Onyx Jazz Club ETS porta a Roma il jazz, Matera e le sue tipicità

Il 20 novembre l’Associazione sarà nella capitale insieme a CNA Basilicata, il 21 e il 22 porterà sul palco della
Casa del Jazz quattro artisti della scuderia Onyx Dischi

Continuano le attività di rilievo nazionale dell’Associazione Onyx Jazz Club ETS, questa volta in trasferta a Roma per un progetto dedicato non solo alla musica ma anche all’artigianato tipico di Matera. Da lunedì 20 novembre fino a mercoledì 22 infatti l’Onyx Jazz Club sarà a Roma per il progetto “Jazz è comunità”, un progetto di valorizzazione degli artigiani, delle tipicità e della musica prodotta sul territorio materano prodotto in collaborazione con CNA Basilicata e Casa del Jazz di Roma.

“Lavoriamo da tempo a questo progetto e abbiamo voluto fortemente portare la nostra visione della musica in uno dei luoghi simbolo del jazz in Italia” spiega Luigi Esposito, presidente di Onyx Jazz club ETS “ma come sempre per noi un’esibizione artistica fine a sé stessa non ha molto senso. Per noi musica significa cultura, condivisione, conoscenza, per questo motivo saremo a Roma insieme alla CNA Basilicata per raccontare tutte (o quasi) le specificità del territorio materano e per portare quattro delle nostre produzioni Onyx dischi: Saverio Pepe e Pierdomenico Niglio, H-Howl, Miriam Fornari e i Lykos che attraverso la loro musica possono raccontare come da una piccola città di provincia si possa parlare non solo a tutta l’Italia ma al mondo interno”.

Lunedì 20 novembre sarà inaugurata la mostra fotografica “Matera e il Parco della Murgia Materana”: 40 pannelli racconteranno Matera e il suo territorio attraverso lo sguardo del fotografo Michele Morelli. Appuntamento alle 19:30 in via Latina 286 negli spazi dello Studio di Architettura di Andrea Consentino. Durante la serata il presidente regionale della CNA Basilicata, Leonardo Montemurro, illustrerà – durante la degustazione di pane e olio di Matera – la storia e le storie legate all’artigianato materano e a uno dei suoi simboli più conosciuti: il cucù.

Martedì 21 novembre, alle 21:00 sul palco della Casa del Jazz in viale di Porta Ardeatina 55, Saverio Pepe e Pierdomenico Niglio presenteranno “Pepe canta Battiato” un progetto musicale prodotto da Onyx Dischi: un tributo al grande maestro catanese, una bella scommessa elettronica. A seguire, salirà sul palco un’altra formazione della scuderia Onyx Dischi: H-OWL Project con il loro album Blip! Un safari attraverso il mondo del Jazz moderno, contaminato dal R’n’B, dal Soul, dall’Hip Hop e dall’elettronica.

Ancora una serata dedicata ad Onyx Jazz Club Matera e all’etichetta Onyx dischi alla Casa del Jazz mercoledì 22 novembre: dalle 21:00 si esibiranno Miriam Fornari con il suo ultimo lavoro, Mora, un’ambiziosa suite tra jazz, prog rock e sperimentazione che indaga il nostro intimo e profondo rapporto con il sogno e i Lykos, formazione lucana di jazz sperimentale con influenze mediterranee e afroamericane, che eseguiranno a Roma il loro disco omonimo.

“Sentirsi parte di una comunità con la quale condividere emozioni, cultura e princìpi e creare legami tra persone e istituzioni questo, e molto altro, è l’Onyx Jazz Club di Matera, un’associazione attiva da quasi 40 anni che vede la cultura come un mezzo di diffusione e potenziamento del patrimonio musicale, storico, ambientale, artistico e architettonico della Basilicata. Inoltre, nel 1993, l’Onyx Jazz Club è stata tra i primi in Europa a coinvolgere i cittadini in un percorso di condivisione di un progetto culturale, coinvolgendo i suoi soci e il pubblico, nella produzione del suo primo disco, “Meditango”, di Bruno Tommaso. Da allora, dopo 35 produzioni discografiche, l’Onyx ha riorganizzato il settore dischi, rilanciando la formula dell’Azionariato popolare” racconta Pierdomenico Niglio, responsabile del settore Onyx Dischi “Onyx Dischi lavora proprio ispirata dai principi dell’Associazione e poter portare su un palco così prestigioso ben quattro produzioni è per noi non solo motivo di orgoglio ma soprattutto un generatore di felicità, ovviamente condivisa”

Graffi neri con la poesia di Hirschman e la musica di Blaiotta

Sabato 4 novembre il nostro collaboratore Danilo Blaiotta ha presentato alla Casa del Jazz di Roma il suo ultimo lavoro discografico “Planetariat”. La cronaca della serata nelle parole di Maria Elena Danelli

*****

Graffi neri, violenti, l’urlo della Poesia di Jack Hirschman fluisce nella piena contemporaneità in quel magma in cui siamo contenuti e ci muoviamo nello spazio.
Qualcosa è accaduto per chi, la sera del 4 novembre 2023 alla Casa del Jazz a Roma, ha assistito alla Prima di “Planetariat” il monumentale Progetto di Danilo Blaiotta, ispirato ai testi del poeta Jack Hirschman e dal personale senso umano, ovvero il coinvolgimento fisico, emozionale che ha privilegiato i presenti all’ascolto di qualcosa che prima non c’era, o meglio, c’è e aspettava di essere catturato dal limbo e venir partorito per esporci alla consapevolezza del qui e ora, in continuo fluire.
Le lettere di Jack diventano immagini struggenti, strazianti, stratificazioni coinvolgenti culminanti in suono di sirena, in un vocìo di soliloquio in cui ciascuno di noi si può ritrovare, la voce della disperazione.
Stratificazioni e intersezioni, l’Artista deve essere contemporaneo, la sua è una missione di denuncia nella società e Blaiotta c’è e ci prende con lui per questo viaggio, che non ci lascia indenni, ci coinvolge e oltrepassare quella soglia è una presa di consapevolezza.
Il Progetto “Planetariat” vede Eleonora Tosto quale sublime vocalist, con altezze graffianti e dolcissime, a volte soffio a volte schiaffo. Un reading, il suo, da cui emergono le parole di Jack, e per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo è stato come se lui fosse presente in mezzo a noi.
Il quintetto vede Achille Succi ai sax, fluido professionista della poesia dell’aria, magnetico gentile Signore della Musica, Stefano Carbonelli alla chitarra, silenzioso e riservato magma che scorre e Cesare Mangiocavallo alla batteria, con un timing esatto.
Questo è il terzo album a nome del pianista Danilo Blaiotta, il cui titolo cita un neologismo contenuto nel linguaggio poetico di Hirschman – personaggio della controcultura americana, recentemente scomparso – ovvero il “Planetariato”, l’insieme degli abitanti del Pianeta Terra con chiaro riferimento al proletariato, definizione di quella parte di esseri umani che vivono nelle più estreme difficoltà.
Una delle particolarità del Progetto di Blaiotta è l’acronimo che nasce dalle iniziali degli undici brani in esso contenuti e che danno origine a “Human Rights”, due parole la cui valenza insieme prende corpo e vita, determinazione, canto universale che non vuole cedere alla sopraffazione del diritto alla vita e alla dignità dell’esistenza.
Questo Viaggio-Progetto, mai quanto ora è contemporaneo, attuale, nel qui e ora. In una società che si stringe sempre più come una morsa sui più fragili, in cui si sta smarrendo la rotta della civile coesistenza, in cui l’incitamento all’odio e al divario tra culture e ciò che non viene ricondotto ad una identificazione sbrigativa, si impegna, con la voce della Poesia alla resistenza. La Poesia ha voce di tuono anche in un filo d’erba che – più di un albero ben radicato – è in grado di sfidare le tempeste, è sconcertante e sbalorditivo mezzo di comunicazione, la cui esistenza ci sostiene ed è dovunque, sotto gli occhi di tutti, basta solo guardare.
Undici i brani contenuti nel Progetto (la cui copertina rossa è un’opera di Aurora Parrella), il cui ascolto è sorvolare la complessità della visione dell’Essere Umano, sembra quasi di ascoltarne il dialogo tra l’attività cerebrale, il sangue scorrere nelle vene, il battito del cuore, sfaccettature di sguardi nell’attualità e spazi altri, apparentemente caotici ma riconducibili con empatia ad una possibilità di riscatto (“Human Being”, l’ouverture di Planetariat). Il cuore prosegue il suo battito, coraggioso, osteggiato dal deflagrare delle bombe, il fragore delle armi, le urla della disperazione, uno scontro a due in cui nessuno vuole retrocedere, tutte voci accompagnate e trasformate dagli strumenti, i cui fili sono legati nella loro complessità dalla voce di Eleonora Tosto. (“Under Attack. Gaza”). Tuonante si sente anche la voce di Hirschman dando vita a brividi di emozione, come fosse presente, come non ci avesse mai lasciato.
Tutto assume il non-colore del bombardamento sulle città, l’odore delle macerie, la musica del caos in cui nulla è più riconoscibile, tutto è coinvolto in una prospettiva dove il cielo è dovunque e nella sua espressione ci è indifferente, ostile.
“Why don’t eyes come around anymore?” ci dice Hirschman con estrema triste dolcezza (“Real Earth”). Tutto è intorno a noi, il possibile è accanto a noi. Tutto potrebbe essere.
Insomma, essere coerenti, essere Umani e Danilo ci ha ricordato chi siamo con la determinazione della sua illuminazione.

Maria Elena Danelli

Maria Pia De Vito profonda anche nelle parole / Sonia Spinello sorprende il pubblico romano

Ancora una bella serata martedì nell’ambito degli incontri tenuti alla Casa del Jazz dal nostro direttore Gerlando Gatto. Ospiti Maria Pia De Vito e Sonia Spinello.
Atmosfera molto distesa con le due artiste assolutamente a loro agio, pur affrontando tematiche tutt’altro che leggere, ed un pubblico quanto mai attento e recettivo tra cui, in sala, due figure di rilievo del jazz italiano: Cinzia Tedesco una delle voci più autorevoli del panorama vocale e Danilo Blaiotta sicuro talento del nuovo pianismo jazz.
Apre Maria Pia De Vito che canta accompagnandosi al pianoforte: il conduttore la invita a ripercorrere i primi passi della sua carriera, quando frequentava il “Music Inn” e appariva – queste le parole di Gatto – «affamata di Jazz».

La vocalist risponde con fervore e il quadro che ne deriva è quello di un ambiente musicale molto vivo, ricco di fermenti, di novità, di un pubblico che man mano si avvicina al jazz apprezzandone il nuovo linguaggio. In tale contesto si forma la personalità della De Vito che, a partire da quei giorni, mai si è fermata nella ricerca di un’espressione artistica che meglio la rappresenti. Di qui una sperimentazione sulla vocalità che attraversa vari terreni: dal free jazz all’elettronica, dal lavoro sulla forma canzone anglofona, senza limitazioni di genere, alle riletture su musiche rinascimentali e barocche, fino alla personale elaborazione della lingua e della cultura napoletana attraverso la musica di improvvisazione. E il primo “regalo” musicale lo offre riproponendo un brano di Joni Mitchell, per sua stessa ammissione una delle sue muse ispiratrici.
Trattandosi di una cantante che come nessun’altra ha saputo valorizzare la lingua napoletana in un ambito totalmente diverso, non poteva mancare un omaggio a questa particolare sperimentazione; ecco dunque la De Vito interpretare con sincera partecipazione “Il Paradiso Dei Cacciottielli “tratto da un album particolarmente significativo intitolato “Phoné” del 2018 in cui la De Vito si esibiva accanto a John Taylor, Gianluigi Trovesi, Enzo Pietropaoli, Federico Sanesi.
L’intervista si sposta poi sull’ultimo lavoro della vocalist campana, “This Woman’s work“ per la Parco della Musica Records, riflessione in musica sulla condizione femminile, particolarmente in sintonia con il secondo libro di Gatto dedicato all’universo femminile del jazz. Su questo particolarissimo tema la De Vito si è soffermata parecchio con riflessioni sempre assai puntuali.
Avviandosi alla conclusione Maria Pia ci ha offerto un breve saggio di improvvisazione a cappella suscitando l’entusiasmo del pubblico che l’ha salutata con calorosi applausi.

Atmosfere completamente diverse nella seconda parte della serata con la vocalist Sonia Spinello accompagnata al piano dall’ottima Eugenia Canale della quale, proprio in questi giorni, è uscito l’album “Risvegli” per la Barnum.
Tornando alla serata presso la Casa del Jazz, Gatto ha tenuto a precisare che l’invito alla Spinello era determinato dal fatto che questa artista praticamente non è conosciuta nel centro-sud Italia nonostante al Nord abbia già raggiunto una buona popolarità grazie ad alcune ottime produzioni discografiche.
Spronata dalle domande di Gatto, la Spinello ha parlato a lungo delle sue attività che vanno ben al di là del fatto squisitamente musicale, estendendosi a tutta una serie di implicazioni che riguardano l’utilizzo della voce in funzione terapeutica.
Sollecitata dal critico musicale, la Spinello ha poi rammentato le tappe fondamentali della sua carriera, ponendo un particolare accento su alcuni album da cui ha tratto due brani interpretati l’altra sera: “Visions”  tratto da “Wonderland”, un album dedicato a Stevie Wonder inciso con Roberto Olzer al piano, Yuri Goloubev al basso, Mauro Beggio alla batteria, Fabio Buonarota al flicorno, Bebo Ferra  chitarra, e “Inverni”, da “Sospesa”  registrato con  Fabio Buonarota flicorno e tromba, Lorenzo Cominoli chitarra, Roberto Olzer pianoforte, Ivan Segreto voce.
Anche in questo caso convinti applausi del pubblico.
E chiudiamo con una importante comunicazione di servizio: per problemi legati alle attività della Casa del Jazz, la prossima puntata de “L’altra metà del jazz” è stata spostata al 29 novembre. Quindi gli incontri con Gatto riprenderanno il 15 (non martedì 14) con Rita Marcotulli e Ottavia Rinaldi: insomma un altro appuntamento particolarmente stimolante (ingresso 5€ – biglietti online su TicketOne.

Redazione

ℹ️ INFO UTILI:
Casa del Jazz – Viale di Porta Ardeatina 55 – Roma
tel. 0680241281 –
La biglietteria è aperta al pubblico nei giorni di spettacolo dalle ore 19:00 fino a 40 minuti dopo l’inizio degli eventi

Cettina Donato: una splendida conferma! Miriam Fornari: una luminosa promessa!

Ancora una serata molto positiva alla Casa del Jazz di Roma in occasione de “L’altra metà del Jazz” la serie di incontri curati da Gerlando Gatto e dedicati alle musiciste di jazz.
La serata si è aperta con la pianista messinese Cettina Donato; come prima di lei Giuliana Soscia, anche la Donato vanta un curriculum di pregio: laureata in composizione Jazz a Berklee, piano classico, musica jazz e didattica musicale al Conservatorio “A. Corelli”, e psicologia sociale all’Università di Messina, ha conseguito due master in Didattica Speciale; ha collaborato con numerosi artisti, tra i quali Stefano Battista e Fabrizio Bosso, ed è stata insignita del premio JazzIt per i suoi arrangiamenti nel 2013, 2016, 2018 e 2019. Con lei sul palco il noto attore, e conterraneo della musicista, Ninni Bruschetta, con cui ha lavorato in vari progetti.

In una vitale e rilassata atmosfera, arricchita dalla verve siciliana di Cettina e Ninni, la chiacchierata è iniziata con una panoramica sulla situazione del jazz in Sicilia, da cui è emersa una delle problematiche principali legate all’ambiente socio-culturale. Secondo la Donato, i musicisti, spesso dotati di un notevole talento, si accontentano di troppo poco, mancando la volontà di esplorare ciò che accade oltre i confini dell’isola.  Cettina ha poi raccontato gli inizi della sua carriera di direttrice d’orchestra e ha illustrato come il noto pianista Salvatore Bonafede si sia prodigato per farle da maestro di piano e mentore: in seguito, grazie alla profonda esperienza maturata negli anni,  ha evidenziato l’esistenza di una profonda differenza tra i conservatori italiani e quelli statunitensi, ricordando con molto affetto come questi (riferendosi in particolare al Berklee College of Music di Boston, dove come già detto si è laureata in composizione jazz) siano luogo di incontro tra persone provenienti da diversi Paesi e dagli innumerevoli background culturali. Come logica conseguenza, se un arrangiatore ha la necessità di uno strumento particolare, in quell’ambiente è facilissimo trovarlo; è proprio grazie a questa particolare situazione che, nel 2011, la musicista siciliana ha potuto assemblare in pochissimi giorni la Cettina Donato Orchestra e a registrare un disco in mezza giornata! Di qui il discorso si è spostato sulle sue capacità di  far convivere musica classica e jazz: in realtà – ha sostenuto la musicista – la definizione di jazz è molto vaga, difficile da dare anche dagli stessi jazzisti, sottolineando un genere in continuo mutamento, oltre che un abbattimento del concetto stesso di genere musicale, tema che verrà poi ripreso dalla seconda musicista della serata. Infine, interpellata riguardo ai consigli che lei darebbe alle nuove generazioni di musiciste jazz, Cettina suggerisce savoir-faire, umiltà, studio costante in primis e di acquisire le competenze necessarie, soprattutto non sottovalutando il ruolo che la fortuna e la serendipity possono avere in queste situazioni.
Anche questa parte è stata allietata da alcuni brani suonati dalla pianista; i primi sono stati Vorrei Nuotare e l’ironico e divertente I Siciliani, entrambi impreziositi da un bravissimo Bruschetta il cui apporto alla serata è stato tutt’altro che marginale, con interventi sempre misurati e quanto mai pertinenti. In conclusione, una struggente The Sweetest Love, brano dedicato alla memoria della madre con la Donato visibilmente commossa.

La protagonista del secondo intervento è stata Miriam Fornari: nativa di Assisi, laureata in Piano Jazz alla Siena Jazz University, è attualmente studentessa al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma (dove risiede) e all’Accademia La Voce.
Miriam narra del suo avvicinamento al mondo della musica fin dai primi anni di età e della sua progressione negli anni. Nel corso dell’intervista riprende un po’ il concetto di genere di cui la Donato aveva parlato in precedenza, sia descrivendo una scena musicale in cui il concetto di genere sta diventando ormai desueto, sia con il suo stesso stile eclettico, influenzato dal jazz, dal rock e dalla musica elettronica. Ne ha dato alcuni esempi con le sue composizioni Samsara, Drawing (di cui è stato proiettato e illustrato il video in anteprima assoluta) e Cielo. Parte importante della sua musica, racconta Miriam, è la ricerca del silenzio, ovvero lo studio del rapporto che vi è tra il suono e il terreno fertile su cui esso si sviluppa, argomento, tra l’altro della sua tesi di laurea. Miriam spiega anche di come la sua musica voglia esprimere il rapporto tra la realtà e i sogni, specificatamente di come questi influenzino la vita di tutti i giorni. Infine, parla delle aspettative per il suo futuro, della musica che rappresenta la sua vita, delineando un quadro in cui la maggior parte dei musicisti sono uomini ma che, come già affermato da Rossella Palagano lo scorso martedì, è in continua evoluzione e cambiamento.
In conclusione, anche questo secondo appuntamento è stato molto stimolante e interessante: un degno seguito alla puntata di martedì scorso che, nonostante il meteo sfavorevole, è riuscita ad attrarre un numeroso pubblico alla Casa del Jazz.

Il prossimo incontro è in programma martedì 31 ottobre, con inizio sempre alle 21, ed avrà come protagoniste Maria Pia De Vito, Sonia Spinello ed Eugenia Canale. Ingresso 5€. Clicca qui per acquistare i biglietti online

APdJ ringrazia Riccardo Romagnoli per le immagini

Redazione

ℹ️ INFO UTILI:
Casa del Jazz – Viale di Porta Ardeatina 55 – Roma
tel. 0680241281 –
La biglietteria è aperta al pubblico nei giorni di spettacolo dalle ore 19:00 fino a 40 minuti dopo l’inizio degli eventi

 

Arriva con sette concerti “Gezziamoci Autunno”

Chiusa la stagione estiva del festival jazz della Basilicata di cui abbiamo riferito, comincia sabato 30 settembre la stagione autunnale di Gezziamoci, il festival che da 36 anni diffonde la musica jazz e la cultura dei territori.

Il primo appuntamento in calendario è sabato 30 settembre alle 15:30 per il trekking urbano con partenza e arrivo nel Giardino del Silenzio al termine del quale sarà possibile partecipare al concerto aperitivo di Artvark Saxophone Quartet, quartetto di sassofonisti olandesi capaci di mescolare musica classica e jazz, soul e blues per una esibizione scoppiettante, ricca di emozioni e cambi di registro. Gli Artvark emozionano, “ringhiano e scoppiettano” fondono i loro diversi background per formare un suono unanime creativo e unico. Dalla loro nascita hanno collaborato con artisti speciali e straordinari, come con la leggenda del jazz Peter Erskine, il maestro batterista senegalese Doudou N’Diaye Rose, la band indie rock danese Efterklang e il famoso compositore Philip Glass. Gli Artvark aspirano a collegare mondi e ad attraversare confini, sia in sé stessi che nella loro musica, “Eccellente combinazione, armonie sorprendenti e suono sfacciatamente bello”. (Volkskrant su BusyBusyBusy)
Sabato 14 ottobre Ars Nova Napoli con la partecipazione di Daniele Sepe calcheranno il palco dell’Auditorium di Casa Cava, come farà sabato 28 ottobre Nils Berg con il progetto Basilicata Dream all’interno del Convegno sul Turismo Musicale organizzato dall’associazione I-Jazz e Onyx Jazz Club; Dino Rubino Trio si esibirà domenica 12 novembre sempre nell’Auditorium di Casa Cava.
Cambio di location per il duo Trovesi – Remondini che suoneranno sabato 16 Novembre nelle sale di Palazzo Bernardini; si torna nell’Auditorium di Casa Cava per le ultime due date di Gezziamoci 2023 che il 2 dicembre ospiterà una coproduzione della Piccola Orchestra Materana Onyx con IAC Centro di arti Integrate e l’appuntamento finale con “la signora del jazz italiano” Rita Marcotulli, sabato 16 dicembre.
Questa edizione di Gezziamoci si arricchisce di un appuntamento molto importante: da venerdì 27 fino a domenica 29 ottobre Onyx Jazz Club ospiterà a Matera il Convegno nazionale I-Jazz. L’Associazione Nazionale I-Jazz è stata costituita il 1° febbraio 2008 raccogliendo alcuni dei più conosciuti e seguiti festival jazz Italiani tra i quali Gezziamoci; nel 2014 l’associazione ha ampliato la propria sfera di azione raccogliendo l’adesione di molte realtà ed apprestandosi a divenire, sul modello di quanto accade in tutta Europa, una istanza rappresentativa del jazz italiano, idonea ad operare per progetti e per lo sviluppo di idee. Aderiscono all’associazione circa 80 soci che operano in tutte le Regioni italiane, organizzando festival, rassegne, iniziative promozionali, scuole di musica.

(Redazione)

Wynton Marsalis vince il Praemium Imperiale 2023

Celmins per la pittura, Eliasson per la scultura, Kéré per l’architettura, Marsalis per la musica, Wilson per il teatro/cinema – Al Rural Studio e alla Harlem School of the Arts la Borsa di Studio per Giovani Artisti


– – –
(La Japan Art Association ha annunciato i vincitori della trentaquattresima edizione del Praemium Imperiale: Vija Celmins (USA) per la pittura, Olafur Eliasson (Islanda/Danimarca) per la scultura, Diébédo Francis Kéré (Burkina Faso/Germania) per l’architettura, Wynton Marsalis (USA) per la musica, Robert Wilson (USA) per il teatro/cinema.
Gli artisti sono premiati per i risultati conseguiti, per l’influenza da essi esercitata sul mondo dell’arte a livello internazionale e per il contributo dato alla comunità mondiale con la loro attività.
Ciascuno dei vincitori riceverà un premio di 15 milioni di yen (circa 96.000 euro), un diploma e una medaglia. Quest’ultima sarà conferita dal Patrono onorario della Japan Art Association, il Principe Hitachi, durante la cerimonia di premiazione che si terrà a Tokyo il prossimo 18 ottobre.


Musicista dai molti talenti, Wynton Marsalis nato a New Orleans, Louisiana il 18 ottobre 1961, è universalmente apprezzato per le sue eccezionali doti di trombettista ed è stato premiato per le sue composizioni essendo un punto di riferimento per l’educazione musicale. Amante della musica in tutte le sue forme, la sua fama è legata in particolare al suo rapporto con il jazz, che considera la più grande forma d’arte originale d’America, alla pari con la musica classica occidentale.
Wynton è cresciuto in una famiglia ricca di talento musicale. Suo padre Ellis era un pianista jazz, nonché direttore del programma di jazz del New Orleans Center for the Creative Arts (NOCCA). Il fratello maggiore, Branford, è un celebre sassofonista, mentre i due fratelli più giovani, Delfeayo e Jason, sono affermati, rispettivamente, come trombonista e come percussionista. Marsalis ha frequentato il NOCCA durante le scuole superiori e ha studiato musica classica e jazz, suonando regolarmente con numerose jazz band a New Orleans, nonché con orchestre di musica classica ed ensemble.

Photo by JIM LO SCALZO/EPA-EFE

Marsalis si è anche distinto come compositore. I suoi lavori, in ambito jazz e classico, fanno di lui un autore capace di spaziare in modo eccezionale. Le composizioni Think of One e Haydn, Hummel, L. Mozart: Trumpet Concertos gli sono valse nel 1983 i Grammy Awards per la musica jazz e per la musica classica. Divenne così il primo musicista a essere premiato in entrambe le categorie nello stesso anno. Nel 1997 si aggiudicò il Premio Pulitzer con la composizione Blood on the Fields, un oratorio jazz che racconta la storia della schiavitù. In questo capolavoro Marsalis ci mostra il profondo legame che unisce la musica all’esperienza umana rappresentata.
Insieme a un gruppo di persone altrettanto appassionate, nel 1996 Marsalis ha fondato il Jazz at Lincoln Center come parte costitutiva del Lincoln Center, una istituzione di pari livello rispetto alla Filarmonica di New York, al New York City Ballet e al Metropolitan Opera. Attuale direttore generale e artistico del Jazz at Lincoln Center, nonché direttore della Jazz at Lincoln Center Orchestra, direttore di Jazz Studies alla Juilliard School e presidente della Louis Armstrong Educational Foundation, Marsalis rimane uno strenuo difensore dell’importanza della musica e in particolare della musica jazz. Egli ritiene che educare alla musica e interpretarla siano i due pilastri di questa missione.
Come trombettista che ha saputo dimostrare doti tecniche impeccabili, capacità di improvvisazione e una profonda conoscenza della tradizione jazz, Winton Marsalis ha svolto un ruolo importante nel superamento degli stereotipi “musica jazz per i neri” e “musica classica per i bianchi”. Come compositore, docente e promotore della musica jazz, è inoltre apprezzato per l’influenza significativa che ha esercitato sul mondo musicale.
Il Praemium Imperiale è il più importante premio d’arte esistente e viene assegnato in cinque discipline: pittura, scultura, architettura, musica, teatro/cinema. Esso conferisce un riconoscimento internazionale in campo artistico pari a quello dei Premi Nobel in campo scientifico.
I vincitori del 2023 andranno ad aggiungersi ai 170 artisti già insigniti del premio, tra i quali Claudio Abbado, Gae Aulenti, Ingmar Bergman, Luciano Berio, Cecco Bonanotte, Leonard Bernstein, Peter Brook, Anthony Caro, Enrico Castellani, Christo e Jeanne-Claude, Federico Fellini, Dietrich Fischer-Dieskau, Norman Foster, Frank Gehry, Jean-Luc Godard, David Hockney, Willem de Kooning, Akira Kurosawa, Wolfgang Laib, Sophia Loren, Umberto Mastroianni, Mario Merz, Issey Miyake, Riccardo Muti, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Dominique Perrault, Oscar Peterson, Renzo Piano, Michelangelo Pistoletto, Maya Plisetskaya, Maurizio Pollini, Arnaldo Pomodoro, Robert Rauschenberg, Mstislav Rostropovich, Ravi Shankar, Mitsuko Uchida, Giuliano Vangi.
La Japan Art Association è la più antica fondazione culturale del Giappone. Costituita nel 1887, organizza mostre d’arte e gestisce l’Ueno Royal Museum, situato nel Parco di Ueno a Tokyo.
La carica di Patrono onorario della Japan Art Association è sempre stata ricoperta da membri della Casa Imperiale, a partire dal Principe Arisugawa. Dal 1987, Patrono onorario è il Principe Hitachi, fratello minore dell’Imperatore emerito Akihito.
Nel 1988, per celebrare il centenario della Japan Art Association, fu istituito il Praemium Imperiale.
Il premio fu dedicato al Principe Nobuhito Takamatsu (1905-1987), Patrono onorario dell’associazione per 58 anni, sino alla sua scomparsa nel 1987. Fratello minore dell’Imperatore Hirohito, di cui non condivideva la politica militare, il Principe Takamatsu era profondamente convinto che il Giappone dovesse promuovere la pace nel mondo attraverso le arti. Questa sua convinzione è ancora oggi il motivo ispiratore del Praemium Imperiale.
Appositi Comitati presieduti dai Consiglieri internazionali presentano annualmente liste di candidati nelle cinque categorie.
Tra i Consiglieri internazionali figurano statisti ed esponenti di spicco del mondo imprenditoriale, finanziario e culturale: Lamberto Dini (ex-primo ministro italiano), Christopher Patten (cancelliere dell’Università di Oxford), Klaus-Dieter Lehmann (ex-presidente del Goethe-Institut), Jean-Pierre Raffarin (ex-primo ministro francese) e Hillary Rodham Clinton (ex-segretario di Stato degli Stati Uniti d’America).
I Comitati di selezione della Japan Art Association valutano le candidature e per ogni categoria selezionano un vincitore, che riceve l’approvazione finale dal consiglio di amministrazione dell’Associazione.
La prima cerimonia di premiazione ebbe luogo nel 1989. Da allora, ogni anno nel mese di ottobre si tiene al Meiji Memorial Hall di Tokyo una solenne cerimonia, alla presenza del Principe e della Principessa Hitachi e con tutti i vincitori. A causa della pandemia di covid-19 l’assegnazione del 32° Praemium Imperiale del 2020 è stata posticipata al 2021, in singole cerimonie tenutesi nelle sedi delle Ambasciate del Giappone dei Paesi di ciascun premiato. Nel 2022 si è ritornati alla cerimonia di premiazione a Tokyo.
La Borsa di Studio del Praemium Imperiale 2023 per Giovani Artisti è stata assegnata a Rural Studio (USA) e Harlem School of the Arts (USA).
L’annuncio e il conferimento della Borsa hanno avuto luogo il 12 settembre a New York, in una conferenza stampa presieduta dal Consigliere internazionale americano, l’ex-segretario di Stato Hillary Rodham Clinton. Ognuna delle due organizzazioni ha ricevuto un diploma e un contributo di 2,5 milioni di yen (circa 16.000 euro).
La Borsa è stata istituita nel 1997 per sostenere e incoraggiare i giovani artisti, in linea con gli obiettivi delle attività della Japan Art Association. Sono eligibili giovani promettenti artisti o organizzazioni che contribuiscano attivamente allo sviluppo dei giovani talenti. Gli artisti devono essere professionisti o in formazione. A rotazione ciascun Consigliere internazionale, consultandosi con il proprio comitato, seleziona il destinatario della borsa di studio e lo comunica alla Japan Art Association, che lo approva.
Il premio – un diploma e un contributo di 5 milioni di yen (circa 32.000 euro) che viene suddiviso tra i vincitori qualora ve ne sia più di uno – è conferito contestualmente all’annuncio del Praemium Imperiale nel Paese del Consigliere cui spetta la segnalazione. Quest’anno la scelta è stata fatta dal Consigliere internazionale americano Hillary Rodham Clinton.

(Redazione)