Udin&Jazz tocca quota 33! Molti gli appuntamenti da non perdere da Stewart Copeland a Pat Metheny, Eliane Elias e Roberto Ottaviano

Udin&Jazz tocca quota 33
Molti gli appuntamenti da non perdere tra cui quelli con Stewart Copeland, Pat Metheny, Eliane Elias e Roberto Ottaviano
Il festival in programma dal 10 al 18 luglio

Quest’anno, se tutto procede senza intoppi, ritornerò al Festival Udin&Jazz, organizzato da Euritmica, una delle pochissime manifestazioni del genere che stimolano ancora il mio interesse. E ciò per i motivi che ho più volte espresso ma che si riassumono nel fatto che il Festival si presenta sempre più legato al territorio di cui intende promuovere le eccellenze non solo artistiche.
Il Festival, in programma dal 10 al 18 luglio, offrirà alla città di Udine e alla regione intera circa 25 appuntamenti, fra location storiche e siti periferici, dove si terranno concerti, incontri, laboratori e proiezioni che coinvolgeranno oltre 110 artisti da 12 Paesi del mondo, 40 addetti e una cinquantina fra volontari e studenti, con la presenza della più qualificata stampa del settore.
Il tema scelto per questa 33^ edizione è “Jazz Against The Machine”, argomento che sarà approfondito il 10 luglio, all’apertura ufficiale del festival, nel corso di un apposito talk incentrato per l’appunto sul ruolo dell’arte e della musica dal vivo nello sviluppo dell’umanità dell’era digitale. In programma anche il concerto della Jazz Bigband Graz dedicato alla musica e alla cultura armena con una guest star: il vocalist e percussionista di fama mondiale Arto Tunçboyacıyan.
Scorrendo il vasto programma, alcuni appuntamenti appaiono imperdibili: Stewart Copeland, batterista, compositore e fondatore dei Police, si esibirà nel Piazzale del Castello il 12 luglio, prima data del suo tour europeo, con una straordinaria esperienza che propone i più grandi successi della band riarrangiati da Copeland in chiave orchestrale. Nel cast, anche il chitarrista di origini friulane, Gianni Rojatti e il bassista Alessandro Turchet, affiancati per l’occasione dalla prestigiosa FVG Orchestra, formazione recentemente annoverata dal Ministero della Cultura tra le migliori in Italia.
Altro concerto di assoluto rilievo quello di Pat Metheny in programma il 18 luglio; il chitarrista americano presenterà il suo recente progetto ‘Side Eye’ realizzato con talentuosi musicisti emergenti.
Due le star della notte brasiliana del 15 luglio: Amaro Freitas, giovane e prodigioso pianista, e la carismatica vocalist e pianista Eliane Elias, reduce dalla vittoria ai Grammy 2022.
Accanto a questi grossi calibri ci saranno anche giovani artisti internazionali tutti da scoprire quali Lakecia Benjamin, sassofonista newyorkese (17 luglio); Mark Lettieri, funambolico chitarrista, colonna portante degli Snarky Puppy (13 luglio); Matteo Mancuso, enfant prodige della chitarra (14 luglio).

Ovviamente anche questa volta non sarà poco lo spazio dedicato ai musicisti italiani: così, tra gli altri, avremo modo di ascoltare Roberto Ottaviano Eternal Love 5et (anche questo appuntamento degno della massima attenzione), Dario Carnovale trio feat. Flavio Boltro; Claudio Cojaniz; Massimo De Mattia e Giorgio Pacorig, Ludovica Burtone, violinista di origini udinesi residente a NYC, Soul System, GreenTea inFusion e la Zerorchestra.
In coerenza con quanto sottolineato in apertura circa l’aderenza del Festival alle necessità del territorio, Udin&Jazz estende i suoi orizzonti ben oltre i confini locali, realizzando progetti con festival e realtà europee e inviando giovani musicisti in residenze artistiche all’estero per momenti di crescita formativa e professionale. Anche in queste occasioni, Udine si pone, quindi,  al centro dei grandi circuiti europei del turismo culturale e artistico. All’Incontro JazzUpgrade (14 luglio) studenti e addetti ai lavori racconteranno l’esperienza di un campus di alta formazione musicale internazionale.
Questo e altri momenti, fanno parte di Udin&Jazz talk e Udin&Jazz(in)book, eventi collaterali strutturati secondo una logica che affronta sfaccettature diverse dell’anima jazz contemporanea. Fra i libri che verranno presentati, ricordiamo: Il Jazz e i mondi di Guido Michelone (12 luglio); la mini collana edita da Shake edizioni dedicata al grande poeta e intellettuale afroamericano Amiri Baraka (ospite di Udin&Jazz nel 2008), presentata da Marcello Lorrai in dialogo con Flavio Massarutto (13 luglio) e Sonosuono di Matteo Cimenti (17 luglio).
Dedicati agli studenti i workshop Jazz Sessions per i PCTO e il concerto di pianoforte partecipato di Agnese Toniutti per famiglie e bambini (15 luglio).
Da non perdere, dal 12 al 18 luglio: alle 12.00, gli Udin&Jazz Daily Special alla Ghiacciaia, aperitivi jazz con chiacchierate musicali, e le speciali dirette da Udine di “Torcida”, il programma sportivo e musicale dell’estate della rete ammiraglia Rai, condotto da Max De Tomassi, (presentatore ufficiale dei concerti del festival).
E vorrei chiudere questa nota su Udin&Jazz 2023 con le parole con cui Giancarlo Velliscig, direttore artistico del Festival, ma in realtà vera anima nonché instancabile motore della manifestazione, ha aperto la conferenza stampa di presentazione: «Si potrebbe dire che ricominciamo da 33, evocando un adorabile film del tenero Troisi. Udin&Jazz, infatti, non ricomincia da zero, come di solito si definiscono le ripartenze, ma dalla storia di 32 edizioni di un festival che ha saputo ritagliarsi un’autorevole collocazione tra i punti fermi del jazz nazionale».

Gerlando Gatto

IL PROGRAMMA COMPLETO DI UDIN&JAZZ
info dettagliate al sito www.euritmica.it

lunedì 10 luglio
ore 09:30 Groove Factory, Martignacco
WORKSHOP PCTO / 1
Progetto Jazz Sessions – Euritmica per le Scuole

ore 18:30 Corte Morpurgo
Udin&Jazz talk
JAZZ AGAINST THE MACHINE
Incontro sul ruolo dell’arte e della musica dal vivo nello sviluppo dell’umanità dell’era digitale Con la partecipazione di: Marco Pacini giornalista e scrittore / Angelo Floramo, docente e medievista, scrittore / Claudio Donà, critico, docente di Storia del Jazz al Conservatorio di Rovigo, produttore discografico / Giancarlo Velliscig, direttore artistico Udin&Jazz / Modera Andrea Ioime, giornalista e critico musicale
ore 21:30 Piazza Libertà
JAZZ BIG BAND GRAZ & GUESTS – ARMENIAN SPIRIT
Horst-Michael Schaffer, vocals, trumpet / Heinrich von Kalnein, reeds / Karen Asatrian, keyboards / Thomas Wilding, bass / Tom Stabler, drums
Special guests: Arto Tunçboyacıyan, percussion, vocals / Bella Ghazaryan, voice

martedì 11 luglio
ore 09:30 Groove Factory, Martignacco
WORKSHOP JAZZ SESSIONS / 2
Progetto Jazz Sessions – Euritmica per le Scuole
ore 20:00 via R. Di Giusto – Area Parrocchiale
Udin&Jazz talk
I LUOGHI DELLA MUSICA IN CITTÀ
Visioni, proiezioni, prospettive, progetti intorno agli spazi culturali e alle architetture dedicate alla musica in città.
Con: Federico Pirone, Ivano Marchiol, Chiara Dazzan – Assessori del Comune di Udine / Giancarlo Velliscig, presidente di Euritmica / Modera Oscar d’Agostino – caporedattore delle pagine culturali del Messaggero Veneto
segue
ore 21:30
SOUL SYSTEM Quartet
Piero Cozzi, sax / Mauro Costantini, piano / Andrea Pivetta, drums / Federico Luciani, percussion

mercoledì 12 luglio
ore 18:00 Spazio 35, via C. Percoto
Udin&Jazz (in) book
IL JAZZ E I MONDI Musiche, nazioni, dischi in America, Africa, Asia, Oceania
Guido Michelone presenta il suo libro (Arcana Ed.) e dialoga con Max De Tomassi, Radio 1 Rai
segue
ore 19:00
CLAUDIO COJANIZ “Black”
Claudio Cojaniz, piano feat. Mattia Magatelli, doublebass / Carmelo Graceffa, drums
ore 21:30 Piazzale del Castello di Udine
STEWART COPELAND & FVG ORCHESTRA
“Stewart Copeland Police Deranged for Orchestra” prima data europea
Stewart Copeland, drums, guitar, conductor / Troy Miller, conductor / Laise Sanches, vocals / Raquel Brown, vocals / Sarah-Jane Wijdenbosch, vocals / Vittorio Cosma, keyboard / Gianni Rojatti, guitar

giovedì 13 luglio
ore 18:00 Corte Morpurgo
Udin&Jazz(in) book
A SESSANT’ANNI DA “IL POPOLO DEL BLUES” (1963): L’EREDITÀ DI AMIRI BARAKA
Incontro con Marcello Lorrai, giornalista, scrittore e conduttore radiofonico in dialogo con Flavio Massarutto, scrittore e critico musicale
ore 20:00 Corte Morpurgo
LUDOVICA BURTONE 4et “Sparks”
Ludovica Burtone, violin, compositions / Emanuele Filippi, piano / Alessio Zoratto, doublebass / Luca Colussi, drums
ore 21:30 Piazza Libertà
MARK LETTIERI GROUP
Mark Lettieri, guitar, baritone guitar / Eoin Walsh, bass / Jason Thomas, drums / Daniel Porter- keyboards

venerdì 14 luglio
ore 18:00 Corte Morpurgo
Udin&Jazz talk: JAZZ UPGRADE
Jazz a Vienne e Udin&Jazz – Il campus di alta formazione musicale internazionale, come esempio della necessaria collaborazione e scambio per lo sviluppo della creatività giovanile e di un linguaggio musicale davvero globale. Con: Federico Pirone – Assessore alla Cultura Comune di Udine / Giovanni Maier, musicista, docente al Conservatorio Tartini Trieste / Glauco Venier, musicista e docente al Conservatorio Tomadini Udine / Roberto Ottaviano, musicista e docente al Conservatorio Piccinni Bari / Tomi Novak, presidente Kulturno umetniško društvo “Zvočni izviri” Nova Gorica / Giancarlo Velliscig, direttore artistico Udin&Jazz / In collegamento Benjamin Tanguy direttore artistico del Festival internazionale Jazz a Vienne (festival e città gemellati con Udine) e gli studenti italiani partecipanti al campus. In collaborazione con i Conservatori di Trieste e di Udine
ore 20:00 Piazza Libertà
ROBERTO OTTAVIANO – Eternal Love 5et
Roberto Ottaviano, sax / Marco Colonna, clarinets / Alexander Hawkins, piano, Giovanni Maier, doublebass / Zeno De Rossi, drums
ore 21:30 Corte Morpurgo
MATTEO MANCUSO trio
Matteo Mancuso, guitars / Stefano India, bass / Giuseppe Bruno, drums

sabato 15 luglio
ore 10:30 Casa Cavazzini, Museo di arte moderna e contemporanea
AGNESE TONIUTTI “Piano maestro”
Concerto partecipato per pianoforte, toy piano e piano preparato per bambini (dai 6 anni) e famiglie

ore 18:30 Piazza Libertà
DARIO CARNOVALE TRIO feat. FLAVIO BOLTRO
Dario Carnovale, piano / Lorenzo Conte, doublebass / Sasha Mashin, drums / feat. Flavio Boltro, trumpet
Piazzale del Castello di Udine
BRAZILIAN NIGHT
ore 20:30
AMARO FREITAS “Piano Solo”
Amaro Freitas, piano
segue
ore 22:00
ELIANE ELIAS
Eliane Elias, piano & vocals / Marc Johnson, bass / Leandro Pellegrino, guitar / Rafael Barata, drums

domenica16 luglio
ore 19:00 Giangio Garden – Parco Brun
GREENTEA inFusion “Viva Cuba!” New Album
Franco Fabris, Fender Rhodes, synth / Gianni Iardino, alto&soprano sax, flute, synth / Maurizio Fabris, percussion and vocals / Pietro Liut, electric bass
ore 21:00 Piazza Libertà
Introduzione al film e alla colonna sonora dal vivo di “The Freshman” a cura di Cinemazero – Pordenone
segue
ore 21:30
ZERORCHESTRA “The Freshman”
Proiezione del film muto con Harold Lloyd e la colonna sonora eseguita dal vivo dalla Zerorchestra: Mirko Cisilino, direzione, tromba e trombone / Francesco Bearzatti, sax tenore / Luca Colussi, batteria / Juri Dal Dan, pianoforte / Luca Grizzo, percussioni ed effetti sonori / Didier Ortolan, clarinetti / Gaspare Pasini, sax alto / Romano Todesco, contrabbasso / Luigi Vitale, vibrafono

lunedì 17 luglio
ore 18:30 Casa Cavazzini – Museo di arte moderna e contemporanea
Udin&Jazz(in) book
SONOSUONO
Incontro con Matteo Cimenti, autore del libro Sonosuono / Anselmo Paolone / Damiano Cantone / Massimo de Mattia / Giorgio Pacorig
segue
ore 20:00
MASSIMO DE MATTIA / GIORGIO PACORIG
Massimo De Mattia, flute / Giorgio Pacorig, piano
ore 21:30 Corte Morpurgo
LAKECIA BENJAMIN “Phoenix”
Lakecia Benjamin, alto sax / Zaccai Curtis, piano / EJ Strickland, drums / Ivan Taylor, bass

martedì 18 luglio
ore 18:30 Comunità Nove, parco S. Osvaldo
Udin&Jazz talk&sound
Doctor Delta “Zappa, idrogeno e stupidità”
Giorgio Casadei, oratore, chitarra, ukulele / Alice Miali voce, chitarra, banjolele, banjo, stylophone, kazoo
Tributo a Frank Zappa fra parole e musica nel trentennale della morte
In collaborazione con Vicino/Lontano Mont e Comunità Nove – Coop. sociale Itaca
ore 21:30 Piazzale del Castello di Udine
PAT METHENY “Side-Eye”
Pat Metheny, guitars/ Chris Fishman, piano, keyboards / Joe Dyson, drums

dal 12 al 18 luglio in diretta da Udine
MAX DE TOMASSI conduce “TORCIDA” e presenta sul palco i concerti di Udin&Jazz

Dal 12 al 18 luglio
Ore 12:00 Osteria alla Ghiacciaia
Udin&Jazz daily special:
12 luglio: Stewart Copeland e i Police, con Andrea Ioime
13 luglio: I collettivi musicali, con Guido Michelone
14 Luglio: Il jazz del futuro, il futuro del jazz, con Marcello Lorrai
15 luglio: Miti e leggende della musica brasiliana, con Max De Tomassi 18 luglio: La storia del Pat Metheny Group, con Flaviano Bosco

17 luglio Ore 12:00 Corte dell’Hotel Astoria
Dora Musumeci/Lakecia Benjamin, Tra le donne del jazz, con Gerlando Gatto

Udin&Jazz per i musicisti
Se sei un musicista iscritto a MIDJ e sei in possesso del QR code (inviato dalla segreteria al tuo indirizzo di posta) hai diritto al biglietto ridotto o all’abbonamento YOUNG per gli eventi del Festival. Info: www.musicisti-jazz.it

#euritmicasocial: Pagina Facebook Udin&Jazz / Twitter Udin&Jazz / Instagram Udin&Jazz / Canale YouTube euritmicavideo / Instagram Euritmica / Pagina Facebook Euritmica

biglietti e abbonamenti
tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito ad eccezione di:
mercoledì 12 luglio – Piazzale del Castello
Stewart Copeland & FVG Orchestra
Poltronissima intero € 55,00 + € 8,25 d.p. / ridotto € 44,00 + € 6,60 d.p. Platea intero € 40,00 + € 6,00 d.p. / ridotto € 32,00 + € 4,80 d.p.

venerdì 14 luglio – Corte Morpurgo
Matteo Mancuso
intero € 15,00 + € 2,00 d.p. / ridotto € 10,00 + € 1,50 d.p.

sabato 15 luglio – Casa Cavazzini
Agnese Toniutti
posto unico € 7,00
prevendita su eventbrite.it (non acquistabile all’ingresso).

sabato 15 luglio – Piazzale del Castello
BRAZILIAN NIGHT Amaro Freitas + Eliane Elias
intero € 30,00 + € 4,50 d.p. / ridotto € 24,00 + € 3,60 d.p.

lunedì 17 luglio – Corte Morpurgo
Lakecia Benjamin
intero € 25,00 + € 3,75 d.p. / ridotto € 20,00 + € 3,00 d.p.

martedì 18 luglio – Piazzale del Castello
Pat Metheny
Poltronissima intero € 50,00 + € 7,50 d.p. / ridotto € 40,00 + € 6,00 d.p.
Platea intero € 40,00 + € 6,00 d.p. / ridotto € 32,00 + € 4,80 d.p.

abbonamento full festival (5 concerti, settore poltronissima)
intero € 150,00 | ridotto € 120,00 | young € 100,00 / L’abbonamento young è riservato a: studenti di ogni ordine e grado under 26.
I biglietti e gli abbonamenti ridotti sono riservati a: studenti di ogni ordine e grado under 26; Soci Banca di Udine; possessori Contatto card, Iscritti a Groove Factory, Iscritti alla Università delle Liberetà, Associati Arci; musicisti iscritti al MIdJ; soci Vicino/Lontano; soci A.C.CulturArti.
biglietteria e prevendita
circuito e punti vendita Vivaticket / per i concerti di Stewart Copeland e Pat Metheny circuito e punti vendita TicketOne / per gli eventi gratuiti prenotazioni su eventbrite.it
abbonamenti: tickets@euritmica.it

Udin&Jazz 2022 ovvero Play Jazz Not War

Di recente abbiamo fornito alcune anticipazioni su Udin&Jazz 2022 sottolineando, come fattori di grande positività, il fatto che la manifestazione rientrasse a Udine, sua sede naturale.
Adesso il programma è stato presentato nella sua interezza, e si tratta di un programma di sicuro spessore in quanto, more solito, riesce a coniugare l’esigenza di valorizzare le risorse locali con l’opportunità di offrire al pubblico alcune vere e proprie eccellenze del jazz di oggi.
Il Festival, giunto alla 32esima edizione e da sempre organizzato da Euritmica, per la direzione artistica di Giancarlo Velliscig, si svolgerà dall’11 al 16 luglio. Una settimana, quindi, densa di concerti, di eventi, di laboratori, di mostre, a valorizzare i molteplici aspetti di questa straordinaria musica, che in queste zone ha trovato sempre terreno fertile come dimostrano i numerosi talenti che provengono dal Friuli-Venezia Giulia.
Il clima culturale che, anche grazie alla musica, in questi anni si è sviluppato a Udine «ci inorgoglisce – ha dichiarato Velliscig nel corso della conferenza stampa di presentazione del Festival – e ci dà energia e slancio per continuare, in un non facile futuro in cui i rapporti umani e culturali dovranno essere fondamentali per la ricostruzione di tessuti sociali devastati da anni di pandemia e di inasprimenti bellici ed economici; confidiamo pertanto che il progetto di Udin&Jazz, che da qualche tempo si sviluppa anche in versione invernale, venga valutato e vissuto in senso positivo anche da parte della comunità regionale e locale, così come fino ad oggi è accaduto. Anche per questo il nostro motto di quest’anno sarà Play Jazz, not War!».
Udin&Jazz 2022 si apre l’11 luglio con la proiezione, introdotta dal critico musicale Andrea Ioime, del film “Gli Stati Uniti contro Billie Holiday” al Giardino Loris Fortuna in Piazza Primo Maggio (in collaborazione con il C.E.C.); dal 12 al 16 luglio poi, Udin&Jazz ospiterà due concerti a sera al Teatro Palamostre (alle 20 e alle 22) e contestualmente, in fasce orarie diverse, altri concerti, incontri e presentazioni.
Apertura il 12 luglio, nella sala Carmelo Bene del Teatro Palamostre (ore 18.30) con il vernissage della Mostra “I Colori del Jazz”, dell’artista udinese, Ivana Burello; la serata proseguirà, nella sala Pasolini, sempre al Palamostre, con due concerti: dapprima il pianista udinese, che risiede a Parigi, Emanuele Filippi, definito da Enrico Rava “uno dei migliori pianisti della nuova generazione”, presenta il suo nuovo progetto, “Heart Chant”, esibendosi con il giovane sassofonista olandese Ben van Gelder, uno dei musicisti più interessanti della nuova scena jazz Europea; successivamente, alle 22, il quartetto del celebre trombettista Fabrizio Bosso, completato da Julian Oliver Mazzariello, piano, Jacopo Ferrazza, double bass / e Nicola Angelucci, batteria presenterà  il suo ultimo lavoro “WE4”.
Il 13 luglio, il Palamostre ospiterà la presentazione del libro a fumetti “Mingus”, di Flavio Massarutto e Squaz, alla presenza dell’autore. A seguire, i concerti del quartetto internazionale della contrabbassista Rosa Brunello, con il suo nuovissimo “Sounds Like Freedom” e l’omaggio all’infinito universo dei Beatles di uno dei più grandi chitarristi del nostro tempo, Al Di Meola, che presenta “Across the Universe” alla testa del suo trio acustico con Peo Alfonsi alla chitarra e Sergio Martinez alle percussioni.

Il 14 luglio, ancora due concerti: s’inizia con la musica di “Scenario”, nuovo progetto dei C’Mon Tigre, collettivo che coinvolge diversi musicisti nazionali e internazionali (tra cui il friulano Mirko Cisilino), e si prosegue con il trio del pianista Vijay Iyer, uno dei grandi protagonisti del nuovo pianismo jazz, che presenta, tra l’altro, la straordinaria bassista Linda May Han Oh e il batterista Tyshawn Sorey a costituire un ensemble, che prescindendo dal valore del leader, viene oggi considerato uno dei migliori gruppi jazz in esercizio.
Il Brasile sarà il protagonista della penultima giornata del festival, il 15 luglio. Alle 18.30, il Palamostre ospiterà un incontro dal titolo “La Musica brasiliana ieri e oggi” in cui il conduttore di Radio 1 Rai, Max De Tomassi illustrerà le dinamiche musicali del grande Paese sudamericano. Alle 20 l’esibizione di Mel Freire, cantante e compositrice di Belo Horizonte che rende omaggio alla grande Elis Regina, cui segue il concerto di Ivan Lins, autentica star e maestro della Musica Popular Brasileira sicuramente uno degli eventi clou dell’intero Festival; Ivan sarà accompagnato da André Sarbib piano, Léo Espinosa basso, Claudio Ribeiro chitarra e Chris Wells batteria.
Chiusura il 16 luglio, con la musica travolgente degli Snarky Puppy, collettivo statunitense guidato dal geniaccio Michael League che conta circa 25 musicisti in rotazione, band tra le più acclamate della scena jazz contemporanea, band che avevamo già avuto modo di apprezzare nelle scorse edizioni di Udin&Jazz. Per sottolineare l’importanza di questo gruppo, basti ricordare che League, Laurance e compagni, hanno di recente vinto l’ennesimo Grammy Award come miglior album strumentale.
Nella mattinata del 16 luglio, Udin&Jazz propone un concerto/laboratorio interattivo interamente dedicato ai bambini e alle loro famiglie: U&j 4 Kids.
Tra gli eventi in cartellone, per Aspettando Udin&Jazz, è in corso una serie di 5 concerti che si alternano tra lo storico Jazz Caffè Caucigh ed il Giangio Garden al Parco Brun: il 25-06 il trio di Bruno Cesselli, il 30-6 Giampaolo Rinaldi Trio, il 2-7 Luca Dal Sacco Trio, il 5-7 Matteo Sgobino & Luna Troublante, e il 9-7 l’Armando Battiston duo; gli aperitivi del Jazz Corner, alle 18,30 alla Ghiacciaia, saranno animati il 12-7 da Laura Clemente/Gaetano Valli Duo e il 14-7 dal duo di Michele Pirona e Stefano Andreutti.
Sempre alla Ghiacciaia il 14 luglio – alle 12 – il sottoscritto presenterà il suo ultimo libro di interviste “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”, dialogando con Andrea Ioime.
Le notti di Udin&Jazz Festival saranno animate dalle dirette del MUUD Podcast, alla Tana del Luppolo, accanto al Palamostre, con approfondimenti di quanto proposto dal festival attraverso interviste, incontri ed esibizioni di giovani musicisti, flash di jazz contemporaneo e non solo. In presenza oppure in streaming.
Udin&Jazz gode del patrocinio e del sostegno di: Ministero della Cultura, Regione Autonoma Friuli Venezia-Giulia – Assessorato alla Cultura, Fondazione Friuli, PromoTurismoFvg, Cciaa di Udine e della sponsorship di Reale Mutua Assicurazioni Franz e Di Lena, Udine e della Banca di Udine.

Gerlando Gatto

Udin&Jazz torna a Udine, nella sua sede naturale, dal 12 al 16 luglio

Udin&Jazz ritorna nel suo luogo naturale: il capoluogo friulano ospiterà dal 12 al 16 luglio la 32° edizione di “Udin&Jazz”, a cura di Euritmica, la gloriosa manifestazione che nel corso degli anni ha assunto un’importanza sempre crescente nel pur vastissimo panorama dei festival italiani dedicati alla musica afro-americana.
Viene così archiviata la parentesi, per altro più che positiva, di GradoJazz, che per tre anni, anche in tempi di pandemia, ha portato in regione grandi stelle della musica nazionale e internazionale (King Crimson, Paolo Conte, Stefano Bollani, Gonzalo Rubalcaba, Paolo Fresu, Dee Dee Bridgewater, Brad Mehldau e molti altri…) e il successo delle due edizioni invernali di Udin&JazzWinter al Teatro Palamostre di Udine.

Ma, a mio avviso, un festival che si chiama “Udin&Jazz” trova il suo perché anche per la località in cui si svolge. In effetti molte volte mi è capitato di sottolineare come oggi un Festival del Jazz assume rilievo solo se soddisfa determinate condizioni. In primo luogo essere strettamente legato al territorio in cui si svolge, sì da valorizzarne i contenuti cultuali ed economici (prodotti tipici); in secondo luogo se, contrariamente ai “grandi festival” non  si inseguono i grandi nomi solo per fare cassetta (poco importa se poi con il jazz poco o nulla hanno a che vedere) e viceversa si dà il giusto spazio ai musicisti locali. E sotto questo specifico aspetto tutte le regioni italiane potrebbero benissimo dare spazio ai tanti talenti locali solo che a Udine si fa da sempre e in molti altri posti purtroppo no.
Ciò, ovviamente, nulla toglie che si dia ampio rilievo alle stelle di primaria grandezza e più in generale a quei musicisti che si esprimono su alti livelli qualitativi. E anche da questo punto di vista Udin&Jazz non ha mai deluso, cosa che accadrà anche quest’anno visto le prime notizie che si hanno sul programma il cui dettaglio verrà presentato a breve.
In effetti si sa già che la chiusura del Festival sarà affidata sabato 16 luglio 2022 alle 21, al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, ad una delle band più acclamate dello scenario del nuovo jazz contemporaneo mondiale, gli Snarky Puppy. Guidato da Michael League, il collettivo, con circa 25 musicisti in rotazione, si muove tra jazz, funk e R&B, musica scritta e improvvisazione totale e ritorna nel 2022 con un nuovo album live appena inciso, “Empire Central”, il quattordicesimo, una lettera d’amore a Dallas, il luogo dove l’avventura è iniziata nel 2004. “Empire Central”, per loro stessa ammissione, è il progetto più ambizioso e comunicativo di sempre, e arriva dopo quasi 2.000 spettacoli, 13 album, 4 premi Grammy, 8 premi JazzTimes e Downbeat e centinaia di masterclass presso istituzioni educative in tutto il mondo.
Ovviamente appena sarà varato il calendario completo avrete modo di leggerlo su questo stesso spazio.
U&J è ideato e organizzato dall’Associazione Culturale Euritmica e gode del sostegno di: Regione FVG, Fondazione Friuli, Reale Mutua Assicurazioni Udine Franz&Dilena, Banca di Udine, oltre agli importanti partenariati con Radio 1 Rai, Radio 3 Rai e Rai FVG. Udin&Jazz è altresì gemellato con alcuni tra i più prestigiosi festival jazz europei, come quello di Vienne in Francia, di cui è partner nell’organizzazione della 3a edizione di JazzUp.

Gerlando Gatto

My Favorite Things, le cose che preferisco: Jazz in Friuli Venezia Giulia – part 2

Flaviano Bosco – My Favorite Things, le cose che preferisco: Jazz in Friuli Venezia Giulia – part 2 Udin&Jazz Winter 2

L’Associazione culturale Euritmica, che da tre decenni e oltre organizza la manifestazione jazzistica udinese, si è sempre distinta per il proprio impegno sociale e politico. In tutti questi anni di successi, che l’hanno vista estendere le proprie programmazioni e rassegne a tutto il circuito regionale e ben oltre, non ha mai dimenticato le proprie origini militanti. Fare musica, soprattutto jazz, non può e non deve essere solo puro intrattenimento.
Quella musica è nata per dare voce agli ultimi della terra e deve continuare a farlo, porta con se un’energia, una voglia di giustizia e di riscatto che sono insopprimibili, far finta di non sentire le voci e le grida di dolore che si porta dietro anche nelle melodie più delicate significa impedirsi di capirne l’importanza e le prospettive. Se dopo più di cento anni di evoluzioni e di stili possiamo ancora goderne, è perché il Jazz ha saputo farsi portavoce di tutte le diversità culturali e sociali del mondo, la sua forma malleabile, flessibile e ora anche liquida, la sua anti-convenzionalità ne hanno fatto lo strumento ideale per esprimere e trasmettere le sofferenze e la gioia di chi non ha altro modo per farsi sentire; ancor di più attraverso il jazz si è potuto trovare un linguaggio musicale universale in grado di parlare contemporaneamente a tutti i cuori e a tutti i cervelli contemporaneamente in tutto il mondo.
Proprio dalla profonda consapevolezza di questa dimensione globale e militante della musica d’ispirazione afro-americana vengono modulate le proposte di Euritmica, che certo non trascurano la parte di divertimento e di svago che la musica porta con se ma non fine a se stessa. Nell’edizione invernale di Udin&Jazz, tenutasi dal 6 all’8 dicembre 2021 al teatro Palamostre di Udine, il focus è stato centrato sulle rotte dei migranti, sia quella balcanica che ha la regione FVG come punto d’arrivo sia quelle Mediterranee che, più in generale, toccano le coste del nostro paese tutto intero.

Esprimere e sottolineare con la musica quell’esodo non è solo un dovere ma un imperativo morale inderogabile. Solo chi chiude occhi, orecchie e cuore può ritenerla una fastidiosa questione di ordine pubblico. Al contrario, quei fatti atroci che ogni giorno avvengono a pochi passi delle nostre case chiedono la nostra attenzione, invocano il nostro aiuto in qualunque modo. La musica, come potentissimo mezzo di comunicazione, deve servire da megafono per denunciare ogni insipienza e ogni indifferenza.
La seconda edizione di Udin&Jazz Winter segue in realtà di pochi mesi la prima, che fu spostata in avanti fino alla primavera per i ben noti problemi con l’epidemia. Tre intense giornate di grande musica hanno confermato sia il gradimento del pubblico per l’estemporanea collocazione della rassegna, sia la grande versatilità degli organizzatori in grado di costruire cartelloni sempre interessanti e perfino insoliti, in tempi che definire complicati è un eufemismo, potendo contare su una lunga teoria di collaborazioni e contatti con i musicisti più importanti della scena nazionale e oltre.
Particolare attenzione come sempre è stata rivolta verso le produzioni regionali che sanno distinguersi sempre per la qualità altissima delle proposte validate anche dall’interesse delle più blasonate riviste di settore e dei mezzi d’informazione. Il jazz friulano conferma da almeno 50 anni la sua presenza significativa nel nostro paese e Udin&Jazz ne è sempre stato un ottimo testimone coniugando tradizione e innovazione senza mai smentirsi, anzi rilanciando continuamente il proprio impegno in questo senso con un’attenzione alle produzioni artistiche locali di grande respiro d’orizzonte.
“Jazz Noir – Indagine sulla misteriosa morte del leggendario Chet” (My Foolish Heart) di Rolf van Ejik (2018): la rassegna si è aperta con un omaggio a Chet Baker attraverso la proiezione di un film biografico che però non rende giustizia allo sfortunato trombettista. Il lungometraggio gioca sui soliti stereotipi dell’artista maledetto per raccontare una storia del tutto inconsistente a sfondo vagamente psicoanalitico. È vero che il trombettista alla fine della propria vita era ridotto davvero male, il ritratto che se ne ha da parte di conoscenti e amici è davvero squallido; è vero anche che dal punto di vista strettamente tecnico e creativo la consistenza è sempre stata poca se lo paragoniamo ai suoi coetanei (ad es. Miles Davis) ma da qui a farne un mascherone senza arte né parte ce ne corre. Il film di Rolf van Ejik, al suo esordio, costruito come un noir investigativo, si rivela davvero fiacco soprattutto quando cerca di parlare di musica. Non una sola nota della colonna sonora è di Chet in una reinterpretazione che con il suo stile ha davvero poco a che fare.
Tony Momrelle “Best is yet to come”: quello del cantante degli Incognito è stato di certo uno dei concerti più sorprendenti dell’intera rassegna. Lo spettatore medio si aspettava acid-jazz, suadente, ballabile e facile-facile, si è invece trovato davanti ad un raffinatissimo soul contemporaneo cantato con voce morbida e setosa piena di romanticismo, intima e dolce. In alcuni momenti il pensiero andava alle composizioni più riuscite di Stevie Wonder ed è tutto dire. Momrelle tiene insieme la tradizione del soul più classico con le visioni di un futuro che la sua musica è capace di farci immaginare, gioioso e felice. Non è poco di questi tempi.
Angelo Comisso Trio “Numen”: Angelo Comisso, pianoforte; Alessandro Turchet, Contrabbasso; Luca Colussi, Batteria. A proposito di “risorse locali” o di “jazz a chilometri zero” questo trio tutto friulano è una splendida realtà di livello internazionale. Sono davvero talenti brillanti e preclari con una lunga serie di collaborazioni attive in varie formazioni. Il progetto musicale presentato, frutto della creatività dell’ottimo pianista Comisso, ha visto la luce del laser in un’incisione a cura di Artesuono di Stefano Amerio, altra gloria locale conosciuta ovunque per la sua infinita qualità. Il termine “Numen” per gli antichi significava la potenza e la presenza della manifestazione divina, la sua epifania nel mondo fisico; è proprio questa presenza, che in modo del tutto laico, s’avverte durante l’esibizione del Trio. È la musica che si manifesta nel virtuosismo misurato e intimo degli interpreti e nel loro suono per immagini, quasi cinematografiche, che evocano paesaggi e strutture aeree nell’aria calda di un pomeriggio assolato.

Art Trio: Andrea Centazzo, Percussioni; Roberto Ottaviano, sax soprano; Franco Feruglio, Contrabbasso. Questa formazione rappresenta l’antica sorgente del nuovo jazz regionale, anzi udinese, in un certo senso sono quelli che hanno permesso al trio di Comisso di cui parlavamo più sopra di esistere. Il suo leader è, infatti, uno dei decani della musica sperimentale italiana tra i più innovatori, creativi e ancora attivi. Centazzo, che ormai è cittadino di Los Angeles, non dimentica le sue origini friulane. In modo molto ironico, presentandosi, ha voluto ricordare i molti concerti tenuti sul medesimo palcoscenico del Palamostre dal 1972, dimostrando di essere non solo memoria viva ma un musicista in grado di attraversare le epoche e gli stili in un continuo rinnovamento e progettualità. Non sono stati da meno i suoi compagni di viaggio, vecchi amici che lo accompagnano da quasi cinquant’anni. Nessuna nostalgia nel ricordare l’amico Steve Lacy.
Nicoletta Taricani “In un mare di voci” con Fabrizio Gatti. Un progetto davvero ambizioso, dallo slancio sociale e ideologico encomiabile per la sua esortazione alla fratellanza e alla riflessione sui temi della solidarietà e sulla tragedia dei migranti. Purtroppo il risultato non è stato calibrato allo sforzo e all’eticità del progetto. Quello che è mancato, soprattutto, è un senso registico del coordinamento drammaturgico tra la parte recitata e letta dallo stesso Gatti e la parte musicale che prevedeva un doppio quartetto jazz e d’archi, alcune vocalist e un’ulteriore lettrice. L’effetto finale è stato caotico e tutto è sembrato sovradimensionato, sopra le righe, ridondante, in una parola, eccessivo.

Andrea Motis Trio: Andrea Motis, Tromba, sax soprano, voce; Josep Traver Llado, chitarra; Giuseppe Campisi,  Contrabbasso. Una voce d’angelo con un’eleganza innata che ricorda la migliore Audrey Hepburn di “Colazione da Tiffany”, Andrea Motis è un miracolo, un’apparizione da lasciare senza parole. Il suo repertorio spazia dai brani originali, agli standard più classici, un po’ di  saudade brasileira, fino al pop catalano contemporaneo e tanta anima latina. Tutto filtrato dalla  grazia straordinaria di un canto sussurrato da incantatrice di serpenti anche quando soffia dentro la sua tromba o nel sax sopranino.

Muudpodcast@ud&jazz winter. Novità di questa seconda edizione invernale della rassegna gli incontri a tarda sera, dopo gli spettacoli, nella “cripta” del Teatro Palamostre di Udine. Esattamente sotto il palcoscenico principale, intitolato a “Pier Paolo Pasolini” è stata ricavata una piccola ma accogliente sala sotterranea che, giustamente, è stata dedicata a Carmelo Bene suprema “macchina attoriale”. Il format è stato quello attualissimo del podcast di un piccolo spettacolo dal vivo tra talk show con gli artisti che si erano appena esibiti, tante chiacchiere e piccole, interessanti, preziose jam session con il meglio dei musicisti regionali. Il tutto, naturalmente, in diretta live sui principali social e piattaforme on line, dove le serate sono ancora disponibili a futura memoria.
Tanta è stata la musica che si è potuta ascoltare in Friuli Venezia Giulia in questo “beato anno del castigo” epidemico, ma siamo sicuri che “tutto il meglio deve ancora venire” come ha cantato Momrelle.

Flaviano Bosco

I nostri libri

Pochi giorni fa mi sono soffermato sulla necessità di scrivere in maniera chiara sì che tutti possano capire; chiarito questo concetto per me fondamentale, vi presento la nostra rubrica dedicata ai libri, sei volumi che sicuramente non “lo fanno strano”.
Buona lettura.

Serena Berneschi – “La pittrice di suoni – Vita e musica di Carmen McRae” – Pgg.362 – € 15,00

Atto d’amore verso una grande interprete: credo che questa definizione si attagli benissimo al volume in oggetto, rielaborazione della tesi di laurea in Canto jazz, conseguita dalla Berneschi nel 2018, che esamina la vita e la carriera di una delle più grandi vocalist del jazz, troppo spesso sottovalutata. L’autrice è anch’essa una musicista: cantante, compositrice, arrangiatrice, autrice di testi e attrice di musical e teatro, oltre che insegnante di musica e canto, vanta già una buona esperienza professionale. Insomma ha tutte le carte in regola per scrivere un lavoro che cattura l’attenzione del lettore, non necessariamente appassionato di jazz.
In effetti la Berneschi traccia un quadro esaustivo della personalità di Carmen McRae (Harlem, 8 aprile 1920 – Beverly Hills, 10 novembre 1994), vista non solo come musicista ma anche come donna. Di qui tutta una serie di suggestioni che inquadrano perfettamente la figura dell’artista e ci fanno capire perché sia a ben ragione considerata una delle figure fondamentali della musica jazz, capace di lasciare un’impronta indelebile nella storia della musica americana…e non solo.
Il volume è suddiviso in quattro parti: La vita – La musica – Woman Talk – La discografia, tutte molto ben curate. In particolare la biografia è dettagliata, e la vita artistica della McRae ricostruita in modo tale da far risaltare le capacità dell’artista particolarmente rilevanti nell’interpretazione dei testi, suo vero e proprio cavallo di battaglia. Nella seconda parte la Berneschi si addentra in un’analisi dello stile interpretativo della McRae che prendendo le mosse dalla grande Billie Holiday se ne distaccò per esprimersi secondo stilemi assolutamente personali. La terza sezione del libro, contiene estratti di varie interviste, cui fa seguito, nella quarta sezione una discografia, suddivisa per decenni, dagli anni Cinquanta ai Novanta. Il volume è corredato da un glossario dei termini musicali e jazzistici più ricorrenti e dei brevi cenni sulla storia del jazz. Ecco francamente di questi “brevi cenni” non si sentiva assolutamente la necessità dato che sono troppo brevi per risultare interessanti a chi nulla sa di jazz, e di converso assolutamente inutili per chi questa musica segue e apprezza.

Flavio Caprera – “Franco D’Andrea un ritratto” – EDT – Pgg. 209 – € 20,00

Franco D’Andrea si è oramai ritagliato un posto tutto suo nella storia del jazz, non solo italiano. Artista poliedrico, sempre alla ricerca di qualcosa che potesse meglio esprimere il proprio io, D’Andrea coniuga la sua straordinaria arte musicale con una personalità umana davvero straordinaria. Lo conosco oramai da tanti anni e non c’è stata una sola volta, e sottolineo una sola volta, in cui D’Andrea non abbia risposto alle mie sollecitazioni, di persona o per telefono, con la massima cortesia e disponibilità, mai dando per certezze le sue opinioni, aprendosi così ad un confronto serrato ma costruttivo,
E’ quindi con gioia che vi segnalo questo volume scritto da Flavio Caprera per i tipi della EDT, una casa editrice che si va sempre più caratterizzando per la produzione di volumi interessanti.
Devo confessare che quando leggo una biografia così accurata, in cui le varie tappe artistiche vengono seguite con precisione come se l’autore fosse stato sempre accanto al musicista, avverto un po’ d’invidia. Questo perché sono oramai tre anni che cerco di scrivere una biografia di Gonzalo Rubalcaba e non ci riesco perché sono troppi i tasselli che mancano alla costruzione del disegno complessivo.
Ma torniamo al volume di Caprera che, come avrete capito, è in grado di seguire passo dopo passo la vita artistica di D’Andrea da quando giovane si innamora di Louis Armstrong e degli strumenti a fiato, fino al 2019 quando incide “New Things”.
Sorretto da un periodare semplice ma non banale, l’autore ci accompagna quindi alla scoperta di una carriera davvero formidabile mettendo sempre in primo piano le motivazioni artistiche che hanno portato D’Andrea a scegliere alcune strade piuttosto che altre. E lo fa ricorrendo sovente a dichiarazioni dello stesso musicista, riportate in virgolettato; il tutto corredato da valutazioni sui dischi più significativi della carriera artistica del pianista. Il volume è corredato da una preziosa prefazione di Enrico Rava, da una discografia ragionata, da un’accurata bibliografia e da un sempre utilissimo indice dei nomi.
Insomma un volume che si raccomanda alla lettura di quanti ascoltano la buona musica. Personalmente, pur avendo apprezzato in toto il libro (come si evince facilmente da quanto sin qui scritto), mi sarebbe piaciuto avere qualche notizia in più sull’uomo D’Andrea, sulle sue sensazioni, emozioni anche al di fuori della musica.

Amedeo Furfaro – “Il giro del jazz in 80 dischi (‘20)” – Pgg.121 €10,00

Dopo i primi volumi su cui ci siamo già soffermati, eccoci alla quinta tappa della serie “Il giro del jazz in 80 dischi” con sottotitolo “’20” riferita cioè al ventennio appena chiuso e delimitato dall’ assalto alle Torri Gemelle e dalla pandemia. Per il jazz italiano, il ciclo, nonostante le gravi evenienze che hanno interessato il globo nella sua interezza, è stato comunque prodigo di novità discografiche da cui l’Autore ha potuto decifrare lo stato di salute di questo genere di musica nel nostro paese. Stato di salute che tutto sommato potremmo definire buono, frutto di contaminazioni ma comunque ricco di contrasti come nell’arte e nella moda contemporanee che vivono per altro verso una fase di assenza di idee forti ed indicazioni dominanti.
Anche in questo lavoro gli album rappresentano la traccia seguita per individuare come solisti e gruppi, label e operatori del mondo jazz, abbiano continuato anche in pieno lockdown a muoversi in un ambito, in particolare quello dello spettacolo dal vivo, che è stato fra i più penalizzati dalle recenti restrizioni. Nello specifico Furfaro ha recensito nuove proposte e maestri acclarati e riconosciuti dando luogo ad una sorta di inchiesta in cinque puntate, di cui questa rappresenta l’ultima, in cui ha analizzato spesso con vis critica quello che i nostri jazzisti sono andati esprimendo in questo inizio millennio.
Ecco, quindi, comparire accanto a musicisti celebrati quali Stefano Bollani, Stefano Battaglia, Ermanno Maria Signorelli, Maurizio Brunod, Dino Piana, Maurizio Giammarco (tanto per fare qualche esempio), i nomi di artisti che devono ancora farsi conoscere come Emanuele Primavera, Bruno Aloise, Valentina Nicoletta…e molti, molti altri.
Il libro si chiude con l’indicazione di 10 dischi da incorniciare (particolarmente condivisibile la scelta di “Ciak” firmato da Renzo Ruggieri e Mauro De Federicis), l’indice dei musicisti, quello delle label e gli indici di tutti gli album citati nelle quattro precedenti “puntate” di questo “giro del jazzz”
In buona sostanza, quindi, non un repertorio o un dizionario in 5 tomi bensì una fotografia per molti versi indicativa e realistica di cosa va succedendo in Italia a livello jazzistico attraverso la messa a confronto di tutta una serie di dischi. La risultante è un panorama di indubbia vitalità ed effervescenza in cui il ricambio generazionale funziona a pieno ritmo.
Un motivo in più per rafforzare ed incoraggiare questo “giacimento artistico” di cui l’Italia può andare ben fiera.

Valerio Marchi – “John Coltrane – Un amore supremo – Musica fra terra e cielo” – Kappa Vu – Pgg.80 – € 11,00

Un volumetto snello, agile, solo ottanta pagine, ma quanta devozione, quanto amore trasudano da questo scritto verso uno dei musicisti in assoluto più, importante del secolo scorso. L’autore è personaggio ben noto specie in Friuli: storico, scrittore e giornalista, ha pubblicato una decina di libri e numerosi saggi e articoli di argomento storico, collabora con le pagine culturali del Messaggero Veneto e da qualche anno scrive testi teatrali e organizza spettacoli, salendo anche sul palco. Ultimamente ha curato due racconti sceneggiati per Radio Rai del Fvg. In effetti la storia di Coltrane, così come sintetizzata da Marchi, ha costituito l’ossatura di uno spettacolo andato in onda di recente al Teatro Pasolini di Cervignano, nel cartellone della stagione musicale del Teatro, a cura di Euritmica e in replica a Udine, al Teatro Palamostre, nel programma di Udin&Jazz Winter. La drammaturgia è firmata, quindi, da Valerio Marchi e lo spettacolo ha preso forma grazie alla volontà di Euritmica e all’apporto di jazzisti straordinari quali il sassofonista Francesco Bearzatti, il batterista Luca Colussi e il pianista Gianpaolo Rinaldi. Le voci recitanti sono state quelle dello stesso Marchi e dell’attrice Nicoletta Oscuro. Marchi e Oscuro, accompagnati dalla musica del Bearzatti-Colussi-Rinaldi Trio, hanno messo in scena una performance multimediale per narrare la complessa parabola umana ed artistica del grande sassofonista del North Carolina, che giunto alla fine dei suoi giorni, è forse riuscito a trovare quel ponte ideale che lega la musica a Dio, un cammino ancora non del tutto esplorato e su cui Coltrane ha praticamente speso tutta la sua vita di ricerca. Questo particolare aspetto della poetica di Coltrane traspare chiaramente dal libro in oggetto non solo nella parte biografica ma soprattutto nella seconda parte in cui l’autore immagina di intervistare Coltrane traendo le sue riposte da interviste e dichiarazioni effettivamente rilasciate dal sassofonista. Il libro è completato da una serie di interessanti suggerimenti bibliografici.

Massarutto, Squaz – “Mingus” – Coconino Press Fandango – Pgg.154 – € 20,00

Bella accoppiata, questa, tra il giornalista Flavio Massarutto e il disegnatore Squaz. Argomento della loro indagine la vita e la musica di Charles Mingus; contrabbassista e pianista, compositore e band leader, Charles Mingus è a ben ragione considerato uno dei più grandi musicisti della storia del jazz, un talento naturale straordinario in un uomo dal carattere ribelle che spese la sua vita in una instancabile lotta contro la società americana così fortemente caratterizzata da un razzismo ancora oggi ben presente. Mingus nacque il 22 aprile del 1922 e quindi in vista del centenario della sua nascita, Massarutto e Squaz presentano una biografia a fumetti che tratta la vita dell’artista. Come sottolinea, però, lo stesso Massarutto nella postfazione “un fumetto non è un saggio. Un fumetto è un’opera narrativa Questo libro perciò non è il racconto illustrato della vita di Mingus. Qui ci sono frammenti di una esistenza raccontati pescando da sue interviste e scritti, da testimonianze, da fatti storici. E rielaborati in forma visionaria”.
La strada scelta è infatti quella di procedere per episodi impaginati come una successione di brani che vanno a formare una suite musicale: dagli esordi nella Los Angeles degli anni Quaranta fino alla scomparsa in Messico. Si parte così con “Eclipse” registrato da Mingus al Plaza Sound Studios, NYC, il 25 maggio 1960 e si chiude con “Sophisticated Lady” con esplicito riferimento all’episodio avvenuto a Yale nell’ottobre del 1972; era stato organizzato un concerto in onore di Duke Ellington e al concerto che faceva parte del programma Mingus era sul palco quando nel bel mezzo della musica un capitano della polizia arrivò nel retropalco per avvisare che era stata annunciata la presenza di una bomba. Tutti uscirono dalla sala a parte Mingus che continuò a suonare il suo contrabbasso da solo sul palco. Quando la polizia cercò di convincerlo a uscire come tutti gli altri lui rispose: «Io resto qui! Un giorno o l’altro devo morire, e non c’è un momento migliore di questo. Il razzismo ha messo la bomba, ma i razzisti non sono abbastanza forti da uccidere questa musica. Se devo morire sono pronto, ma me ne andrò suonando “Sophisticated Lady””. E così continuò a suonare da solo per venti minuti finché non fu annunciato il cessato allarme e il concerto riprese.
Insomma un libro che farà felice non solo quanti amano il jazz e i fumetti.

Marco Restucci – “Temporale Jazz” – arcana – Pgg.213 – € 16,50

Può un filosofo scrivere adeguatamente di jazz? E, viceversa, può un musicista jazz essere contemporaneamente un filosofo? La risposta ce la fornisce proprio Marco Restucci; laureato in filosofia, pubblicista e musicista si è occupato per anni di critica musicale,  mentre in ambito filosofico si occupa soprattutto di estetica, in particolare della dimensione sonora del pensiero. In questo libro affronta uno dei temi più affascinanti e controversi che da sempre animano il dibattitto sulla musica jazz: l’improvvisazione. Cos’è l’improvvisazione, come nasce, come si sviluppa, attraverso quali passaggi? Sono questi gli interrogativi, certo non semplici, cui Restucci fornisce risposte. Esaurienti? Onestamente credo proprio di sì in quanto l’Autore non si perde dietro inutili e fumose congetture, ma traccia un preciso percorso al cui interno possiamo davvero seguire nota dopo nota, passo dopo passo come il musicista improvvisa, come si rapporta con l’ascoltatore, come riesce a smuovere in chi ascolta sentimenti profondi, vivi, spesso in netto contrasto tra loro. Come si nota è materia davvero affascinante cui credo ognuno di noi avrà cercato, almeno una volta, di rivolgere la propria attenzione alla ricerca di risposte agli interrogativi di cui sopra. Per svelare l’arcano, l’Autore insiste prevalentemente sul concetto di “tempo”, con tutte le sue sfumature, quale componente essenziale della musica e della vita: il “tempo” viene declinato in esempi concreti, calato nella quotidianità: “percezione e tempo sono, infatti, i luoghi dell’improvvisazione – dimensioni estetiche in cui si muovono contemporaneamente musicista e spettatore – ma sono anche dimensioni dell’essere, forme di ciò che siamo, modi del nostro stare al mondo”. In effetti, scrive Restucci, “L’avventura sonora nel jazz deve sempre ancora accadere. Nessun jazzista verrà mai a raccontarci qualcosa di cui conosce già l’esistenza, qualcosa che esiste prima di esistere. E noi saremo lì, in quel tempo misterioso mentre accadrà, ne saremo parte, e qualora i suoni non dovessero riuscire completamente nel compito a loro più congeniale, quello di suonare risuonando dentro di noi, qualora non dovessimo sentirci protagonisti al pari dei musicisti, vivremmo l’avventura quantomeno da testimoni reali, presenti sulla scena del tempo, durante, mentre si spalanca davanti ai nostri occhi, mentre si forma dentro i nostri timpani”. Ecco questo è solo un piccolo assaggio di ciò che si può trovare all’interno di un libro che va letto, assaporato pagina dopo pagina anche da chi non si intende particolarmente di jazz. Anzi forse questi ultimi cominceranno ad apprezzare questa musica proprio per i contenuti veicolati da Restucci.

È stato un sogno fortissimo! Grado Jazz 2021 (seconda parte)

di Flaviano Bosco – 

Grado ha un fascino molto particolare e peculiare, a volte appare sonnacchiosa e quasi spenta poi, basta una folata di vento per vederla trasformare in un meraviglioso foulard pieno di colori tra terra, cielo e mare. È davvero meteoropatica, ammesso che si possa dire di una città. Forse proprio per questo una scrittrice noir austriaca ha ambientato le inchieste della propria detective nell’isola d’oro intitolandole: Grado nella nebbia, nella pioggia, nella tempesta. Un sole splendido e serate stellate hanno incorniciato tutte le giornate di GradoJazz e davvero nessuno ha avuto certo da lamentarsene. La musica, come una gentile brezza marina, ha trasformato ogni cosa in emozione pulsante e viva e il palcoscenico del Parco delle Rose con i suoi teloni di quinta, in riva al mare sembrava un veliero pronto a solcare il mare verso luoghi d’incanto e d’avventura.

Ensemble del conservatorio “G.Tartini” di Trieste. Allievi del contrabbassista di chiara fama Giovanni Maier, i ragazzi del Conservatorio si sono esibiti in una serie di piacevolissimi standard con un ottimo groove. Puliti e attenti nelle linee melodiche si avvalgono della presenza dell’ottimo pianista Stilian Penev, che fa risaltare ancor di più le attitudini e la compattezza dell’intero ensemble. Ne hanno di strada da fare ma hanno l’atteggiamento giusto e sembrano far tesoro di ogni esperienza. Fanno parte di una nuova generazione di musicisti jazz cresciuti e formati completamente nelle scuole e nei conservatori che possono, ragionevolmente, confidare di fare del loro talento musicale una professione anche nel nostro paese, spesso avaro e distratto. Sembrano ovvietà ma non lo sono per niente; se non ci fossero le associazioni come Euritmica che permettono alle nuove leve di calcare anche palcoscenici importanti come quello di Grado, la strada per i giovani musicisti sarebbe ancora più in salita.

Michelangelo Scandroglio “In The Eyes of the Whale”. Dal vivo, l’osannato contrabbassista con la sua band ha dimostrato di aver bisogno ancora di molto rodaggio prima di raggiungere gli ottimi livelli di creatività e performance dimostrati in sala d’incisione. Nell’esecuzione piuttosto convenzionale e pedissequa dei brani composti dal leader, sempre in secondo piano con il suo strumento, si è distinto solamente il trombettista Hermon Mehari,  capace di dare profondità al proprio suono. Musica senza spessore e con poco da dire, i musicisti sono tutti sicuramente forniti di doti tecniche adeguate ma il leader forse non ha ben compreso ancora la differenza tra l’atteggiamento e la sostanza durante un’esecuzione. Essere minimal non vuol dire semplicemente suonare poco e in modo ripetitivo ma dare al proprio suono una grande intensità capace di riempire e far vibrare il tempo e lo spazio, scolpendolo dai rumori come una scheggia di granito, in una sequenza di frammenti che sono tutti opere d’arte. Comunque, niente paura Scandroglio ha tutte le qualità e il talento per costruire il proprio luminoso futuro di successo, lo vedremo ancora per molto tempo sui palcoscenici e ne potremo apprezzare i progressi.

Paolo Fresu “Heroes” Homage to David Bowie. Intelligente rilettura dei brani di Bowie, completamente destrutturati e usati solo come vago riferimento per composizioni del tutto personali che richiamano alla memoria i migliori lavori del periodo elettrico di Miles Davis. Fresu non si lascia imprigionare dalle secche della nostalgia e del revival; con l’aiuto dei suoi eccezionali musicisti, il batterista Christian Meyer su tutti, costruisce un percorso nelle canzoni di Bowie anche le meno scontate. L’opera d’arte epocale Warszawa, dall’album Low, diventa tra le labbra di Fresu ancora un altro capolavoro di musica tellurica e spaesante dal minimalismo elettronico al free jazz. Sempre sopra le righe la vocalist Petra Magoni impegnata in un’esibizione ginnico atletica di stampo circense tutta commedia dell’arte arlecchinesca, voce in falsetto, in un inglese spesso maccheronico, con una conoscenza piuttosto approssimativa dei testi; il grande pubblico, naturalmente, ha gradito moltissimo divertendosi ad ogni nuova capriola o impressionante vocalizzo, a volte è questo che conta. A Bowie piacevano molto le maschere, la preferita era però quella di un elegante Pierrot in turchese.

Huun-Huur-tu: Il canto armonico (difonico xöömej) di questi musicisti siberiano-mongoli (Repubblica di Tuva) evoca negli ascoltatori sensazioni ancestrali. Come hanno spiegato durante l’esibizione, il loro canto è spesso ad imitazione del mondo naturale e animale in particolare. Proprio per questo quei vocalizzi gutturali diplofonici o triplofonici suscitano in noi ricordi lontanissimi della nostra vita pre-urbana; nell’ascoltarli, l’animale antico che siamo, freme. Quei suoni sono finestre sul remoto passato dal quale veniamo e al contempo ci mostrano la lontanissima luce di ciò che ci sta davanti. La cultura di quelle steppe è profondamente influenzata dal rapporto simbiotico che quei popoli hanno con le loro cavalcature. Gli equini sono a fondamento della vita nomade sia perché permettono gli spostamenti sia perché la loro natura corrisponde al sentimento di libertà che costituisce la fierezza delle genti mongole. Naturalmente, anche la musica corrisponde a questo modo di vivere e perfino gli strumenti che utilizzano sono un omaggio allo spirito libero dei cavalli. Il più caratteristico è l’Igil, liuto tuvano a due corde realizzate con crine di cavallo, che si suona con un archetto la cui corda è realizzata nello stesso materiale naturale. Il manico del liuto è sormontato da una suggestiva testa di equino intagliata nel legno. La loro musica è quindi perfettamente sciamanica, si fa voce della natura e degli elementi. In alcuni momenti, quando intonavano le canzoni dei mandriani soli nella steppa, sotto il firmamento immenso e con tanta nostalgia di casa o al galoppo negli spazi sconfinati, si sentiva qualche lontana affinità, almeno nelle intenzioni, con l’epopea dei cow-boys nelle praterie americane. Uomini, in fondo, dai destini comuni.

Tigran Hamasyan trio “The Call Within”. Che cos’è il jazz oggi nessuno lo sa di preciso, su cosa sarà nell’immediato futuro il pianista armeno ha già qualche idea e le sue non sono promesse, vaticini o previsioni, sono molto di più, sono sogni lucidi. Con Hamasyan si tratta di cambiare radicalmente prospettiva sulla musica e sul modo di pensarla, oppure di rifiutare, non ci sono alternative. L’unica dimensione plausibile in senso assoluto è quella onirica, tutto il resto è una necessaria illusione che chiamiamo convenzionalmente realtà. È un concetto antico ma anche tremendamente attuale o come avrebbe detto Nietzsche “inattuale”. Ciò che normalmente riteniamo logico, razionale, consequenziale, si rivela brutale, caotico e crudele. Viviamo costantemente sull’orlo dell’abisso e per capirlo non serve chiamare in causa la recente epidemia, basta sfogliare le pagine di cronaca di un qualunque quotidiano. Il mondo dei sogni non è però un rifugio, una via di fuga ma è un luogo nel quale creare la bellezza dell’opera d’arte che può essere la nostra vita, se abbiamo il coraggio di spezzare le catene della passione e della cupidigia di questo mondo, che ci condannano al peso della materia. Se lo facciamo possono spalancarsi le porte dell’impermanenza. Di questo parla la complessa, ieratica musica di Hamasyan che, con grinta e grande potenza sonora, esorta a squarciare la volta del cielo di carta del teatrino sotto il quale si svolge la nostra vita di burattini, almeno per prendere consapevolezza della nostra condizione. Il Jazz rock prog del pianista, a tratti molto robusto e persino violento nella ritmica, ci può svegliare ad un sentimento più alto, ad un “gusto superiore”. La sua è autentica, dichiarata ricerca mistica e spirituale in musica e a noi non resta che chinare il capo e continuare ad ascoltarlo.

Paolo Conte “50 Years of Azzurro”. Sold-out da mesi è stata la star più fiammeggiante del festival. Come Federico Fellini, il Maestro Conte si è creato negli anni un proprio mondo di meraviglie musicali, poetiche e di eterne caricature. In punta di penna e con i polpastrelli sui tasti del pianoforte, dipinge da più di mezzo secolo un mondo sospeso al quale tutti vorremmo appartenere. Ognuno di noi vorrebbe possedere la classe infinita che si nasconde dietro quei baffi che ci guardano dal pianoforte; ci riconosciamo nelle esitazioni stupende descritte dalle sue ellissi in musica, nella sua orchestra che ondeggia, canzoni che dicono e non dicono che crediamo di capire e che invece ci stordiscono con il loro mistero. Vola sempre alto Paolo Conte, un po’ vitellone, un po’ vecchio guitto del varietà, ha raggiunto da tempo lo scaffale dei classici della cultura italiana, è in buona compagnia. Ascoltare ancora una volta un suo concerto significa ricapitolare gli ultimi dieci lustri del meglio della storia del nostro paese. Conte è tra i pochissimi artisti che può giocare con la nostalgia senza mai sembrare retorico o paternalistico, con i suoi versi, i suoi colori, le sue note è il padrone assoluto dei nostri sogni più belli.

Marisa, svegliati! Abbracciami! È stato un sogno fortissimo!

Flaviano Bosco

A Proposito di Jazz ringrazia i fotografi Luca A. d’Agostino Phocus Agency AFIJ, Angelo Salvin AFIJ, Gianni Carlo Peressotti e l’ufficio stampa Euritmica/GradoJazz