Riprende nel 2017 il Talos Festival di Ruvo di Puglia

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Per quest’anno niente Talos Festival: l’edizione 2016 della manifestazione di Ruvo di Puglia non ci sarà e il discorso verrà ripreso durante l’estate del 2017.
L’annuncio è arrivato settembre nel corso di una conferenza stampa durante la quale il sindaco Pasquale Chieco, l’assessora alla cultura Monica Filograno e il direttore artistico Pino Minafra hanno illustrato le prospettive future del festival conosciuto e apprezzato a livello nazionale e internazionale.
Dal 2012 il Festival è tornato alla sua dimensione originale, ritrovando nella direzione artistica del suo ideatore, il trombettista e compositore Pino Minafra, la forza progettuale e la qualità artistica che per nove edizioni – dal 1993 al 2000 e poi nel 2004 – lo hanno reso un festival di riferimento nel panorama europeo. Nelle ultime quattro edizioni (che hanno coinvolto centinaia di artisti e circa 80mila spettatori in circa 40 giorni di programmazione) il festival si è riappropriato del suo antico ruolo di motore produttivo di cultura, votato alla sperimentazione di nuovi linguaggi musicali e alla valorizzazione delle radici fondanti la storia e la tradizione musicale pugliese. Tra gli ospiti Fanfara di Tirana, Transglobal Underground, Maya Homburger, Faraualla, Nicola Pisani, Pasquale Innarella, Keith e Julie Tippetts, Tankio Band, Antonello Salis, Instant Composers Pool Orchestra, Gianluigi Trovesi, Han Bennink, Louis Moholo, Klaus Paier e Asia Valcic Duo, Cesare Dell’Anna e Girodibanda, Moni Ovadia, Javier Girotto, Gabriele Mirabassi & Roberto Taufic, Vince Abbracciante, Enver Izmailov, Kocani Orkestar, Taraf De Haidouks, Orchestra di Piazza Vittorio, Boban e Marko Markovic Orkestar. (altro…)

Gianni Gebbia. Il filosofo jazzista

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Classe 1961, siciliano di Palermo, ma oramai da molti anni cittadino del mondo, Gianni Gebbia è una delle più belle realtà del jazz europeo. Nei primissimi anni Ottanta lo troviamo già attivo sul versante della musica creativa incidendo alcuni album di notevole livello. E su questa strada proseguirà negli anni successivi tanto da essere considerato, oggi, uno dei personaggi di maggior rilievo nell’ambito della musica improvvisata… e non solo, anche se, come vedremo meglio nel corso dell’intervista che qui di seguito pubblichiamo, risulta più apprezzato all’estero che non in patria. Lo abbiamo intervistato dopo un lungo periodo in cui non ci eravamo più sentiti e devo confessare che la cosa mi ha fatto enormemente piacere anche perché ero stato tra quelli che, nei già citati anni Ottanta, avevano espresso pareri entusiastici sulla sua produzione discografica.

-La tua parabola artistica, almeno per quanto concerne l’Italia, è stata alquanto strana: nei primissimi anni Ottanta, e fin circa al 1990, hai registrato una serie di album giustamente osannati dalla critica tanto da vincere il top jazz quale miglior nuovo talento per l’appunto nel 1990; poi, a poco a poco, sei scomparso dalle scene…. O forse sarebbe più giusto dire che i riflettori su di te, sulla tua musica, si sono man mano spenti. Come mai?
Fortunatamente la vita di un musicista non è fatta solo dai media, la mia attività musicale in realtà è continuata con la massima regolarità, ma è ovvio che nell’ambiente musicale molte cose sono cambiate per tutti da quei tempi di cui parli, basta pensare all’avvento di Internet ad esempio. Riguardo ad un silenzio stampa su certi musicisti in Italia, potrei ipotizzare che sia dovuto alla progressiva mutazione dell’ambiente generale, l’irruzione massiccia delle logiche del marketing e la conseguente perdita di spontaneità, freschezza e curiosità. A questo vorrei aggiungere un piccolo ma grande particolare e cioè che i giornali e le riviste non si sono più curati di mantenere una presenza sul campo regionale di critici e giornalisti per il settore mentre anni prima vi erano dei corrispondenti locali di una certa preparazione e curiosità. Inoltre in quella che si chiama trasmissione dell’insegnamento vi è sempre stata una scissione stupida ed artificiale tra quelli che “ fanno free “ e quelli che “ sanno suonare “ che è esistita solo da noi quasi a ricalcare le fazioni della politica. A me, come a tanti altri, è toccato di essere considerato stupidamente tra quelli che “ fanno free “ senza avere alcuna cognizione esatta di ciò che facevo, quando invece tendo a precisare che ho anche suonato regolarmente il jazz più stretto sin dagli esordi della mia carriera anche se mi rendo conto che è raro trovare musicisti che sappiano esprimersi in vari campi, spesso opposti tra loro.
Dal punto di vista organizzativo invece vi è stata per anni in Italia un’assenza di manager dediti agli artisti italiani che al tempo stesso creava la possibilità di rapporti diretti da parte del musicista con gli organizzatori. Oggi invece sono apparsi, al contrario, meccanismi stagni e chiusi in fase direi di “ protezione “ ed addirittura spesso lobbistici e favoriti da una legislazione assolutamente imperfetta riguardo allo status dei musicisti italiani e che invece involontariamente favorisce quelli americani. Molti festival poi sono “caduti sul campo” a causa di assenza di fondi o a causa di mutazioni estetiche a scopo di sopravvivenza e mancanza di ricerca e slancio verso il nuovo ed i giovani. Infine c’è stato pure il crollo discografico e della distribuzione. Non voglio comunque negare in nessun modo il fatto che negli ultimi anni in Italia vi sia stato anche un grande ritorno di interesse verso i nostri artisti fondamentalmente grazie alla notorietà assunta da musicisti come Stefano Bollani e prima di lui Paolo Fresu; questo fenomeno è sicuramente una novità che inizia a far uscire l’Italia musicale dal circolo vizioso dell’esterofilia che lo ha afflitto per anni.
Sul piano personale vorrei anche aggiungere che il mercato discografico dopo l’arrivo di Internet, è totalmente mutato e personalmente ho aperto una casa discografica online che si chiama “ objet-a “ ed è, quasi esclusivamente, in download digitale di alta qualità il che è una scommessa da vari punti di vista. La musica in download online, della quale si parla tanto, slega sicuramente i produttori dal quell’impasse che erano i distributori e la catena dei negozi in generale con i quali abbiamo sempre sofferto problematiche irrisolvibili, crea un pubblico letteralmente globale lavorando con pazienza anche sulla pubblicità, ha costi abbordabili e soprattutto vorrei anche far notare che è in una certa misura una modalità ecologica non invadendo lo spazio di quadrati di plastica e carta ! Ovviamente non dobbiamo ignorare il fatto che anche i server inquinano in altro modo. Anche se siamo in una fase iniziale, si hanno numerose innovazioni ad esempio la possibilità di inserire nel download molti materiali extramusicali, persino partiture ( come abbiamo fatto nella pubblicazione di un album del sassofonista e compositore genovese Claudio Lugo ) e, poi, piccolo particolare : permette di avere degli introiti che vanno direttamente al musicista a meno di sottomettersi esclusivamente ai grandi distributori digitali i quali invece trattengono buona parte del compenso. Tutto è in fase ancora sperimentale ma fare una buona parte di lavori esclusivamente in distribuzione digitale ovviamente crea uno scompenso verso i media tradizionali cartacei anche se, ultimamente anche delle riviste cominciano a considerare le produzioni di questo tipo e recensirle. Per gli amanti delle antiche modalità di riproduzione sono invece per il vinile che mantiene sempre una qualità eccelsa e soddisfa i valori estetici dei collezionisti, in tal senso l’ideale sarebbe download digitale più serie limitata in vinile. Siamo sicuramente ad una fase di grande cambiamento e sempre più spesso vedo artisti che si esibiscono e producono ovunque al di fuori delle notizie dei media tradizionali. E’ una grande scommessa liquida per dirla alla Bauman, come tutta la contemporaneità !

-Su questa sorta di oblio collettivo, quanto può avere influito il fatto che hai deciso di restare in Sicilia, seppure allontanandotene spesso per andare all’estero?
Oblio collettivo mi sembra un termine un po’ eccessivo comunque l’essere residente in Sicilia ha sicuramente contribuito perché è indubbio che negli ultimi dieci, venti, anni, l’attitudine culturale nei confronti della Sicilia è regredita a causa di molti motivi di ordine politico e sociologico e le linee di comunicazione culturale invece di aumentare sono andate progressivamente diminuendo mentre un movimento musicale fervido ed interessante è sempre continuato con assoluta regolarità.
Penso che in Italia si è andati di recente molto indietro dal punto di vista dell’unità culturale come se le “ contrazioni “ a livello politico e sociale (sul modello dell’apparizione di una Lega in politica) si fossero moltiplicate portando con sé molti riflessi tra i quali in primis un’assenza di comunicazione e alimentando nuovamente il mito dell’emigrato o di una Sicilia selvaggia, naif e sottosviluppata. In questo senso, senza negare assolutamente l’importanza e la tragicità di certi fenomeni sociali, io sono e l’ho ribadito spesso, contrario alla recente predominanza culturale di tematiche esclusivamente legate a fenomeni come la mafia, la povertà e la disgregazione o lo sfruttamento del mito di un Sud arretrato e spero che, nel mio piccolo, la mia attività dimostri proprio l’opposto ma non sta a me dirlo…io cerco piuttosto di ricollegarmi alla Sicilia di un Pirandello, Bonaviri, D’Arrigo, di Mimmo Cuticchio, dei filosofi greci, dei grandi pittori, dei compositori, da Sciarrino fino ad un Battiato e di tutti gli altri innumerevoli uomini di cultura da essa provenienti. Tutt’altro da quella che il mio amico antropologo Franco La Cecla ha, puntualmente definito, la “ Poetica delle rovine “ !

A proposito di estero, qual è il Paese in cui ti trovi meglio… e non solo dal punto di vista artistico?
Direi che mi trovo bene ovunque la mia proposta musicale viene recepita bene il che può variare: Italia, Giappone Usa, Polonia, Germania etc. La musica ha la fortuna di essere un linguaggio trascendente le nazionalità.

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Ferrara in Jazz 2014 – 2015

Ferrara in Jazz 2014 – 2015
XVI Edizione
18 ottobre 2014 – 30 aprile 2015

Fervono i preparativi di una nuova vibrante edizione di Ferrara in Jazz, la sedicesima, che si svolgerà nella meravigliosa cornice del Torrione San Giovanni dal 18 ottobre 2014 al 30 aprile 2015.
Quest’anno lo splendido bastione rinascimentale, iscritto nella lunga lista del patrimonio UNESCO e sede dell’Associazione Culturale Jazz Club Ferrara, sarà sottoposto a lavori di consolidamento e adattamento alle norme in materia di sicurezza e antisismica. Il restyling della prestigiosa sede comporterà un leggero slittamento dell’inizio della stagione concertistica che verrà inaugurata sabato 18 ottobre dal trombettista statunitense Ambrose Akinmusire.
Ferrara in Jazz, organizzata da Jazz Club Ferrara con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Ferrara, Comune di Ferrara, Banca di Romagna, Endas Emilia-Romagna e del main sponsor Caffè Meseta, si appresta ancora una volta a tessere la trama di un vero e proprio festival della durata colossale di ben sei mesi, lungo i quali sarà possibile fruire della musica afroamericana in tutte le sue possibili accezioni.

Si rinnovano i gemellaggi e le co-produzioni con Ferrara Musica, Bologna Jazz Festival, Crossroads Jazz e altro in Emilia-Romagna grazie a cui la stagione si inserisce in una rete di ampio respiro regionale e nazionale. Con la consueta cadenza di tre concerti settimanali (venerdì, sabato e lunedì) il palinsesto di Ferrara in Jazz si fregia di oltre trenta Main Concerts tenuti da grandi protagonisti del panorama internazionale: Ambrose Akinmusire, Lou Donaldson, Anat Cohen, Uri Caine e Han Bennink, John Taylor, Steve Kuhn, John Abercrombie, George Cables, Chris Speed e John Hollenbeck, Toninho Horta e Ronnie Cuber, Fabrizio Bosso, Shawnn Monteiro, Marc Turner, Peter Bernstein, Kenny Werner e molti altri.
Ad arricchire questo ghiotto elenco sono due appuntamenti in ‘trasferta’ al Teatro Comunale Claudio Abbado con il piano solo di Hiromi e il duo Kenny Barron Dave Holland.
Immancabili i lunedì firmati Happy Go Lucky Local caratterizzati da esplosive jam session e dedicati ad artisti emergenti e a protagonisti della scena musicale regionale e nazionale. Torna inoltre la golosa cornice di Somethin’Else con l’esplorazione di itinerari etnici gastronomico-musicali lungo nuove rotte geografiche per gli orecchi e i palati più curiosi.
Spazio anche all’arte contemporanea con You Ain’t Gonna Know Me ‘Cos You Think You Know Me, personale del giovane fotografo emiliano Matteo Mangherini.

La programmazione 2014-2015 riallaccia fin da subito quello straordinario ponte musicale che congiunge ormai da diverse stagioni Ferrara alla Grande Mela.
Il taglio del nastro di questa nuova ricchissima edizione spetta, come già accennato, al quintetto del talentuoso trombettista statunitense Ambrose Akinmusire che, sabato 18 ottobre, presenterà al Torrione The Imagined Savior is Far Easier to Paint, secondo episodio discografico edito da Blue Note Records.
Continuando sul versante dell’attualità jazzistica a cui il Jazz Club Ferrara riserva da sempre un occhio di riguardo troviamo, venerdì 31 ottobre, il quartetto guidato da Anat Cohen (in collaborazione con Bologna Jazz Festival). Decretata “miglior clarinettista dell’anno” dai Jazz Journalists Awards, Anat è testimone della vitalità del folto gruppo di artisti israeliani che hanno eletto New York quale patria adottiva.
Di taglio contemporaneo sono anche gli altri due appuntamenti in collaborazione con la prestigiosa kermesse bolognese: lunedì 3 novembre il palco del Torrione innescherà la miccia di Sonic Boom con la vulcanica creatività di due inesauribili improvvisatori come Uri Caine e Han Bennink; mentre The Claudia Quintet, formazione guidata da Chris Speed e John Hollenbeck e completata da Matt Moran, Red Wierenga e Robert Landfermann si esibirà venerdì 7 novembre.

Parecchia carne al fuoco anche per gli amanti del jazz tout court; sul palco del Jazz Club infatti si avvicenderanno figure di spicco che ne hanno scritto la storia.
Si parte venerdì 24 ottobre con il collaudatissimo Organ Quartet guidato da una leggenda vivente del jazz: Lou Donaldson il cui groove avvolgerà il Torrione con un tributo a quei mitici anni ’60 e ’70 che hanno catapultato il leader in vetta alle classifiche a fianco di Art Blackey, Jimmy Smith e Clifford Brown. Lunedì 10 novembre (in collaborazione con Bologna Jazz Festival) è di scena il trio di Steve Kuhn completato da Palle Danielsson e Billy Drummond. Kuhn è iscritto di diritto nell’alveo dei migliori artisti che hanno contribuito all’evoluzione del linguaggio pianistico della tradizione. Venerdì 21 novembre (in collaborazione con Bologna Jazz Festival) largo ad un altro quartetto straight ahead, quello guidato da una punta di diamante del pianismo USA come George Cables al cui repertorio, denso di swing, contribuirà la verve di un ospite speciale, Piero Odorici ai sassofoni. Sconfinati territori musicali si plasmano nel lirismo magnetico e struggente del pianista John Taylor. Icona del modern jazz d’oltre Manica, sabato 8 novembre (in collaborazione con Bologna Jazz Festival), Taylor presenterà in solo In Two Minds ultimo disco edito da Cam Records (2014). Dai tasti avorio ed ebano si passa alle sei corde, sabato 15 novembre (in collaborazione con Bologna Jazz Festival), con un chitarrista di culto come John Abercrombie che si esibirà in trio con Gary Versace e Adam Nussbaum; mentre sabato 29 novembre, in collaborazione con Caffè Meseta, grandi classici del jazz samba godranno degli arrangiamenti e reinterpretazioni di uno straordinario duo: Toninho Horta e Ronnie Cuber. Sin dai primi giorni di dicembre, infine, si respira aria di festa con il soul e il gospel del Fabrizio Bosso Spiritual Trio (sabato 06 dicembre) all’insegna di un viaggio nel profondo delle origini della musica nera. Lo swing e il funk più travolgenti vibrano invece nelle serate di domenica 7 e sabato 13 dicembre quando il Torrione ospiterà rispettivamente i Mob Peppers featuring Pee Wee Ellis (sax tenore della storica band di James Brown) e The Unusual Suspects, inedita formazione guidata dall’organista Pat Bianchi e completata da Massimo Faraò al pianoforte e Byron Landham alla batteria. A chiudere i Main Concerts di questa prima parte di Ferrara in Jazz spetta ad una delle grandi voci del jazz, quella di Shawnn Monteiro in compagnia del suo Christmas Quartet, che abbraccerà in un’unica serata swing, latin, blues e gospel ripercorrendo celebri brani che costituiscono la storia della musica afroamericana.

Tradizione e futuro viaggiano paralleli anche sul prestigioso palcoscenico del Teatro Comunale Claudio Abbado dove Ferrara Musica, in co-promozione con Jazz Club Ferrara, ospiterà (martedì 28 ottobre) il talento unito all’estro vulcanico della pianista nipponica Hiromi Uehara in piano solo, per cedere il passo, lunedì 17 novembre, all’esclusivo dialogo tra due giganti del jazz internazionale: Kenny Barron e Dave Holland.

Con Ferrara in Jazz si rinnova altresì la vivace vetrina musicale della scena jazzistica italiana firmata Happy Go Lucky Local. La serata, ad ingresso gratuito per i soci Endas, ha inizio alle ore 20.00 con uno stuzzicante aperitivo a buffet accompagnato dalla selezione musicale di Andreino Dj che, a ritmo del miglior soul jazz, introduce il concerto in prima serata. A seguire, funamboliche jam session si configurano come luogo di incontro privilegiato per molti allievi dei conservatori e musicisti professionisti di base a Ferrara o provenienti da diverse città limitrofe, facendo del Torrione una vera e propria palestra di jazz su scala regionale.

Oltre all’udito il Jazz Club solletica anche gusto ed olfatto con Somethin’Else, golosa cornice che esplora itinerari etnici gastronomico–musicali in cui suoni e sapori del mondo si fondono non solo per soddisfare gli orecchi e i palati più curiosi, ma per rivelare quanto mondi apparentemente così distanti abbiano nel proprio dna comuni matrici genetiche.

Spazio infine all’arte contemporanea (dal 01 al 26 dicembre) con You Ain’t Gonna Know Me ‘Cos You Think You Know Me, personale del giovane fotografo emiliano Matteo Mangherini ideata e curata da Eleonora Sole Travagli in esclusiva per Jazz Club Ferrara con la collaborazione di Endas Emilia-Romagna. Destreggiandosi nella caleidoscopica moltitudine di rivelazioni svelate dai musicisti che hanno risposto a questa chiamata alle arti, Mangherini ha elaborato il proprio originale omaggio alla musica jazz e ai molti ‘eroi’ che calcano il palcoscenico del Torrione mettendo a nudo le passioni che contribuiscono inequivocabilmente alla cifra stilistica di ognuno di essi.La personale, iscritta nel progetto “Vetrina giovani artisti” patrocinato dalla Regione Emilia-Romagna, sarà inaugurata lunedì 01 dicembre nell’ambito di Happy Go Lucky Local.

L’Associazione culturale Jazz Club Ferrara consente di ampliare la propria base sociale attraverso il tesseramento a Endas che riserva ai propri soci numerose agevolazioni su scala nazionale insieme alla possibilità di fruire di un sempre crescente numero di appuntamenti di indiscusso valore culturale. Nell’ambito specifico di Ferrara in Jazz, anche quest’anno sarà possibile abbonarsi all’intera stagione concertistica o sottoscrivere speciali formule carnet.
Il Jazz Club Ferrara è inoltre parte integrante del circuito MyFe, la carta turistica della città di estense.

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A Ruvo di Puglia la melodia fa rima con ricerca e follia

L’edizione 2014 del Talos Festival dal 4 al 15 settembre

MinAfrique Orchestra diretta da Pino Minafra

MinAfrique Orchestra diretta da Pino Minafra

Grande attenzione verso le realtà bandistiche e sentiti omaggi a due grandi personalità quali Nelson Mandela e Misha Mengelberg: queste le linee direttrici su cui si è incardinata l’ edizione 2014 del Talos Festival svoltasi a Ruvo di Puglia dal 4 al 14 settembre. Un’edizione particolarmente intensa caratterizzata da ventisette concerti, un convegno, due mostre, un workshop, oltre 400 musicisti e allievi coinvolti, una cinquantina di opinion leader e giornalisti provenienti da tutto il mondo.

Oramai da anni Pino Minafra, vera anima e motore del festival nonché musicista di livello eccelso, va predicando l’importanza della banda come portatrice di “veri” valori musicali, un patrimonio che andrebbe gelosamente custodito e preservato e che invece rischia un deperimento irrefrenabile vista la disattenzione (si fa per dire…) delle pubbliche autorità. Di qui lo spazio che ogni anno Minafra riserva a queste formazioni che puntualmente suscitano l’entusiasmo del pubblico, prova evidente della loro valenza. Quest’anno non a caso il tema del festival era “Bande – la melodia, la ricerca, la follia” , tema svolto alla perfezione come dimostra, tra l’altro, la spettacolare chiusura di cui parleremo più avanti. Ma procediamo con ordine.

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D’Andrea, Douglas e Bennink semplicemente… incantano

Han Bennink

Han Bennink

Un pianoforte, una tromba, un rullante. E dietro  a questi strumenti tre grandi uomini di jazz: Franco D’Andrea, Dave Douglas e Han Bennink. Un trio inedito che per la prima volta si presenta davanti un pubblico, attento ed entusiasta, anche se non sufficientemente numeroso. La Roma amante del jazz e dell’improvvisazione si mostra poco ricettiva nei confronti di un evento che sin dalle sue premesse appariva molto promettente e che a consuntivo ha certamente superato le aspettative. Così il secondo appuntamento con la rassegna Carta Bianca, dedicata quest’anno a Franco D’Andrea, è divenuto nei fatti un concerto per pochi intimi dispersi nell’ampiezza della sala Sinopoli.

In apertura di serata, prima che il trio appaia sul palcoscenico, sono stati fatti ascoltare due remix basati su composizioni del pianista di Merano, opera di due DJ vincitori di un concorso indetto dall’Auditorium Parco della Musica. Poi, D’Andrea, Douglas e Bennink hanno cominciato la loro esibizione, ma sarebbe meglio dire che è iniziato l’incontro tra le loro diverse personalità. Introversa e introspettiva quella di D’Andrea, curiosa e ricettiva quella di Douglas, estroversa e anticonformista quella di Bennink. Le loro indoli si riflettono nell’approccio allo strumento. Se D’Andrea, sembra sprofondare nel pianoforte, con la mano destra a disegnare splendide e inusuali figure musicali e la sinistra a giocare con implacabile e feroce determinazione sulle chiavi dei registri bassi, Douglas sembra esplorare ogni possibilità espressiva del suo strumento, ricorrendo anche a tecniche non ortodosse per estrarre dalla tromba il suono desiderato. Bennink, a settantadue anni compiuti, continua  a sembrare un alieno sceso in terra. Il suo swing ha un’efficacia terrificante e il rullante, che per tutta la serata sarà il suo unico strumento, viene percosso dalle bacchette, accarezzato dalle spazzole, battuto dalle mani nude e successivamente colpito dal tallone dal piede dell’olandese, nonché schiaffeggiato da un canavaccio di cotone da cucina. Bennink è l’uomo del ritmo ma non è esatto dire che il rullante sia il suo unico strumento. A questo dovremmo aggiungere, per completezza d’informazione, le gambe metalliche della sedia su cui è seduto (proprio la sedia di casa fu il suo primo “strumento” che imparò a suonare quando era bambino), il pavimento in legno del palcoscenico e qualsiasi cosa che l’olandese ritenga possa produrre un suono dopo essere stato percosso.

Marco Giorgi
www.red-ki.com

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Franco D’Andrea. Monk and the Time Machine

Franco D'Andrea - foto Andreas Pichler

Effervescente conferenza stampa di presentazione incentrata su Franco D’Andrea il 10 mattina all’auditorium Parco della Musica. Carlo Fuortes (amministratore delegato della fondazione “Musica per Roma”), Roberto Catucci (responsabile dell’etichetta Parco della Musica Records) e soprattutto D’Andrea (proclamato miglior musicista del 2013 dal referendum della rivista “Musica Jazz”) hanno illustrato vari progetti e dialogato con giornalisti ed addetti ai lavori per circa un’ora; c’è stato anche il tempo per una breve esibizione in piano solo nonché per aneddoti e ricordi del musicista meranese, particolarmente comunicativo.

In buona sostanza è stato presentato il doppio Cd “Monk and the Time Machine” (uscita ufficiale 13 gennaio), registrato il 22-23 aprile 2013 al Parco della Musica e realizzato da D’Andrea insieme al suo rodato sextet: Mauro Ottolini, Andrea Ayassot, Daniele D’Agaro, Aldo Mella e Zeno De Rossi. “Monk – ha spiegato il pianista – è arrivato tardi nel mio  immaginario sonoro, negli anni ’80. Prima non l’avevo capito bene; è un musicista emblematico che porta in sé tutte le tracce della storia del jazz, avendo cominciato dallo stride piano. E’ una personalità avventurosa, molto avanti rispetto alla sua epoca, e c’è qualcosa che sempre sfugge. All’interno della sua musica ci sono una serie di mondi che si possono scomporre”. Dopo alcune registrazioni in piano solo, questo è il primo album con formazione allargata da lui dedicato al magistero di Thelonious Monk.

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