I NOSTRI CD. Stranieri in primo piano, ma senza trascurare il made in Italy

ACT

Nils Landgren Funk Unit – “Funk is my Religion” – ACT
Nils Landgren – “Nature Boy” – ACT
Nils Landgren, personaggio di punta del jazz, è ben noto anche ai lettori di queste note avendo in passato recensito alcune sue significative produzioni. Adesso lo riascoltiamo in due differenti contesti: nel primo album Nils è alla testa della suo celebrata “Funk Unit” mentre nel secondo abbiamo modo di apprezzarlo come arrangiatore e strumentista dal momento che suona da solo.
Ma procediamo con ordine. “Funk is my Religion” è l’undicesimo album registrato dalla pregiata ditta “Funk Unit” da quando venne creata nel 1994 ed ha avuto una vita piuttosto travagliata per vedere la luce: in effetti tutto era pronto per essere registrato nell’isola di Maiorca ma la cosa non fu possibile a causa del Covid; allora si virò verso il distretto di Redhorn in Bad Meinberg ma anche questa volta, sempre a causa del virus, non se ne fece alcunché. Ultima ratio l’Ingrid Studio di Stoccolma in cui l’album venne effettivamente registrato dal 3 al 7 novembre del 2020 per uscire in Germania il 28 maggio scorso. Come spesso sottolineato, capita raramente che il titolo di un album abbia un qualche effettivo collegamento con la musica che propone: in questo caso non poteva esserci titolo più azzeccato dal momento che effettivamente oramai da anni Nils Landgren va predicando questa sua passione per il Funk. Così, anche questa volta, il sestetto si muove sulle coordinate di una musica piacevole, orecchiabile, spesso trascinante in cui se è vero che non si avverte alcuna novità è altresì vero che non sempre nuova musica equivale a buona musica…e viceversa. All’interno dei dieci brani proposti, particolarmente riuscita l’interpretazione di “Play Funk” disegnata dalla bella voce di Magnum Coltrane Price.
Del tutto diverso “Nature Boy”; abbandonate le tinte forti del Funk, Lindgren si concede un esperimento tanto ardito quanto affascinante: presentare ben quattordici brani in solitudine. L’album prende il nome da un brano famoso, quel “Nature Boy” scritto da Eden Ahbez e registrato per la prima volta da Nat King Cole con l’orchestra diretta da Frank DeVol il 22 agosto del 1947. Ma, a parte questo brano, l’album è incentrato sulla musica tradizionale del proprio paese, una strada già percorsa da Landgren quando alla fine degli anni ’90 in duo con il pianista Esbjörn Svensson incise due album incentrati sulla folk music , “Swedish Folk Modern” e “Layers Of Light”. Questa volta la prova è più difficile in quanto Landgren si trova ad affrontare un repertorio oggettivamente ostico da solo con il proprio trombone. Risultato: viste le premesse si può ben dire che l’artista svedese si conferma musicista di prim’ordine, in grado di eseguire con sincera partecipazione partiture che molto si allontanano dal linguaggio prettamente jazzistico. Ottima, infine, la resa sonora grazie anche all’acustica della Ingelstorps Church dove è stato registrato l’album nel febbraio di questo 2021.

ATS

Raphael Kafers Constellation Project – “Retrospection” – ATS
Album d’esordio nella scuderia ATS per il giovane chitarrista austriaco Raphael Käfer che nell’occasione si presenta sotto l’insegna “Raphael Käfer’s Constellation Project”. A coadiuvarlo nella non facile impresa alcuni tra i migliori jazzisti austriaci come Tobias Pustelnik sax, Urs Hager piano, Philipp Zarfl basso e Matheus Jardim batteria. In programma sei brani originali del leader più il celebre standard “How Deep Is The Ocean” di Irving Berlin. L’album si fa apprezzare particolarmente per l’eccellente equilibrio raggiunto tra i cinque: il leader non si ritaglia alcuno spazio in più rispetto ai “colleghi” e nei suoi brani (tutti ben scritti e altrettanto ben arrangiati) c’è posto per tutti. Così ognuno ha un proprio spazio per evidenziare le proprie potenzialità, che non sono di poco conto. Per quanto concerne il linguaggio, siamo nell’ambito di un jazz mainstream contemporaneo – se mi consentite il termine – vale a dire un jazz nell’alveo della tradizione, ma al contempo attuale che pur senza alcuna pretesa di sperimentare alcunché di nuovo esprime la consapevolezza di raccontare compiutamente il proprio essere. Di qui la godibilità della musica che interessa tutto l’album cosicché riesce davvero difficile segnalare un singolo brano. Comunque qualche parola mi sento di spenderla sull’unico standard: presentare un brano celebrato come “How Deep Is The Ocean” non è facile anche perché i modelli con cui confrontarsi sono molti ed eccelsi; ebbene Käfer e compagni se la sono cavata egregiamente con una esecuzione pienamente rispettosa delle originali caratteristiche del brano.

Upper Austrian Jazz Orchestra – “Crazy Days: UAJO Plays The Music Of Ed Puddick” – ATS
Di carattere completamente diverso il secondo album targato ATS che vede all’opera la Big Band Upper Austrian Jazz Orchestra (UAJO). In effetti l’album è la risultante di una visita in Austria del trombonista, compositore e arrangiatore inglese Ed Puddick poco tempo prima del lockdown nei primi giorni del gennaio 2020. La UAJO nei suoi 28 anni di attività si è affermata sulla scena europea grazie alla sua duttilità che le consente di collaborare con musicisti di estrazione assai diversa passando così da Kenny Wheeler, a Johnny Griffin, da Mike Gibbs a Maria Joao… a Slide Hampton. In questo nuovo album il cui repertorio è firmato e arrangiato da Ed Puddick, c’è la conferma di quanto detto in precedenza: l’orchestra si adatta perfettamente sia a quegli arrangiamenti in cui Puddick si rifà esplicitamente ad un jazz più tradizionale sia a quei pezzi in cui la musica dell’inglese vira decisamente verso lidi più moderni evidenziando una diretta discendenza da Mike Gibbs. Seguendo questo schema si può affermare che i primi tre pezzi “Crazy Days”, “An Ocean of Air” e “Forum Internum”, appartengono alla prima categoria con in evidenza le sezioni di ottoni e di sassofoni. Di converso l’influenza di Mike Gibbs è particolarmente evidente in “Slow News Day” e “New Familiar” con il chitarrista Primus Sitter in primo piano. Tra gli altri solisti occorre ricordare il pianista Herman Hill, i sassofonisti Andreas See e Christian Maurer e il trombettista Manfred Weinberger.

ECM

Andrew Cyrille – “The News” – ECM
Gli anni passano ma sembrano non incidere più di tanto sull’arte del veterano Andrew Cyrille (classe 1939). Ecco quindi il terzo album prodotto dal celebre batterista per la casa tedesca, un “The News” che, manco a dirlo, non tradisce le attese. Ben completato da Bill Frisell alla chitarra, David Virelles piano e sin e Ben Street contrabbasso, il quartetto si muove in maniera empatica dimostrando di aver ben assorbito la perdita di Richard Teitelbaum venuto a mancare nel 2020. Il sostituto David Virelles si è perfettamente integrato nella logica del gruppo anzi è riuscito in un tempo relativamente breve a costituire una straordinaria intesa con il leader ché i due costituiscono adesso l’asse portante della formazione. Certo Frisell e Ben Street non sono dei comprimari e il loro ruolo è di assoluta importanza per la riuscita del tutto. Al riguardo non si può non sottolineare ancora una volta la straordinaria personalità di Cyrille che superata la soglia degli 80 resta validamente in sella non solo come insuperabile strumentista ma anche come compositore originale. Non è certo un caso che in repertorio figurino tre suoi brani di cui uno, “Dance of the Nuances”, scritto in collaborazione con Virelles. Gli altri pezzi sono opera di Bill Frisell, di David Virelles e di Adegoke Steve Colson (“Leaving East of Java”) brano tra i meglio riusciti grazie alla perfetta intesa evidenziata dal gruppo che alterna con assoluta naturalezza parti scritte a parti improvvisate.

Mathias Eick – “When We Leave” – ECM
Non sono certo molti i musicisti che suonano bene sia il pianoforte sia la tromba. In Italia abbiamo l’eccellente Dino Rubino; in Norvegia c’è questo Mathias Eick che oltre ai due su citati strumenti si fa apprezzare anche al basso, al vibrafono e alla chitarra. Nato in una famiglia in cui la musica è di casa (i due fratelli Johannes e Trude sono anch’essi musicisti) Mathias ancora non è troppo noto dalle nostre parti anche se può già vantare un curriculum di tutto rispetto avendo già collaborato, tra gli altri, con Chick Corea, Iro Haarla, Manu Katché e Jacob Young. In questa sua nuova fatica discografica, Eick suona con Håkon Aase al violino, Andreas Ulvo al piano, Audun Erlien al basso, i due batteristi Torstein Lofthus e Helge Norbakken nonché Stian Casrtensen alla pedal steel guitar. Eick appartiene di diritto a quella folta schiera di musicisti nordici che pur suonando jazz si rifanno in modo più o meno esplicito alle radici folk della loro musica. Ecco quindi, in organico, un eccellente violinista quale Håkon Aase che il leader inserisce nei suoi brani proprio per dare alle esecuzioni quella particolare coloratura cui si accennava. Così Aase divide con il leader e con il pianista Andreas Ulvo il ruolo di prim’attore in un repertorio declinato attraverso sette brani
tutti scritti dal leader e tutti accomunati da quella struggente malinconia che spesso caratterizza le composizioni dei musicisti del Nord Europa, in special modo norvegesi.

Marc Johnson – “Overpass” – ECM
Gli album per contrabbasso solo non sono frequenti e la cosa è perfettamente spiegabile dal momento che lo strumento è nato e si è sviluppato in funzione di accompagnamento del gruppo. Certo, nel corso degli anni, proprio nel jazz, il contrabbasso ha trovato la possibilità di elevarsi, da strumento di mero accompagnamento e sostegno armonico, a vero e proprio strumento solista, ma di qui ad essere il protagonista solitario di un concerto o di un disco ce ne corre. Non stupisce quindi, come si diceva in apertura, che gli album per solo contrabbasso siano relativamente pochi: tra questi si ricorda “Journal violone” di Barre Phillips del ’68 (probabilmente il primo del genere), e poi nel corso degli anni, tanto per citare qualche nome, Larry Grenadier, Larry Ronald, Lars Danielsson, John Patitucci, Daniel Studer… mentre in Italia si sono misurati con questa pratica, tra gli altri, Jacopo Ferrazza, Roberto Bonati, Furio Di Castri e Enzo Pietropaoli. Adesso arriva questo album di Marc Johnson e si tratta di un CD davvero strepitoso. Marc Johnson è in gran forma e d’altronde non è certo una sorpresa dato tutto ciò che questo artista ha già realizzato.Gli appassionati di jazz lo conoscono e con questo “Overpass” Marc si ripropone come uno dei principali artefici della modernizzazione che ha interessato il linguaggio contrabbassistico. L’album è declinato attraverso otto brani di cui cinque composti dallo stesso Marc cui si affiancano “Freedom Jazz Dance” di Eddie Harris, “Nardis” di Miles Davis e il tema d’amore della colonna sonora del film “Spartacus” di Alex North. Marc affronta questo impegnativo repertorio con assoluta padronanza del proprio strumento evidenziando la solita cavata possente, la consueta maestria tecnica sia al pizzicato sia con l’archetto, la ben nota capacità di valorizzare i contenuti tematici del pezzo come accade, ad esempio, in “Samurai Fly”, composizione che dall’inizio con archetto riprende il tema di “Samurai Hee Haw” tratto dall’album “Bass Desires” che il contrabbassista registrò nel 2018 con Bill Frisell, John Scofield e Peter Erskine.

Craig Taborn – “Shadow Plays” – ECM
Ecco un’altra preziosa incisione di Craig Taborn registrato in splendida solitudine durante un concerto tenuto nel marzo del 2020 alla Wiener Konzerthaus. L’album si articola su sette brani tutti composti dallo stesso Taborn cha ha da poco superato la soglia dei 50 anni. La cifra stilistica del pianista, organista, tastierista e compositore statunitense è oramai ben nota: un pianismo assolutamente originale, spesso improvvisato (come nell’album qui proposto) in cui suono e silenzi scandiscono un trascorrere del tempo caratterizzato dal fatto che fantasia e preparazione tecnica, dinamiche perfettamente controllate, intrecci poliritmici, ricorso sapiente al contrappunto, improvvise cascate di note coesistono a formare una musica sempre nuova, affascinante, spesso trascinante. Taborn è assolutamente padrone della materia; non c’è un solo momento in cui si avverte la pur minima sensazione che l’artista non sia in grado di padroneggiare ciò che sta suonando: tutto resta ancorato ad una visione che l’artista svela all’ascoltatore man mano che il concerto procede. E nel prosieguo dell’ascolto si può avvertire come l’arte di Taborn affondi le proprie radici nella migliore tradizione del piano jazz, riconoscendo tra i suoi numi ispiratori i nomi di Ellington, Monk, Cecil Taylor, Sun Ra, Abdullah Ibrahim, Ahmad Jamal in un perfetto connubio tra modernità e classicismo. Ma non basa ché tra le fonti ispiratrici di Craig bisogna annoverare anche il cinema, la pittura e tornando alla musica una folta schiera di musicisti che non appartengono al jazz quali Debussy, Glass, Ligeti.

Marcin Wasilewski Trio – “En Attendant” – ECM 2677
La ECM ci ripropone una delle formazioni europee più significative degli ultimi anni. Il trio polacco del pianista Marcin Wasilewski con Sławomir Kurkiewicz al contrabbasso e Michał Miśkiewicz alla batteria. Tanto per sottolineare la cifra artistica del gruppo, basti considerare che i tre hanno talmente entusiasmato il trombettista Tomasz Stańko da collaborare assieme per oltre 20 anni. Il fatto è che i tre suonano in trio dall’oramai lontano 1993 per cui hanno sviluppato un idem sentire, una fluidità di suono, una compattezza non facilmente riscontrabile in altri gruppi seppur di chiara fama. Tutti questi elementi li ritroviamo nell’album in oggetto che accanto alle composizioni del leader e del trio ci presenta una rivisitazione di “Variation 25” tratta dalle “Godberg Variations” di Bach, “Vashka” di Carla Bley e “Riders On The Storm” dei Doors. Evidenziare un brano piuttosto che un altro è impresa quanto mai ardua, comunque se si volesse avere un’idea ben chiara di come i tre siano davvero accomunati da una intesa speciale suggeriremmo di ascoltare le tre improvvisazioni del trio (“In Motion Part I,II,III”): sarà facile capire come Wasilewski e compagni non si adagino su pattern o punti di riferimento precostituiti, ma si avventurino su terreni totalmente improvvisati in cui i tre strumenti cambiano di ruolo, giocando anche su dinamiche spesso inattese. A chiudere forse non è inutile
sottolineare come questo album sia il primo, dopo 10 anni, registrato dal trio in studio (La Buissonne, nel sud della Francia), senza ospiti, e il settimo pubblicato dalla etichetta discografica di Manfred Eicher.

LOSEN RECORDS

La norvegese Losen Records, proseguendo nelle sue proposte di qualità, ci presenta due trii, il primo guidato dal batterista tedesco Frederik Villmow coadiuvato da due norvegesi: il pianista Vigleik Storaas e il bassista Bjørn Marius Hegge; il secondo dal pianista Christian Jormin con Magnus Bergström basso e Adam Ross batteria.

Frederik Villmow Trio – “Motion” – Losen Records
L’album comprende oltre a quattro original, tre standard, scelti ognuno dai componenti del trio: “A Lovely Way to Spend an Evening” di Jimmy McHugh, “Blame It On My Youth” di Oscar Levant e “Like Someone In Love” di Jimmy Van Heusen. Un repertorio, quindi, abbastanza variegato ma capace di farci apprezzare da un lato anche le capacità compositive del leader, dall’altro le possibilità esecutive del combo che si muove perfettamente a proprio agio anche sui terreni così battuti come quelli rappresentati dai citati standard. In effetti i tre possono contare su una ottima intesa cementata da precedenti esperienze e il tutto viene declinato attraverso un giusto equilibrio tra parti improvvisate e parti scritte. Insomma siamo sul terreno del classico jazz-trio che, ad onta di qualsivoglia sperimentazione, rimane sempre un organico di tutto rispetto…sempre che, ovviamente, sia composto da musicisti di livello come questi che si ascoltano nel CD in oggetto. In particolare Willmow pur essendo nato a Colonia ha studiato e sviluppato la sua attività in Norvegia dove ha avuto modo di collaborare con alcuni prestigiosi jazzisti del Nord Europa e non solo tra cui Vigleik Storaas (NO), Bjørn Alterhaug (NO), Tore Brunborg (NO), Bendik Hofseth (NO), Alan Skidmore (UK), Cappella Amsterdam (NL), Mats Holmquist Big Band (SWE), Metropole Orkest Academy diretta da Vince Mendoza (NL). Ma è proprio all’interno del trio presente in “Motion” che sembra aver trovato la giusta collocazione. Comunque lo si attende a prove ancora più impegnative.

Christian Jormin Trio – “See The Unseen” – Losen Records
“See The Unseen” vede all’opera lo svedese Christian Jormin al piano con i già citati Magnus Bergström e Adam Ross. Si tratta del debutto di Jormin da leader in casa Losen e l’esordio è più che positivo. Registrato il 22 e 23 luglio 2020, quindi in pieno lockdown, presso la Concert Hall Sjostromsalen at Artisten in Gothenburg, l’album presenta dieci composizioni firmate dal leader e scritte appositamente per il trio. In realtà il nocciolo duro del combo era costituito da Jormin e Bergstrom che, incontratisi con Adam Ross, hanno pensato bene di allargare il duo costituendo il trio che stiamo ascoltando. L’album prende spunto dal fatto di voler reagire, in qualche modo, all’isolamento che ci era stato imposto. Così, attraverso, la musica le distanze sono abolite e l’interazione è assicurata. In effetti, anche in questo caso, una delle maggiori qualità del trio è proprio l’intesa che si avverte: i tre si muovono in modo spontaneo ma perfettamente consapevole che i compagni d’avventura non solo seguiranno lungo il percorso scelto ma saranno in grado di proseguire il discorso in maniera coerente e consapevole. Le dieci tracce sono tutte innervate da armonie ben congegnate e da un certo minimalismo all’interno di strutture molto ben disegnate, strutture che consentono a tutti e tre i musicisti di esporre compiutamente il proprio potenziale. Tutti godibili i brani con una preferenza per “Mola Mola”.

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B.I.T. – Danielle Di Majo e Manuela Pasqui –  “Come Again” – Filibusta
E’ un duo al femminile quello che ci propone la Filibusta Records in questo album: protagoniste Danielle Di Maio ai sassofoni e Manuela Pasqui al pianoforte. La sassofonista avevamo già avuto modo di apprezzarla, tra l’altro, negli album di Ajugada Quartet e della vocalist Antonella Vitale mentre la Pasqui ha già firmato un album come leader (“Il filo dell’aquilone”) oltre ad aver collaborato con numerosi jazzisti di vaglia. Questo per dire che le due artiste sono ben note nell’ambiente del jazz, godendo di una meritata stima. Stima che viene confermata dall’album in oggetto che si articola su nove brani declinati sia sul versante prettamente jazzistico grazie a due original firmati rispettivamente dalla sassofonista (“Cagnaccio”) e dalla pianista (“Della mancanza e dell’amore”) sia, soprattutto, sulla rielaborazione di brani tratti dal repertorio “colto”, arrangiati dalla Pasqui che da sempre si caratterizza per questa sua capacità di attingere dal repertorio classico per rivitalizzarlo con il linguaggio dell’improvvisazione. Ecco quindi in scaletta Thibaut, John Dowland, Claudio Monteverdi, Franz Schubert, Johann Pachelbel. A mio avviso il pregio maggiore dell’album consiste nel fatto che, ascoltando i brani (tutti eseguiti magistralmente), non si avverte nessuno iato tra pezzi che traggono ispirazione da due mondi così diversi, eppure così vicini nella considerazione dell’Amore quale elemento, forse l’unico, che può aiutarci a vivere.

Enzo Favata – “The Crossing “ – Niafunken
Conosco Enzo favata da molti anni e credo di poter dire che questo è uno dei migliori album da lui realizzato nel corso di una oramai lunga e prestigiosa carriera. Il musicista sardo, in questa occasione al sax, theremin, samples è coadiuvato da Pasquale Mirra al vibrafono, marimba midi e Fender Rhodes, Rosa Brunello al Fender Bass, Marco Frattini, batteria e percussioni, cui si aggiungono in qualità di ospiti Ilaria Pilar Patassini voce, Salvatore Maiore cello, Maria Vicentini violino e viola e il chitarrista Marcello Peghin, già accanto a Favata in numerose avventure. Una tantum il titolo dell’album così come dei vari brani non è occasionale ma deriva compiutamente dalla musica proposta. Così, ad esempio, “The Crossing” (“Attraversamento, incrocio”) sta a significare proprio l’intenzione di Favata di proporre una musica che testimoni l’incrocio di più culture. Non a caso il brano d’apertura, “Roots”, di Jan Carr dei Nucleus, segnala una profonda attenzione verso il jazz-rock così come “Salt Way” dello stesso Favata ci riporta alla mente quella via del sale che attraversava il deserto della Dancalia grazie ad una musica orientaleggiante, ricca di umori, sapori così sapientemente speziati mentre particolarmente toccante è “Black Lives Matter”. Il brano, composto a più mani da Favata, Brunello, Mirra e Frattini vuole esprimere lo sdegno presente ancora in tutti noi per un episodio inaccettabile, con il sax di Favata a enfatizzare il clima del pezzo, su un tappeto sonoro che sembra richiamare i grandi paladini, musicisti e non, dell’eguaglianza dei neri negli States…e non solo; particolarmente adatto il campionamento delle voci di Steve Biko, Fela Kuti e Malcom X.

Karima – “No Filter” – Parco della Musica
E’ da molto tempo che seguo Karima la cui carriera, a mio avviso, non è stata finora adeguata alle sue effettive possibilità. Ma andiamo indietro nel tempo. Karima è stata, a mio sommesso avviso, l’unico vero talento che sia emerso dalla trasmissione “Amici”. Quell’anno, però, non vinse e la cosa mi fece talmente arrabbiare che smisi di vedere il programma. Adesso di anni ne sono passati, ma Karima stenta ad emergere nonostante il suo talento sia stato riconosciuto da personaggi di assoluto livello come Burt Bacharach, che ha scritto per lei dei brani e prodotto, nel 2010, il suo primo album dal titolo “Karima”. Questo nuovo album, che arriva dopo sei anni dall’ultima fatica discografica, rende giustizia, anche se non del tutto, delle due qualità: bellissima voce, ottime dosi interpretative, capacità di affrontare con sapienza un repertorio certo non facile. In effetti la vocalist presenta in rapida successione tutta una serie di successi della musica internazionale, per la precisione ben undici, tra cui i celebri “Walk on the Wild Side” di Lou Reed prima traccia del disco e anche primo singolo accompagnato dal videoclip che narra la recording session dell’album pubblicato come anticipazione sulla pagina Facebook di Karima, “Feel Like Making Love” di George Benson e Roberta Flack, “Come Together” e “Blackbyrd” dei Beatles. Ad accompagnare Karima, Gabriele Evangelista al basso, Piero Frassi al pianoforte e arrangiamenti, e la Piemme Orchestra diretta da Marcello Sirignano.

Roberto Magris – “Suite!” – 2 CD JMOOD
Roberto Magris, Eric Hochberg – “Shuffling Ivories“ JMOOD
Roberto Magris è uno dei non moltissimi jazzisti italiani che abbia oramai acquisito una statura effettivamente internazionale come dimostrano i due album in oggetto.
Il primo – “Suite”- è il diciassettesimo album in studio registrato negli Stati Uniti da Roberto Magris per la casa discografica JMood di Kansas City. È il primo disco inciso da Magris a Chicago, assieme a musicisti della scena jazz Chicagoana, per la cronaca Eric Jacobson tromba, Mark Colby tenor sax, Eric Hochberg basso, Greg Artry batteria, Pj Aubree Collins voce, con l’aggiunta di Spoken word in alcuni brani, e con alcuni pezzi incisi in piano solo, provenienti da una successiva session discografica tenutasi a Miami. Il programma è prevalentemente basato su brani e testi originali, con alcune rivisitazioni di standard del jazz e due brani pop degli anni ‘70 come “In the Wake of Poseidon” dei King Crimson e “One with the Sun” dei Santana con la ripresa di “Imagine” di John Lennon. Da evidenziare come sotto molti aspetti si tratti di un coincept album dal momento che nei pezzi scritti dallo stesso Magris è molto presente il richiamo alla pace, alla fratellanza. In altre parole con questa splendida realizzazione il pianista triestino vuole veicolare un messaggio di speranza e lo fa con i mezzi a sua disposizione. Di qui un linguaggio che è una sorta di summa delle più significative correnti che hanno attraversato il jazz degli ultimi decenni mentre nei brani per piano solo ritroviamo il Magris sensibile, introspettivo che abbiamo imparato a conoscere in questi anni.
Pubblicato nel 2021 sempre per la JMood di Chicago, il secondo album – “Shuffling Ivories“- presenta il pianista triestino in duo con il contrabbassista Eric Hochberg in un programma dedicato interamente da un canto al piano jazz, da Eubie Blacke ad Andrew Hill, dall’altro alle più profonde radici del jazz statunitense da cui provengono echi di blues e ragtime, di gospel, di free. Il tutto intervallato da original dello stesso Magris. Quasi inutile dirlo, ma il pianista ancora una volta fa centro, grazie ad una sorta di ispirazione che pervade ogni sua esibizione. Il suo pianismo, anche in questo caso scevro da qualsivoglia tentativo di stupire l’ascoltatore, si sofferma sulla necessità espressiva di creare un fitto dialogo con il suo partner, dialogo che venga recepito appieno dall’ascoltatore. E così accade anche perché il contrabbassista dimostra di condividere appieno gli intendimenti del compagno di strada. Di qui un dialogo che si sviluppa fitto, impegnativo, mai banale con i due impegnati ad ascoltarsi e rispondersi sull’onda di un’intesa che non conosce tentennamenti. Ad avvalorare quanto sin qui detto, citiamo alcuni dei titoli contenuti nell’album: “Memories of You” di Blake, “Laverne” di Hill”, “I’ve Found A New Baby” di Palmer e Williams, “The Time Of This World Is At Hand” scritto dal pianista e compositore Billy Gault, “Quiet Dawn” di Cal Massey vero e proprio cavallo di battaglia di Archie Shepp che lo incluse nel celebre album “Attica Blues” del ’72.

Sade Farina Mangiaracina – “Madiba” – Tuk Music
La pianista siciliana (in un brano anche al Fender Rhodes) si ripresenta in trio con il bassista Marco Bardosica e il batterista Gianluca Brugnano cui si aggiunge Zid Trablesi al loud in tre pezzi. E già quindi da questo organico si può comprendere quali siano le intenzioni di Sade, intenzioni rese ancora più esplicite dal titolo dell’album. In buona sostanza l’artista intende dedicare questa musica ad un eroe dei nostri tempi, Nelson Mandela, del quale narrare la storia. Impresa ovviamente al limite del possibile data l’annosa polemica sulla semanticità o meno della musica. Comunque, a parte queste considerazioni, non c’è dubbio che questo album riesce a far riflettere chi lo ascolta, dipingendo un contesto in cui la storia di Mandela può trovare giusta collocazione. La Mangiaracina sfoggia ancora una volta un pianismo oramai maturo che esprime compiutamente le sue idee. Così, ad esempio, in “Winnie”, dedicato alla moglie del leader sudafricano, il ritmo si fa incandescente come a voler sottolineare le difficoltà incontrate dalla donna nello stare accanto a Nelson. Ma questo è solo un episodio ché in tutti i brani si ritrova qualcosa di interessante non disgiunta dal tema centrale. Ecco quindi, per fare un altro esempio, la ripresa del brano “Letter From A Prison”, una splendida ballad con Bardoscia in grande spolvero. Ma, citato Bardoscia, non si possono dimenticare gli altri componenti il gruppo, tutti perfettamente all’altezza di un compito certo non facile.

Germano Mazzocchetti Ensemble – “Muggianne” – Alfa Music
Germano Mazzocchetti è uno di quei pochi musicisti che mai delude; questo grazie anche al fatto che entra in sala di incisione solo quando ritiene di avere qualcosa di importante e di nuovo da dire. E quest’ultimo suo CD non fa eccezione alla regola. “Muggianne” è un album che si ascolta con interesse dalla prima all’ultima nota, soffuso com’è, specie nei primi brani, da un sottile velo di malinconia. Il tutto eseguito magistralmente da un gruppo coeso dalla lunga militanza e che comprende Francesco Marini al sassofono e ai clarinetti, Paola Emanuele alla viola, Marco Acquarelli alla chitarra, Luca Pirozzi al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria. E già la struttura dell’organico e i nomi dei musicisti dicono molto circa la statura artistica di Mazzocchetti: il fisarmonicista e compositore abruzzese, nel suo personalissimo bagaglio culturale, può vantare una passione per il jazz, una conoscenza approfondita della musica colta nelle sue varie declinazioni, nonché una approfondita conoscenza del musical e una ricca frequentazione del teatro di prosa: non a caso Germano è anche uno dei più apprezzati autori di musiche di scena. Questa miscela la si ritrova compiutamente nella sua musica che quindi risulta difficilissima da classificare, ammesso poi che la cosa sia importante! Quel che viceversa risulta importante è la qualità di ciò che propone, sempre originale, mai banale e soprattutto sempre coinvolgente. Un’ultima notazione: molti si saranno chiesti che significa ‘Muggianne’; la risposta ce la fornisce lo stesso Mazzocchetti: ”Il titolo Muggianne è una parola che nel dialetto del mio paese significa ‘Sta zitto e non parlare più’” come a dire, forse (ma questa è una nostra personalissima interpretazione) che la musica non ha bisogno di essere spiegata per entrare nei nostri cuori.

Enrico Rava – “Edizione Speciale” – ECM
Siamo nell’estate del 2019 e si festeggiano due compleanni importanti: i 50 anni della ECM e gli 80 di Enrico Rava. Il gruppo del trombettista e flicornista si esibisce ad Antwerp, Belgio, con l’abituale organico completato da Francesco Diodati alla chitarra elettrica, Gabriele Evangelista al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria, cui si aggiungono due ospiti “eccellenti” quali Francesco Bearzatti al sax tenore e Giovanni Guidi al pianoforte. Il concerto viene registrato ed eccolo qui a disposizione di tutti noi. Rava è universalmente riconosciuto come uno dei musicisti più creativi ed originali che il jazz europeo abbia conosciuto, grazie ad una versatilità che nel corso di una carriera oramai molto lunga gli ha permesso sia di restare fedele alla tradizione, sia di elaborare un linguaggio melodico consono alla tradizione italica, il tutto senza trascurare le innovazioni dettate dal free di Ornette Coleman e le suggestioni ritmiche della musica sud americana nelle sue varie declinazioni. A ciò si aggiunga il fatto che Rava ha lanciato diversi giovani musicisti come quelli che compongono il suo attuale quartetto. Per questa “Edizione speciale” Rava ha voluto ripercorrere il suo repertorio proponendo pezzi che vanno dal 1978 al 2015, anno di pubblicazione di “Wild Dance”, più nuove versioni di “ Once Upon A Summertime” , un classico di Michel Legrand e di “Quizás, Quizás, Quizás”, celebre brano di musica cubana. Come suo solito Rava si ritaglia spazi solistici ma lascia ampia libertà d’azione ai compagni di viaggio e così in particolare Diodati, Guidi e Bearzatti hanno modo di evidenziare ancora una volta quel talento che tutti riconosciamo loro. Insomma un disco davvero da “Edizione speciale”.

Santi Scarcella – “Da Manhattan a Cefalù” –
Il più jazzista dei cantautori italiani. Così è stato definito Santi Scarcella, definizione da condividere in toto dopo aver ascoltato l’album “Da Manhattan a Cefalù”, dedicato alla memoria di Nick La Rocca, un emigrante siciliano a cui, per convenzione, si deve la registrazione del primo disco di jazz nel 1917. Partendo da un repertorio di quattordici brani di cui ben dodici scritti dallo stesso Scarcella da solo o in compagnia di Viscuso o Mesolella, con l’aggiunta del traditional “Vitti na crozza” di Li Causi e lo standard di chiusura “Some Day My Prince Will Come”, Scarcella sfodera uno stile tanto arguto quanto personale. Mescolando il dialetto siciliano con l’italiano ma anche con lo spagnolo e l’inglese, nonché differenti stili come il samba, il mambo, passando attraverso il rag time, lo ska, Santi prepara una ricetta assolutamente fruibile…anche se farà storcere la bocca ai puristi del jazz. Tuttavia a beneficio di questi ultimi forse non è inutile sottolineare in primo luogo che il progetto di Scarcella, partito dai canti di lavoro siciliani, è riuscito a trovare elementi in comune con il blues americano e, proprio per questo, è stato approvato dalla statunitense Uconn University e in secondo luogo che sotto la veste dell’allegria, l’album tratta temi molto ma molto seri come l’emigrazione, l’integrazione, il glocalismo, patologie gravi come l’Asperger.

Giovanni e Jasmine Tommaso – “As Time Goes By” – Parco della Musica
Non è inusuale che membri della stessa famiglia collaborino nella realizzazione di un album ma ciò non ci impedisce di salutare con simpatia questo album che vede l’uno accanto all’altra il papà Giovanni Tommaso e la figlia Jasmine Tommaso in quintetto con Claudio Filippini al piano e Fender Rhodes, Andrea Molinari alla chitarra e Alessandro “Pacho” Rossi alla batteria. Sgombriamo subito il campo da qualsivoglia equivoco: Jasmine non è solo la figlia di un gigante del jazz quale Giovanni Tommaso, ma è una vocalist che ha tutte le carte in regola per intraprendere una brillante carriera; da anni stabilita a Los Angeles, può vantare un intenso percorso accademico speso tra la School of the Arts di South Orange e l’Università della California e gli studi in ambito jazz presso il Berklee College of Music di Boston. A ciò si aggiungono collaborazioni di rilievo con Stefano Bollani, Danilo Rea, Tia Fueller, Kim Thompson e Fabrizio Bosso. Questo album arriva al momento giusto per certificare l’avvenuta maturazione dell’artista. Jasmine interpreta bene un repertorio variegato in cui accanto a brani dal sapore prettamente jazzistico quali “Once Upon A Dream” di Sammy Fain e Jack Lawrence, “Lullaby Of Birdland” di George Shearing e la successiva “Someone To Watch Over Me” di George Gershwin, possiamo ascoltare una suggestiva versione di “Marinella” di Fabrizio De André nonché alcuni original scritti dalla stessa Jasmine con Lorenzo Grassi e dallo stesso leader.

Al Parco Archeologico dell’Appia Antica torna la rassegna ‘Dal Tramonto all’Appia: Around Jazz’

Una scenografia naturale spettacolare, grandi concerti con volti noti della musica e del cinema italiano, un nuovo Village con angolo food&beverage, e il fascino dell’Appia Antica.
Questi gli ingredienti della 2a edizione del Rassegna “Dal Tramonto all’Appia – Around Jazz”, promossa dal Parco Archeologico dell’Appia Antica (Ministero della Cultura) in collaborazione con il Parco Regionale dell’Appia Antica (Regione Lazio) con la direzione artistica di Fabio Giacchetta.
Dal 1° al 10 ottobre, un cartellone di grandi artisti tra cui Alessandro Haber con Ramberto Ciammarughi, John De Leo con Roberto Gatto, Rita Marcotulli e Serena Brancale ospiti di Israel Varela, Fabrizio Bosso con Fabio Zeppetella, Stefano Di Battista con Stefania Tallini, Seamus Blake, Gegè Telesforo, Javier Girotto, Max Ionata, Flavio Boltro, Ares Tavolazzi. Il programma completo sul sito www.parcoarcheologicoappiaantica.it.
Già lo scorso anno, durante una indimenticabile prima edizione piena di consensi e di sold out, il Mausoleo di Cecilia Metella (via Appia Antica 161) ha incantato il pubblico divenendo cornice mozzafiato del palco allestito nel Castrum Caetani. Un’occasione unica per immergersi nella storia e nella bellezza della via Appia Antica, avvolti dal fascino della campagna romana.
Novità di quest’anno, l’allestimento di un’area Village all’aperto, con angoli dedicati all’accoglienza del pubblico, al food&beverage e agli incontri con gli artisti e un’area per i concerti, con una speciale copertura a prova di pioggia a protezione del palco e della platea.

I concerti
Un cartellone eclettico e multistilistico caratterizza questa edizione 2021, con una grande attenzione alla voce, filo conduttore della Rassegna nelle sue varie declinazioni e sfaccettature: dalla narrazione al jazz tradizionale, dal prog alla sperimentazione.
Si inizia venerdì 1° ottobre alle ore 19 (link per i biglietti qui), e in replica alle ore 21 (biglietti), con un grande ritorno live nella Capitale: quello del grande pianista Antonio Faraò, punta di diamante del panorama jazz internazionale, ammirato da giganti della musica come Herbie Hancock. Sul palco, salirà in trio con Mauro Battisti e Vladimir Kostadinovic.
Sabato 2 ottobre, ospiti della rassegna due grandi della musica italiana: John De Leo e Roberto Gatto, sempre alle ore 19 (biglietti) e in replica alle 21 (biglietti), con il loro ensemble “Progressivamente” formato con Alessandro Presti, Marcello Allulli, Andrea Molinari, Alessandro Gwis, Pierpaolo Ranieri.
Domenica 3 ottobre alle 21 il celebre attore Alessandro Haber sarà protagonista dell’emozionante spettacolo “Johann dalle Nuvole” di Ramberto Ciammarughi: uno dei più geniali pianisti e compositori della musica italiana, già lo scorso anno presente nella rassegna per uno dei concerti più acclamati. Insieme a loro uno speciale ensemble costituito da Gianni Maestrucci, Leonardo Ramadori, Francesco D’Oronzo, Angelo Lazzeri, Samuele Martinelli e Stefano Mora. Link per i biglietti qui.
Lunedì 4 ottobre un altro ritorno per “Around jazz”: quello del noto trombettista Fabrizio Bosso con il grande Fabio Zeppetella alla guida di un quintetto completato da Roberto Tarenzi, Jacopo Ferrazza e Fabrizio Sferra. Due gli orari: alle 19 (biglietti) e alle 21 (biglietti).
Martedì 5 ottobre, protagoniste la raffinatezza e le sonorità di uno dei musicisti argentini più amati in Italia: il sassofonista Javier Girotto con il suo progetto “Pasos”, in quartetto con Francesco Nastro, Luca Bulgarelli e Giuseppe La Pusata. Due gli orari: alle 19 (biglietti) e alle 21 (biglietti).
Mercoledì 6 ottobre spazio alla voce e all’energia di Cinzia Tedesco con il suo “Jazz Trip”, insieme a tre fuoriclasse della musica italiana: Stefano Sabatini, Luca Pirozzi e Pietro Iodice. Doppio concerto: alle ore 19 (biglietti) a alle 21 (biglietti).
Giovedì 7 ben due concerti: alle 19 l’arrivo a Roma del sassofonista britannico-canadese Seamus Blake insieme a due eccellenti musicisti brasiliani: il percussionista Reinaldo Santiago e il chitarrista Nelson Veras (biglietti). Alle 21, “Three Generation” con una grande band: Flavio Boltro e Simone La Maida, ospiti del trio di Leo Caligiuri, Ares Tavolazzi e “Checco” Capiozzo (biglietti).
Venerdì 8 protagonista della rassegna sarà uno dei volti più amati della radio e della tv: Gegè Telesforo, che ospiterà il grande sassofonista Max Ionata insieme al suo quartetto completato da Domenico Sanna, Luca Bulgarelli e Michele Santolieri. Due i concerti: alle ore 19 (biglietti) e alle 21 (biglietti).
Sabato 9 ottobre in scena una delle pianiste più interessanti del jazz italiano: Stefania Tallini, con il suo trio “Uneven” insieme al bassista Matteo Bortone e al batterista Gregory Hutchinson. Special guest, il grande sassofonista Stefano Di Battista.          Concerti alle 19 (biglietti) e alle 21 (biglietti).
Domenica 10 ad “Around Jazz” uno stupendo omaggio alla celebre pittrice Frida Kahlo, firmato dal travolgente batterista e cantante messicano Israel Varela: insieme a lui sul palco, oltre ad un quartetto d’archi, la ballerina di flamenco Nazaret Reyes, la grande Rita Marcotulli, la cantante Serena Brancale, il contrabbassista Jacopo Ferrazza e il giovane prodigio Josei Varela alle tastiere. Concerti alle 19 (biglietti) e alle 21 (biglietti).

Altra novità 2021 saranno i concerti del mattino, ambientati nella suggestiva Chiesa di San Nicola antistante al Mausoleo di Cecilia Metella, che si terranno nei week-end. Protagonisti delle quattro matinées le voci di Mafalda Minnozzi (2 ottobre) e Susanna Stivali (3 ottobre) con due omaggi alla musica e alla cultura brasiliana; un altro giovane prodigio, Simone Locarni, insieme a Fabrizio Sferra e Yuri Goloubev (9 ottobre), e il quartetto di Lorenzo Bisogno feat. Massimo Morganti (10 ottobre). Prevendite al link https://ticketitalia.com/around-jazz-2021-matin%C3%A8e.

La rassegna
La rassegna “Around Jazz”, all’interno del festival Dal Tramonto all’Appia del Parco Archeologico dell’Appia Antica, è nata nel 2020 da una idea di Marco Massa, dal suo amore per il jazz e dal suo legame con l’Appia Antica. Dopo la scomparsa dell’amico la direzione artistica è stata affidata a Fabio Giacchetta, noto produttore in ambito jazz e organizzatore da oltre 30 anni di concerti con artisti internazionali.
L’ingresso ai concerti è acquistabile in prevendita su Ticket Italia al link https://ticketitalia.com/around-jazz. Informazioni ai contatti: info@ticketitalia.com – tel. 0743.222889.
L’organizzazione metterà comunque a disposizione un dispositivo elettronico sul luogo dell’evento per consentire un eventuale acquisto in autonomia dei biglietti fino a qualche minuto prima dell’inizio concerto. Il Parco Archeologico dell’Appia Antica riserva un ingresso ridotto a €10 per gli under 18 e per gli iscritti a Conservatori statali e Istituti Superiori di Studi Musicali.
Tutte le info su www.parcoarcheologicoappiaantica.it.

L’ingresso è consentito solo con Green Pass e con il possesso dell’Appia Card, il biglietto nominativo a durata annuale con il quale è possibile accedere illimitatamente a tutti i siti del Parco Archeologico dell’Appia Antica. L’Appia Card può essere acquistata online (€10 + €2 di prevendita) oppure direttamente presso il Mausoleo di Cecilia Metella (€10): la biglietteria sarà aperta nei giorni dal 1° al 10 ottobre con orario continuato 9.00-21.00.

Come arrivare
Mausoleo di Cecilia Metella – Castrum Caetani in via Appia Antica 161: raggiungibile in auto o con la Metro A (Arco di Travertino) e poi autobus 660 oppure 118 dal centro di Roma.

Info e contatti
www.parcoarcheologicoappiaantica.it
Prevendite: https://ticketitalia.com/around-jazz
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Comunicazione e Ufficio Stampa “Around Jazz”
Fiorenza Gherardi De Candei
tel. +39 328.1743236
info@fiorenzagherardi.com

Ufficio comunicazione e promozione
Parco Archeologico Appia Antica
Lorenza Campanella
tel.+39 333.6157024
pa-appia.comunicazione@beniculturali.it

Con le masterclass di Roberto Gatto e Roberto Tarenzi, torna in presenza la didattica jazz di Celano Jazz Convention

Venerdì 27 agosto 2021, dalle 14 alle 17, Celano Jazz Convention torna alla didattica in presenza con due incontri di altissimo spessore. Il batterista Roberto Gatto e il pianista Roberto Tarenzi condurranno infatti due masterclass dedicate ai rispettivi strumenti, trasmettendo ai partecipanti l’importanza e il valore delle loro esperienze musicali, sia quelle più strettamente tecniche sia quelle maturate suonando dal vivo come leader di formazioni o al fianco dei più importanti protagonisti del jazz italiano ed internazionale.

Gli incontri si svolgeranno a Celano, nelle sale di Palazzo Don Minozzi. Per iscriversi, occorre prenotarsi inviando una mail all’indirizzo conferenze@celanojazzconvention.com. Il costo di iscrizione a ciascuna delle due masterclass è di 35€.

Roberto Gatto si esibirà in concerto, poi, nella serata di venerdì 27 agosto, sempre a Celano, alla guida del suo quartetto e con la presenza di Beatrice Gatto come ospite alla voce.

Roberto Gatto è sicuramente il più rinomato batterista italiano all’estero e vanta importanti partnerships con artisti del mondo del jazz e non solo. Nato a Roma il 6 ottobre 1958, il suo debutto professionale risale al 1975 con il Trio di Roma (insieme a Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli) e da allora ha suonato in tutta Europa e nel mondo con i suoi gruppi e a fianco di artisti internazionali. È stato inoltre componente di Lingomania, una delle formazioni più importanti della storia jazz italiano. Oltre ad una ricerca timbrica raffinata e a una tecnica esecutiva perfetta, i gruppi a suo nome sono caratterizzati dal calore tipico della cultura mediterranea: questo rende senza dubbio Roberto Gatto uno dei più interessanti batteristi e compositori in Europa e nel mondo. Nella sua carriera musicale, Roberto Gatto ha collaborato come sideman con i più importanti interpreti della storia e dell’attualità del jazz internazionale: da Chet Baker a Freddie Hubbard e Lester Bowie, da Gato Barbieri a Kenny Wheeler e Randy Brecker e poi con Enrico Rava, Ivan Lins, Vince Mendoza, Kurt Rosenwinkel, Joey Calderazzo, Bob Berg, Steve Lacy e moltissimi altri.

Come leader ha registrato molti album: Notes, Fare, Luna, Jungle Three, Improvvisi, Sing Sing Sing, Roberto Gatto plays Rugantino, Deep, Traps, Gatto-Stefano Bollani Gershwin and more, A Tribute to Miles Davis Quintet, Omaggio al Progressive, The Music Next Door, Roberto Gatto Lysergic Band, Remebering Shelly, fino ai più recenti Sixth Sense, Now e My Secret Place. Nel corso degli anni ha composto musica per il cinema, in particolare insieme a Maurizio Giammarco la colonna sonora di “Nudo di donna” per la regia di Nino Manfredi, e, in collaborazione con Battista Lena, le colonne sonore di “Mignon e Partita”, che ha ottenuto cinque David di Donatello, “Verso Sera” e “Il grande cocomero”, tutti diretti da Francesca Archibugi.

Nel 1993 ha realizzato due video didattici “Batteria vol. 1 e 2”. È stato il direttore artistico di Jazz in progress presso il Teatro dell’Angelo a Roma. Per oltre dodici anni ha insegnato batteria e musica d’insieme presso i seminari di Siena Jazz. Ha frequentato il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e il Conservatorio de L’Aquila. Roberto Gatto è titolare della cattedra di batteria jazz al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.

Dopo lo studio del pianoforte classico, iniziato all’età di otto anni, Roberto Tarenzi scopre il jazz nell’adolescenza e studia con Enrico Intra e Roberto Pronzato ai Civici Corsi di Jazz di Milano, dove ottiene il diploma nel 1999, e frequenta i seminari della Berklee School a Umbria Jazz e i corsi di Siena Jazz.

Nel 1995 entra a far parte della Big Band diretta da Enrico Intra con cui incide quattro dischi e accompagna, tra gli altri, Dave Liebman, Max Roach, Bobby Watson, Bob Brookmeyer, Franco Cerri, Enrico Rava, Franco Ambrosetti. All’inizio del 2006 si trasferisce a New York per sei mesi, dove svolge un’intensa attività concertistica nei club e registra con la cantante Alice Ricciardi, Gaetano Partipilo, Franco Ambrosetti e Michele Bozza. Al ritorno dagli Stati Uniti, viene scelto assieme ad altri undici pianisti in tutto il mondo (tra cui Aaron Parks e Gerald Clayton) per partecipare al prestigioso “Thelonious Monk International Piano Competition”, esibendosi di fronte ad una giuria presieduta da Herbie Hancock e comprendente, tra gli altri, Danilo Perez e Andrew Hill. Nel 2008 si trasferisce a Roma e inizia una intensissima attività concertistica al fianco di Stefano Di Battista e Rosario Giuliani, collaborando altresì con Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Dario Deidda, Fabio Zeppetella, Fabrizio Bosso, Max Ionata e praticamente tutti i migliori musicisti della scena italiana.

A suo nome ha pubblicato diversi lavori discografici, tra i quali “Other Digressions”, “Trio Live”, “Love and Other Simple Matters” e “11 Little Things”, mentre con Cues Trio, formato insieme a Lucio Terzano e Tony Arco, ha inciso”Introducing Cues trio” e “Feel” con David Liebman come ospite.

Insegna stabilmente presso il Saint Louis College of Music di Roma, il Conservatorio di Latina, oltre a tenere seminari e workshop di improvvisazione.

Il percorso didattico di Celano Jazz Convention, tracciato dal direttore artistico della rassegna Franco Finucci, torna in presenza dopo aver continuato le attività online durante il periodo della pandemia. Sia l’edizione 2020 della rassegna che le iniziative promosse nel corso dell’inverno si sono tenute in rete e hanno proposto i seminari condotti da alcuni dei protagonisti più rilevanti della scena jazz italiana come Marco Di Battista, Max Ionata, Giovanni Falzone, Luca Mannutza, Marcello Di Leonardo, Ada Montellanico, Claudio Filippini, Umberto Fiorentino, Roberto Gatto e Tino Tracanna e con un ospite di assoluto rilievo internazionale come Jerry Bergonzi.

Il jazz Festival Gubbio No Borders compie 20 anni: l’edizione 2021 tra concerti, cinema e masterclass

Compie 20 anni il Festival Gubbio No Borders, nato dalla grande passione per la musica e per il jazz grazie all’impegno e all’entusiasmo della Associazione Jazz Club Gubbio che negli anni ha ospitato nella città di Gubbio grandi nomi del panorama musicale nazionale e internazionale tra cui Benny Golson, James Senese & Napoli Centrale, Paul Wertico, Gino Paoli, Samuele Bersani, Fabrizio Bosso, Danilo Rea, Quintorigo, Maria Pia De Vito, Greta Panettieri, Giovanni Tommaso, Javier Girotto e Dado Moroni.
Una ricorrenza importante, quella del 20° anno, che verrà celebrata con una edizione festosa a partire dal giorno di Ferragosto fino al 31 agosto con un cartellone che comprenderà concerti, cinema, matinèe, street parade e masterclass, con la direzione artistica di Luigi Filippini.
Un programma ricco e multistilistico, reso possibile grazie anche alla collaborazione e al patrocinio del Comune di Gubbio, il prezioso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la partnership con la Direzione Regionale Musei Umbria e con l’IIS Cassata-Gattapone.
Ad inaugurare il Gubbio No Borders 2021, il giorno di Ferragosto, sarà la P-Funking band che alle 18.30 e alle 21.30 inonderà le vie della Città di note, invitando il pubblico a unirsi alla parata per i festeggiamenti della 20a edizione.

Lunedì 16 agosto grande attesa nella bellissima cornice del Teatro Romano per il noto sassofonista Francesco Bearzatti con il suo acclamato Tinissima 4tet e il nuovo progetto “Zorro”.
Sabato 21 agosto alle 11.30, il concerto del mattino con la band Le Scat Noir presso i suggestivi giardini pensili del Palazzo Ducale.
Lunedì 23 agosto alle 21.15 protagonista un altro grande sassofonista, Javier Girotto – un gradito ritorno al Gubbio No Borders – insieme all’ottimo pianista Natalio Mangalavite. Due raffinati artisti argentini che hanno fatto innamorare l’Italia con la loro musica, e che al Palazzo Ducale presenteranno tutto il loro universo sonoro.
Le serate di domenica 29 e lunedì 30 agosto sono dedicate al NoBorders Cinema, con la proiezione dei due film “La mélodie” di Rachid Hami e “Il concerto” di Radu Mihâileanu. Location: Il Voltone presso il Palazzo Ducale.
Martedì 31 agosto alle 21.15 si torna al Palazzo Ducale per l’ultimo concerto della XX edizione: quello della cantautrice Sara Marini con il suo progetto “Djelem do mar”.
Il 25, 26 e 27 agosto tornano al Festival le Masterclass che prenderanno avvio dalle ore 9 presso l’IIS Cassata-Gattapone.
Info per costi e iscrizioni: Associazione Jazz Club Gubbio: www.jazzclubgubbio.itgubbiojazzclub@gmail.com,  tel. 347.8283783 – 333.4192889.

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Associazione Jazz Club Gubbio: tel. 347.8283783 – 333.4192889 – 075.9220693
Ufficio Stampa: Fiorenza Gherardi De Candei – tel. 328.1743236 e-mail info@fiorenzagherardi.com

Tanta bella musica… per tutti i gusti!

Mentre il Paese tenta faticosamente di uscire da una crisi terribile indotta dalla pandemia, il mondo della musica dà evidenti segni di ripresa declinata attraverso una serie di manifestazioni che interessano un po’ tutte le regioni. Oggi, quindi, vi segnaliamo alcuni di questi festival che ci appaiono particolarmente degni di attenzione. E iniziamo con qualcosa che ci porta fuori dal nostro ambito d’interesse abituale (la musica jazz) per andare in un campo che altre volte abbiamo frequentato: la musica classica.
Venerdì 23 luglio ha avuto inizio, ad Acquasparta, il Festival Federico Cesi diretto con mano sicura e competente da Annalisa Pellegrini, brillante e ben nota musicista; diplomata in conservatorio nel 1996 e in Canto Lirico nel 2001, la Pellegrini ha completato la sua preparazione con il Master Internazionale in Direzione di Coro di Musica Sacra con il massimo dei voti nel 2002, e il Diploma Accademico in Canto Barocco conseguito nel 2005, specializzandosi altresì in Vocalità Infantile con il Maestro C. Boldy. Pensato insieme a Stefano Palamidessi, che ne è il direttore organizzativo, il Festival si svolge sia in provincia di Terni sia in provincia di Perugia con la collaborazione dei Comuni di Acquasparta, Sangemini Montecastrilli, Spello e Trevi e la diocesi di Orvieto Todi. Chiusura il 9 settembre con l’esecuzione de “Il martirio di San Terenziano” un oratorio inedito di Antonio Caldara su testi di Giuseppe Piselli del 1718.
La manifestazione si caratterizza da un lato per l’ampio spazio lasciato ai giovani, dall’altro per una certa varietà di programma: così, ad esempio, il 30 luglio si avrà la possibilità di ascoltare a Spello una delle jazz-ladies del panorama italiano, Marcella Carboni, impegnata in un solo all’arpa, mentre il 9 settembre ad Acquasparta si esibirà il tenore Mark Milhofer accompagnato da Marco Scolastra al pianoforte in un programma significativamente intitolato “Caruso il mito”.

Restando nell’ambito della musica colta, segnaliamo tre importanti eventi che si avvarranno entrambi della partecipazione di Annalisa Pellegrini: il 28 luglio farà parte come soprano del quartetto vocale impegnato nei canti gregoriani, il 21 agosto sarà il soprano solista nel programma “Il suono dei sensi – Fascinazioni barocche” mentre nel già citato concerto di chiusura ricoprirà il ruolo dell’Angelo.
I concerti si svolgeranno all’aperto, saranno totalmente gratuiti ed ovviamente serviranno a focalizzare l’attenzione su territori già di per sé splendidi.
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E torniamo adesso su terreni che ci sono più congeniali.
Il 19 agosto si apre presso la Certosa di Padula Il Festival jazz sotto la direzione artistica di Maria Pia De Vito, che si chiuderà il 27. A dar fuoco alle polveri saranno Javier Girotto & Aires Tango, formazione che non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni dato il prestigio acquisito in ogni dove. Questo concerto presenta un ulteriore elemento di interesse in quanto al gruppo si unirà Peppe Servillo il quale ha già collaborato con Girotto.
Il 23 sarà la volta della grande pianista Rita Marcotulli impegnata in un programma significativamente intitolato “I Caraviaggianti”. Si tratta di una sorta di viaggio tra le figure seducenti e dure del Caravaggio. Un concerto quindi di strumenti ed arie che giocano con la classica, il jazz, la musica contemporanea e l’elettronica. Accanto alla pianista suoneranno Mieko Miyazaki (koto e voce), Israel Varela (voce e percussioni), Michele Rabbia (percussioni e electronic sound), Tore Brumborg (sax), Michel Benita (contrabbasso) e Marco Decimo (violoncello).
Il giorno dopo il quartetto del trombettista Fabrizio Bosso con Julian Over Mazzariello al pianoforte, Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria.
Il 25 il celebrato “Zorro” del sassofonista e clarinettista Francesco Bearzatti con Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo al basso elettrico e Zeno De Rossi alla batteria.
Il 26 altro concerto di assoluto rilievo con Luca Aquino alla tromba che racconta le grandi storie della boxe; accanto a lui Antonio Jasevoli alla chitarra elettrica, Pierpaolo Ranieri al basso elettrico ed elettronica, special guest Manu Katche alle percussioni e batteria; visual art di Mimmo Paladino e testi di Giorgio Terruzzi.
Il giorno successivo sarà la volta del pianista Giovanni Guidi in quartetto con Stefano Carbonelli chitarra elettrica, Nicolò Francesco Faraglia chitarra elettrica, Federico Negri e Giovanni Iacovella batteria.
A chiudere il 27 agosto un duo d’eccezione costituito da Gianluca Petrella trombone e elettronica e Pasquale Mirra vibrafono.
*****
E chiudiamo con il Festival di Termoli alla sua settima edizione in programma dal 28 luglio al 1 agosto. Il Festival è organizzato dall’Associazione culturale Jack e trova nella meravigliosa Piazza Duomo un palcoscenico straordinario.

Franco D’Andrea – ph Angelo Salvin

In apertura Franco D’Andrea incontro DJ Rocca in un set di straordinaria intensità.
Il 29 doppio concerto con Luca Ciarla Solorchestra e il duo formato da Luca Aquino tromba e Giovanni Guidi al pianoforte.
Il 30 il quartetto del trombettista Flavio Boltro cui farà seguito il giorno dopo Enzo Favata “The Crossing”.
Chiusura il 1 agosto con Davide Shorty & Straniero Band –  Fusion Tour.

Gerlando Gatto

Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello al TrentinoInJazz

Domenica 18 luglio 2021
ore 11:00
Ciampedie
Sen Jan di Fassa (TN)

ingresso libero

ore 21.00
Circolo La Grenz
Strada Saslonch 56
Moena (TN)

ingresso libero con Tessera Arci

FABRIZIO BOSSO & JULIAN OLIVER MAZZARIELLO:
TANDEM

Fabrizio Bosso: tromba
Julian Oliver Mazzariello: pianoforte

Domenica 18 luglio primo appuntamento con JMMJ 2021 – Musica all’aria aperta, la rassegna del TrentinoInJazz in Val di Fassa dedicata alle minoranze linguistiche. Sei imperdibili concerti che metteranno in luce l’eccezionale livello musicale delle band e l’uso creativo e attuale delle loro lingue: romancio, catalano algherese, friulano. Doppio concerto d’apertura con una delle coppie più ammirate del jazz italiano, Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello.

In tanti anni di conoscenza e amicizia reciproca, il trombettista e il pianista hanno sviluppato un’empatia unica, pronta a misurarsi con la più ampia libertà assoluta in qualsiasi territorio la loro fantasia gli sottoponga. Da qui, ma anche da una forza tecnica che facilmente scivola nel virtuosismo. Il concerto si chiama Tandem ed è un prisma in cui si riflettono standard americani, canzoni italiane, il Brasile, temi da film, ballad struggenti: tutto ciò al servizio del cuore e dell’emozione, di quello che Bosso non manca mai di mettere in evidenza, alla pari del suo partner, pianista italo-inglese di straordinarie doti espressive. Grazie a loro, la magia dei suoni e dei colori invaderà le Dolomiti in un rapporto speciale con lo spettatore, tanto avvolgente quanto indimenticabile. Performance mattutina al Ciampediè, incontro serale con jam session al circolo La Grenz di Moena.