Sara Jane Ceccarelli e Veronica Parrilla: grande riscontro di pubblico per gli incontri curati da Gerlando Gatto alla Casa del Jazz:

Una giornata grigia ha fatto da cornice alla serata di martedì scorso, sia letteralmente, data la pioggia battente su Roma in quel momento, sia metaforicamente parlando, a causa della prematura scomparsa del giornalista musicale Ernesto Assante, che il direttore della Casa del Jazz Luciano Linzi ha ricordato con un breve discorso all’inizio della serata, dedicata al terzo incontro del ciclo “L’altra metà del Jazz“ ideato e curato da Gerlando Gatto.
La prima protagonista della serata è stata la vocalist Sara Jane Ceccarelli, accompagnata dall’eccellente pianista tedesco Christian Pabst e dal fratello Paolo Ceccarelli alla chitarra elettrica.

Gatto, come di prammatica, le ha  chiesto se e come l’essere donna avesse influito sulla sua carriera; Sara Jane ha risposto raccontando la sua storia familiare: figlia maggiore di 4 figli, di cui tre maschi, non ricorda di aver mai sofferto di privazioni o discriminazioni di alcun tipo, grazie all’educazione egualitaria ricevuta in famiglia e, a suo dire, ciò le ha anche fortificato il carattere. Passando invece alla questione femminile in generale, ammette di aver compreso solo di recente il disagio provato dalle sue colleghe con le quali si è confrontata, disagio di cui, a suo dire, è necessario rendere consapevoli soprattutto gli uomini. Tale stato di cose è accentuato dal fatto che molti gruppi attuali, nonostante abbiano come leader una donna, siano formati quasi esclusivamente da uomini. D’altro canto corre l’obbligo di constatare che i gruppi formati da sole donne hanno la tendenza a sciogliersi più facilmente dei gruppi maschili, anche a causa di piccole rivalità tra le componenti. Infine sulla questione delle quote rosa, la Ceccarelli non esita a dichiarare che possono essere considerate come una forzatura nei confronti sia di uomini sia di donne; di qui la  fiducia che arriverà un momento in cui la presenza delle donne nel panorama jazz verrà considerata normale, senza forzature di alcun tipo.
Tornando alla sua storia personale, parla di come si sia avvicinata alla musica: suo padre, pianista, l’ha indirizzata a quell’ambiente fin dalla tenera età di tre anni (ci tiene a specificare, tuttavia, che per quanto riguarda l’ingresso nel mondo della musica si è trattato di un processo naturale, senza obblighi di alcun tipo da parte della famiglia). All’inizio studia con una maestra di pianoforte giapponese, di cui ricorda con affetto il complesso rituale di attese e respiri che precedevano l’esercizio vero e proprio: in seguito ecco l’avvicinamento con il fratello Paolo, con il quale è cresciuta musicalmente: tra i tanti possibili esempi, ha citato il fatto che insieme hanno diretto il Correnti Jazz Festival, svoltosi l’estate scorsa a Sigillo, in provincia di Perugia.
Parlando della sua musica, Sara afferma di essere ancora una compositrice in erba, ha infatti iniziato a scrivere solo una volta trasferitasi a Roma dalla natia Gubbio; riguardo al metodo compositivo lo stesso varia da brano a brano, ovvero può partire sia da un testo che da un giro di accordi proposto da un altro musicista. Riferendosi in particolare ai testi, non si può non convenire sul fatto che gli stessi rappresentino un po’ l’anello debole del jazz; incalzata da una domanda del conduttore su quali siano i suoi autori di testi preferiti nel mondo del jazz, la Ceccarelli cita i fratelli Gershwin.
Ad una nuova domanda da parte di Gatto sulla scena contemporanea italiana, Sara risponde con una riflessione molto interessante riguardo alla diversa concezione degli spettacoli per i giovani: a suo avviso, ormai il concerto è diventato un’esperienza visiva tanto quanto auditiva, se non di più; tuttavia si possono notare alcuni eventi dove la dimensione dell’ascolto prende completamente il sopravvento su quella dello spettacolo visivo. É il caso, ad esempio, del tanto criticato listening party organizzato da Kanye West e Ty Dolla Sign al Forum di Assago per promuovere il loro nuovo album ‘Vultures’; evento dal prezzo simile a quello di un concerto (dai 115 ai 207 euro circa), ma in cui non c’è stata alcuna esibizione dal vivo: infatti West e Ty Dolla Sign si sono limitati a saltare sullo scarno e semplice palco e a riprodurre i loro brani preregistrati, lasciando spazio al puro ascolto delle tracce – e personalmente chi vi scrive spera che questi non siano i concerti del futuro. A questo proposito, Sara propone un programma di educazione musicale fin dai più piccoli (come già enunciato la volta scorsa da Chiara Viola) per insegnar loro a distinguere la musica di sostanza da quella meramente superficiale. A questo punto Gatto ha espresso una critica molto dura sia nei confronti della RAI – dove in passato c’erano numerosi programmi dedicati al jazz mentre oggi, viceversa, è del tutto scomparso dalle onde sonore – sia nei confronti della scena contemporanea pop italiana e sull’uso dell’autotune nelle canzoni; Sara risponde  facendo notare come i musicisti jazz portino meno ascolti alle radio rispetto ad altri generi musicali, e come l’autotune sia uno strumento di cui si può fare un buon uso o abusare, come dimostrato da artisti come Kanye West, i Bon Iver, i Daft Punk o T-Pain.
Sempre riguardo alla sua musica, la Ceccarelli afferma che cantare ciò che si scrive sia una sfida maggiore rispetto a quando si interpretano standard jazzistici, ma che al tempo stesso, se il brano è gradito dal pubblico vi è una soddisfazione ben maggiore del normale.  Inoltre, sempre parlando delle sue composizioni, afferma di essere affascinata dalle varie lingue del mondo e dai vari colori che esse possono dare alla voce (Sara canta infatti in ben 10 lingue diverse, nonostante non le capisca tutte), ma di non avere il talento necessario a sentire naturale invece lo scat mentre improvvisa. Infine, a proposito del suo rapporto con la musica a livello professionale, racconta come all’inizio questa non fosse la sua occupazione primaria, essendo laureata in comunicazione aziendale, e prima di diventare musicista a tempo pieno lavorava in un’azienda di cibi di lusso; a seguito di un incontro con il compositore Bruno de Franceschi nel 2009 e di una crisi personale decide di mollare tutto per trasferirsi a Roma e studiare al conservatorio di Santa Cecilia: qui gli studi con Maria Pia de Vito e Paolo Damiani, fondamentali per la sua crescita umana e professionale.
I brani eseguiti sono stati I Forgot Love della stessa Sara, contenuto nell’album “Milky Way” della Parco della Musica; A Fior di Labbra, traduzione in italiano del brano Du bout des lèvres della cantante francese Barbara a cura di Sara e David Riondino; una rielaborazione di Children’s Song no. 3 di Chick Corea; il testo è della stessa Ceccarelli la quale aveva scritto all’Universal proprio per proporre questa elaborazione; contrariamente a quanto accade di solito, Corea pochi giorni prima di morire rispose alla mail della Ceccarelli approvando i suoi testi; di qui la comprensibile gioia dell’artista e la decisione di inserire il brano nel già citato album  “Milky Way” con arrangiamento di Edoardo Petretti e la scelta di omettere il pianoforte dalla registrazione.  A chiudere la prima parte della serata Lush Life, uno degli standard più conosciuti ma più difficili del song-book statunitense, letteralmente amato da Tony Scott che si definiva il migliore interprete di questo brano.
La seconda parte della serata è dedicata alla cantante calabrese Veronica Parrilla, accompagnata da Carlo Manna, pianista cosentino che il pubblico della Casa del Jazz aveva già avuto modo di apprezzare come accompagnatore di Marilena Paradisi, ospite di Gatto nella prima sezione del ciclo.

Veronica esordisce parlando della sua vita musicale e descrivendo il canto come una modalità di espressione in lei insita, tanto che i genitori la iscrivono a concorsi di canto per gioco, le organizzano un concerto nel suo paese di Cirò Marina, in provincia di Crotone, a soli dieci anni (concerto che racconta di averla influenzata molto nel superamento della paura del pubblico e dell’ansia da palcoscenico); soddisfatti dei risultati, la incoraggiano ad iscriversi ad una scuola di canto gestita dalla maestra Erica Mistretta, che ricorda con molto affetto: infatti è stata quest’esperienza ad insegnarle ad apprezzare i suoi successi come i suoi fallimenti, a rilevare i suoi punti di forza come le sue lacune. Non solo: è stata la stessa maestra ad indirizzarla verso il canto jazz, dopo aver notato una sua tendenza a personalizzare le melodie cantate mentre eseguiva i brani del repertorio di Mina, e ad iscriversi al conservatorio jazz di Vibo Valentia, che inizia a frequentare a partire dall’ultimo anno del liceo scientifico e a cui decide di dedicarsi in toto a seguito della sua decisione di non iscriversi alla facoltà di Logopedia dopo aver superato il test. Si laureerà in canto jazz frequentando il triennio a Vibo, studiando con Daniela Spalletta, e il biennio a Messina con Rosalba Bentivoglio: due eccellenti vocalist e didatte siciliane. Riconosce a questo proposito che l’aver studiato sotto più insegnanti con scuole di pensiero così diverse l’ha arricchita molto.
Riguardo alla sua musica, illustra il suo intento stilistico, ovvero la ricerca di una commistione tra le tradizioni del jazz e le sonorità moderne. Questa concezione si vede anche nelle sue stesse composizioni: infatti racconta che ogni testo che scrive è autobiografico, che quando scrive assume anche una funzione da storyteller e che ogni brano musicale è una sorta di lezione da cui si può imparare qualcosa. Proprio parlando di messaggi Veronica illustra il suo progetto, il quartetto Above All nato circa un anno fa: il titolo non è un caso, infatti esso vuole comunicare un messaggio per cui nella società moderna dovrebbero sempre prevalere valori come lealtà, rispetto della diversità e amore. Infine cita come sue muse ispiratrici due cantanti: una del passato, Ella Fitzgerald, e una del presente, Samara Joy.
Ricollegandosi al discorso sulle tradizioni, esprime la sua opinione riguardo agli standard jazz, dichiarandosi contraria a quanti ritengono che gli stessi non andrebbero più suonati in quanto obsoleti.
Parlando del suo essere donna con specifico riferimento alla sua carriera, dice, un po’ in virtù della sua giovane età, e un po’ per il suo carattere che tende a non considerare il genere di una persona ma il suo carattere in sé, di non avere mai avuto problemi – inoltre considera che per quanto riguarda la scrittura sia le donne che gli uomini possono avere una stessa sensibilità, posizione condivisa anche da Susanna Stivali in uno degli scorsi appuntamenti.
Di fronte alla domanda di Gatto sul suo sentimento riguardo alla scena musicale italiana attuale, che il giornalista non manca mai di criticare, Veronica si mostra ottimista, illustrando come questo sia secondo lei solo un momento, ed esprime la speranza di tempi migliori. Infine, partendo dal brano Above All, omonimo del quartetto precedente menzionato, viene dedicato spazio alla relazione personale, oltre che professionale, tra Carlo e Veronica: entrambi esprimono fiducia nel loro rapporto e nella sua saldezza nonostante la separazione di coppie sia oggi all’ordine del giorno, e personalmente chi vi scrive non può che augurare loro il meglio per il futuro.
I brani scelti dai due artisti sono stati Infant Eyes di Wayne Shorter, I Can’t Give You Anything But Love, Above All, una loro composizione originale, e What Are You Doing With the Rest Of Your Life, una struggente melodia di Michel Legrand interpretata dalla Parrilla con sincera partecipazione tanto da non lasciare indifferente il numeroso pubblico che l’ha salutata con un intenso applauso.

Beniamino Gatto

Chiara Viola in concerto a Roma

Domenica 22 settembre 2019
ore 21.30
Alexanderplatz Jazz Club
Via Ostia 9
Roma

UNTIL NOW:
CHIARA VIOLA IN CONCERTO

Chiara Viola – voce
Gianluca Massetti – pianoforte
Francesco Pierotti – contrabbasso
Valerio Vantaggio – batteria

Domenica 22 settembre nuovo e importante appuntamento con Until Now, il nuovissimo disco di Chiara Viola, che viene presentato in concerto dalla vocalist romana in uno dei luoghi chiave per il jazz capitolino, l’Alexanderplatz Jazz Club. Insieme a lei i protagonisti dell’album, Gianluca Massetti al pianoforte, Francesco Pierotti al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria. Ingresso 10 euro (tessera annuale), consumazione obbligatoria e 5 euro di music charge.

“Spesso accade che un musicista, dopo anni di preparazione, non trovi una dimensione propria e si limiti a rifarsi a ciò che più lo ha colpito, senza rischiare, senza osare. Chiara ha il coraggio della sua passione, si mette in gioco: ha creatività e una voce calda e tagliente, ma con dentro il ricordo di una sonorità quasi infantile. Il suo disco è un bell’esempio di come i giovani jazzisti italiani abbiano molte cose da dire”. Una presentazione importante, quella che Danilo Rea ha scritto per Until Now (Filibusta Records), esordio di Chiara Viola: il suo docente al Conservatorio Santa Cecilia ha sottolineato la centralità della passione, del voler osare, del mettersi in gioco. Caratteristiche che emergono da Until Now.

Chiara Viola è attiva da anni e in varie esperienze musicali; questo lavoro è un punto di partenza ma anche la sintesi di un percorso nel quale gospel, jazz, didattica per bambini e altre esperienze hanno costituito per lei una grande palestra: “Il gospel è sempre stato un sogno mai realizzato: avrei voluto nascere tipo Whoopi Goldberg in Sister Act. Il jazz, invece, l’ho scoperto per caso a 20 anni e non ho più potuto farne a meno. Oggi oltre a cantare insegno anche musica ai bambini perché spero di contribuire alla creazione di buoni ascoltatori e, soprattutto, di dare loro uno strumento in più per rendere bella la vita. Ogni cosa che ho fatto nella mia vita è entrata a far parte di questa musica”.

Nata a Roma nel 1986, Chiara Viola ha praticato musica sin da giovanissima, cantando in cori scolastici e chiese, ha studiato chitarra classica prima e canto moderno dopo, infine canto jazz. Allieva di nomi come Cinzia Spata, Maria Pia De Vito e Danilo Rea, ha condiviso studi e palchi con Antonella Ruggiero, Claudio Rocchi, Max Gazzè, Riccardo Biseo, La Batteria, Ultimo e tanti altri, ha partecipato a festival come Jazzit Fest e Gezz Night. In Until Now Chiara ha dato voce al suo universo interiore: “Avendo scritto anche i testi la musica assume una dimensione di narrazione anche testuale, oltre che musicale. I viaggi, le persone, gli incontri e i paesaggi rappresentano semplicemente tutta la mia vita fino adesso. Li racchiudo nella musica così non potrò perderli mai!”.

Gli otto brani di Until Now rivelano armonie e arrangiamenti moderni, melodie sofisticate che richiamano sia il jazz che il pop, tra suoni contemporanei e richiami alla tradizione. Accanto ai sei titoli firmati Viola, compaiono due sorprendenti cover, a dimostrazione dell’ampiezza degli ascolti dell’autrice, e della varietà dei suoi riferimenti musicali: “Si tratta di Within dei Daft Punk ,che ho ascoltato tanto durante un periodo molto bello della mia vita, e Harvest Moon di Neil Young, che ascolto sempre quando voglio piangere. Sono due brani estremamente diversi, che avrei voluto scrivere io. Quindi, siccome lo hanno già fatto loro prima di me, ho voluto reinterpretarli a modo mio!”.

Until Now: il disco d’esordio di Chiara Viola! 

Debutta con Filibusta Records la cantante romana: otto brani tra jazz e melodia, ricerca e appunti di viaggi ed esperienze, con ‘Harvest Moon’ di Neil Young, ‘Within’ dei Daft Punk e la presentazione di Danilo Rea
CHIARA VIOLA
UNTIL NOW
(Filibusta Records | Believe Distribution Services / Goodfellas  )
8 tracce – 38.50 minuti
“Spesso accade che un musicista, dopo anni di preparazione, non trovi una dimensione propria e si limiti a rifarsi a ciò che più lo ha colpito, senza rischiare, senza osare. Chiara ha il coraggio della sua passione, si mette in gioco: ha creatività e una voce calda e tagliente, ma con dentro il ricordo di una sonorità quasi infantile. Il suo disco è un bell’esempio di come i giovani jazzisti italiani abbiano molte cose da dire”. Una presentazione importante, quella che Danilo Rea ha scritto per Until Now, il disco d’esordio di Chiara Viola: il suo docente al Conservatorio Santa Cecilia ha sottolineato la centralità della passione, del voler osare, del mettersi in gioco. Caratteristiche che emergono da Until Now, pubblicato da Filibusta Records dopo l’uscita del singolo Didsbury.
Until Now è un debutto solo discograficamente parlando, visto che la cantante romana è attiva da anni e in varie esperienze musicali; questo lavoro per Filibusta rappresenta un punto di partenza ma è anche la sintesi di un lungo percorso nel quale gospel, jazz, didattica per bambini e altre esperienze hanno costituito per Chiara una grande palestra: “Il gospel è sempre stato un sogno mai realizzato: avrei voluto nascere tipo Whoopi Goldberg in Sister Act. Il jazz, invece, l’ho scoperto per caso a 20 anni e non ho più potuto farne a meno. Oggi oltre a cantare insegno anche musica ai bambini perché spero di contribuire alla creazione di buoni ascoltatori e, soprattutto, di dare loro uno strumento in più per rendere bella la vita. Ogni cosa che ho fatto nella mia vita è entrata a far parte di questa musica”.
Nata a Roma nel 1986, Chiara Viola ha praticato musica sin da giovanissima, cantando in cori scolastici e chiese, ha studiato chitarra classica prima e canto moderno dopo, infine canto jazz. Allieva di nomi come Cinzia Spata, Maria Pia De Vito e Danilo Rea, ha condiviso studi e palchi con Antonella Ruggiero, Claudio Rocchi, Max Gazzè, Riccardo Biseo, La Batteria, Ultimo e tanti altri, ha partecipato a festival come Jazzit Fest e Gezz Night. Until Now racchiude il mondo di Chiara, che ha dato voce al suo universo interiore: “Avendo scritto anche i testi la musica assume una dimensione di narrazione anche testuale, oltre che musicale. I viaggi, le persone, gli incontri e i paesaggi rappresentano semplicemente tutta la mia vita fino adesso. Li racchiudo nella musica così non potrò perderli mai!”.
Gli otto brani di Until Now rivelano armonie e arrangiamenti moderni, melodie sofisticate che richiamano sia il jazz che il pop, tra suoni contemporanei e richiami alla tradizione. Gianluca Massetti al pianoforte, Francesco Pierotti al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria sono gli artefici di un eccellente risultato complessivo: “Hanno fatto suonare il disco come piaceva a me, mettendoci dentro anche il loro gusto musicale e la loro personalità. Se c’è una cosa che non cambierei mai, sono proprio loro tre”. Accanto ai sei titoli firmati Viola, compaiono due sorprendenti cover, a dimostrazione dell’ampiezza degli ascolti dell’autrice, e della varietà dei suoi riferimenti musicali: “Si tratta di Within dei Daft Punk ,che ho ascoltato tanto durante un periodo molto bello della mia vita, e Harvest Moon di Neil Young, che ascolto sempre quando voglio piangere. Sono due brani estremamente diversi, che avrei voluto scrivere io. Quindi, siccome lo hanno già fatto loro prima di me, ho voluto reinterpretarli a modo mio!”.
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SaxArts Festival 2016 – diciottesima edizione

SaxArts Festival 2016 – diciottesima edizione
Faenza, Russi, Tredozio – 13/17 luglio 2016
www.faenzasaxfestival.com

Il SaxArts Festival presenta la sua diciottesima edizione e porta sui palchi di Faenza, Russi e Tredozio musicisti di grande qualità. Le attività della prossima edizione si svolgeranno dal 13 al 17 luglio e proporranno al pubblico diverse novità importanti tra cui l’ingresso, per la prima volta, del festival nel prezioso scrigno rappresentato dalle sale della Pinacoteca Comunale di Faenza dove sarà ospitato il concerto del SaxArt Project, una rilettura di pagine classiche e jazz con Branford Marsalis, Marco Albonetti e un ensemble di talentuosi sassofonisti provenienti da tutto il mondo. Branford Marsalis terrà inoltre una masterclass rivolta sia ai sassofonisti classici che jazz: un evento unico che il SaxArts Festival propone a Faenza, presso il Ridotto del Teatro Masini, nel corso della giornata di sabato 16 luglio.

Le scelte artistiche compiute dal direttore artistico Marco Albonetti come di consueto tengono conto, tra gli altri fattori, del legame umano con i musicisti invitati e questo avviene, usando le sue parole, per «dare a questi giorni un’energia che diventa linfa vitale per tutti.»

Mercoledì 13 luglio, Massimo Valentini apre a Russi, presso il Giardino della Rocca, il cartellone dei concerti del SaxArts Festival con la presentazione del suo recente lavoro, Jumble, pubblicato dalla Abeat Records. Il progetto di Massimo Valentini rivela sin dal suo titolo le intenzioni del sassofonista: mescolare stili ed epoche diverse, utilizzare suoni di varia provenienza, sia per riferimento geografico che culturale, per rappresentare la realtà di oggi.

Si prosegue giovedì 14 luglio, al Mens Sana di Faenza, con The Blowing Guitar Duet, il duo formato da Martina Effy, alla voce e alla chitarra, e Filippo Corbolini, al sax baritono: un combinazione sonora sofisticata ed elegante capace di riprendere brani celebri scelti in maniera ampia e variegata dai repertori di Paolo Conte, Michael Jackson, Ray Charles, Daft Punk e molti altri autori ancora, il tutto impreziosito anche dalle proprie composizioni.

Gli “anni ruggenti” del jazz sono la colonna sonora di venerdì 15 luglio al Palazzo Fantini di Tredozio. La Tiger Dixie Band conduce il pubblico in un viaggio attraverso le atmosfere di New Orleans e del Chicago Style, i ritmi del Charleston e del Ragtime. La formazione unisce il rispetto filologico dei timbri e dello spirito, anche grazie all’utilizzo di alcuni strumenti originali dell’epoca con una visione che tiene conto delle moderne esperienze musicali dei singoli membri ed evita di ricadere in una stucchevole operazione imitativa. (altro…)