of the Fallen (1982), Dream Keeper (1990), Not in Our Name (2005), da cui sarà tratto il repertorio del concerto.
Lunedì 10 febbraio dalle 21 doppio appuntamento al Teatro Fabbricone. L’intera serata è dedicata al pianoforte, strumento che ha sempre seguito una sua linea evolutiva autonoma, peculiare e che oggi appare come una delle cartine di tornasole dei cambiamenti stilistici in corso. Sul palco, in esclusiva italiana, tre degli artisti europei più originali, avventurosi e creativi della scena contemporanea: dapprima il duo di Eve Risser e Kaja Draksler che si addentrerà nella ricchezza di colori e nell’esplorazione delle sonorità di “To Pianos”; a seguire il solista Alexander Hawkins, forse il più brillante pianista europeo della sua generazione, con un concerto in cui confluisce in una sintesi vitale una visione della musica molto aperta in cui si ritrova Duke Ellington, il pianismo classico, il free jazz, l’esperienza con Mulatu Astatke, la passione per l’organo.
Lunedì 17 febbraio alle 21 si torna al Teatro Metastasio per un concerto dedito alla pratica della conduction (una direzione d’orchestra basata su gesti e segnali visivi decisi sul momento, che determinano il percorso improvvisato della forma concretizzando il concerto davanti agli occhi del pubblico) con la Fonterossa OpenOrchestra di Silvia Bolognesi, formazione esemplare con musicisti di stili diversi, dilettanti e professionisti, che spazia senza pregiudizi in un repertorio tra jazz, pop, soul, rock.
Giovedì 27 febbraio ore 21 al Politeama Pratese protagonista un compositore e arrangiatore di punta nella fusione di jazz e musica classica: in prima assoluta, Paolo Silvestri con una nuova composizione coprodotta da MetJazz e Camerata Strumentale Città di Prato “Anime verde speranza. Fuga di cuori e cervelli per grande orchestra”. Una suite in dieci episodi legati fra di loro senza interruzione, ispirato ognuno ad un grande jazzista, da John Coltrane a Ornette Coleman, da Charles Mingus a Wayne Shorter, da Billy Strayhorn a Carla Bley, fino a Hermeto Pascoal e Duke Ellington. A seguire, l’esecuzione di “The River” di Duke Ellington nella versione sinfonica concepita nel 1970 per un balletto e allora orchestrata dal canadese Ron Collier, qui ripresa con integrazioni di Silvestri. Questo concerto è caratterizzato dall’assenza di solisti, una condizione insolita in ambito jazzistico e orchestrale; allo stesso tempo, vede la presenza speciale di tre artisti provenienti dal mondo classico ma attivi in ambito contemporaneo e jazz, dotati dunque di una poliedricità che traghetterà l’intera orchestra nel linguaggio stilistico pensato da Paolo Silvestri: Antonino Siringo, Andrea Tofanelli e Walter Paoli.

Tre gli appuntamenti del MetJazz Off realizzati in collaborazione con la Scuola Comunale di Musica Giuseppe Verdi di Prato.
Domenica 9 febbraio alle 11 il concerto in piano solo di Alessandro Giachero, un artista che ha fatto tesoro delle aperture stilistiche del jazz contemporaneo, grazie anche alle collaborazioni stabili con William Parker e Anthony Braxton e con altri grandi improvvisatori italiani.
Domenica 16 febbraio alle 11, la conferenza del direttore artistico del festival Stefano Zenni: “Ancient to the Future: tradizione e avanguardia nell’Art Ensemble of Chicago” per analizzare la musica come racconto e messa in scena di una Storia diversa, quella della Great Black Music nell’universo potente e teatrale dell’Art Ensemble of Chicago.
Domenica 23 febbraio alle 11 una conferenza di Luca Bragalini, a cura della Camerata strumentale di Prato e di ICAMus, affronterà un viaggio tra le partiture sinfoniche di Duke Ellington a partire dalla pagina scritta della sua ultima monografia “Dalla Scala a Harlem. I sogni sinfonici di Duke Ellington” e con l’aggiunta di uno storytelling con rari video, musiche inedite, immagini e parole, che racconterà una delle più neglette e affascinanti opere del Duca, mettendo in luce il rapporto di quest’ultimo con il Reverendo King.
Anche per il 2020 MetJazz ribadisce la collaborazione con il Pinocchio Jazz di Firenze e promuove il concerto di sabato 15 febbraio alle ore 22, nella sala dello storico locale con Alexander Hawkins che, alcuni giorni dopo il concerto al Fabbricone, ritroviamo in duo con uno dei musicisti più brillanti e intensi della nuova scena italiana: il clarinettista Marco Colonna.

Il programma completo del festival, con le diverse sezioni, è consultabile sul sito del Teatro Metastasio al link http://bit.ly/MetJazz2020.
Le prevendite dei biglietti sono attive al link http://ticka.metastasio.it: fino all’11 gennaio sono disponibili le formule di abbonamento, mentre dal 21 dicembre sono in vendita i biglietti per i singoli concerti.
Gli spettatori potranno acquistare i biglietti anche presso la Biglietteria del Teatro Metastasio in via Cairoli 59 tel. 0574.608501 dal martedì al sabato con orario 11-13 e 17-19 (il giovedì 11-15 e 17-19.00) oppure presso il Circuito Box Office al tel. 055.210804 o la Tabaccheria Bigi di Prato in via Bologna 77, tel. 0574.462310.

Info sulle prevendite: biglietteria@metastasio.it.
Riduzioni per gruppi, under 25, over 65, abbonati, convenzioni e soci COOP.

CONTATTI
http://bit.ly/MetJazz2020
Info Teatro Metastasio: tel. 0574.608501
Ufficio Stampa Teatro Metastasio: Cristina Roncucci tel. 0574.24782 (interno 2) – 347.1122817
Comunicazione MetJazz: Fiorenza Gherardi De Candei tel. 328.1743236 info@fiorenzagherardi.com

Antonino Cicero e Luciano Troja a Lecce

Camerata Musicale Salentina
è lieta di presentare:

CANTABILE:
ANTONINO CICERO & LUCIANO TROJA
IN CONCERTO

Domenica 17 marzo 2019
ore 11.00
Teatro Paisiello
Via Giuseppe Palmieri
Lecce

Posto Unico:
Intero € 15,
Ridotto € 12
(per over 65 anni | Docenti | Studenti | Soci BiCinema | Dipendenti BPP Banca Popolare Pugliese)

Cantabile. Non c’è aggettivo migliore per definire la musica di Antonino Cicero e Luciano Troja, e non è un caso che i due artisti siciliani lo abbiano scelto per il primo dei loro cinque concerti primaverili. Appuntamento speciale domenica 17 marzo al Teatro Paisiello di Lecce con un concerto importante, nel prestigioso cartellone della 49ma Stagione Concertistica della Camerata Musicale Salentina, la storica associazione fondata dal M° Carlo Vitale nel 1970. E’ il quinto dei matinée domenicali con aperitivo di questa stagione inaugurata lo scorso ottobre da Matthew Lee e l’Orchestra della Magna Grecia: al termine del concerto, come sempre, l’aperitivo diventerà l’occasione per un commento a caldo della performance in compagnia dell’artista. Prevendite disponibili presso la sede della Camerata Musicale Salentina, il Castello Carlo V, online e nei punti vendita del circuito Vivaticket Italia.

Il programma musicale di Lecce segna una novità rispetto alle precedenti esperienze che Cicero e Troja hanno affrontato insieme, poichè alle musiche di Troja, contenute nell’apprezzato An Italian Tale (pubblicato nel 2016 da Almendra Music), il fagottista e il pianista affiancano An American Tale: titoli celeberrimi di George & Ira Gershwin (Summertime), Billy Strayhorn (Lush Life, Satin Doll, Daydream e Take The “A” Train), Duke Ellington (In A Sentimental Mood), Cole Porter (I’ve Got You Under My Skin), Joseph Kosma/Jacques Prevert (Autumn Leaves). Un repertorio straordinario, un connubio tra jazz e melodia, tra Italia e America, inevitabilmente cantabile. Sarà ancora una volta la dimostrazione della collaudata e singolare combinazione strumentale di pianoforte e fagotto all’insegna della melodia, ampiamente esplorata nell’album An Italian Tale e nei numerosi concerti che il duo ha tenuto dal 2016.

An Italian Tale ha rappresentato un momento cruciale per Antonino Cicero e Luciano Troja, il disco infatti ha raccolto straordinarie recensioni (es. Musica Jazz, Il Manifesto, Jazzit, L’Isola della Musica Italiana, Italia In Jazz etc.) grazie alla pregevolezza delle composizioni firmate da Troja e all’originalità del duo fagotto-pianoforte, con un’operazione dedicata a un’Italia che non c’è più, quella evocata dalle canzoni di Giovanni D’Anzi al quale l’album era ispirato. An Italian Tale, anche in concerto, sprigiona un notevole potere immaginativo, evoca il cinema, le canzonette, la radio, i vinili, la gommalacca e il Campari, Milano, le bellezze e le biciclette, memorie di un’Italia che in quella musica trovava respiro e rinnovamento senza smarrire le proprie peculiarità. Accanto ai sei brani italiani, i pezzi americani rilanciano l’orizzonte artistico del duo e la capacità di interpretare degli standard alla luce di una personalità forte e definita.

Luciano Troja è un compositore e pianista jazz di fama internazionale (non è raro trovarlo su All About Jazz USA, Cadence o Stereophile, o vederlo dal vivo a New York), Antonino Cicero è un fagottista tra i più attivi e preparati in area classica: i due musicisti messinesi hanno trovato nella melodia, nella cantabilità, nella narrazione strumentale il punto di incontro che rende An Italian Tale, per usare le parole dello stesso Troja, “una specie di colonna sonora di un film immaginato, legato a un periodo storico, magari girato in bianco e nero”. Le prossime date del duo saranno: Reggio Calabria (Università, 5 aprile); Messina (Teatro Savio, 6 aprile), Carlentini (Auditorium, 13 aprile); Comiso (Teatro Naselli, 26 maggio).

Info evento:
http://www.cameratamusicalesalentina.com/evento/antonino-cicero-e-luciano-troja/

Happy 120, Duke! Larry Willis e Tony Pancella in concerto a Pescara

Venerdì primo marzo 2019, la stagione musicale della Società del Teatro e della Musica “Luigi Barbara” prosegue al Teatro Massimo con l’esibizione dei due pianisti Larry Willis e Tony Pancella. Happy 120, Duke! è il titolo dato al concerto: il programma scelto dai due jazzisti rilegge, infatti, le pagine più importanti e significative composte da Duke Ellington e Billy Strayhorn, per festeggiare il centoventesimo anniversario della nascita di Ellington.

Il concerto si terrà al Teatro Massimo di Pescara e avrà inizio alle 21. Il biglietto di ingresso costa 20€ (ridotto a 15€ per i soci della Società del Teatro e della Musica “Luigi Barbara”) e si può acquistare sui circuiti online e a Pescara, presso la sede di Via Liguria.

«Se il jazz è sinonimo di libertà creativa, il duetto ne è la manifestazione più intima e seducente. E due pianoforti – nelle mani di due artisti sensibili – diventano l’iperbole della bellezza sonora.» (Stefano Zenni)

Questo concerto rappresenta una occasione davvero unica. Il duo formato da Larry Willis e Tony Pancella rende omaggio a Duke Ellington (1899-1974), uno degli artefici fondamentali e acclamati della storia del jazz, in occasione del 120° anniversario della sua nascita, eseguendo un programma interamente dedicato alle sue composizioni e a quelle del suo alter ego Billy Strayhorn.

La scelta di ripercorrere il repertorio ellingtoniano nasce naturale e non è affatto nuovo per Willis e Pancella: oltre ad averlo da sempre proposto nei concerti, entrambi condividono un profondo rispetto ed amore per la tradizione del jazz, e il songbook di Ellington/Strayhorn è un veicolo esaltante ed ideale anche per gli elementi di modernità ed innovazione che i due pianisti amano esprimere.

Larry Willis e Tony Pancella iniziano a collaborare nel 2002 con una serie di concerti in Italia e all’estero e successivamente registrando un disco pubblicato dalla prestigiosa etichetta americana Mapleshade Records accolto con grande favore dalla critica internazionale: JazzTimes definisce il disco “intensamente swingante”, All About Jazz lo descrive come “un disco di crescente bellezza di invenzioni e suoni”, Audiophile Audition chiosa “disco di gran classe” mentre, per Musica Jazz, “Pancella e Willis riescono brillantemente nell’impresa grazie alla capacità di ascoltarsi l’un l’altro, capaci di raggiungere un respiro musicale comune.”

Inside Jazz Quartet e Nilza Costa al TrentinoInJazz 2018

TRENTINOINJAZZ 2018
e
Valli del Noce Jazz
presentano:

Venerdì 20 luglio 2018
ore 21:00
Cortile di Palazzo Parisi
Via Roma 24
Denno (TN)

In caso di pioggia: Teatro Comunale

INSIDE JAZZ QUARTET

Sabato 21 luglio 2018
ore 21:00
Santuario di S. Romedio
Sanzeno (TN)

In caso di pioggia: Casa de Gentili

NILZA NASCIMENTO COSTA

Ingresso gratuito

Uno splendido fine settimana nelle Valli del Noce con due ottimi concerti: il programma del TrentinoInJazz 2018 è sempre sorprendente, venerdì 20 e sabato 21 luglio ospita due appuntamenti imperdibili, che caratterizzano fortemente il cartellone di questa nuova edizione. Parliamo di Inside Jazz Quartet e Nilza Nascimento Costa!

Venerdì 20 luglio, Denno. Un ensemble come Inside Jazz Quartet non ha certo bisogno di presentazioni: Tino Tracanna (Sassofoni), Massimo Colombo (Pianoforte), Attilio Zanchi (Contrabbasso) e Tommaso Bradascio (Batteria) sono quattro personalità fondamentali per il jazz nostrano ed europeo, sia per il proprio percorso personale che per le numerose collaborazioni incrociate negli anni. Il nuovo album Four By Four (Abeat Records) è un tributo ad alcuni fra i più importanti compositori jazz del Novecento: Billy Strayhorn, Charles Mingus, Dave Holland e Kenny Wheeler, omaggiati con due pezzi scelti da ogni membro del quartetto e con un brano originale a testa, ispirato allo stile di questi grandi maestri. Inside Jazz Quartet abolisce il tradizionale concetto di leader e sideman e favorisce l’agire dei singoli in modo completamente equiparato: interagiscono fra di loro come non mai, un interplay naturale e fluido con scambi di frasi ritmiche e armoniche che si ripetono come cercarsi l’un l’altro, il tutto come fosse un unico vedere, sentire, abbracciare la forza del jazz su un’unica strada.

Sabato 21 luglio, San Romedio. Dal Brasile arriva Nilza Nascimento Costa, una voce profonda e scura, nata vicino al mare di Ondina a Salvador de Bahia con il cuore che pulsa per l’Africa. E’ cresciuta in una città brasiliana fortemente influenzata dalle tradizioni “africane” presenti nel Candomblé, nella Capoeira, nel Samba Duro, nel Maculelé e nelle Cantigas de roda. Musiche ispirate ai ritmi e alle danze sacre del Candomblé mescolate sapientemente alle sonorità della cultura popolare brasiliana e lusofona, dove si insinuano con libertà contaminazioni di rock, blues, reggae, jazz. I suoi testi sono in portoghese, yorubà (lingua dialettale dell’Africa nord-occidentale, approdata nei campi di lavoro brasiliani negli anni dello schiavismo) e italiano. Con lei Massimo Zaniboni (sassofono), Daniele Santimone (chitarra), Roberto Rossi (batteria).

Prossimo appuntamento con il TrentinoInJazz 2018 domenica 22 luglio: Big Band Giovanile Alto Adige e Helga Plankensteiner & Revensch al Lago di Tovel (TN), Dolomiti Jazz Quintet a Pozza di Fassa (TN).

Inside Jazz Quartet, Claudio Cojaniz e Jonathan Finlayson al Roccella Jazz

Il Comune di Roccella Jonica (RC)
è lieto di presentare:

ROCCELLA JAZZ FESTIVAL 2017 – RUMORI MEDITERRANEI
XXXVII EDIZIONE

“A me piace il sud”
Original Tribute to Rino Gaetano

Direzione Artistica: Vincenzo Staiano

Giovedì 24 agosto 2017
ore 18.30
Auditorium Comunale “Unità D’Italia”
Via Cristoforo Colombo 2:

INSIDE JAZZ QUARTET:
“Four By Four”

ingresso € 7 intero / € 5 ridotto (per under 25/over 60)

ore 21.15
Teatro Al Castello:

COJ & SECOND TIME:
“Sound Of Africa”

ingresso € 10 intero / € 7 ridotto (per under 25/over 60)

ore 22.30
Teatro al Castello:

JONATHAN FINLAYSON & SICILIAN DEFENSE:
“Moving Still”

Prima europea!

ingresso € 10 intero / € 7 ridotto (per under 25/over 60)

Ore 24.00
Teatro al Castello:

MIDNIGHT JAZZ READING

 

Giovedì 24 agosto 2017 tredicesima e ultima serata della XXXVII Edizione del Roccella Jazz Festival con gli appuntamenti finali di Rumori Mediterranei, la fitta settimana di jazz italiano e internazionale che ha ospitato straordinari concerti e che termina con tre proposte di eccezionale rilevanza, di cui una prima europea, quella di Jonathan Finlayson.

Il concerto del tardo pomeriggio all’Auditorium è un evento speciale, una prima per Roccella dedicata alla presentazione del nuovo disco Four By Four. Gli autori non hanno bisogno di presentazioni: Tino Tracanna (Sassofoni), Massimo Colombo (Pianoforte), Attilio Zanchi (Contrabbasso) e Tommy Bradascio (Batteria), meglio noti come Inside Jazz Quartet, sono quattro personalità fondamentali per il jazz nostrano ed europeo, sia per il proprio percorso personale che per le numerose collaborazioni incrociate negli anni. Il nuovo album Four By Four (Abeat Records) è un tributo ad alcuni fra i più importanti compositori jazz del Novecento: Billy Strayhorn, Charles Mingus, Dave Holland e Kenny Wheeler, omaggiati con due pezzi scelti da ogni membro del quartetto e con un brano originale a testa, ispirato allo stile di questi grandi maestri.

Altro concerto di notevole rilievo, anche perchè in linea con l’omaggio al Sud e ai sud del mondo intrapreso dal Roccella Jazz 2017, è quello di Claudio Cojaniz, atteso in modo particolare dal pubblico roccellese grazie a SiSong – Una canzone per Sisinio, una suite dedicata al compianto Sisinio Zito, ora su DVD che sarà presentato all’Ex Convento dei Minimi nel pomeriggio. Il pianista e compositore friuliano, in compagnia di Maria Vicentini (Violino), Alessandro Turchet (Contrabbasso) e Zeno De Rossi (Batteria), torna a Roccella con un progetto in cui emerge tutta la sua lunga e apprezzata esperienza nel mondo del jazz a partire dagli anni ’80: Coj & Second Time presenta infatti Sound Of Africa, chiaro riferimento a quella speciale attenzione che Cojaniz ha sempre dedicato alle radici e alla tradizione jazz e blues.

Gran finale con Jonathan Finlayson & Sicilian Defense, il gruppo del giovane ma già quotatissimo trombettista californiano, che debutta con il suo nuovo tour proprio a Roccella, una straordinaria prima europea. Nato nel 1982, Finlayson ha avuto dalla sua mentori e maestri come Richard Porter, Eddie Henderson, Jimmy Owens e Cecil Bridgewater, dal 2000 è con Steve Coleman nei Five Elements, ha suonato o registrato con giganti quali Steve Lehman, Craig Taborn, Henry Threadgill, Muhal Richard Abrams e molti altri. Insomma un talento apprezzato e riconosciuto, “maturato a fuoco lento”, come sostenuto da Musica Jazz che lo ha votato come Nuovo Talento Internazionale del Top Jazz 2016, anche grazie ai responsi ottenuti dal suo splendido album Moving Still. Insieme a lui i Sicilian Defense con Matt Mitchell (Piano), Liberty Ellman (Chitarra), John Hebert (Contrabbasso), Craig Weinrib (Batteria) per un concerto di chiusura da non perdere.

Roccella Jazz:
http://www.roccellajazz.org/