Il trio di Giovanni Tommaso a Latina il 18 febbraio

Prosegue intensa l’attività del Latina Jazz Club con la sua stagione concertistica. Giovedì 18 febbraio in programma uno di quegli appuntamenti da non perdere. Di scena il trio di Giovanni Tommaso con Cinzia Gizzi al pianoforte e Marco Valeri alla batteria.

Giovanni Tommaso è uno dei “grandi” del jazz italiano avendo contribuito in maniera determinante al suo sviluppo e conseguente affermazione a livello internazionale. Lucchese, classe 1941, Tommaso si è ben presto affermato come contrabbassista e bassista di grande livello. Al suo attivo una carriera superlativa che l’ha ben presto posto ai vertici della musica jazz non solo nazionale. Tantissimi i riconoscimenti ottenuti che non vale la pena riassumere in questo spazio. Basti solo sottolineare la felicissima intuizione che nei primissimi anni ’70 lo portò alla costituzione del Perigeo assieme a Claudio Fasoli al sax, Tony Sidney alla chitarra, Franco D’Andrea alle tastiere e Bruno Biriaco alla batteria. Importante anche l’attività didattica dal momento che Tommaso è anche titolare della cattedra di musica jazz al Conservatorio di Perugia. Ultime, ma non certo in ordine d’importanza, la piacevolezza e la gentilezza dell’uomo doti che purtroppo oramai facciamo fatica a trovare anche nel nostro microcosmo jazz.

Cinzia Gizzi è pianista che non ha ottenuto, a nostro avviso, i meriti che il suo talento meriterebbe. Nella sua oramai lunga carriera figura, tra l’altro, un diploma in pianoforte e arrangiamento ottenuto nel 1990 negli Stati Uniti con il massimo dei voti; in questa occasione ha avuto modo di studiare anche con alcuni grandi della tastiera quali Jakie Byard e Charlie Banacos. Oltre a guidare propri gruppi, come sidewoman ha presto parte, nell’arco di una carriera lunga qualche decennio, a molti avvenimenti jazzistici con musicisti italiani e stranieri.

Marco Valeri viene unanimemente considerato uno dei migliori batteristi oggi sulla scena. Romano, classe 1978, si è definitivamente imposto all’attenzione di pubblico e critica nell’ultimo decennio grazie ad una squisita sensibilità ben coniugata con una solida preparazione tecnica acquisita durante gli anni di impegnativi studi. Dopo una parentesi negli States (2002-2003), al ritorno in Italia entra a far parte della band di Sandro Deidda. Anche per lui molte le partecipazioni a festival anche internazionali e assai numerose le collaborazioni con artisti quali Jd Allen, Amedeo Tommasi, Gary Smulian , Andy Gravish, Dado Moroni, Dave Liebman, Eddie Gomez, Benny Golson, Rick Margitza, George Garzone, Franco Ambrosetti, Steve Grossman…

Gerlando Gatto

Dado Moroni in piano solo venerdì 14 gennaio al Latina in Jazz

Dopo la pausa delle festività natalizie riprende alla grande la stagione “Latina in Jazz 2021 / 2022” del Latina Jazz Club Luciano Marinelli.
Venerdì prossimo, 14 gennaio, alle ore 20.30 presso l’auditorium del Circolo Cittadino di Latina si esibirà Dado Moroni in “Piano Solo”, appuntamento da non mancare trattandosi di un artista di assoluto livello internazionale.

Dado Moroni

Dado Moroni debutta a 17 anni con Tullio De Piscopo e Franco Ambrosetti, col quale collabora ancora oggi. Nel 1987 viene chiamato – unico europeo – insieme ai pianisti Hank Jones, Barry Harris e Roland Hanna a far parte della giuria del premio internazionale pianistico Thelonious Monk, svoltosi a Washington. Dado è uno dei pochissimi musicisti italiani la cui biografia è inserita nell’importante “Biographical Encyclopedia of Jazz” di Leonard Feather e Ira Gitler; inoltre, vanta prestigiose e continuative collaborazioni con le grandi star del jazz mondiale. Basti citare al riguardo il fatto che Moroni si trasferisce negli Stati Uniti nel 1991 entrando a far parte della scena jazz di New York e assumendo ruoli sia di bandleader sia di musicista di diverse band. Durante gli anni di permanenza nella Grande Mela suona nei club più prestigiosi tra quali il Blue Note, il Birdland e il Village Vanguard, oltre a collaborare ad  alcuni album prestigiosi. Dal punto di vista discografico Moroni può vantare oltre 50 album registrati per importanti etichette discografiche quali Sony Concorde, Contemporary Telarc Mons, TCB Record e Enja.
La classe di Dado Moroni è inconfondibile: con le sue preziose melodie incanta il pubblico, trascinandolo in un mondo dove musica, gioia ed emozioni regnano sovrane. È un musicista colto, ma non c’è traccia di manierismo nelle sue composizioni anzi, comunica costantemente con il pubblico e lo avvolge in quella che è una sua naturale attitudine passionale.
In ottemperanza alla normativa anti-Covid in vigore, per poter accedere alla sala è necessario essere in possesso del SUPER GREEN PASS ed è d’obbligo l’utilizzo della mascherina tipo FFp2.

Redazione

 

Con le masterclass di Roberto Gatto e Roberto Tarenzi, torna in presenza la didattica jazz di Celano Jazz Convention

Venerdì 27 agosto 2021, dalle 14 alle 17, Celano Jazz Convention torna alla didattica in presenza con due incontri di altissimo spessore. Il batterista Roberto Gatto e il pianista Roberto Tarenzi condurranno infatti due masterclass dedicate ai rispettivi strumenti, trasmettendo ai partecipanti l’importanza e il valore delle loro esperienze musicali, sia quelle più strettamente tecniche sia quelle maturate suonando dal vivo come leader di formazioni o al fianco dei più importanti protagonisti del jazz italiano ed internazionale.

Gli incontri si svolgeranno a Celano, nelle sale di Palazzo Don Minozzi. Per iscriversi, occorre prenotarsi inviando una mail all’indirizzo conferenze@celanojazzconvention.com. Il costo di iscrizione a ciascuna delle due masterclass è di 35€.

Roberto Gatto si esibirà in concerto, poi, nella serata di venerdì 27 agosto, sempre a Celano, alla guida del suo quartetto e con la presenza di Beatrice Gatto come ospite alla voce.

Roberto Gatto è sicuramente il più rinomato batterista italiano all’estero e vanta importanti partnerships con artisti del mondo del jazz e non solo. Nato a Roma il 6 ottobre 1958, il suo debutto professionale risale al 1975 con il Trio di Roma (insieme a Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli) e da allora ha suonato in tutta Europa e nel mondo con i suoi gruppi e a fianco di artisti internazionali. È stato inoltre componente di Lingomania, una delle formazioni più importanti della storia jazz italiano. Oltre ad una ricerca timbrica raffinata e a una tecnica esecutiva perfetta, i gruppi a suo nome sono caratterizzati dal calore tipico della cultura mediterranea: questo rende senza dubbio Roberto Gatto uno dei più interessanti batteristi e compositori in Europa e nel mondo. Nella sua carriera musicale, Roberto Gatto ha collaborato come sideman con i più importanti interpreti della storia e dell’attualità del jazz internazionale: da Chet Baker a Freddie Hubbard e Lester Bowie, da Gato Barbieri a Kenny Wheeler e Randy Brecker e poi con Enrico Rava, Ivan Lins, Vince Mendoza, Kurt Rosenwinkel, Joey Calderazzo, Bob Berg, Steve Lacy e moltissimi altri.

Come leader ha registrato molti album: Notes, Fare, Luna, Jungle Three, Improvvisi, Sing Sing Sing, Roberto Gatto plays Rugantino, Deep, Traps, Gatto-Stefano Bollani Gershwin and more, A Tribute to Miles Davis Quintet, Omaggio al Progressive, The Music Next Door, Roberto Gatto Lysergic Band, Remebering Shelly, fino ai più recenti Sixth Sense, Now e My Secret Place. Nel corso degli anni ha composto musica per il cinema, in particolare insieme a Maurizio Giammarco la colonna sonora di “Nudo di donna” per la regia di Nino Manfredi, e, in collaborazione con Battista Lena, le colonne sonore di “Mignon e Partita”, che ha ottenuto cinque David di Donatello, “Verso Sera” e “Il grande cocomero”, tutti diretti da Francesca Archibugi.

Nel 1993 ha realizzato due video didattici “Batteria vol. 1 e 2”. È stato il direttore artistico di Jazz in progress presso il Teatro dell’Angelo a Roma. Per oltre dodici anni ha insegnato batteria e musica d’insieme presso i seminari di Siena Jazz. Ha frequentato il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e il Conservatorio de L’Aquila. Roberto Gatto è titolare della cattedra di batteria jazz al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.

Dopo lo studio del pianoforte classico, iniziato all’età di otto anni, Roberto Tarenzi scopre il jazz nell’adolescenza e studia con Enrico Intra e Roberto Pronzato ai Civici Corsi di Jazz di Milano, dove ottiene il diploma nel 1999, e frequenta i seminari della Berklee School a Umbria Jazz e i corsi di Siena Jazz.

Nel 1995 entra a far parte della Big Band diretta da Enrico Intra con cui incide quattro dischi e accompagna, tra gli altri, Dave Liebman, Max Roach, Bobby Watson, Bob Brookmeyer, Franco Cerri, Enrico Rava, Franco Ambrosetti. All’inizio del 2006 si trasferisce a New York per sei mesi, dove svolge un’intensa attività concertistica nei club e registra con la cantante Alice Ricciardi, Gaetano Partipilo, Franco Ambrosetti e Michele Bozza. Al ritorno dagli Stati Uniti, viene scelto assieme ad altri undici pianisti in tutto il mondo (tra cui Aaron Parks e Gerald Clayton) per partecipare al prestigioso “Thelonious Monk International Piano Competition”, esibendosi di fronte ad una giuria presieduta da Herbie Hancock e comprendente, tra gli altri, Danilo Perez e Andrew Hill. Nel 2008 si trasferisce a Roma e inizia una intensissima attività concertistica al fianco di Stefano Di Battista e Rosario Giuliani, collaborando altresì con Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Dario Deidda, Fabio Zeppetella, Fabrizio Bosso, Max Ionata e praticamente tutti i migliori musicisti della scena italiana.

A suo nome ha pubblicato diversi lavori discografici, tra i quali “Other Digressions”, “Trio Live”, “Love and Other Simple Matters” e “11 Little Things”, mentre con Cues Trio, formato insieme a Lucio Terzano e Tony Arco, ha inciso”Introducing Cues trio” e “Feel” con David Liebman come ospite.

Insegna stabilmente presso il Saint Louis College of Music di Roma, il Conservatorio di Latina, oltre a tenere seminari e workshop di improvvisazione.

Il percorso didattico di Celano Jazz Convention, tracciato dal direttore artistico della rassegna Franco Finucci, torna in presenza dopo aver continuato le attività online durante il periodo della pandemia. Sia l’edizione 2020 della rassegna che le iniziative promosse nel corso dell’inverno si sono tenute in rete e hanno proposto i seminari condotti da alcuni dei protagonisti più rilevanti della scena jazz italiana come Marco Di Battista, Max Ionata, Giovanni Falzone, Luca Mannutza, Marcello Di Leonardo, Ada Montellanico, Claudio Filippini, Umberto Fiorentino, Roberto Gatto e Tino Tracanna e con un ospite di assoluto rilievo internazionale come Jerry Bergonzi.

One Earth Choir – Il Coro della Terra un gesto creativo globale con la vocalist Enrica Bacchia

La redazione di A Proposito di Jazz condivide con piacere questa importante e meritoria iniziativa, “One Earth Choir – Il coro della Terra“, decima edizione, che si svolgerà Domenica 21 febbraio e rappresenta una straordinaria Opera d’Arte collettiva, il più grande Gesto Creativo globale fra Culture.
La voce della vocalist Enrica Bacchia viaggerà nell’Universo con il Coro della Terra, assieme a partecipanti di tutto il mondo che condividono il tema ‘abbiamo molte Lingue Native, ma un solo Linguaggio Umano, siamo una sola Umanità’. Il Progetto ideato da Anna Bacchia parte da Lugano e coinvolge ad oggi oltre 3.6 milioni di partecipanti da 73 Paesi. www.OneEarthChoir.net
(MT – Redazione)

COSA È – Cittadini di tutta la Terra in Sintonia – Una nuova Narrazione
Ogni anno il 21 febbraio – il Giorno del Coro della Terra – persone e istituzioni culturali di tutto il mondo, alla stessa ora, stando nelle loro Città, e collegati online attraverso il sito del progetto, ascoltano intonano o suonano la stessa Musica quale Simbolo del Linguaggio Umano che accomuna le diversità culturali in una sola Umanità: una sinfonia, un Coro di Cittadini della Terra creato da empatia, coerenza, compartecipazione quali input e pilastri di una rinnovata coscienza evolutiva.

La Musica del CORO della TERRA, sarà lanciata nello Spazio a cavallo di fotoni di Luce.
Il 21 febbraio, La Musica del Coro della Terra, verrà lanciata nello Spazio, oltre la atmosfera terrestre, in direzione dell’Universo, a cavallo di fotoni di Luce. Sia la versione corale, quale simbolo dell’Umanità, sia una versione melodica – cantata dalla ricercatrice e vocalist Enrica Bacchia – quale simbolo della voce e del canto, viaggeranno alla velocità della luce: a 300.000 Km all’ora, oltre il sistema solare, verso le stelle. Questo è possibile grazie alle straordinarie ricerche e scoperte del ricercatore e inventore Alessandro Pasquali (che sono attualmente al centro dell’attenzione dei massimi centri di ricerca del mondo). In collaborazione con Anna Bacchia e col Team di One Earth Choir, Pasquali opererà in tempo reale durante la diretta del Coro della Terra, trasmessa da Lugano, per realizzare questo progetto. “Questo è un evento unico – dice Pasquali – perché è per la prima volta nella storia che una informazione sintonica espressa da una coralità di culture diverse, viaggerà nello spazio. E, alla velocità della luce, la musica del Coro della Terra in meno di 2 secondi sarà oltre la Luna, e in 2 giorni sarà già oltre il sistema solare. E questo segnale continuerà a viaggiare nel cosmo”.

Enrica Bacchia

LA VOCE AI GIOVANI DELLA TERRA
In collaborazione con LIVING PEACE INTERNATIONAL, quest’anno, la trasmissione includerà interventi di straordinari GIOVANI di tutta la Terra che condivideranno i loro progetti ed il loro vivo impegno concreto a favore della Pace con le comunità dei paesi nei quali operano.
IL DIRETTORE della Musica del CORO della TERRA È UNO SCIENZIATO
Si tratta di uno degli Scienziati più famosi del mondo, Ervin Laszlo: filosofo, teorico dei sistemi e autore di oltre 70 libri tradotti in 23 lingue, due volte candidato al Premio Nobel per la Pace e fondatore del ‘Club of Budapest’, fondazione internazionale per la Scienza, l’Arte e la Cultura.

COME PARTECIPARE AL CORO DELLA TERRA
L’Evento è aperto a tutti (non solo a cantanti). Ci si iscrive al Coro della Terra e si condivide la trasmissione in Streaming al sito Il Coro della Terra.net
La Sinfonia condivisa in contemporanea mondiale avrà luogo alle ore 12 per il nostro meridiano. L’evento può essere seguito online, collegandosi dalle ore 11.20 alla trasmissione in streaming.

OLTRE L’EVENTO Al di là dell’Evento annuale, One Earth Choir è collegato ad una serie di Programmi Culturali e di Formazione ÌNIN, sul tema di ‘Coscienza, Sé, Vita’: una nuova comunicazione intuitiva in sintonia con la natura anà-logica della Vita , sviluppati dalla ricerca di Anna Bacchia in scienze umane e cognitive. Per tali iniziative, Anna Bacchia è tra i premiati del Premio Mondiale per la Pace ‘Luxembourg Peace Prize’. www.AnnaBacchia.net
I Progetti di Anna Bacchia sono supportati da un Comitato Scientifico Artistico Internazionale, che coinvolge Premi Nobel, Scienziati e Artisti di fama mondiale, fra cui: Gerald Pollack, Dominicus Rohde, Hiroo Saionji, Masami Saionji, Franco Ambrosetti, Vladimir Ashkenazy, Marco Bersanelli, Fritjof Capra, Davide Fiscaletti, Stephen Kovacevich, Ervin Laszlo, Leon Lederman, Mario Brunello, Rachelle Ferrell.

Contatti: Associazione Culturale ‘Vocal Sound – Bacchia Studio’ info@vocalsound.org +41 79 733 91 33

Dino Betti van der Noot presenta “Two Ships In The Night”

Il 18 settembre 2019, ore 20,45, appuntamento da non perdere al Teatro Franco Parenti, di Milano. In programma uno dei massimi esponenti del jazz italiano, Dino Betti van der Noot, che con la sua orchestra presenterà la sua ultima creatura “Two Ships In The Night” (Audissea Records).

Dino Betti è un artista assolutamente anomalo: ad onta della non giovanissima età, conserva una straordinaria freschezza che lo porta a comporre ed arrangiare quasi senza soluzione di continuità sì da poter presentare, anno dopo anno, un nuovo album che puntualmente scala le vette della classifica di gradimento sia del pubblico sia della critica.

Per questa nuova realizzazione, Dino Betti ha assemblato una big band comprendente Gianpiero LoBello, Alberto Mandarini, Mario Mariotti, Paolo De Ceglie, trombe; Luca Begonia, Stefano Calcagno, Enrico Allavena, Gianfranco Marchesi, tromboni; Sandro Cerino, Andrea Ciceri, Giulio Visibelli, Rudi Manzoli, Gilberto Tarocco, ance; Luca Gusella, vibrafono; Emanuele Parrini, violino; Niccolò Cattaneo, pianoforte; Filippo Rinaldo, tastiere; Vincenzo Zitello, arpa bardica; Gianluca Alberti, basso elettrico; Stefano Bertoli, batteria; Tiziano Tononi, percussioni; Federico Sanesi, tabla. Ed è proprio con questa formazione che si esibirà nel teatro milanese.

Rimandando un esame approfondito dell’album ad una intervista con lo stesso artista che pubblicheremo quanto prima, in questa sede è tuttavia necessario – per quei quattro o cinque lettori che ancora non lo conoscono – spendere qualche altra parola su Dino Betti van der Noot. Dino non è uno strumentista ma un raffinato compositore e arrangiatore. La sua musica non è certo facilissima: sofisticata ma allo stesso tempo capace di attrarre e coinvolgere con il suo lirismo, presenta i tratti caratteristici di una musica attuale che trascende qualsivoglia barriera. Certo, siamo nel campo del jazz, ma il linguaggio di Betti va ben al di là evidenziando input che provengono da musiche altre. Non a caso in oltre trent’anni di attività ha avuto modo di lavorare con grandi artisti di estrazione diversificata quali, tanto per fare qualche nome, Franco Ambrosetti, Paul Bley, Mark Egan, Bill Evans, Mitchel Forman, David Friedman, Donald Harrison, Carmen Lundy, Don Moye, Paul Motian, Giancarlo Schiaffini, Steve Swallow, John Taylor, Gianluigi Trovesi.

Il concerto al Teatro Franco Parenti costituisce perciò un appuntamento con una fra le personalità più singolari della musica italiana contemporanea. Sarà una carrellata lungo quarant’anni di pagine capaci di coinvolgere musicisti e pubblico in un dialogo intenso, trascinante.

Gerlando Gatto

Franco Mondini batterista e giornalista lucido, ironico e appassionato

Franco Mondini usava le parole come le bacchette: in modo anticonvenzionale, con profondo feeling, sprigionando personalità, arguzia, spirito critico e a volte sarcastico. Il batterista nonché giornalista torinese è morto il 29 giugno nella sua città, dove era nato nel 1935 e la sua esistenza si può dividere in due sequenze: dal 1951 fino alla fine degli anni ‘60, quando fu essenzialmente un jazzista molto apprezzato sia in Italia che in Europa; dagli anni ‘70 fino a pochi giorni fa, fase in cui si dedicò soprattutto al giornalismo per <<La Stampa>> e <<Stampa Sera>>, con vari incarichi di cronista, redattore, inviato e critico musicale, anche e soprattutto di jazz. In realtà la bruciante passione per la musica afroamericana e la batteria non l’hanno mai lasciato e Mondini ha continuato a suonare – con qualche concerto “privato” – e ad insegnare ad un ristretto numero di allievi. Lunedì 1° luglio si sono svolti i funerali al Cimitero Monumentale di Torino.

Iniziò a sei anni a studiare la fisarmonica sotto la guida di Renato Germonio, passando quindicenne alla batteria come autodidatta, anche se nel 1955 si diplomò in teoria e solfeggio presso un liceo musicale e nel 1956 fu allievo di Kenny Clarke. Fin dal 1951 partecipava alle jam session cittadine schierandosi con i “modernisti”, al fianco di Piero “Peter” Angela, Nini Rosso, Dick Mazzanti ed altri. A metà degli anni ’50 spiccò il volo come batterista del quintetto di Nunzio Rotondo e del trio di Amedeo Tommasi. La fama di Mondini passò ben presto le Alpi portandolo a collaborare con Bill Smith, Tete Montoliu e soprattutto Chet Baker, a partire dal 1959. Il batterista torinese – insieme al pianista bolognese Tommasi e al contrabbassista lucchigiano Giovanni Tommaso – accompagnarono a lungo il trombettista americano in un sodalizio di grande spessore. Nel 2006 il Mondini scrittore ne avrebbe parlato nel libro autobiografico “Sulla strada con Chet e tutti gli altri”, che furono tanti: René Thomas, Stephane Grappelli, Bobby Jaspar, Don Byas, Gato Barbieri, Franco Ambrosetti, Enrico Rava, Peter Brotzmann. Anche negli anni ’70, quando era più dedito al giornalismo, Franco Mondini ha suonato con Benny Bailey,  Palle Danielsson, Pepper Adams. A lungo lo Swing Club di Torino – negli anni ’60 una cave di interesse continentale – ha rappresentato la sua “base”.

Il batterista-giornalista è stato anche autore di un secondo libro, “Fuck Fiction” (2006) in cui narrava con uno stile epigrammatico quanto efficace, schegge della propria vita di uomo e musicista, senza nulla omettere e parlando senza veli della propria tossicodipendenza, dell’infanzia durante la lotta di liberazione, dei tanti musicisti frequentati e conosciuti, degli avventurosi viaggi e concerti in Europa (soprattutto Francia, Olanda e Germania). In “Fuck Fiction” le parti migliori sono, con ogni probabilità, i capitoletti intitolati “Mi ricordo” in cui Mondini con brevi frasi evocava e tratteggiava esperienze e persone, situazioni e sentimenti, riflessioni e pensieri che – se fossero stati sviluppati – avrebbero generato più di un libro. Il tutto scritto, come recita sapientemente la quarta di copertina, <<con uno stile rapido, ritmato come un assolo di batteria e uno sguardo sempre fuori dagli schemi, lucido, ironico e appassionato>>.

E’ morto, in fondo, con Franco Mondini un protagonista di una stagione per certi versi “eroica” del jazz italiano, quella cresciuta suonando con gli americani e con i jazzisti europei, a volte contro tutto e contro tutti, in una stagione creativa e pionieristica.

Luigi Onori