Il Jazz ai tempi del Coronavirus: le interviste di Gerlando Gatto

Quando oramai più di dieci anni fa diedi vita a questo blog (divenuto successivamente testata giornalistica a tutti gli effetti) l’obiettivo era duplice: da un canto dedicarmi interamente alla musica che amavo sin da bambino, dando quanto più spazio e attenzione possibile ai musicisti, alle loro produzioni, ai loro concerti e dall’altro organizzarmi una sorta di lavoro giornalistico che in qualche modo mi tenesse la mente in esercizio.

Ora, come credo la maggior parte degli italiani, mai mi sarei aspettato di vivere una situazione del genere: ovviamente sto chiuso in casa, leggo scrivo, ascolto musica e quindi sotto certi aspetti mi sento un po’ privilegiato. Ho però avvertito l’esigenza di essere ancora vicino ai miei amici musicisti. Ma come? Non sono certo un magnate e l’unica disponibilità che posso mettere in campo è quella relativa allo spazio su cui mi leggete; dopo aver parlato con alcuni jazzisti ho quindi preso la decisione di dar vita ad una serie di interviste in cui i musicisti potranno raccontarci le esperienze di questi mesi, le loro aspettative, il modo in cui la musica può aiutarli e aiutarci.

I personaggi intervistati saranno presentati semplicemente con il nome e cognome senza alcun riferimento a curricula o roba del genere, proprio perché in queste circostanze non esiste il grande artista e il debuttante, esiste la persona che vive di musica e la cui opinione ci interessa in questa sede.

Giampaolo Ascolese

Parla Giampaolo Ascolese, batterista e percussionista

-Come sta vivendo queste giornate?

Come tutti e tutte, sto a casa e cerco di uscire il meno possibile”.

-Come ha influito sul suo lavoro?

Come musicista “freelance” un disastro, tutti i concerti sono stati annullati”.

-Pensa che nel prossimo futuro sarà lo stesso?

Ho paura di sì… almeno per alcuni anni”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?

Per fortuna sono docente di ruolo in Conservatorio, anche se da appena un anno e già in odore di pensione, che non riuscirò quindi a raggiungere ma, per adesso, sono pagato dal Ministero dell’Istruzione e Ricerca e sono quindi un privilegiato”.

-Vive da solo o con qualcuno

Vivo con un’artista, una pittrice, mia compagna di vita e di lavoro dal 1983”.

-E quanto ciò risulta importante?

E’ fondamentale per me e per lei, anche se cerchiamo di mantenere la distanza di sicurezza il più possibile”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?

Sicuramente sì”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?

Altrettanto sicuramente no; considero la musica un bene per ricchi e per i giorni di festa, specialmente in un Paese come l’Italia che non la sostiene in alcun modo se non – per fortuna – con i Conservatori che, però, stanno creando solo insegnanti e sempre meno musicisti. Questo perché non c’è più alcuna location dove eseguire musica decente, a parte le istituzioni di musica classica. L’unica musica che considero in questo momento, oltre la mia che forzatamente devo eseguire come studio quotidiano a casa, è la musicoterapia. Ma deve essere richiesta e non offerta forzatamente, anche gratis, vedi concerti sui balconi o video di artisti che servono solo a promuovere se stessi”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?

Alla scienza e al buonsenso della gente, che purtroppo non ne ha”.

Giampaolo Ascolese – ph Fabio Massimo Tombolini

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?

Non vedo tanta retorica, sinceramente, vedo invece molta paura e fra poco ci si rivolgerà direttamente al Signore, se va avanti così”.

-E’ soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?

Beh.., è capitata loro questa cosa assurda tra capo e collo e mi sembra che, con vari aggiustamenti e pochi soldi – parlo ovviamente della nostra Italietta derubata da tutti – non possano fare diversamente”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?

Di impedire alla gente di fare figli e devolvere tutti gli stipendi di politici, calciatori, presidenti, vip, vop e vap vari, che hanno i beni al sole, cantanti vari che predicano a noi di dare i soldi, nonché al Papa ed a tutti i Cardinali, Vescovi e al Vaticano intero, di TIRARE FUORI LORO IL DANARO PER LA SANITA!’

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?

No, carissimo, ho solo paura e un’idea che mi sta crescendo in testa ma che cerco di cancellare…“e se fosse tutta una manovra di qualcuno interessato a creare il vuoto attorno a sé?”, perché NON E’ POSSIBILE che nel 2020 non si riesca a trovare una cura adatta, ed ho paura che i numeri non siano quelli comunicati a noi, comuni mortali”.

Maccianti, Tavolazzi e Gatto al TrentinoInJazz

TRENTINOINJAZZ 2017
e
Panorama Music
presentano:

Domenica 27 agosto 2017
ore 13.00
Alpe Lusia
Località I Ronc 4
Moena (TN)

FRANCESCO MACCIANTI TRIO
feat.
ARES TAVOLAZZI
e
ROBERTO GATTO

(ingresso gratuito)

 

Ultimo appuntamento con Panorama Music, la sezione del TrentinoInJazz della Val di Fassa, dedicata ai concerti in alta quota. Il concerto finale, alle 13.00 di domenica 27 agosto, chiude in grande stile la rassegna con un trio eccezionale: Francesco Maccianti insieme a due giganti del jazz italiano – due figure di rilevanza anche internazionale – come Ares Tavolazzi e Roberto Gatto.

Il pianista fiorentino presenta questo trio di recente formazione che completa un lungo e entusiasmante percorso artistico. Formatosi con Franco D’Andrea a Siena e qui protagonista come fondatore del Centro Attività Musicali (C.A.M.) dove insegna pianoforte e musica d’insieme, Maccianti ha avuto modo di avviare una straordinaria attività concertistica insieme a colossi italiani (Pietro Tonolo, Maurizio Giammarco, Larry Nocella, Paolo Fresu, Luca Flores, Sandro Gibellini, Giovanni Tommaso, Flavio Boltro) e stranieri (Eddie Lockjaw Davis, Harry Sweets Edison, Sal Nistico, Joe Chambers etc.). Ha fatto stabilmente parte del Quartetto di Massimo Urbani (con Enzo Pietropaoli e Giampaolo Ascolese), dell’Orchestra del C.A.M. sotto la direzione di Bruno Tommaso e di Enrico Rava, il trio di cui è ideatore e titolare lo vede accanto a due maestri del rispettivo strumento come Tavolazzi (contrabasso) e Gatto (batteria), protagonisti indiscussi della musica italiana.

Il concerto è gratuito, il costo del biglietto della Cabinovia Lusia a carico dei partecipanti. In caso di maltempo il concerto si terrà all’interno dello Chalet Valbona. Prossimo appuntamento TIJ 2017: Artchipel Orchestra, Andalo, sabato 2 settembre.

 

Trentino Jazz:
http://www.trentinojazz.com/

Geri Allen, Enrico Rava accoppiata vincente

 

Geri Allen pianoforte , Enrico Rava tromba e flicorno: un duo di straordinaria efficacia; lo abbiamo constatato personalmente il 19 maggio in occasione del concerto inserito nel programma di “Narrazioni Jazz” a Torino.

Allen e Rava rappresentano oramai due icone del jazz moderno, due artisti acclamati dai pubblici di tutto il mondo.

Nata a Pontiac, Michigan, cresciuta a Detroit, Geri Allen si è messa in luce, a partire da metà degli anni Ottanta, nel giro M-Base di Steve Coleman, dopo di che ha suonato in trio con Charlie Haden e Paul Motian, con Dave Holland, Ron Carter, Charles Lloyd, Ornette Coleman costruendosi una solida reputazione sia come solista sia come ‘accompagnatrice’. Nel suo stile si rintracciano disparate influenze, da Monk a Hancock, da Mary Lou Williams a Cecil Taylor, assorbite e ricondotte ad unità con grande maestria.

Parlare di Enrico Rava è quasi superfluo data la notorietà che il trombettista ha oramai raggiunto; in questa sede basti ricordare che si tratta del jazzista italiano meglio conosciuto all’estero e che la sua poetica ha conquistato un pubblico che va ben al di là dell’ancora ristretta cerchia degli appassionati di jazz.

I due si conoscono da molto tempo ma mai avevano avuto l’occasione di suonare assieme. Finalmente quest’anno è stato possibile organizzare un tour che partito il 10 maggio da Vienna, passando poi per Belgio, Germania e Francia, ha ‘toccato’ anche l’ Italia per quattro date: il 17 maggio a Correggio (Reggio Emilia) in occasione del Crossroads 2017, il 18 al Vicenza Jazz Festival, il 19 al Narrazioni Jazz di Torino e il 20 all’Unicredit Pavilion di Milano.

Ma veniamo alla serata del 19. Com’era fin troppo facile attendersi, il concerto è stato semplicemente superlativo. Ad onta del fatto che mai avevano suonato assieme, i due hanno evidenziato un interplay stupefacente: il loro jazz, che non esiteremmo a definire da camera, era asciutto, essenziale, declinato quasi per sottrazione; mai una nota ridondante, mai un passaggio superfluo, mai un’inutile sottolineatura ma un continuo gioco di rimandi, di ammiccamenti sonori, di scambi di ruolo in un flusso sonoro che ha letteralmente affascinato il pubblico. La sonorità lirica e a volte struggente di Rava, la sua freschezza inventiva, il suo fraseggiare così particolare si sono sposati magnificamente con il pianismo sicuramente più materico della Allen che ancora una volta ha evidenziato uno stile del tutto personale pur nella derivazione da quei modelli sopra accennati.

In repertorio brani originali come “Wild Dance” di Enrico Rava tratto dall’omonimo album inciso nel 2011 per la ECM, “Overboard” sempre di Rava registrato nel lontano 1994 con gli  ‘Electric Five’ e “Feed the  Fire” di Geri Allen  già contenuto in due album “Twenty One” del ‘94 e “Some Aspects of Water” del ’97, unitamente ad alcune perle del repertorio jazzistico e brasiliano come “Retrato en branco y preto” di Jobim – Chico Buarque de Hollanda, “Night in Tunisia”,  i monkiani “Round Midnight” e “Well you needn’t”, il sempre attuale “Jitterburg Waltz”  di Fats Waller tutti porti con pertinenza ed eleganza.

Essendo inserito in un contesto significativamente intitolato “Narrazioni Jazz” gli organizzatori hanno pensato bene di affiancare alla musica dei testi scelti davvero bene da Guido Michelone e recitati altrettanto bene da Anna Bonaiuto. Tutto bene, dunque? Non proprio. Intendiamoci: lo scrivente nulla ha contro l’accoppiata parole e musica tanto è vero che lo stesso fa parte del gruppo di Giampaolo Ascolese quando si organizzano spettacoli multimediali. Ma occorre sempre tener presente che la protagonista principale rimane la musica; insomma gli interventi parlati devono essere brevi, concisi sì da non spezzare il ritmo del concerto. Invece a Torino gli interventi della Bonaiuto sono stati troppo lunghi ed accorciarli di qualche minuto nulla avrebbe tolto alla valenza degli stessi, anzi…

Teatro Studio sold out per la “Piccola storia del Jazz” di Giampaolo Ascolese e Gerlando Gatto

Foto di Fabrizio Sodani (cliccare sulle foto per espanderle)

Auditorium Parco della Musica, sala Teatro Studio Gianni Borgna
sabato 29 aprile, ore 21

Giampaolo Ascolese, batteria
Andrea Beneventano, pianoforte
Elio Tatti, contrabbasso
Mauro Zazzarini, sax tenore
Francesco Lento, tromba

Gerlando Gatto : narrazioni e ricostruzioni storiche

Sono uscita confortata dalla piccola Storia del Jazz – Concerto che il batterista Giampaolo Ascolese ha tenuto, insieme a Gerlando Gatto, all’Auditorium Parco della Musica. Era da molto che non vedevo il Teatro Studio strapieno e mi è sorta una specie di trepida speranza non circoscritta al Jazz, che è una musica che amo ma che certo non è l’unico genere musicale esistente sulla terra: piuttosto su un generale stato di cose in un periodo che mi appare gravemente asfittico, dal punto di vista culturale.
Invece sabato 29 aprile ho assistito ad un concerto “didattico”, aperto anche ai non espertissimi di Jazz, che coniugava la semplicità scorrevole di approccio ad un genere musicale troppo spesso ritenuto “di nicchia” ad una ottima qualità esecutiva.  E soprattutto mai come in questa occasione è emerso che conoscere, imparare, è molto più facile ed entusiasmante, se ci si diverte. E se si ha ancora così tanta voglia di capire, ed imparare (che sia musica, o qualsiasi altra cosa), magari unendo a questa necessità anche il divertimento, allora non tutto è perduto.
Giampaolo Ascolese ha basato la scaletta della serata sul suo bel libro, illustrato dalla pittrice e compagna di vita Marie Reine Levrat, Tim & Tom, viaggio nella Musica Jazz. Gerlando Gatto, forte di anni di esperienza (basti pensare alle sue Guide all’Ascolto, seguitissime, richiestissime), ha formulato i suoi interventi in modo che ogni brano fosse preceduto da una narrazione, non certo solo tecnica,  disvelandone così genesi, aneddoti collegati, e rendendo proficuo e davvero interessante l’ascolto dei pezzi.
Trattandosi di una storia del Jazz, partita dal ragtime, passando per Scott Joplin, Louis Armstrong, il Bebop, per poi arrivare agli anni 70 con Horace Silver e al latin, il quintetto di Giampaolo Ascolese ha compiuto un’operazione tutt’altro che semplice: suonare “in stile” cambiando pelle continuamente per un’ora e mezzo di concerto.
Oltretutto, alternati a standard immortali, volutamente scelti tra i più noti proprio per rendere le narrazioni comprensibili e godibili, non è mancata la musica originale, a firma Zazzarini, anch’essa composta “in stile”: un modo anch’esso di derogare dal “già noto” rimanendo però nell’ambito narrativo che Ascolese, e con lui Gatto, si erano prefigurati.
Per il pubblico in sala acquisire una consapevolezza diacronica – collocare brani noti in un preciso arco temporale – ed anche ricostruirne un contesto autorale aneddotico, è stata una preziosa opportunità. In molti certamente riconoscono When the saints go marchin’ in , o Caravan, o Round Midnight, o Interplay.
Ma in quanti sanno che il primo è diventato leggendario solo dopo che lo suonò Louis Armstrong? O che Round Midnight è di Thelonius Monk ma che Miles Davis ne eseguì una versione ben diversa dall’originale, e che i due al ritorno da un concerto a bordo nella stessa vettura, litigarono furiosamente per questo?

I cinque musicisti sul palco, parlando dell’esibizione in senso strettamente musicale, si sono mostrati più che all’altezza di un compito, come dicevo, difficile. Ricostruire una storia del Jazz riproducendo più stili, replicando le intenzioni di mostri sacri come Miles Davis, o Scott Joplin, o Horace Silver, richiede, usando una parola semplice, bravura. Oltretutto in questo caso la fedeltà a certi canoni stilistici si è comunque affiancata ad una buona dose di creatività che è emersa negli assoli: a partire da Tomorrow Chicken, blues originale di Zazzarini in forma di “chicago blues”, in cui lo stesso Zazzarini è apparso dotato di grande forza propulsiva per il quintetto, ma anche ascoltando la batteria esplosiva e per nulla scontata di Ascolese in When the Saints go marchin’ in, e il pianoforte traboccante di spunti improvvisativi di Beneventano, in brani quali Interplay di Bill Evans.
Elio Tatti è parso assolutamente indispensabile nella compagine: generoso nei momenti di accompagnamento, inarrestabile nelle parti libere. E poi una menzione particolare a Francesco Lento, giovane trombettista in rapida e sacrosanta ascesa, che oramai è riduttivo definire “nuovo talento”: è apparso addirittura eclettico in questo percorso temporale jazzistico così ampio. La sua tromba ha decine di voci possibili e, accanto a loro, la voce personalissima dello stesso Lento, che come musicista ha cominciato da tempo ad essere riconoscibile e dotato di notevole personalità.
Una serata allegra, divertente, interessante ed utile. Si spera la prima di una bella serie: Gatto ed Ascolese lo sapranno che i viaggi da percorrere nel Jazz possono essere infiniti? Credo di sì, ma spero che questa mia affermazione valga per loro (e per l’ Auditorium Parco della Musica, dato il successo della serata) da incoraggiamento.

 

Il 29 aprile all’Auditorium di Roma “Una piccola storia del jazz” con la partecipazione di Gerlando Gatto e a cura di Giampaolo Ascolese

di Marina Tuni

Il 29 aprile alle 21 importante appuntamento al Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.

In programma una “Piccola storia del Jazz”, ideata da Giampaolo Ascolese e suonata da un tipico Quintetto Jazz comprendente, oltre al leader batterista, Francesco Lento alla tromba, Andrea Beneventano al pianoforte, Elio Tatti al contrabbasso e come special guest, Mauro Zazzarini al sax tenore, vincitore del premio “Best Jazz Act”  (Miglior Musicista Jazz) agli Italian Jazz Awards del 2011.

Giampaolo Ascolese non è certo nuovo a imprese del genere; oramai da tempo, segue la strada della multimedialità realizzando progetti in cui la musica si coniuga con le parole e con le immagini, siano esse filmati o foto di quadri.

Questa volta il concerto e le descrizioni storico-formali, prendono spunto dal libro dello stesso Ascolese “Tim & Tom, viaggio nella Musica Jazz” con le illustrazioni di Marie Reine Levrat.

I musicisti cercano quindi di spiegare, con la musica e con i racconti di esperienze vissute assieme ad alcuni grandi jazzisti della storia, il fenomeno musicale del nuovo millennio, il Jazz, dando una collocazione storica e cronologica al repertorio suonato e guidati dalla narrazione del nostro direttore Gerlando Gatto, non nuovo ad esperienze del genere. Gatto introdurrà i brani eseguiti dal gruppo in modo da mettere l’ascoltatore nelle condizioni migliori per capire l’evoluzione del jazz e apprezzare quanto ascolterà.

E che la musica sarà di ottima qualità lo testimonia la valenza del gruppo. Su Giampaolo Ascolese non crediamo sia il caso di spendere ulteriori parole dal momento che è oramai attivo da molti anni, ha suonato con alcuni dei più grandi jazzisti della scena internazionale ed è giustamente considerato uno dei migliori batteristi del jazz made in Italy.

Andrea Beneventano è uno dei più rilevanti talenti che il pianismo jazz italiano abbia prodotto nel corso degli ultimi anni; il suo carattere di siciliano schivo e riservato non gli ha, purtroppo, permesso di ottenere quei riconoscimenti che la sua classe cristallina meriterebbe.

Francesco Lento è un trombettista sardo in costante ascesa mentre Elio Tatti è contrabbassista dotato di solida preparazione e di grande esperienza, doti che gli consentono di ben figurare in qualsivoglia contesto. Quanto al “tenorista” Mauro Zazzarini, i suoi album, le sue composizioni, le collaborazioni con artisti di assoluto livello quali Chet Baker, Dizzy Gillespie, Steve Grossman, Sal Nistico, Mike Melillo, Leo Mitchell, Gary Smullian, Alvin Quin testimoniano di un artista maturo e perfettamente consapevole delle proprie potenzialità.

Una serata che si preannuncia assai interessante e ricca di suggestioni. Biglietti in prevendita su TicketOne.

Massimo Urbani rivive a Monte Mario

Per la seconda volta il quartiere di Monte Mario ha ospitato un festival jazz dedicato a Massimo Urbani, che tra piazza Guadalupe e S.Maria della Pietà è precocemente cresciuto. Si tratta di una “vittoria” per gli organizzatori, l’Associazione Culturale Scuola di Musica L’Esacordo, animata da Giuseppe Salerno, più una serie di artisti legati alla figura di “Max”: il fratello sassofonista Maurizio, il percussionista ed amico Ivano Nardi, lo zio Luciano Urbani, fotografo e batterista, il “maestro” Tony Formichella. Come nella precedente edizione, “Il Jazz di Monte Mario” ha avuto l’appoggio del XIV municipio, spostandosi però dalla centrale piazza Guadalupe in via Cesare Castiglioni, dove c’è una vasta area più adatta per vari motivi logistici.
Qui dal 9 all’11 settembre si è tenuta la manifestazione che, nonostante qualche temporale, è riuscita ad offrire iniziative e concerti, coinvolgendo un buon numero di spettatori. C’è stato spazio, infatti, per i gruppi nati all’interno della scuola di musica (Esacordo Percussions, Esacordo Jazz Ensemble), per una mostra fotografica (con scatti noti o inediti del grande sassofonista, una microstoria del jazz italiano dagli anni ’70 ai ’90), per l’animazione dedicata ai bambini, per la proiezione di filmati (tra cui il documentario “Massimo Urbani nella fabbrica abbandonata” di Paolo Colangeli) e la presentazione di due libri. Il primo è la riedizione de “L’avanguardia è nei sentimenti “ di Carola De Scipio (edizioni Arcana), uscita nel 2014 con sostanziosi arricchimenti sia nelle interviste che negli apparati (come una preziosa discografia con rimandi a YouTube). Il secondo testo è, invece, “Go Max Go” di Paola Musa (Arkadia) edito nel febbraio 2016: definito “romanzo musicale”, è in realtà una riuscita sceneggiatura della vita di Urbani, fitta di dialoghi, ricca di “quadri” storici, scritta con stile e profondità sulla base delle testimonianze dirette di tanti musicisti. Alle presentazioni sono intervenuti vari jazzisti tra cui Eugenio Colombo, Maurizio Urbani e Ivano Nardi.
Molti gli artisti ed i gruppi che hanno partecipato a ”Il Jazz di Monte Mario” ma non c’è stata la possibilità di seguirli tutti. È il caso quantomeno di citarli, dato che la loro presenza è stata spesso contrassegnata da legami affettivi e sonori con l’indimenticabile “Max”: Tears Trio (Giuseppe Sorrentino, Stefano Napoli, Sasà De Seta), duo Donatella Luttazzi / Riccardo Biseo, Trio Fuorimisura (Alessandro Salis, Francesco Mazzeo, Alessandro Gwis), Antonio Faraò trio (con Dario Rosciglione e Roberto Pistolesi), Maurizio Urbani Septet “I remember Max” (oltre al leader, Mauro Verrone, Claudio Corvini, Mario Corvini, Ettore Gentile, Massimo Moriconi, Giampaolo Ascolese), Roberto Gatto trio “Mr. Jones” (con Carlo Conti e Francesco Puglisi). (47)
Pieno di pathos, imprevedibile nei suoi svolgimenti, avventuroso e rischioso come la musica di Massimo Urbani il set dell’Ivano Nardi Trio + 2: il percussionista-batterista con Eugenio Colombo (sax soprano e flauto basso), Roberto Bellatalla (contrabbasso), Carola De Scipio e Cristina Di Patrizio (letture e voce). Seppur limitato nel tempo (a causa dei ritardi dovuti alla pioggia), il concerto si è snodato in un unico flusso sonoro, costruito dai cinque artisti con un interplay empatetico che ha fuso le differenti individualità. Eugenio Colombo ha utilizzato il soprano in un’impressionante varietà di timbri e registri, da un suono pieno e tagliente (evocante, a tratti, Steve Lacy) ad uno nasale simile all’oboe, dall’andamento del fraseggio danzante e sciamanico all’effetto ipnotico del fiato continuo. Il flauto basso è stato, altresì, usato per note vellutate come per bordoni ottenuti utilizzando lo strumento a mo’ di didgeridoo. Bellatalla ha sfoggiato l’attenta sensibilità di un autentico “militante” del free, a lungo coltivata nei gruppi Viva-La-Black di Louis Moholo ed in mille altre esperienze. Il contrabbasso nelle sue mani è diventato violoncello, si è disteso nei suoni gravi o acuti prodotti con l’arco, ha viaggiato in un pizzicato saturo di swing. Di Ivano Nardi si conosce l’arte percussiva “poetica”, il suo lavoro di sottrazione e di enfasi, la capacità di dare spessore emotivo ad ogni intervento sullo strumento. Carola De Scipio ha estratto brevi frammenti dalle testimonianze su “Max”, privilegiando i primi anni della carriera, il senso dell’ironia, la particolare concezione dello spazio-tempo; Cristina Di Patrizio ha letto-recitato-cantato una poesia di David S.Ware intrisa di spiritualità. La messa a fuoco dei singoli performer non rende quanto espresso nel recital, nato dall’intreccio e dal dialogo che l’Ivano Nardi Trio + 2 ha creato, in un clima di dolente e misteriosa attesa, di forte tensione, di rapimento narrativo.
Il trio del chitarrista (e didatta) Matteo Brandani ha visto al basso Antonio Rubino ed alla batteria Simone Quarantini. Funky, rock-blues, jazz elettrico sono emersi nel linguaggio della formazione, dal suono “aggressivo” e personale mentre il leader – diplomato in jazz a S.Cecilia, con esperienze formative e concertistiche negli Usa – ha mostrato un fraseggio non derivativo ispirato a John Scofield.
Molto applaudito il Formichella / Arduini quintet (con l’originale Enzo Pecchenedda alla chitarra, il propulsivo Mauro Nota al contrabbasso e l’energico Lucio Turco alla batteria), dato che Tony Formichella è solista e compositore di qualità – oltreché da decenni una presenza carismatica a Monte Mario e nella scena romana – e Stefano Arduini uno degli apprezzati docenti di sassofono dell’Esacordo (insieme a Mauro Massei). Nel loro set si sono ascoltate composizioni di Formichella (come la ballad “You and Me”) e standard quali “All the Things You Are”, giocate sull’alternanza/compresenza dei sax tenori dei due leader, aromatizzate dall’accompagnamento e dagli interventi solistici di Pecchenedda. (altro…)