27 artiste per “Inspirational Women”: la grande rassegna che unisce musica, importanti tematiche e storie ispiranti

Una grande rassegna che mette in scena valori, energie e storie ispiranti: dal 4 al 31 marzo arriva a Roma “Ispirational Women”, manifestazione dedicata alla forza femminile nella musica, nell’arte e nella società.
A promuovere la rassegna, l’Elegance Cafè: uno dei club più noti della Capitale, in zona Ostiense (via Francesco Carletti 5).
Con un calendario di 23 concerti, la rassegna avrà come protagoniste 27 raffinate esponenti della musica italiana – e non solo. Personalità carismatiche, spesso impegnate parallelamente in attività e tematiche sociali e culturali, racconteranno le loro storie, le loro battaglie e le figure che hanno ispirato parte del loro percorso artistico e umano.
Tra i nomi in cartellone: Greta Panettieri (il 28 marzo con la tappa del suo tour internazionale), Ada Montellanico (il 7 marzo con il suo omaggio a Billie Holiday), Stefania Tallini e Elisabetta Antonini (il 21 marzo con il nuovissimo “Travel Mates”), Carla Cocco (il 6 marzo con la sua “Africa Sarda”), Marta Capponi, Eleonora Bianchini, Laura Lala, Cristiana Polegri e Silvia Manco. Tutti i dettagli sono presenti sul sito del club alla pagina https://www.elegancecafe.it/2020/02/21/inspirationalwomen/.

Al centro della rassegna 23 progetti musicali legati ad altrettanti percorsi artistici densi di vissuto, di esperienze da trasferire, fonte d’ispirazione per un pubblico attento e appassionato.
Storie da seguire sul palco dell’Elegance Cafè ma anche sulla Pagina Facebook e sul profilo Instagram del club. Tra le narrazioni delle protagoniste della rassegna, anche il racconto di grandi donne che, a loro volta, sono state per loro fonte di ispirazione.
Tra loro: Angela Davis (l’attivista del movimento afroamericano statunitense, nota al mondo per il suo impegno nel campo dei diritti civili e figura fondamentale per il movimento femminista nero degli anni ’70), Joy Harjo, prima poetessa dei nativi americani degli Stati Uniti, musicista e pittrice; l’icona della world music Angélique Kidjo, la fotografa Letizia Battaglia, autrice di reportage contro la mafia e cofondatrice del Centro di Documentazione “Giuseppe Impastato”, l’interprete e cantante siciliana Rita Botto, l’attrice premio Oscar Meryl Streep, la cantante Mayte Martin – tra le più grandi esponenti del flamenco, la regina del jazz vocale norvegese Karin Krog.
Grandi nomi accanto a incontri reali della vita quotidiana, che hanno trasferito un senso di speranza e “risveglio”.
E ancora dal mondo artistico: Joni Mitchell, Maria Schneider, Annie Ross, Dianne Reevs, Caterina Valente, Gretchen Parlato, Juliette Binoche.
L’inizio dei concerti è alle ore 22. Con un ristorante Gourmet e un cocktail bar ispirato agli anni ‘20 del proibizionismo americano e la Golden Era della musica Jazz, l’Elegance Cafè accoglie il suo pubblico sia per cena che per il dopocena: consigliata la prenotazione a info@elegancecafe.it – tel. 06.57284458

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Ufficio Stampa rassegna “Inspirational Women”: Fiorenza Gherardi De Candei tel. 328.1743236, info@fiorenzagherardi.com

Lirica e jazz: gli antenati

– Lirica e jazz è binomio di cui ci si è occupati su queste colonne il 19 novembre scorso. Volendo ora effettuare quello che, giornalisticamente parlando, è un “ritorno” sul tema, ne abbiamo discusso con Raffaele Borretti, un’autorità in campo jazzistico che non si sa se definir meglio pianista, collezionista, editore, docente, critico, storico. O forse sì, almeno in questo caso, la qualifica di storico del jazz è quella che più gli si addice nella conversazione, con lui intrapresa, sui prodromi del rapporto fra jazz e melodramma e sul quanto e sul come il jazz, musica di sintesi, si sia ispirato, nei primi decenni della propria storia, all’opera ovvero ad un modello per molti versi chiuso e storicamente datato. Un incontro, quello fra jazz e lirica, alimentato dunque più che altro dalla parte jazzistica. Parliamo di un caso che fece epoca. La canzone “Avalon”, di Al Jolson, De Sylva e soprattutto Vincent Rose, un successo dei primi anni venti del secolo scorso. La melodia in apertura si rifaceva a un passaggio di “E lucevan le stelle” dalla Tosca di Puccini. Gli editori fecero causa ad autori ed editori americani. Ma come andarono realmente le cose?
“Al Jolson, il famoso protagonista — tra l’altro — del “primo” film sonoro, The Jazz Singer del 1927, che con i suoi incassi salvò la Paramount dal fallimento, si era reso protagonista di un’altra vicenda, meno felice. Aveva composto nel 1918, assieme a Vincent Rose (autore anche di successi come Whispering, Blueberry Hill, Linger Awhile), nato a Palermo (ma forse di origini calabresi), e lanciato nello show “Sinbad”, “Avalon”, un brano (depositato nel 1920), al secondo posto in classifica nel 1921, e divenuto notissimo specialmente presso i jazzisti tradizionali (ma utilizzato anche da musicisti più moderni), e riproposto anche in diversi film (tra cui Casablanca). Gli editori americani di Giacomo Puccini ricorsero al tribunale, sostenendo che il motivo era copiato da “E lucevan le stelle”, dalla “Tosca”, e riuscirono a vincere in giudizio, ottenendo un risarcimento enorme, di 25.000 dollari (e la partecipazione ai diritti): si pensi che all’epoca in America si comprava — come risulta anche dal “Sears, Roebuck Catalogue”— un pianoforte con 275 $, un fucile Winchester con 40 $, un’auto Ford T con 360 $! Anche la casa discografica che aveva prodotto la gran parte dei dischi di “Avalon” andò in fallimento. Personalmente, questa storia del “plagio” non mi ha mai convinto: la “similitudine” si basa su solo 10 note iniziali, che sono apparentemente uguali, ma armonicamente diverse (“E Lucevan” è in minore, con due cambi di tonalità, Si minore/Mi minore, “Avalon” è in maggiore, tonalità di Fa), e disposte nel primo caso in due battute, e nel secondo in sei. Anche lo sviluppo melodico è totalmente differente tra i due motivi: in particolare, quello di “Avalon” segue la classica impostazione della song americana, con le sue 32 battute (in uno schema A/B/C/D), quello lirico ha uno svolgimento più elaborato. Questo giudizio sfavorevole a Jolson e Rose risulta ancora più incomprensibile se posto a paragone con altre popular songs di successo, che non hanno avuto alcun seguito giudiziario. E’ il caso, ad esempio, di “Always You”, “composta” da Sid Robin e Will Jason, in realtà “Romanza in Fa minore” di Tchaikowsky, o “Once In A Blue Moon”: quest’ultima, lanciata da Nat King Cole nel 1953, reca addirittura la firma di Burt Bacharach (e fu il suo primo successo), che candidamente confessava di averla tratta dalla “Melody In F” di Anton Rubinstein (interpretata, col titolo originale, da diversi jazzisti, tra cui Teddy Wilson). Altrettanto dubbia è la legge americana sui diritti d’autore, che tutela i motivi per quasi cento anni, ma non lo fa per i titoli, sicché è possibile trovare brani totalmente diversi con lo stesso titolo, come è per “Once In A Blue Moon” (almeno altri tre brani omonimi, del 1923, 1934 e 1960) o il “Ridi, pagliaccio”.

– Un musicista al quale sei molto legato, Ralph Sutton, ha inciso appunto il brano “Laugh Clown Laugh”, portato al successo fra gli altri anche dalla cantante Abbey Lincoln, ispirato al “Ridi Pagliaccio” di Leoncavallo. Ma è solo ispirato o c’è qualcosa di più visto che la melodia in effetti non si richiama con evidenza all’aria operistica in questione?

“Diverso è infatti il caso di “Laugh, Clown, Laugh”, show di Broadway del 1923, riprodotto poi in un silent movie della MGM del 1928. Si tratta in effetti di una trama e di una musica diversi dall’opera di Ruggiero Leoncavallo. Ma, a parte l’identità del titolo (e delle parole, “Vesti la giubba!” alle battute 26 e 27 dello spartito), è evidente la totale ispirazione ai “Pagliacci” di Leoncavallo da parte di Fausto Martino (1919), e di Sam Lewis, Joe Young e Ted Fiorito per la musica che accompagnava la proiezione all’inizio, come d’uso. Anche la vicenda ha molte similitudini: si tratta sempre del dramma vissuto dai due protagonisti per l’amore verso la stessa donna, culminante in una tragica fine. Il brano, originariamente un melodico tre quarti, è stato ripreso da vari artisti, dal cantante/attore Harry Richman (singolare figura di entertainer, pianista, compositore, ed… aviatore… che lanciò nel 1930 “Puttin’ On The Ritz” di Irving Berlin nel film omonimo), ai jazzisti Ted Lewis, Duke Ellington, Benny Carter, Ralph Sutton, Abbey Lincoln, che ovviamente ne danno una versione sincopata”.

-Segnaleresti qualche disco in particolare che contiene riadattamenti jazzistici di musiche classiche, anche non liriche?

“Full Moon And Empty Arms”, depositato nel 1945 da Buddy Kaye e Ted Mossman, non è altro che il “Concerto per pianoforte n. 2” di Sergej Rachmaninov . È stato eseguito e inciso da molti jazzisti: è una delle più belle interpretazioni di Sarah Vaughan ma ci sono anche quelle di Garner, Freddie Hubbard e, perchè no, di Caterina Valente, i Platters, Carmen Cavallaro e… Mina”.

– Sui “prelievi” da Rachmaninov si potrebbe ricordare la querelle sul brano “All By Myself” del 1975 di Eric Carmen il quale trovò un accordo con gli eredi del grande musicista russo. Ma lasciamo da parte il pop. Torniamo al jazz per sottolineare come forse gli italo-americani abbiano tardato nell’imporre oltreoceano il meglio della propria mercanzia culturale. Per rimanere spesso vittime di stereotipi negativi che sono stati costruiti sulla loro pelle senza che si valutasse appieno il valore del proprio background. Un esempio. Il linciaggio di massa avvenuto a New Orleans del 1891 in cui vennero uccisi 11 immigrati italiani in gran parte siciliani, un eccidio che segnò il punto nodale di un sentimento antitaliano da cui i nostri connazionali emigrati si sarebbero gradualmente liberati con il lavoro e i sacrifici ma anche grazie all’affermazione del nostro cultural heritage, alla musica lirica, con l’imporsi di ugole come Enrico Caruso, la programmazione di Opera Houses, la diffusione di 78 giri con canzoni d’arte italiane in uno con lo stile e l’arte italiana. Un processo lento ma costante per diffondere un’idea di Italia fatta anche di Grande Melodia. Lo stesso jazz, musica nero-americana, avrebbe tratto linfa vitale dalla lirica proveniente dall’Europa fino alla nascita di un’opera americana (si veda in proposito su questa rivista l’articolo “L’America di Puccini ne La Fanciulla del West” del 16/11/2017). Potresti meglio schematizzare le tappe più significative di tale influenza?

“Sì. Ma ancora una cosa su Whiteman. Uomo di grande ingegno. Uno dei suoi brani preferiti era “When Day Is Done”, che anni fa, al pari di Antonietto (libro su Reinhardt) vedendo come paroliere Buddy De Silva, pensavo fosse americano, mentre è tratto da un’operetta di Katscher che Whiteman aveva conosciuto nella sua tournée europea, rilanciando poi il brano negli Stati Uniti (dove anche Katscher si trasferì riscontrando notevole successo a Broadway). Al che When Day ritornò in Europa venendo inciso (in tutto il mondo ) dai jazzisti. Dunque, come richiesto, ecco a seguire uno schema che ho predisposto al riguardo.

1926 = Miserere (G. Verdi, “Il Trovatore”, P. IV): Red Nichols, c, & Group, 1926, rec. on cylinder, on Edison phonograph, by Earl Baker (tp) – JA-43, C-1712.

1927 = Avalon (Jolson-Rose) (“E lucevan le stelle”, G. Puccini, “Tosca”, A. III): innume- revoli versioni.

1938 = MIserere (G. Verdi, “Il Trovatore”, P. IV): Jelly Roll Morton, p & vo, L. O. C. Recordings (tre versioni) – J. R. Morton Box.

Anvil Chorus (“Coro degli zingari”, G. Verdi, “Il Trovatore”, P. II): Jelly Roll Morton, p & vo, L. O. C. Recordings – J.R.Morton Box

1939 = Sestetto (G. Donizetti, “Lucia di Lammermour”, A. I, Q. II): Fats Waller, p & org – Palm 22, N 479.

Intermezzo (P. Mascagni, “Cavalleria rusticana”): Fats Waller, p & org – Palm 22, N 479.

1939 = A Little Bit Of Rigoletto (“Bella figlia dell’amore”) (G. Verdi, “Rigoletto”, A. III): Raymond Scott Quintette.

1939 = Miserere (G. Verdi, “Il Trovatore”, P. IV): Sidney Bechet ne fa una appropriata citazione in quella che ritengo una delle più belle (e blues) versioni di Summertime.

1940 = Sextet (G. Donizetti, “Lucia di Lammermour”, A. I, Q. II): John Kirby Orchestra – N-283, Coll 12-11 Radio).

1944 = Anvil Chorus (“Coro degli zingari”, G. Verdi, “Il Trovatore”, P. II): Glenn Miller & The Army Air Force Band – trans., RCA CD 86360

1949 = Laugh! Cool Clown (“On With The Motley”, cioè “Ridi, pagliaccio” o “Vesti la giubba”) (da R. Leoncavallo, “I Pagliacci”, A. I): Nat King Cole Quartet, 1949 – C-37.

1960 = Sextet (G. Donizetti, “Lucia di Lammermour”, A. I, Q. II): Donald Lambert, p – Pumpkin 110.

1962 = Anvil Stomp (“Coro degli zingari”, G. Verdi, “Il Trovatore”, P. II): Firehouse Five Plus Two – GTJ 12049, N 523.

1972 = Inno di Mameli (Novaro): Stan Kenton Orchestra – N 28.

N.B.: Paul Whiteman introduce “Song Of India” nel 1921, poi popolarizza A. Rubinstein, Lehar (e Katscher: ricordare “When Day Is Done”), Massenet, Rimsky-Korsakov, Tchaikovsky, Wagner, Brahms, Grieg, Rachmaninoff; Vi sono poi i tanti brani da opere non italiane, come Wagner (Kenton, etc.), Bizet, e poi operette, in primis “Vilia”, interpretato anche da John Coltrane, ed innumerevoli strumentali, da Chopin a Dvorak, Liszt, von Flotow, Rachmaninoff, C. M. von Weber (sigla di B. Goodman), Debussy, Ravel, Beethoven, Ivanovici, Bach, Prokofiev, Offenbach, Granados, Albeniz, etc.”.

Il materiale musicale è vasto così come lo è il tema delle influenze, anche reciproche, fra generi musicali. Un tema che offre il fianco a diversi aspetti, anche giuridici relativi al diritto morale ed economico d’autore. Ma in questa sede il colloquio con Raffaele Borretti è valso esclusivamente per fissare alcuni punti-base su cui non ci si è probabilmente soffermati ancora abbastanza.
Con lo scopo di avvicinare mondi musicali che, contrariamente a quanto si creda, sono molto più in contatto di quanto ci si possa aspettare.

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Amedeo Furfaro

Parte dal Teatro Fontana di Milano il 7 aprile il tour europeo di eMPathia Jazz Duo

L’eMPathia Jazz duo della vocalist Mafalda Minnozzi con il chitarrista newyorchese Paul Ricci, feat. Giovanni Falzone (tromba), sul palco del Teatro Fontana di Milano il 7 aprile 2018 (h 21) – prima data italiana del “Cool Romantics Tour 2018”

Il duo è da poco rientrato da una tournée di oltre due mesi negli Stati Uniti: sold-out in alcuni dei più importanti jazz club del mondo!

Biglietti on line su Vivaticket.it e nelle prevendite collegate / Info e prenotazioni: +39 02 6901 5733 / fontana.teatro@elsinor.net / www.teatrofontana.it

Milano, 13 marzo 2018  – Il Teatro Fontana di Milano ospita, il 7 aprile, la prima data italiana del “Cool Romantics Tour 2018” di eMPathia Jazz Duo, della vocalist Mafalda Minnozzi, ambasciatrice della musica italiana nel mondo e star in Brasile, paese in cui vive da vent’anni, e del chitarrista newyorchese Paul Ricci. Assieme ai due artisti, sul palcoscenico del teatro milanese in un featuring prestigioso, l’eclettico trombettista siciliano Giovanni Falzone, figura di spicco del jazz italiano ed europeo.

La Minnozzi e Ricci sono reduci da un lungo tour negli Stati Uniti, iniziato a gennaio con un sold-out al leggendario Birdland di NYC ed esibizioni da tutto esaurito in diversi locali culto della musica jazz quali il Mezzrow, il Jazz Forum a New York e il Trumpets di Montclair. Dagli States, il Cool Romantics Tour si trasferisce dunque in Europa, dove è in allestimento un calendario di concerti organizzati dalla Mbm Management di Marco Bisconti; dopo la premiére milanese e la data di Alessandria del 14 aprile, il duo debutterà con il nuovo spettacolo anche in Germania, il 18 aprile a Monaco di Baviera e il 21 a Brema, partecipando alla prestigiosa Jazzahead Clubnight.

Cool Romantics” (Mpi-2017) è il titolo dell’album che sta per essere distribuito in Italia e che completa una trilogia composta da “eMPathia Jazz Duo” (Mpi/Egea 2015), album di esordio del progetto omonimo, cui è seguito “Inside” (Mpi/Onerpm 2016).

In “Cool Romantics” il duo ha raggiunto un perfetto equlibrio di fattori in cui emerge la ricerca dell’essenzialità, grazie ai raffinati arrangiamenti e allo stile peculiare del fingerpicking di Paul Ricci, chitarrista di fama internazionale, e all’approccio estetico-espressivo di Mafalda, intriso da una forte teatralità, che inventa, trasforma, traduce ritmi, timbri e gesti; questa combinazione di elementi crea il linguaggio personale e distintivo di eMPathia.

Sul palco del teatro milanese, situato nel cuore del quartiere Isola e luogo d’incontro delle arti, il duo, supportato dalle preziose sottolineature della tromba del funambolico Giovanni Falzone, musicista di razza dalla personalità prorompente, volteggia tra samba, bossa nova, swing, blues e musica d’autore, firmando inconfondibili interpretazioni che vanno dalla lettura struggente di “Insensatez”, di Antonio Carlos Jobim, al “divertissement” musicale creato in “Via con me” di Paolo Conte e ad una versione piena di temperamento “di Triste sera” di Luigi Tenco.

Mafalda, interprete poliedrica di levatura internazionale, canta nella sua lingua madre, in inglese (“Dindi”, “My shining hour”), in francese (nella rilettura blues di “Nuages” di Django Reinhardt) e in portoghese, sebbene il vero linguaggio di eMPathia sia quello creato dal dialogo tra la sua voce e la chitarra di Paul, le cui linee digradano fino ad accogliere la tromba di Falzone, in un sempre più effuso paesaggio sonoro.

L’incontro tra Mafalda e Paul è avvenuto nel 1996, in Brasile, paese dove lei è famosissima; da allora, ha avuto inizio una parabola artistica sfociata nel loro attuale progetto. La vocalist vanta collaborazioni con Martinho da Vila, Milton Nascimento, Leny Andrade, Toquinho, Guinga, Paulo Moura, Art Hirahara, Jane Duboc, Gene Bertoncini, Gabriele Mirabassi, mentre Ricci ha suonato con Roy Haynes, Kenny Barron, Gary Burton, Sonny Fortune, Bebel Gilberto, Astrud Gilberto, Mino Cinelu, Randy Brecker, Manolo Badrena e il grande Harry Belafonte. Riferendosi alla Minnozzi, il critico musicale Gerlando Gatto ha scritto: “… Mafalda è un artista veramente cosmopolita, che canta in diverse lingue con piena padronanza delle stesse e con estrema disinvoltura … mi viene in mente Caterina Valente …”

 Biglietti on line su Vivaticket.it e nelle prevendite collegate. Info e prenotazioni: +39 02 6901 5733 / fontana.teatro@elsinor.net

 

 

 

Comunicato stampa

“Ricominciamo dal Jazz: la solidarietà non si improvvisa!” L’eMPathia Jazz Duo di Mafalda Minnozzi e Paul Ricci a San Severino Marche il 10.12

“Il palcoscenico è la parte più importante del teatro, è un luogo magico dove nascono le azioni e dove fioriscono i sogni. Ed è proprio una chiamata all’azione quella di Mafalda Minnozzi, originata dal desiderio di “fare” qualcosa per la sua terra, le Marche, martoriata dal sisma dello scorso anno”.

Partiamo da queste parole degli organizzatori per restituire da subito il senso del progetto “Ricominciamo dal Jazz: la solidarietà non si improvvisa!”, in programma domenica 10 dicembre, con inizio alle 17.00, al Teatro Feronia di San Severino Marche (MC), che ha il nobile scopo di raccogliere fondi per avviare la ricostruzione del palcoscenico del Cinema Teatro Italia, importante spazio cittadino di aggregazione culturale reso impraticabile dal terremoto.

Questo è quanto proveranno a fare, attraverso la musica, la vocalist Mafalda Minnozzi e il chitarrista Paul Ricci, ovvero eMPathia Jazz Duo plus Friends, gli ideatori di questo evento di solidarietà che vede riuniti al Feronia artisti di levatura internazionale. A duettare con Mafalda e Paul sono attesi: il clarinettista Gabriele Mirabassi, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, il pianista Giovanni Ceccarelli, il vibrafonista Marco Pacassoni e il chitarrista Antonio Onorato, oltre a due talentuosi musicisti locali: David Padella (contrabbasso) e Maurizio Moscatelli (tromba). Anche il mondo del teatro e della televisione ha risposto alla chiamata di Mafalda: ad aprire e chiudere lo spettacolo saranno infatti due testimonial d’eccezione. Il primo è l’attore napoletano Alessandro Incerto, apprezzato protagonista di fiction televisive di grande successo come Un posto al sole, La squadra, I bastardi di Pizzofalcone. Il secondo è l’attore fiorentino Massimo Reale, fresco del successo teatrale de “Il Penitente” all’Eliseo di Roma con Luca Barbareschi, Lunetta Savino e Duccio Camerini e da quello televisivo nei panni del dottor Alberto Fumagalli, nella serie “Rocco Schiavone” con Marco Giallini.

L’auspicio degli organizzatori, la MBM Management di Marco Bisconti, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di San Severino Marche, è quindi quello di chiamare a raccolta un pubblico quanto più numeroso possibile affinché l’obiettivo fissato possa essere conseguibile.Il sisma dello scorso anno in Centro Italia ha lasciato ferite profonde: nella sola San Severino sono più di mille gli edifici danneggiati e circa 1.500 le famiglie sfollate.

Mafalda è sempre molto vicina molto alla sua terra d’origine, dove ha vissuto la sua infanzia e dove ritorna nelle pause delle sue tournée internazionali, che riprenderanno all’inizio del 2018 con il Cool Romantics Tour, in partenza per gli Stati Uniti. A New York, l’eMPathia Jazz Duo si esibirà al leggendario Birdland, al Mezzrow e in altri locali “cult” della grande mela. Il nuovo progetto musicale è già stato presentato in Germania, Portogallo, Brasile.

A San Severino Marche, Mafalda e i suoi ospiti daranno vita ad una serata di straordinari incontri musicali, sotto la direzione artistica del chitarrista e arrangiatore statunitense Paul Ricci. Paul proviene dalla scena jazz newyorkese ed è un vero artista internazionale, un globetrotter della musica perennemente in tour sui palchi di tutto il mondo. Nel novero delle sue importanti collaborazioni vi sono Roy Haynes, Kenny Barron, Gary Burton, Bebel Gilberto, Astrud Gilberto, Mino Cinelu, Randy Brecker, Manolo Badrena e il grande Harry Belafonte.

La storia di Mafalda Minnozzi è a dir poco singolare. Il suo percorso, che la porterà verso il successo, inizia a Roma, dove si prepara con cura e affina il suo naturale talento studiando canto, danza moderna e infine recitazione alla scuola della Compagnia della Rancia di Saverio Marconi. Conquista il pubblico della “Cabala”, il locale della Capitale più famoso al mondo, entra nel cast di “UnoMattina” (RAI Uno) e la sua popolarità crescente la porta in tour in Italia e in Europa, fino ad approdare in Brasile. In questa terra, in 20 anni, ha costruito una storia di grandi successi pubblicando 12 CD e

2 DVD, partecipando ai più seguiti programmi televisivi e radiofonici delle principali reti brasiliane e duettando con artisti del calibro di Milton Nascimento, Toquinho, Martinho da Vila, Paulo Moura, Leny Andrade e Guinga, tra gli altri.

Performer carismatica, dotata di una estensione e di una gamma di timbri vocali fuori dal comune, Mafalda domina le note, plasmandole in melodie e sfumature sorprendenti. La sua voce è una lavagna d’ardèsia, è scura e cangiante e si tinge di riflessi colorati e di nuance vocali che Paul Ricci, con la sua chitarra, riveste di una delicata ed essenziale trama sonora. Il suo repertorio è dedicato alla grande musica autorale italiana e del mondo, alla bossa nova, alla “chanson” francese, al songbook americano. Il nostro direttore Gerlando Gatto, in una sua recensione, l’ha paragonata a Caterina Valente: “… Mafalda è un artista veramente cosmopolita, che canta in diverse lingue con piena padronanza delle stesse e con estrema disinvoltura … mi viene in mente Caterina Valente …”

Per informazioni e prenotazioni: Pro Loco 0733 638414 (da martedì a domenica dalle 9 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19). Ingresso: Euro 20,00. Posti numerati prenotabili anche telefonicamente con ritiro dei biglietti al botteghino del Teatro Feronia fino a 30 minuti dall’orario di inizio del concerto.

www.empathiajazz.com /// www.youtube.com/empathiajazzduo

#empathiajazzduoplusfriends #mafaldaminnozzisolidarity #ricominciamodaljazz #sulpalcoperunpalco

Emozioni intense con “Inside” del duo eMPathia

Paul Ricci e Mafalda Minnozzi

Nella mia oramai lunga carriera di cronista musicale pochissime volte mi è capitato di ascoltare un artista veramente cosmopolita, che cioè sapesse cantare in diverse lingue con piena padronanza delle stesse. Al momento l’unico nome che mi viene in mente è quello di Caterina Valente della quale, probabilmente, alcuni giovani lettori nulla sanno.
E’ quindi con grande piacere che ho ascoltato di recente una cantante che veramente sa esprimersi in diverse lingue con estrema disinvoltura: dal francese di “Hymne à l’amour” al brasiliano di “A felicidade”, dall’inglese di “Every Time We Say Goodbye” all’italiano di “Città vuota”.
Stiamo parlando della vocalist Mafalda Minnozzi che assieme al chitarrista Paul Ricci costituisce il guppo “eMPathia”; i due hanno presentato al Cotton Club di Roma il nuovo album “Inside” prodotto da Jeff Jones. Ci eravamo già occupati di questo duo in occasione del concerto alla Casa del Jazz del 23 aprile 2015 e ne eravamo rimasti favorevolmente impressionati. Sensazione che è stata confermata dal concerto al Cotton Club: i due costituiscono un’entità musicale straordinaria cui si adatta perfettamente il nome “eMPathia”. Perfetta l’intesa per cui i due riescono a produrre una musica che va ben al di là del ristrettissimo organico: spesso se si ascolta i loro brani ad occhi chiusi si ha quasi l’impressione che ad eseguirla sia un gruppo più numeroso. Merito della grande intensità e delle capacità interpretative della vocalist, ma anche del sapiente lavoro di rifinitura, di cesellatura oseremmo dire, nonché di vera e propria costruzione di un raffinato tappeto armonico-ritmico operata da Paul Ricci, artista sicuramente sottovalutato, dotato di sensibilità, di capacità arrangiatrice e di tecnica non comuni (lo si ascolti ad esempio, in “A Felicidade” di Antonio Carlos Jobim e Vinicius de Moraes). Ricci usa diversi tipi di chitarra da cui trae colori e sfumature timbriche diverse: la chitarra jazz, la chitarra baritono, la chitarra a risuonatore in legno che dà un colore unico all´adattamento blues acustico di “Hymne a L´Amour”. (altro…)

“eMPathia”: ovvero dall’Italia al Brasile

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“eMPathia”: forse mai nome di un combo fu più azzeccato. Mafalda Minnozzi alla voce e Paul Ricci alle chitarre si muovono, per l’appunto, con grande empatia cementata da circa vent’anni di stretta collaborazione. Lui, Paul Ricci, è un artista di origine italiana (il padre è nato a Filetto un piccolo centro in provincia di Chieti); chitarrista raffinato è in grado di produrre un tappeto ritmico-armonico talmente ricco ed esaustivo da non far minimamente avvertire la mancanza del basso. Lei, Mafalda Minnozzi, è una vocalist straordinaria sia per la potenza della voce che può passare con estrema disinvoltura dalle note più basse a quelle più alte sia per un’affascinante presenza scenica. Li abbiamo ascoltati alla Casa del Jazz , ne siamo rimasti colpiti e li abbiamo voluti intervistare; così ci siamo incontrati trascorrendo un piacevolissimo pomeriggio. Questo il risultato della nostra chiacchierata.

-Tu sei nata a Pavia e poi vi siete trasferiti nella Marche. A quando risale il tuo incontro con la musica?
“Praticamente da sempre. Ho avuto la fortuna di nascere a Pavia che è una città molto viva dal punto divista culturale. Inoltre i miei genitori che allora, siamo negli anni ’70, lavoravano ambedue hanno deciso di mettermi in una specie di collegio scuola a tempo pieno , le Canossiane, e lì ho avuto l’opportunità di ascoltare molta musica, soprattutto classica, cori polifonici, musica di chiesa, e poi a scuola era già obbligatoria la materia musicale sin dalle elementari”.

-Queste sono le basi. E dopo?
“Dopo, ovviamente, ho cominciato a crescere. Quando sono arrivata nelle Marche avevo già dieci anni ed è stato una specie di choc in quanto il paese dove ci siamo trasferiti, San Severino Marche, non aveva una vita culturale paragonabile a quella di Pavia. Io da bambina facevo anche danza classica e a San Severino non fu possibile proseguire lungo questa strada. La mia nuova classe non era più mista ma solo di bambine, non avevamo il doposcuola e quindi non avevamo la possibilità di studiare musica o di fare qualsivoglia attività culturale. Allora, grazie alla mia mamma, che da giovane era stata anch’ella una cantante, ho avuto la possibilità sia di prendere lezioni private di canto sia di partecipare, anche come solista, al coro polifonico della Cattedrale di Sant’Agostino, sempre attraverso i canti liturgici. Finita la scuola dell’obbligo, ho iniziato una frequentazione più assidua con la musica: ho cominciato a scrivere, ho cominciato a frequentare quegli ambienti musicali che già allora nel Pesarese e nel Maceratese erano piuttosto attivi e molti di essi legati alla realtà dello Sferisterio. Insomma c’era un’attività molto sviluppata, attività bandistica, attività di musica leggera, pop, musica erudita, musica contemporanea. I miei interessi potevano spaziare in diverse realtà, frequentavo come cantante diversi gruppi”.

-Quando hai costituito il tuo primo gruppo?
“All’età di quattordici, quindici anni ho costituito la mia prima band con cui eseguivo repertori che in massima parte venivano dal jazz e dalla musica francese. All’epoca non mi piaceva molto cantare in italiano… lasciavo questo compito ai miei amici…”.

-Quindi hai intrapreso una vita professionale sin da ragazzina?
“Sì, nonostante, come puoi ben immaginare, i miei genitori non è che condividessero questa mia scelta. Venivo da un paesino di circa tredicimila anime in cui il giudizio delle persone era molto aggressivo. Però mio padre era cresciuto a Milano dove aveva avuto la fortuna di diventare amico di molti grandi artisti come Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Fred Bongusto… perché mio padre era maitre-hotel e si occupava anche di rifocillare gli artisti nei camerini avendo così l’opportunità di cementare l’amicizia con molti artisti, amicizia che si è portato appresso nella vita unitamente alla consapevolezza di quanto fosse dura e difficile la vita dell’artista. E quindi da un lato figlia unica, un po’ carina, non voleva che intraprendessi questa carriera, dall’altro, però, era orgoglioso di questa mia scelta. Così ho avuto l’opportunità, in zona, di essere accompagnata da amici di papà per cui era un lavoro quasi familiare: mi mandavano perché sapevano che ero accompagnata da gente fidata. Ad un certo punto non mi sono più accontentata di come cantavo e ho cominciato a studiare più seriamente. Ho frequentato la scuola di teatro e recitazione di Saverio Marconi con il registra e sceneggiatore Roberto Marafante per due anni ed è stata un’esperienza molto interessante. Questo a Civitanova Marche e poi anche a Roma dove ho frequentato corsi di danza presso lo IALS con il coreografo Marco Ierva. Nel frattempo mi sono innamorata della musica napoletana che ho studiato a fondo per quattro anni con il maestro Gustavo Palumbo per l’impostazione vocale. Però volevo anche sopravvivere con la musica e ciò mi ha portato a compiere molti sbagli”.

-Nello specifico hai mai studiato canto jazz?
“Mai anche se venendo da Macerata frequentavo gli ambienti jazzistici dove si poteva ascoltare artisti del calibro di Enrico Pieranunzi, Tiziana Ghiglioni, Chet Baker … ho preso qualche lezione di canto jazz ma solo in modo sporadico”.

-Di quegli anni c’è un ricordo che ti è rimasto particolarmente impresso?
“Quello che ricordo con grande piacere e che poi mi ha convinto a proseguire lungo questa strada è l’emozione che con il mio canto riuscivo a trasmettere alla gente. Vedevo che le persone si emozionavano al punto tale da cercare anche un contatto fisico: mi abbracciavano, mi toccavano, mi toccavano i capelli…volevano quasi portarmi a casa per la forza dirompente che aveva questa voce. Era una voce che a me all’inizio ha creato anche qualche problema”-

-In che senso?
“All’inizio era stata una voce molto forte… oserei dire selvaggia per cui necessitava di una certa educazione. Allora avevo come riferimento cantanti possenti, che avevano una voce importante come Mia Martini e Edith Piaf che mi emozionavano molto. E la gente mi diceva che riuscivo a dare emozioni simili a quelle che dava Mia Martini.. il che per me rappresentava, come puoi immaginare, un complimento grandissimo. A quel punto, però, mi sono fermata a riflettere e ho voluto educarla questa voce che secondo me, e non solo secondo me, oltre ad essere troppo forte era anche troppo aggressiva. E per me un momento fondamentale è stato quando ho scoperto Caterina Valente”.

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