I NOSTRI CD. Novità da tutto il mondo

I NOSTRI CD

Weather Report “The Legendary Live Tapes: 1978-1981″ – Legacy Recordings
wheaterreportAnche nel jazz il mercato discografico attraversa un momento particolarmente difficile: si producono molti, forse troppi dischi che poi nessuno compra anche perché, diciamolo chiaramente, gli album davvero interessanti, degni di essere ascoltati con attenzione e di essere conservati sono pochi. A questa seconda categoria appartiene la sontuosa realizzazione della Legacy Recordings, una divisione della Sony Music Entertainment: un cofanetto di 4 album contenente concerti inediti della band le cui concezioni avrebbero rivoluzionato il mondo del jazz – e non solo – influenzando generazioni di musicisti. Registrato dal vivo tra il 1978 e il 1981, “Weather Report, The Legendary Live Tapes” presenta quella che a detta di molti è stata la migliore formazione del gruppo, vale a dire, Joe Zawinul (tastiere), Wayne Shorter (sassofono), Jaco Pastorius (basso elettrico) e Peter Erskine (batteria) cui si aggiunge nei concerti in quintetto  Robert Thomas, Jr. (percussioni). Questa sorta di compilation da concerti inediti è stata curata e prodotta da Peter Erskine e Tony Zawinul (figlio del compianto Joe); le performances sono state registrate o dal data mixing engineer Brian Risner o direttamente dal pubblico (bootleg). Il tutto è completato da un libretto di 32 pagine scritto da Peter Erskine, con rare fotografie del periodo. I risultati sono assolutamente apprezzabili: abbiamo, infatti, l’opportunità di riascoltare il gruppo in uno dei momenti di maggiore creatività grazie anche all’innesto di quello straordinario fenomeno che fu Jaco Pastorius (lo si ascolti, tra l’altro, in due strepitosi assolo alla fine del CD 1 e nel quarto pezzo del CD 4). Ma è tutta la band ad esprimersi su livelli di eccellenza, evidenziando grande coesione con Zawinul e Shorter impegnati sempre a ricercare nuove vie espressive e un Peter Erskine che già allora dimostrava di essere uno dei batteristi più inventivi e originali della storia del jazz. Venendo ad una disamina più particolareggiata del cofanetto, va subito rilevato che lo stesso non è organizzato in forma cronologica: il primo e il terzo CD si riferiscono ai concerti effettuati in quintetto nel 1980 e ’81 mentre il secondo e il quarto sono dedicati al quartetto registrato durante il 1978. L’ascolto di questi album ci consente alcune considerazioni di fondo: innanzitutto se è vero che i Weather Report ottenevano grandi risultati in studio, è altrettanto vero che dal vivo la qualità delle loro esibizioni non era inferiore e questo indipendentemente dal fatto che il gruppo si esibisse in quartetto o in quintetto. In secondo luogo risalta evidente la maestria pianistica di Zawinul: troppo spesso si è considerato Joe un abilissimo assemblatore di suoni e un grande tastierista trascurando la sua dimensione pianistica: ebbene lo si ascolti nel duetto con Wayne Shorter che apre il secondo CD sulle note di una medley ellingtoniana (“Come Sunday” e “Sophisticated Lady”) per avere un’esatta percezione del suo pianismo. Infine viene ribadita sia la grande capacità del gruppo di controllare sempre e comunque le dinamiche sia la sagacia compositiva di Zawinul i cui temi resteranno nella storia del jazz: due titoli per tutti “Birdland” e “Black Market” registrati in quartetto alla Koseinenkin Hall di Tokyo il 28 giugno del 1978.

Les Ambassadeurs – “Rebirth” – World Village 479113
rebirth“Pop mandingo e groove inalterabile…Il gruppo faro delle nuove musiche africane è di ritorno”. Così recita la fascetta di presentazione di quest’album ed in effetti queste poche parole racchiudono mirabilmente il senso dell’album: il ritorno sulle scene di una band che ha fatto la storia della musica africana. Si era nel 1969 e il vocalist Salif Keita, stella di primaria grandezza, diede vita a questo gruppo che in breve conquistò dapprima il pubblico del Mali e poi dell’intera Africa dell’Ovest grazie alla fortissima carica ritmica, all’inimitabile groove e alla sincerità di ispirazione. E l’orchestra ha avuto anche una ragguardevole importanza sociale dal momento che ha indirizzato verso la musica moltissimi ragazzi che probabilmente avrebbero intrapreso strade diverse, più pericolose. Dopo l’esperienza africana e la fine di questa esperienza, in questi ultimi quaranta anni i singoli componenti degli “ambasciatori” si sono affermati singolarmente nel resto del mondo, divenendo tutti musicisti di primissimo piano . Anche di qui il favore con cui è stata accolta la rinascita della band nel 2015, per una tournée europea e questo EP di quattro titoli uscito a fine giugno in formato CD ed LP. L’organico è straordinario: oltre al già citato Keita, abbiamo – tanto per fare qualche nome – Amadou Bagayoko et Ousmane Kouyate alla chitarra, Cheikh Tidiane Seck et Idrissa Soumaoro alle tastiere, Sékou Diabaté al basso. E la musica non è da meno: fresca, trascinante, coinvolgente come nei primissimi anni ’70. Infine c’è un risvolto umanitario che non ci sentiamo di trascurare: Salif Keita è un albino e gli albini in Africa sono fortemente discriminati; lui ce l’ha fatta, ma per aiutare gli albini in Mali, è stata creta la fondazione “Salif Nantenin Keita” cui andranno i proventi ricavati dalla vendita dell’album.

The David Benoit Trio – “Believe” – Concord 37154
BelieveA chi predilige la musica d’avanguardia e/o improvvisata, poco o nulla dirà l’ascolto di questo album che invece presenta notevoli motivi di interesse per chi ama un jazz più tradizionale. In primo luogo la bontà degli esecutori. Il pianista, compositore e arrangiatore David Benoit si è conquistata negli anni una solida reputazione che gli ha fruttato per ben tre volte la nomination ai Grammy: nel 1989 per Best Contemporary Jazz Performance – Every Step Of The Way; nel 1996 per Best Large Jazz Ensemble Performance – GRP All_Star Big Band; nel 2000 per Best Instrumental Composition – Dad’s Room from Professional Dreamer. Identico discorso per la vocalist Jane Monheit anch’essa insignita di due nomination ai Grammy: nel 2003 , per Best Instrumental Arrangement Accompanying Vocalist(s)- “Since You’ve Asked” e nel 2005 per Best Instrumental Arrangement Accompanying Vocalist(s) – “Dancing in the Dark” , per non parlare della vittoria – nell’ormai lontano 1998 – alla Thelonious Monk International Vocalist Competition. I due avevano già collaborato pochi mesi or sono incidendo il cd ‘2 in Love’ dedicato alla voce e si sono ritrovati per questo disco che, pur nascendo con l’etichetta di ‘album natalizio’ in effetti è perfettamente fruibile in ogni stagione dell’anno. I due sono accompagnati dall’eccellente flautista Tim Weisberg e da una sezione ritmica di assoluta eccellenza composta da Jamey Tate alla batteria e David Hughes al basso cui si aggiunge in alcuni brani un’eccellenza della musica corale, l’ All-American Boys Chorus diretto da Wesley Martin. Come si accennava, il gruppo affronta un repertorio di canzoni natalizie che gli appassionati di jazz gradiranno certamente… anche perché tra queste figura la celebre “My Favorite Things” arrangiata dal trio e dalla vocalist. A questo punto è opportuno sottolineare ancora la levità, la delicatezza con cui i musicisti affrontano un repertorio facile se si vuol produrre semplicemente della buona musica d’ascolto, assai difficile se si pretende qualcosa di più. E crediamo che sia proprio questo il caso di David Benoit e Jane Monheit.

Chick Corea & Bela Flech – “Two” – Stretch Records 37992 02
twoPersonaggio complesso, immaginifico, visionario, Chick Corea sta attraversando molte stagioni del jazz lasciando sempre un’impronta ben visibile della sua arte. Egli appartiene a quella schiera di artisti che mai riposa sugli allori tentando sempre nuove vie, sperimentando continuamente contesti diversi, sonorità inusuali. E’ in quest’ambito che si iscrive la sua collaborazione con il banjoista Bela Fleck che oramai data da lunga pezza. In particolare Corea fu invitato da Bela Flech dapprima a suonare in tre brani nell’album “Tales From The Acoustic Planet” inciso con i Flecktones nel ’94 e quindi ad essere presente in altri tre brani nel doppio “Live art” pubblicato nel ’96. Dal canto suo Corea ricambiò la cortesia invitando il banjoista come ospite d’onore nel DVD “Rendezvous in New York” del 2005. Di qui una fertile collaborazione declinata attraverso varie tournées in duo e la realizzazione dell’album “The Enchantment” nel 2007 che ottenne grandi consensi tanto da guadagnarsi il sesto posto nella classifica di Billboard dei Top Jazz albums mentre Fleck riceveva una nomination al Grammy award per “Spectacle” nella categoria “Migliore composizione strumentale”. E non c’è dubbio che anche questo “Two” ottenga gli stessi favori di pubblico e di critica. I due CD contengono quattordici brani , di cui cinque scritti da Corea e sei da Fleck, cui si aggiungono il celeberrimo “Brazil” di Barroso & Russell presentato in versione tanto originale quanto convincente, “Bugle Call Rag” di Pettis, Meyers, Schoebel e “Prelude en Berceuse” di Henri Dutilleux compositore francese venuto meno nel 2013. Brani che provengono tutti dagli spettacoli che i due hanno portato in giro per il mondo negli ultimi sette anni. Quindi registrazioni live che ,come facilmente intuibile da quanto sopra detto, evidenziano la perfetta intesa tra i due: Chick e Bela sanno benissimo come rapportarsi, quando prendere l’iniziativa e quando lasciarla al compagno, in un gioco di rimandi che non conosce attimi di stanca. La loro comunicazione va al di là del fatto squisitamente musicale articolandosi anche su un piano molto più intimo tanto da toccare chi li ascolta con attenzione e partecipazione.

Bill Frisell – “When You Wish Upon a Star” – Okeh 88751
When you vishPersonalità complessa come quella del già citato Chick Corea, anche Bill Frisell è artista che non disdegna le sfide misurandosi su terreni non proprio facili. E’ il caso di questo album in cui Frisell affronta un repertorio tratto da film e dalla TV che sarebbe potuto risultare banale se non fosse stato illuminato dai lampi di classe di questo chitarrista. Frisell ci riporta ad un periodo non troppo lontano in cui James Bond imperversava sul grande schermo e i programmi televisivi si mantenevano ancora su standard accettabili; di qui una sorta di viaggio onirico in un passato ancora presente – ci si consenta l’ossimoro – in cui vengono rivisitati brani che ben conosciamo. Ecco quindi organizzati in forma di suite “To Kill A Mockinbird” di Elmer Bernstein, “Psycho” di Bernard Herrmann, “Once Upon a Time in the West” di Morricone, “The Godfather” di Nino Rota… e poi altri classici tratti e da film (“When You Wish Upon a Star” una canzone contenuta nel film Pinocchio, con testo di Ned Washington e musica di Leigh Harline, “Moon River” di Henry Mancini e Johny Mercer, “The Shadow of Your Smile” di Heywood, Mandel e Webster da “Castelli di sabbia”, “You Only Live Twice” di John Barry dal celebre “Goldfinger”, “The Bad and the Beautiful” scritto da David Raksin da “Il bruto e la bella” di Minnelli) e da serie televisive (“Bonanza” di Livingston-Evans, “Happy Trails” di Dale Evans) il tutto completato da un eccellente original di Frisell “Tales From The Far Side”. Come si accennava in apertura, Frisell affronta questi brani in modo assolutamente originale rivitalizzando il mistero insito in questa musica che oramai fa parte del patrimonio collettivo. In particolare Frisell e Kang dialogano mantenendo un grande equilibrio tra parte scritta e improvvisazione con Royston e Morgan che supportano il tutto con grande levità. Dal canto suo Petra Haden, pur non essendo un’interprete jazz, si presta assai bene all’intento narrativo del leader.

Ahmad Jamal – “Live in Marciac” – Jazzbook Records – CD + DVD 570078.79
lIVE IN mARCIACRecensire un album del genere è impresa quanto mai difficile: cosa, infatti, si può aggiungere che già non si sappia dell’arte di Ahmad Jamal? Praticamente nulla . Né, a memoria, ricordo un solo album del pianista che non sia stato all’altezza della situazione. E anche questo doppio (CD+DVD) non fa eccezione alla regola. L’ottuagenario pianista di Pittsburgh è registrato durante un concerto svolto a Marciac il 5 agosto del 2014 accompagnato dal bassista Reginald Veal, dal percussionista Manolo Badrena e dal batterista Herlin Riley. Il repertorio è lo stesso del concerto di Londra pochi mesi prima, vale a dire alcuni classici dello stesso Jamal e due standards con l’aggiunta, nell’occasione , di altri due pezzi “Silver” sempre di Ahmad e “Strollin’” di Horace Silver presentati proprio per omaggiare Silver venuto meno proprio pochi mesi prima del concerto di Marciac il 18 giugno del 2014. Quasi inutile aggiungere che Jamal nulla ha perso dell’originaria classe. Il suo pianismo è sorretto da grande tecnica, da un groove incessante e soprattutto dalla personalissima capacità di passare con grande disinvoltura da atmosfere raccolte e intimiste a brani caratterizzati da una forte carica ritmica, mantenendo intatta la sua cifra stilistica. Così, ad esempio, dal clima latineggiante di “Sunday Afternoon” eccoci trasportati nel delicato lirismo, in alcuni passaggi, di “The Gipsy”, per transitare successivamente allo spumeggiante swing di “Strollin”… fino al ben noto “Blue Moon” tutto giocato su un tempo veloce ottimamente sostenuto dai partners del pianista. E al riguardo non si può non evidenziare e l’affiatamento fra i quattro e il valore dei singoli che hanno avuto tutti la possibilità di porsi in primo piano, con uno strepitoso Reginald Veal spesso impegnato ad introdurre i brani sia da solo sia in trio con batteria e percussioni.

Stacey Kent – “Tenderly” – Okeh – Sony Music
TenderlyUna splendida voce, un’interpretazione intensa ma sempre ben calibrata, arrangiamenti raffinati, un repertorio che pesca a piene mani nel classico songbook americano: questa, in estrema sintesi, la carta d’identità dell’album in oggetto assolutamente sconsigliabile per quanti cercano la sperimentazione ad ogni costo. La vocalist si muove, infatti, in un contesto jazzisticamente canonico, potendo contare sulla collaborazione di eccellenti strumentisti quali Jim Tomlinson (suo compagno nella vita oltre che nell’arte), al sax tenore e flauto, il bassista Jeremy Brown e soprattutto il celebre chitarrista, compositore e produttore Roberto Menescal, a ben ragione considerato oramai da molti anni una delle personalità più importanti della scena musicale brasiliana. Nonostante Kent e Menescal appartengano a due generazioni diverse e abbiano background non assimilabili, sono tuttavia legati da un idem sentire musicale assolutamente straordinario. In effetti come la Kent era rimasta sin da piccola affascinata dalla musica brasiliana e dalla bossa nova, così Menescal aveva trovato in Julie London e in Barney Kessel una delle prime fonti di ispirazione. Sulla base di questi comuni amori per il jazz e la bossa nova, la loro reciproca stima si era già in qualche modo concretizzata nel 2013 quando il chitarrista aveva partecipato alla realizzazione dell’album “The Changing Lights” della Kent sonando in due brani, “O Barquinho” una composizione dello stesso Menescal e un original di Jim Tomlinson/Antonio Ladeira “A Tarde”. Visto il buon esito dell’operazione, i due hanno deciso di rincontrarsi per una collaborazione più estesa, che ha trovato un’esauriente esplicazione nelle dodici registrazioni contenute nell’album . Alle prese, come si accennava, con una serie di standard (cui si aggiunge “Agarradinhos” di Roberto Menescal e Rosalia De Souza) è stato quasi naturale trovare un terreno d’intesa nella modalità di approccio al materiale tematico quasi minimalista, con la voce di Stacey non particolarmente estesa ma sempre calda, suadente, a tratti emozionante, mai comunque sopra le righe, con la chitarra di Menescal a sottolineare ogni passaggio, ad evidenziare ogni più piccola sfumatura, con Brown e Tomlinson ad assecondare i preziosi arrangiamenti di Menescal tanto da non far minimante avvertire la mancanza della batteria. (altro…)

Francesca Sortino. L’importante è il sound

Francesca Sortino mare

Avevano imparato a conoscerla nel 1995 grazie ad un ottimo album registrato per la Soul Note con grandi artisti quali Jim McNeely, Harvie Swartz, Eliot Zigmund, Rick Margitza; poi la collaborazione con i Gabin nel famoso brano ” doo uap doo uap doo uap” e un altro album nel 2004 per la Sugarmusic (“Kiss Me”), fino a “the Music I Play” del 2008, e quindi apparizioni sempre più sporadiche anche se di notevole pregio come nel progetto dell’etichetta Dejavu’ “Idea 6” a fianco di grandi nomi del jazz italiano, Dino Piana, Gianni Basso, e le collaborazioni con Gerardo Frisina (“Join The Dance”) e con il progetto “Train up” ecc.

Adesso Francesca Sortino è tornata alla grande nel mondo del jazz con l’album “Francy’s Kicks” (Abeat 529) di cui vi diamo conto in un post precedente. Ma come mai questa così lunga lontananza dalle scene jazzistiche? Cosa ha motivato questo suo rientro? Di questo e di molto altro abbiamo parlato con la vocalist nell’intervista che qui di seguito pubblichiamo:

-Il tuo è un ritorno sulle scene jazzistiche; da quando ne mancavi?
“ Da circa cinque anni”.

-Cosa è accaduto durante questo lasso di tempo?
“Non molto. In particolare l’ultima mia sortita sulla scena musicale non è stata prettamente jazzistica: l’ultimo album era costituito da brani di mia composizione ma con arrangiamenti di chiara marca pop; tanto per fare un esempio c’era il singolo “Namorada” che è stato lanciato da Fiorello in Viva Radio 2. E il pezzo ottenne davvero un grosso successo: i giornali specializzati ne parlavano come di uno dei possibili successi dell’estate e lo steso Eumir Deodato mi scrisse dicendomi che il brano gli era piaciuto moltissimo e che avevo tra le mani una hit. Insomma sembrava che il disco avesse delle forti potenzialità commerciali e invece il tutto si è arenato anche perché il produttore e la casa discografica non hanno saputo cogliere il momento… in buona sostanza non ci hanno creduto, non hanno investito, non è stato ben distribuito tanto che molti mi scrivevano dicendomi che il disco non si trovava, non è stato organizzato il live… e così tutto a poco a poco si è afflosciato. Ora per me questa battura d’arresto è stata molto grave perché se è vero che il disco apriva verso nuovi pubblici è altrettanto vero che chiudeva verso il mio pubblico tradizionale che evidentemente da me si aspettava qualcosa di diverso, con un linguaggio più jazzistico. E invece non ho guadagnato un nuovo pubblico e ho perso il vecchio. Insomma una specie di disastro”.

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I nostri CD. La grande musica che viene dal Nord

I NOSTRI CD

Arild Andersen – “Mira” – ECM 2307

Ecco un altro album ECM cui non fa certo difetto la qualità, anzi! Protagonista un trio d’eccezione composto dal contrabbassista norvegese Arild Andersen, dal tenorista inglese Tommy Smith e dal “nostro” Paolo Vinaccia oramai ospite abituale delle produzioni curate da Manfred Eicher. Il trio fu costituito nl 2007 e l’anno dopo incise quell’eccitante “Live At Belleville” grazie a cui il leader Arild Andersen si aggiudicò il “Prix du Musicien Européen 2008” da parte dell’ “Academie du Jazz” francese. Questa volta siamo in studio ma il risultato non cambia: l’incontro tra le due forti personalità – bassista e sassofonista – ottimamente sostenute dal batterista percussionista produce effetti musicalmente straordinari. Tommy Smith, pur denunciando apertamente le influenze di Jan Garbarek, si pone egualmente in continuità con alcuni grandi del passato quali Sonny Rollins se non addirittura Coleman Hawkins. Di qui un eloquio ora fluido ora più meditativo che evidenzia comunque una bella cantabilità con un sound affatto particolare che fa del tenorista di Edimburgo uno dei migliori sassofonisti oggi in esercizio. Dal canto suo Arild è un vero e proprio monumento vivente dell’arte contrabbassistica: ogni nota emessa dal suo strumento ha un peso specifico nel sostenere l’insieme dal punto di vista sia armonico sia ritmico, senza che si avverta la benché minima sensazione di ripetitivo o, peggio ancora, di qualsivoglia pattern. Paolo Vinaccia è ancora quel fantasioso batterista che abbiamo imparato a conoscere in tutti questi anni, semplicemente perfetto soprattutto quando si trova ad operare con artisti che conosce assai bene come in questo caso. Il repertorio dell’album si fonda quasi esclusivamente su composizioni dello stesso Andersen, con l’aggiunta di due brani firmati da Tommy Smith e Paolo Vinacca l’uno e dal solo Smith l’altro, con l’aggiunta della sempreverde “Alfie” di Burt Bacharach: nell’interpretazione di questo brano il trio si esalta con un Tommy Smith che mette in campo tutta la sua liricità.

Gianni Ferrio: scompare un grande della musica leggera “alta”

ferrioIl 21 ottobre scorso si è spento uno dei grandi personaggi della musica italiana tout-court, Gianni Ferrio, ben a ragione definito “un signore della musica” al di là di qualsivoglia classificazione.

Nato a Vicenza il 15 novembre 1924, Ferrio è stato protagonista di una splendida e variegata carriera: è stato, infatti, un direttore d’orchestra, arrangiatore e compositore che ha saputo coniugare con efficacia una grande sensibilità sinfonica con un chiaro gusto per il jazz e una spiccata sensibilità contemporanea, sì da mettere d’accordo ricerca e intrattenimento, sobrietà e divertimento.

In particolare Ferrio é entrato nella storia della musica leggera italiana come autore di alcune canzoni diventate degli evergreen, come “Piccolissima serenata” (incisa tra gli altri da Teddy Reno e Renato Carosone), “Parole parole” (successo internazionale di Mina e Alberto Lupo, inciso anche da Dalida e Alain Delon)… e molte altre.

Per la tv ha scritto e diretto le musiche per i più importanti spettacoli del sabato sera, con la regia di Antonello Falqui, avendo così l’opportunità di lavorare con Astor Piazzolla, Luis Bonfà, James Taylor, Jerry Lewis, Mina, Caterina Valente, Elis Regina, Ornella Vanoni, Milva, Gigi Proietti.

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Tony Bennett a Roma per “Luglio suona bene”

Tony Bennet

Tony Bennet

La decima edizione di “Luglio suona bene”, la manifestazione estiva di concerti sotto le stelle organizzata dalla Fondazione Musica per Roma, è stata presentata ufficialmente alla stampa ieri mattina (7 maggio).

Nel corso delle prime nove edizioni la rassegna ha già ospitato più di 1000 artisti, avvicendatisi nel corso di 270 serate e applauditi da circa mezzo milione di spettatori.
L’avventura che ha come protagonista la Cavea, vale a dire lo spiazzo architettonico dell’Auditorium disegnato da Renzo Piano, prese il via nel 2003 con i concerti di Ornette Coleman, Suzanne Vega, James Taylor, Lou Reed, Michael Nyman, Madredeus, Paolo Fresu, Maria Bethania e Gilberto Gil, Toquinho, Kronos Quartet, Keith Jarrett.

Negli anni successivi la rassegna si è andata sempre più qualificando fino ad essere oggi considerata, a ben ragione, uno dei festival più importanti del mondo per numero di concerti in programma nel breve lasso di tempo di un mese (con qualche sconfinamento in giugno e in agosto). D’altro canto basta scorrere un sommario elenco degli artisti che si sono esibiti sul grande palco della Cavea per rendersi conto di quanto questa affermazione sia veritiera: Bryan Wilson, Joe Jackson, John Zorn, Khaled, Bob Dylan, Joe Cocker, Mercedes Sosa, Brad Mehldau, Caetano Veloso, Bjork, Leonard Cohen,, Steely Dan, Michael Bolton, Anastacia, Burt Bacharach, Jeff Beck, Herbie Hancock, Chick Corea, Simply Red, Tinariwen, Ringo Starr, Chicago, Cindy Lauper, George Benson, Elton John, Sting e molti altri ancora.

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