“Frank and Ruth” – Omaggio a Frank Zappa e Ruth Underwood

Marco Pacassoni Group
“Frank & Ruth”
Il vibrafono e la marimba nella musica di Frank Zappa

“Frank & Ruth” è il nuovo progetto discografico del vibrafonista e percussionista Marco Pacassoni. L’album prodotto dalla Esordisco pubblicato il 9 giugno 2018, una data simbolica perchè trent’anni prima, esattamente il 9 giugno 1988, Zappa tenne il suo ultimo concerto in Italia, al palasport di Genova.

Dopo tre dischi d’inediti, “Finally” (2011), “Happiness” (2014) e “Grazie” (2017), Marco Pacassoni rende omaggio alla percussionista Ruth Underwood, il cui nome è legato indissolubilmente alla musica di Frank Zappa, e lo fa accompagnato da due compagni della sua storica formazione, Enzo Bocciero al pianoforte e alle tastiere e Lorenzo De Angeli al basso elettrico, e tre ospiti di rilievo: il virtuoso chitarrista Alberto Lombardi, che si è anche occupato della produzione artistica, del missaggio e del mastering, la funambolica vocalist Petra Magoni e il formidabile batterista statunitense Gregory Hutchinson.

Genio della musica contemporanea del ‘900, Zappa nutriva una grande passione per le percussioni che nasceva del suo amore per Edgard Varèse. Aveva prima suonato la batteria per poi dedicarsi alla chitarra. Nel periodo più ispirato della sua produzione musicale (1967 – 1977), trovò il suo alter ego alle percussioni in Ruth Underwood, moglie di Ian Underwood, il musicista della svolta di “Hot Rats”, e virtuosa indiscussa di questi strumenti.

Quando Ruth decise di lasciare il gruppo, decise anche di abbandonare la scena musicale. Da quel momento la musica del genio di Baltimora prenderà molte altre direzioni, ma mai più la sua scrittura metterà così al centro della scena la marimba e il vibrafono.

La scelta dei brani fatta da Marco Pacassoni include nuovi arrangiamenti di “Blessed Relief”, “Planet of the Baritone Women” (con la straordinaria Petra Magoni alla voce), “Echidna’s Arf”, “The Idiot Bastard Son”, “Peaches en Regalia” e un medley di tre brani emblematici del chitarrismo di Zappa, “Sleep Dirt”, “Pink Napkins”, nel quale Marco realizza la prodezza di suonare al vibrafono l’assolo originale di Zappa, e “Black Napkins”, il titolo di questo medley è “Sleep, Pink and Black (the napkins suite)” ed è realizzato con il chitarrista e produttore Alberto Lombardi.

Pacassoni confeziona inoltre una sua versione per marimba solista dalla famosa “The Black Page”, forse il brano più complesso scritto da Zappa e massima espressione della sua opera per le percussioni, e compone il brano, “For Ruth”, dedicato a Ruth Underwood, al suo stile ed alla dedizione per i suoi strumenti.

Il progetto si conclude con una bonus track, “Stolen Moments”, cover di un brano ricco di swing che Frank Zappa registrò nell’album “Broadway the Hardway”.

Marco Pacassoni presenterà l’album dal vivo il prossimo 16 luglio all’Ancona Jazz Festival con la seguente formazione, Marco Pacassoni: vibrafono e marimba, Alberto Lombardi: chitarra acustica, classica ed elettrica, Enzo Bocciero: pianoforte e tastiere, Lorenzo De Angeli: basso acustico ed elettrico e Matteo Pantaleoni: batteria.

Il tour di presentazione partirà il prossimo 4 dicembre, venticinquesimo anniversario della scomparsa del genio di Baltimora.

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Biografia

Marco Pacassoni – vibrafonista, percussionista, compositore
Nato a Fano il 12 giugno 1981, si è diplomato al conservatorio “Gioacchino Rossini” di Pesaro con lode e laureato con lode in Professional Music al “Berklee College of Music” di Boston.
Studia principalmente con Gary Burton, Ed Saindon, Victor Mendoza, Daniele Di Gregorio, Eguie Castrillo, John Ramse, Steve Wilkes.
Nel 2005 vince il premio di “Miglior Talento Jazz” italiano al concorso Chicco Bettinardi di Piacenza.
Collabora, sia in ambito jazzistico che pop, con Michel Camilo, Alex Acuna, Horacio “El Negro” Hernandez, Steve Smith, John Beck, Amik Guerra, Trent Austin, Italuba, Gerrison Fewell, Chihiro Yamanaka, Partido Latino, Malika Ayane, Raphael Gualazzi, Francesco Cafiso, Massimo Manzi, Marco Volpe, Massimo Moriconi, Filippo Lattanzi, Daniele Di Gregorio, Paolo Belli, Bungaro, Luca Colombo e numerosi altri.
Da leader, con il suo quartetto, ha pubblicato tre album: “Finally”, “Happiness”, “Grazie” e il suo ultimo lavoro discografico datato giugno 2018: “Frank & Ruth”.
Docente di strumenti a percussioni presso il Liceo Musicale “Rinaldini” di Ancona e “University of Texas” di San Antonio per i semestri italiani presso l’Università di Urbino.
Tiene costantemente Masterclass di vibrafono in prestigiosi college americani come “Oberlin Conservatory” (Ohio), “University of Minneapolis” (Minnesota), “Eastman School of Music” (Rochester), “Columbus University” (Ohio), “Cleveland University” (Ohio).
Nell’aprile del 2014 pubblica il manuale di armonia e composizione “Quasi quasi scrivo una canzone …” edito da Rodavia Edizioni.

Ufficio Stampa – BlueArt Promotion
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Cosa dicono di lui e dei suoi lavori

“I had a great time recording this piece in Duo format with Marco, especially since he wrote this song dedicated to me! Marco Pacassoni is a talented musician who has a unique voice on his instrument and a fresh sound in his compositions. I believe he has a bright future in the Jazz world.”
Michel Camilo

“The most lyrical player I can think of, you give him melody and he paint the most beautiful colors.”
Anders Astrand

“Di chiara matrice contemporary jazz, “Grazie” è un disco stilisticamente e ritmicamente policromo, dal quale emerge la fisiologica necessità di voler trasmettere un candido messaggio artistico che possa scavare un solco emozionale, senza roboanti effetti speciali.”
Stefano Dentice – Roma in Jazz

“… un album dal respiro timbrico ampio, curato nelle scelte e nei dettagli, suonato da musicisti dall’elevata sensibilità sia formale sia espressiva.”
Roberto Paviglianiti – Strategie Oblique

“Il “Grazie”, dedicato al padre, va restituito al quartetto di Marco Pacassoni per questa lezione di eleganza per palati fini.”
Gilberto Ongaro – Music Map

“… un lavoro dal valore unico e raro. Una volta ascoltato ed assimilato quello che si può dire è un semplice ed importantissimo GRAZIE!”
Andrea Ranaletta – Parliamo di Jazz

“Le dieci tracce presenti nel disco hanno un rapporto stretto con le tradizioni e con le tante vicende espressive che costituiscono le storie del jazz, le sue leggende, i suoi punti di riferimento … Si intrecciano ritmi dai tempi dispari e linee melodiche dirette e leggibili, spazio per la libertà interpretativa e attenzione agli equilibri della scrittura.”
Fabio Ciminiera – Jazz Convention

“Un disco elegante, dalle mille sfaccettature, che pone l’accento sulle eccellenti composizioni di Pacassoni e sul suo tocco maturo e innovativo.”
Alceste Ayroldi  – Jazzitalia

“L’impressione è quella di un disco molto composto, ma non per questo “ingessato”, anzi. Un album maturo, raffinato e caldamente consigliato.”
Alfredo Romeo – Drumset Mag

“La cantabilità dei temi è al centro dell’estetica d’insieme del quartetto, che propone un’espressività e delle forme in equilibrio tra disimpegno e complessità, tra passaggi strutturati e situazioni lasciate a favore di slanci improvvisativi.”
Roberto Paviglianiti – Jazzit

“I found “Grazie” to be a very rewarding musical experience, so while you know upon listening that the music on Grazie is Jazz, you’ve never heard it played in this manner before.
What is apparent throughout the recording is the very high level of musicianship on display.”
Steven Cerra – JazzProfiles

“Ricominciamo dal Jazz”: a San Severino Marche il canto di Mafalda Minnozzi accende la solidarietà!

Una delle caratteristiche della musica Jazz è di dare ampio spazio all’improvvisazione, tra i processi creativi più affascinanti, che sorprende anche per il tempo velocissimo che intercorre tra il formarsi di un’immagine musicale nella mente e la sua effettiva realizzazione sonora. Nel caso di “Ricominciamo dal Jazz”, evento benefico svoltosi al Teatro Feronia di San Severino Marche (MC) il 10 dicembre, la solidarietà non si è certo improvvisata, come recitava anche il titolo del concerto, anzi… l’organizzazione è stata impeccabile e molti jazzisti di altissimo spessore come il clarinettista Gabriele Mirabassi, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, il pianista Giovanni Ceccarelli, il vibrafonista Marco Pacassoni, il chitarrista Antonio Onorato e due talenti locali: David Padella e Maurizio Moscatelli, oltre a due attori di fama quali Alessandro Incerto e Massimo Reale, non hanno esitato a rispondere alla chiamata della vocalist Mafalda Minnozzi, di origine settempedana, un segno di comunanza verso le popolazioni marchigiane ancora provate dal sisma che ha colpito la regione nel 2016.

E così che al Feronia, delizioso teatro all’italiana progettato da Ireneo Aleandri, inaugurato nel 1828 e oggi diretto con passione da Francesco Rapaccioni, si è radunato attorno all’eMPathia Jazz Duo, di Mafalda Minnozzi e del chitarrista newyorchese Paul Ricci, un manipolo di artisti di indubbio valore e notorietà, accomunati dalla medesima radice solidale e da una filosofia della condivisione, oltre che da una sensibilità nell’arte e nella vita, per un incontro che aveva il nobile intento di raccogliere fondi – ma anche e soprattutto attenzione – per avviare la ricostruzione del palcoscenico del Cinema Teatro Italia, casa delle attività culturali, specie giovanili e studentesche, che il terremoto ha reso inagibile.

Dopo il saluto degli organizzatori e del sindaco Rosa Piermattei, Mafalda e Paul salgono sul palco. Lei è meravigliosa ed elegante, fasciata in un abito nero con uno strascico rosso, lunghissimo, che rappresenta la scia di distruzione che il terremoto ha portato con se. Un paio di brani in duo per scaldare le corde, siano esse vocali o della chitarra: Triste Sera, brano tra i meno “coverizzati” di Luigi Tenco, dove la cantante sfoggia da subito una tessitura vocale che mette in evidenza la sua enorme solidità tecnica e il suo gran mestiere… e A Felicidade, un classico di Jobim/De Moraes (che Mafalda ha cantato anche con Toquinho, la scorsa estate al Sant’Elpidio Jazz Festival). La chitarra di Paul lo riveste di un mood ritmico e incalzante, dove Mafalda fa danzare le parole, giocando ad allungare e ad aprire le note  e dove, nel finale, sublima la tristezza dei versi di De Moraes in un loop… Não tem fim, não tem fim…

Il primo “friend empatico” della serata è il giovane contrabbassista locale David Padella, laddove locale è un mero dato statistico in quanto il suo talento è innegabile. Il trio popone una rivisitazione sognante di Estate, di Bruno Martino, un bellissimo fermo immagine per un’esecuzione patinata e vintage.

Della potenza immaginifica del pianista Giovanni Ceccarelli, nato a Fabriano ma che da anni vive in Francia, dove ha trovato il successo, ci sarebbe da scrivere un trattato! Il suo è un pianismo a colori, ma colori primari, dell’essenza… ha inoltre un impareggiabile tocco vellutato e con Mafalda e Paul, in un appassionato gioco di sequenze ritmiche, esegue la cinematografica Metti una Sera a Cena, celeberrimo brano di Ennio Morricone, main theme del film omonimo di Patroni Griffi e una pagina dedicata alle raffinate melodie di Cole Porter, con Everytime we say goodbye, dove il contrasto dinamico tra la chitarra di Paul e il piano di Giovanni, e la stilizzazione timbrica di Mafalda risolvono il brano con rinnovata freschezza.

Il suono antico del bandoneon è quanto di più vicino possa scaturire da uno strumento musicale per ricordarci che l’amore è estasi ma anche tormento; e chi più di Daniele Di Bonaventura – nato a Fermo – nell’olimpo dei bandoneonisti europei, avrebbe potuto esprimere al meglio la passione e lo struggimento di composizioni quali Insensatez, bossa nova della coppia Jobim/De Moraes, tra le più celebri al mondo per le innumerevoli incisioni realizzate e la toccante Hymne à l’amour di Edith Piaf? E il bandoneon di Daniele, con le sue melodie carnali, insieme al delicato mantello ritmico della chitarra di Paul e agli arabeschi vocali che disegna Mafalda, rapisce letteralmente il pubblico. C’è da dire che la vocalist, in Hymne à l’amour, è riuscita nel difficile intento di sdrammatizzare il brano, senza intaccarne minimamente intensità e pathos.

Il concerto prosegue con un tributo di eMPathia Duo interamente dedicato a Mina, una delle cantanti italiane più amate di sempre: abbiamo ascoltato Città Vuota, adattata in una minimalista bossa-nova e Nessuno, caricata a swing e temperamento!

Il nobile, quanto impervio, sentimento del perdono è il tema di É preciso perdoar (Bisogna perdonare) portata al successo da João Gilberto, uno dei padri della bossa-nova.  Al chitarrista napoletano Antonio Onorato il compito di reinterpretare questo brano, che Mafalda canta come se fosse uno spiritual. In Antonio si concentrano tecnica, sensibilità, passione e con Paul trova da subito una grande sintonia. Il risultato è avvincente e il trio produce alchimie emozionanti! Il secondo pezzo è uno degli slow più conosciuti del repertorio tradizionale napoletano: Anema ‘e core, una carezza che arriva diritta all’anima, dove una delle due chitarre esegue una sorta di canto essenzialmente monodico e l’altra l’accompagnamento armonico. Il finale è intenso, quasi drammatico: la vocalist canta in ginocchio, ad occhi chiusi, sciorinando una serie di vocalizzi che denotano una perfetta gestione delle nuances dinamiche… a  dir poco strepitoso!

My shining hour, brano che fu scritto nel 1943 per esere inserito nella colonna sonora di una commedia musicale,  ci riporta al jazz più convenzionale. L’ospite sul palco del Feronia è il marchigiano Marco Pacassoni, un maestro del vibrafono e della marimba, un vero incantatore, per come inanella i suoi rintocchi e le sue velocissime sequenze di note! L’abbiamo ascoltato anche in Jogral, con Gabriele Mirabassi, virtuoso del clarinetto a livello internazionale. Questo improvvisato quartetto ha dato vita ad un divertente gioco di scale e di relazioni armoniche.

La “voce” del clarinetto di Mirabassi è unica, penetrante, piena: la sua agilità nei passaggi solistici, e la sua destrezza interpretativa sono emerse prepotentemente in Azzurro, successo di Paolo Conte, forse tra i brani più applauditi della serata (eccezionale la riproduzione del fischio del treno di Mafalda!), in Nuages di Django Reinhardt, nella versione originale con testo in francese e Chega de saudade, focosa e travolgente, pezzo entrato nella leggenda per aver dato inizio al genere della bossa nova…dove Mafalda ha sfoggiato anche la sua anima e le sue doti da attrice (ha studiato con la Compagnia della Rancia di Saverio Marconi) usando linguaggi gestuali, oltre ad ineguagliabili effetti vocali, scat, shake acuti che lei utilizza con naturalezza sorprendente.

Avviandoci verso la fine, Giovanni Ceccarelli e Daniele Di Bonaventura, con gli eMPathia, ci regalano due incantevoli interpretazioni: Io che amo solo te di Sergio Endrigo e Dindi, per la quale è inutile cercare aggettivi… tale è la sua intensità, delicatezza, profondità. Un brano che amo visceralmente. Con un altro talento marchigiano, il sassofonista Maurizio Moscatelli, Mafalda e Paul eseguono Via con Me di Paolo Conte.

Dopo quasi tre ore di grande musica e spettacolo arriva implacabile il tempo del bis, con tutti gli artisti sul palcoscenico del Feronia, preceduto da una lettura scenica dei due attori che nel corso dello spettacolo avevano portato il loro contributo alla causa della solidarietà, recitando brani di Montale e di Quoist: il napoletano Alessandro Incerto (Un posto al sole, La squadra, I bastardi di Pizzofalcone) e il fiorentino Massimo Reale (reduce dal successo de  “Il Penitente” all’Eliseo di Roma con Luca Barbareschi e da quello televisivo nella serie “Rocco Schiavone” con Marco Giallini).

Il brano scelto, Samba da Bênção, la samba delle benedizioni (che servono sempre!), viene usato spesso dai grandi interpreti brasiliani, come forma di saluto, proprio nel finale dei concerti, assieme al mantra antico “saravà” (la forza che movimenta la natura…);  applausi a scroscio per eMPathia jazz duo plus Friends!

Il concerto è stato organizzato dalla MBM Management di Marco Bisconti, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di San Severino Marche.

Nota di colore: al di là della sua innegabile valenza solidale, l’evento ha avuto dei risvolti conviviali, momenti di grande condivisione e amicizia durante i quali gli artisti (e la sottoscritta) hanno potuto apprezzare l’ospitalità del popolo marchigiano e gli eccellenti prodotti gastronomici regionali!

Marina Tuni

La gallery fotografica è di Paolo Soriani Soriansky che ringraziamo!

“Ricominciamo dal Jazz: la solidarietà non si improvvisa!” L’eMPathia Jazz Duo di Mafalda Minnozzi e Paul Ricci a San Severino Marche il 10.12

“Il palcoscenico è la parte più importante del teatro, è un luogo magico dove nascono le azioni e dove fioriscono i sogni. Ed è proprio una chiamata all’azione quella di Mafalda Minnozzi, originata dal desiderio di “fare” qualcosa per la sua terra, le Marche, martoriata dal sisma dello scorso anno”.

Partiamo da queste parole degli organizzatori per restituire da subito il senso del progetto “Ricominciamo dal Jazz: la solidarietà non si improvvisa!”, in programma domenica 10 dicembre, con inizio alle 17.00, al Teatro Feronia di San Severino Marche (MC), che ha il nobile scopo di raccogliere fondi per avviare la ricostruzione del palcoscenico del Cinema Teatro Italia, importante spazio cittadino di aggregazione culturale reso impraticabile dal terremoto.

Questo è quanto proveranno a fare, attraverso la musica, la vocalist Mafalda Minnozzi e il chitarrista Paul Ricci, ovvero eMPathia Jazz Duo plus Friends, gli ideatori di questo evento di solidarietà che vede riuniti al Feronia artisti di levatura internazionale. A duettare con Mafalda e Paul sono attesi: il clarinettista Gabriele Mirabassi, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, il pianista Giovanni Ceccarelli, il vibrafonista Marco Pacassoni e il chitarrista Antonio Onorato, oltre a due talentuosi musicisti locali: David Padella (contrabbasso) e Maurizio Moscatelli (tromba). Anche il mondo del teatro e della televisione ha risposto alla chiamata di Mafalda: ad aprire e chiudere lo spettacolo saranno infatti due testimonial d’eccezione. Il primo è l’attore napoletano Alessandro Incerto, apprezzato protagonista di fiction televisive di grande successo come Un posto al sole, La squadra, I bastardi di Pizzofalcone. Il secondo è l’attore fiorentino Massimo Reale, fresco del successo teatrale de “Il Penitente” all’Eliseo di Roma con Luca Barbareschi, Lunetta Savino e Duccio Camerini e da quello televisivo nei panni del dottor Alberto Fumagalli, nella serie “Rocco Schiavone” con Marco Giallini.

L’auspicio degli organizzatori, la MBM Management di Marco Bisconti, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di San Severino Marche, è quindi quello di chiamare a raccolta un pubblico quanto più numeroso possibile affinché l’obiettivo fissato possa essere conseguibile.Il sisma dello scorso anno in Centro Italia ha lasciato ferite profonde: nella sola San Severino sono più di mille gli edifici danneggiati e circa 1.500 le famiglie sfollate.

Mafalda è sempre molto vicina molto alla sua terra d’origine, dove ha vissuto la sua infanzia e dove ritorna nelle pause delle sue tournée internazionali, che riprenderanno all’inizio del 2018 con il Cool Romantics Tour, in partenza per gli Stati Uniti. A New York, l’eMPathia Jazz Duo si esibirà al leggendario Birdland, al Mezzrow e in altri locali “cult” della grande mela. Il nuovo progetto musicale è già stato presentato in Germania, Portogallo, Brasile.

A San Severino Marche, Mafalda e i suoi ospiti daranno vita ad una serata di straordinari incontri musicali, sotto la direzione artistica del chitarrista e arrangiatore statunitense Paul Ricci. Paul proviene dalla scena jazz newyorkese ed è un vero artista internazionale, un globetrotter della musica perennemente in tour sui palchi di tutto il mondo. Nel novero delle sue importanti collaborazioni vi sono Roy Haynes, Kenny Barron, Gary Burton, Bebel Gilberto, Astrud Gilberto, Mino Cinelu, Randy Brecker, Manolo Badrena e il grande Harry Belafonte.

La storia di Mafalda Minnozzi è a dir poco singolare. Il suo percorso, che la porterà verso il successo, inizia a Roma, dove si prepara con cura e affina il suo naturale talento studiando canto, danza moderna e infine recitazione alla scuola della Compagnia della Rancia di Saverio Marconi. Conquista il pubblico della “Cabala”, il locale della Capitale più famoso al mondo, entra nel cast di “UnoMattina” (RAI Uno) e la sua popolarità crescente la porta in tour in Italia e in Europa, fino ad approdare in Brasile. In questa terra, in 20 anni, ha costruito una storia di grandi successi pubblicando 12 CD e

2 DVD, partecipando ai più seguiti programmi televisivi e radiofonici delle principali reti brasiliane e duettando con artisti del calibro di Milton Nascimento, Toquinho, Martinho da Vila, Paulo Moura, Leny Andrade e Guinga, tra gli altri.

Performer carismatica, dotata di una estensione e di una gamma di timbri vocali fuori dal comune, Mafalda domina le note, plasmandole in melodie e sfumature sorprendenti. La sua voce è una lavagna d’ardèsia, è scura e cangiante e si tinge di riflessi colorati e di nuance vocali che Paul Ricci, con la sua chitarra, riveste di una delicata ed essenziale trama sonora. Il suo repertorio è dedicato alla grande musica autorale italiana e del mondo, alla bossa nova, alla “chanson” francese, al songbook americano. Il nostro direttore Gerlando Gatto, in una sua recensione, l’ha paragonata a Caterina Valente: “… Mafalda è un artista veramente cosmopolita, che canta in diverse lingue con piena padronanza delle stesse e con estrema disinvoltura … mi viene in mente Caterina Valente …”

Per informazioni e prenotazioni: Pro Loco 0733 638414 (da martedì a domenica dalle 9 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19). Ingresso: Euro 20,00. Posti numerati prenotabili anche telefonicamente con ritiro dei biglietti al botteghino del Teatro Feronia fino a 30 minuti dall’orario di inizio del concerto.

www.empathiajazz.com /// www.youtube.com/empathiajazzduo

#empathiajazzduoplusfriends #mafaldaminnozzisolidarity #ricominciamodaljazz #sulpalcoperunpalco

Il jazz italiano tra piccoli gruppi e grandi organici

a proposito di jazz - i nostri cd

Acoustic Time – “Acoustic Time” – Audio Records

acousticbAlbum di grande raffinatezza questo del trio Acoustic Time ovvero Antonella Vitale alla voce, Roberto Genovesi alla chitarra e Karl Potter alle percussioni con l’aggiunta, quale special guest, di Ruggero Artale al djembé e dun dun; ma allo stesso tempo album “prezioso” in quanto raccoglie le ultime registrazioni di Karl Potter che sarebbe morto pochi mesi più tardi di queste incisioni nel gennaio del 2013. Ma questo genere di emozione per nulla influisce sulla valutazione dell’album che, come accennavamo, si raccomanda per i suoi contenuti prettamente musicali. In possesso di una voce calda, suadente, Antonella Vitale sciorina le sua armi migliori nella presentazione di 14 brani attraverso cui ha inteso sganciarsi dal jazz, per sperimentare qualcosa di nuovo e diverso dai suoi precedenti lavori. “Interpretare canzoni degli Earth wind & Fire, o degli Eagles e poi brani come Barco Abandonado di Ennio Morricone – spiega la stessa vocalist – ha rappresentato una ricerca personale da un punto di vista tecnico vocale”. Ricerca che ha raggiunto ottimi risultati: l’atmosfera generale dell’album è gradevole dal primo all’ultimo istante, con la Vitale tutta tesa a comunicare il proprio mondo emozionale ben sostenuta dal ritmo incalzante seppure mai invadente di chitarra e percussioni. Così , ad esempio, si ascolta una versione straniante ma di grande interesse di “Stranger in Paradise” hit di molti anni fa, seguito subito dopo da “Choro pro zè” di Guinga, personaggio tra i più significativi dell’odierna musica brasiliana. E così di successo in successo, in una cavalcata attraverso la musica degli anni ’80, cavalcata interrotta solo da tre brani dovuti alla penna dei quattro protagonisti: “Andeja”  (K. Potter – R. Genovesi – A. Vitale) , “Libero” (R. Genovesi) e  “Ghirinbaduè” (R. Artale – R. Genovesi) .

Theo Allegretti – “Memorie del Principio” – Dodicilune 353

Ecco un album cui non fa certo difetto l’ambizione: rappresentare in musica un viaggio lungo un percorso che attraversa idealmente i primordi del pensiero filosofico. Di qui i titoli dei brani, sette dei quali richiamano apertamente antichi filosofi quali Talete, Anassimandro, Senofane, Eraclito, Parmenide, Anassagora, Democrito. In apertura e in chiusura altri due brani, il primo, “Verso Mileto”, introduce Talete, mentre l’altro, “Il Caos vi era…”, rappresenta il pensiero mitologico ed è dedicato ad Orfeo. Per meglio seguire il percorso tracciato, il libretto riporta alcuni passi degli scritti che hanno ispirato la musica. Tutto ciò potrebbe apparire quanto mai macchinoso ove non si consideri che inizialmente si trattava di uno spettacolo di teatro-musica, un reading di musica d’atmosfera con testi di poesia e prosa degli albori del pensiero filosofico. I materiali sono stati poi sintetizzati nei nove brani confluiti nel cd. Responsabile del progetto, in piano-solo, Theo Allegretti, artista a 360 gradi che si va sempre più affermando per ora in ambito nazionale. Francamente ascoltando solo la musica, si fatica a collegarla ai filosofi di cui sopra; ciò non toglie, comunque, che l’album abbia una sua valenza grazie alla statura artistica di Allegretti. Nella duplice dimensione di pianista e compositore Theo è riuscito ad elaborare uno stile personale in cui confluiscono input provenienti da generi diversi quali il jazz, il folk, la classica con alcuni accenni – nell’album in oggetto – a stilemi della musica greca antica. Di qui un pianismo di forte suggestione e a tratti chiaramente evocativo (si ascolti al riguardo come il brano d’apertura introduca alla perfezione il clima che caratterizzerà l’intero CD).

Banda del Bukò – “Rosmarinus” – Riverberi

rosmarinusChi segue “A proposito di jazz” sa bene quanto non amiamo gli album a soggetto preferendo soffermarci sulla qualità della musica piuttosto che sull’idea che la sottende. Ma, more solito, ogni regola soffre la sua brava eccezione è questo è proprio uno di questi casi ché il progetto, pensato e realizzato nel beneventano, è davvero meritevole di nota. In breve il tentativo – ben riuscito – è stato quello di costituire un ensemble “aperto” in cui potessero confluire tutti coloro che avessero voglia di fare musica; di qui una Band in cui assoluti principianti si sono trovati accanto a veri e propri professionisti tra i quali, tanto per fare un solo nome, Luca Aquino. Il trombettista ha preso così a cuore il progetto da partecipare attivamente alla produzione di questo primo album presentato in occasione della serata inaugurale del festival beneventano “Riverberi” dello scorso anno. Indicativo anche il titolo: “Rosmarinus” , pianta simbolicamente accostata a molte tradizioni e leggende, nel caso specifico rappresenta i sentimenti, le emozioni che hanno caratterizzato un anno e mezzo di vita della Banda ed è dedicato ad Emanuele Viceré, uno dei fondatori del gruppo, scomparso prematuramente. Dal punto di vista squisitamente musicale, l’album si fa ascoltare per la varietà dei temi proposti: otto tracce di cui sei pezzi tradizionali, caratterizzati da una profonda  contaminazione tra musica balcanica, popolare, jazz. In buona sostanza il merito maggiore della Banda è l’aver saputo coniugare la musica di Nino Rota (“Saraghina Rumba”) con la tradizione klezmer (“Odessa”, “Froggy Waltz”, “Sem Sorok”), la tradizione kosovara in lingua serba (“Ajde Jano”) con la tammurriata napoletana (gustosa la rielaborazione della “Tarantella Schiavona” di Mario Salvi rinominata “Tammurriata Balcanica” per gli evidenti richiami alla musica balcanica), senza trascurare un riferimento alla musica araba (“Lamma Bada”); il tutto completato da un original intestato a tutta la band, “Ornitorippo Freshness”.

Rosa Brunello Y Los Fermentos – “Upright Tales” – CamJazz7901-2

UPRIGHT TALESDopo il debutto nel 2014 con “Camarones a la plancha”, questo è il secondo disco da leader della contrabbassista veneziana Rosa Brunello, accompagnata nell’occasione da David Boato alla tromba e flicorno, Filippo Vignato al trombone (già collega negli Omit Five) e Luca Colussi alla batteria ai quali si aggiungono in alcuni brani Francesca Viaro alla voce, Dan Kinzelman al sax tenore e clarinetto e Enzo Carniel al pianoforte. Il repertorio consta di undici brani di cui cinque della stessa Brunello, quattro di Boato e due di Vignato, a costituire – come afferma la contrabbassista – una raccolta di singoli racconti, uniti dall’aspetto melodico e dalla sonorità del gruppo. Gruppo guidato con professionalità da veterana dalla Colussi che riesce a coinvolgere tutti nel suo progetto senza mai essere invadente, senza dare in alcuna occasione l’impressione di voler occupare tutti gli spazi. Anzi, agendo al centro della scena, tratteggia atmosfere cangianti in cui la tromba di Davide Boato e il trombone di Filippo Vignato danzano liberamente in continuo dialogo con la batteria di Luca Colussi, altro elemento fondamentale per la riuscita del progetto. Il clima raccolto è alle volte interrotto dalle impennate free dei fiati di Dan Kinzelman sempre più presente sulla scena jazzistica nazionale. Ciò detto resta il fatto che a nostro avviso l’album non convince appieno denotando una forse eccessiva staticità e dei momenti – seppur rari – in cui sembra venir meno l’ispirazione dal punto di vista compositivo. Peccati sicuramente veniali dato che, come sottolineato in apertura, siamo solo al secondo album da leader.

Franco Cerri – “Barber Shop 2” – abeat 150

Barber Shop 2Ci sono artisti per i quali lo scorrere del tempo non sembra avere alcuna conseguenza, anzi! A questa categoria appartiene il chitarrista Franco Cerri che a “Novant’anni suonati” (come recita il sottotitolo dell’album) ci ha regalato queste registrazioni effettuate a Milano nell’ottobre del 2015. L’album è stato presentato ufficialmente il 29 gennaio 2016, giorno del compleanno dell’artista, in una grande festa organizzata dalla città di Milano, presso il Teatro dal Verme , con 1400 persone ed altrettante fuori dalla sala. Ad un paio d’anni di distanza, “il negozio del barbiere” ha riaperto i battenti, ospitando sempre gli stessi elementi: Cerri,  Dado Moroni (piano), Riccardo Fioravanti (contrabbasso) e Stefano Bagnoli (batteria), come a dire un vero e proprio gruppo “all stars”. Il quartetto affronta un repertorio costituito da nove standard (tra cui “Roma nun fa’ la stupida stasera” di Armando Trovajoli) e due originals dello stesso Cerri. Un banco di prova, quindi, severo, ma Cerri e compagni lo affrontano quasi in surplace, con bella leggerezza che non significa sottovalutazione del materiale affrontato ma, viceversa, piena consapevolezza di ciò che si suona e soprattutto assoluta lucidità sul come si vuole eseguire le partiture. Ecco quindi un Cerri che, ad onta dell’età, appare fresco, in grado di portare nuova linfa a brani già ampiamente battuti, grazie ad un fraseggio sempre misurato, sobrio, con quelle note staccate, udibili una per una che da tempo caratterizzano il suo stile a conferma di una personalità elegante, discreta, gentile che tutti gli riconoscono. Accanto al chitarrista ancora una prova superba di Dado Moroni che personalmente consideriamo uno dei pianisti più sensibili dell’attuale panorama jazzistico non solo nazionale; il suo pianismo è di grande modernità, ricco di swing, di inventiva, capace di adattarsi alle varie atmosfere volute dal leader: lo si ascolti particolarmente nel brano d’apertura “Take The “A” Train” e nella intro di “Roma nun fa’ la stupida stasera”.

Cojaniz, De Mattia, Feruglio, Mansutti – “Il grande drago” – Setole di maiale

Il Grande DragoAlbum di grande fascino questo realizzato da un quartetto sotto certi aspetti anomalo, in quanto, pur essendo costituito da artisti che operano prevalentemente nel Nord-Est, accomuna sensibilità diverse. Così accanto al pianista Claudio Cojaniz, che vanta un robusto bagaglio accademico, troviamo il flautista Massimo De Mattia a ben ragione considerato uno dei massimi esponenti europei della nuova musica improvvisata tanto che questo album si allontana non poco da quelle che sono le strade da lui tradizionalmente battute; assieme a loro Franco Feruglio titolare della cattedra di Contrabbasso presso il Conservatorio “J. Tomadini” di Udine, che si divide tra jazz e musica classica in special modo del XX secolo e il batterista Alessandro Mansutti che si è fatto le ossa collaborando spesso con lo stesso Cojaniz, nonché con Juri Dal Dan e Marco Cisilino. I quattro formano un combo compatto, equilibrato in grado di proporre una musica in cui il richiamo alla tradizione si coniuga con direzioni astratte in cui le facoltà improvvisative sono messe a dura prova. Così le linee disegnate da pianoforte e flauto si intersecano con naturalezza ben sostenute da una sezione ritmica il cui ruolo va ben al di là del semplice supporto ritmico-armonico (si ascolti, ad esempio, la ‘Variazione IV’), con gustose figurazioni ritmiche che alle volte richiamano addirittura il funky. In definitiva, cosa più unica che rara, un disco che riesce a coniugare l’interesse per la sperimentazione, per la modernità, per la ricerca di qualcosa di nuovo, con una certa gradevolezza d’ascolto.

Oscar Del Barba – “Two Suites For Jazz Orchestra” – Dot Time 9036

two suitesIl fisarmonicista, pianista, tastierista e compositore bresciano Oscar Del Barba è personaggio ben noto negli ambienti jazzistici: in passato si è fatto notare come musicista attento, appassionato in grado di ben figurare nei contesti più diversi: così, ad esempio, lo ricordiamo nell’album “Scale mobili” del gruppo Pentagono in cui compose otto delle nove tracce incise, o ancora con Simone Guiducci, con Toni Melillo e in duo con il chitarrista Francesco Saiu. Questa volta il discorso è completamente diverso: Oscar ha assemblato una vera e propria big-band, con elementi di tutto rispetto quali, tanto per fare qualche nome, i sassofonisti e clarinettisti Achille Succi e Rossano Emili, il trombonista Beppe Caruso, il chitarrista Domenico Caliri, il contrabbassista Salvatore Maiore e il batterista Vittorio Marinoni cui si è aggiunto, classica ciliegina sulla torta, il grande “altista” Dave Liebman presente nella prima composizione. Per questo ensemble Del Barba ha composto due suites, ambedue in cinque tempi, intitolate, rispettivamente, “Cinque scene per big band” e “Variazioni sopra un canto popolare bresciano”: Come lascia intendere il titolo della seconda suite, l’artista si è ispirato alle musiche della sua terra cui si era già rivolto per altre composizioni. Il risultato è eccellente. Oscar Del Barba conosce la musica, scrive e arrangia bene trovando un giusto equilibrio tra pagina scritta e improvvisazione. Così i singoli hanno modo di esprimere le proprie potenzialità senza per questo mortificare il giuoco d’assieme che rappresenta, in realtà, il vero punto di forza dell’album. Le melodie , accattivanti nella loro non banale semplicità, galleggiano su un tappeto ritmico-armonico piuttosto complesso mentre a tratti avvincente è l’alternarsi tra tensione e distensione che il leader sembra conoscere assai bene. Superlativa, come al solito, la prestazione di Dave Liebman… ma forse questo non c’era bisogno di aggiungerlo!

Gianluca Esposito – “The Hammer “ – Wide 205

The HammerUna tonnellata di groove quella che il sassofonista abruzzese Gianluca Esposito scarica sugli ascoltatori attraverso questo riuscito “The Hammer”. Il gruppo è di quelli che non si esiterebbe a definire “all stars”: accanto al leader ci sono, infatti, Mauro Grossi al piano e all’organo Hammond, Daniele Mencarelli al contrabbasso e basso elettrico, Andrea Dulbecco al vibrafono e, udite udite, Gregory Hutchinson alla batteria. Il programma comprende sei originals scritti dallo stesso Esposito, due standard rispettivamente di Pat Metheny e Kurt Weill e un brano tratto dal repertorio pop vale a dire “Fragile” di Sting. Le composizioni di Esposito appaiono ben strutturate, anche se non presentano elementi di particolare novità; comunque le melodie sono spesso godibili e si sviluppano su un tessuto ritmico-armonico di rara eleganza. L’approccio del gruppo al materiale tematico è incentrato sulle invenzioni soliste di Esposito e Grossi, magistralmente coadiuvati da una sezione ritmica semplicemente stellare in cui Hutchinson si conferma un mostro sacro della batteria, con Dulbecco bravissimo nel lavoro di punteggiatura e di contrappunto oltre che di solista (“Question and Answer” di Pat Metheny). Ovviamente gli spazi solistici maggiori sono riservati al leader che si esprime compiutamente sia al sax alto sia al soprano, con un linguaggio moderno, con un sound rotondo, pieno, un senso del ritmo veramente notevole e una spiccata capacità improvvisativa: di qui la difficoltà di segnalare un solo brano in cui si mette in particolare evidenza. Discorso quasi identico per Mauro Grossi di cui comunque vi consiglieremmo di ascoltare con particolare attenzione “The Hammer” (con l’organo Hammond) e “Like a Dream” (al pianoforte) . Puntuale il sostegno di Mencarelli, notevole anche in alcuni assolo (“Play for Kenny”) mentre su Hutchinson è quasi inutile spendere ulteriori parole dal momento che tutti lo considerano giustamente uno dei massimo esponenti della moderna batteria jazz.

Dario Faiella meets Monday Orchestra – “Recurring Dreams” – abeat544

Recurring dreamsMauro Negri (clarinettol), Emanuele Cisi, Michael Rosen (sax ten), Giulio Visibelli (flauto), Emilio Soana (tromba), Marco Brioschi (flicorno) sono alcuni degli “ospiti” che impreziosiscono questo bel cd del chitarrista Dario Faiella che in questo caso si misura al cospetto di una big band , la “Monday Orchestra” diretta da Luca Missiti, responsabile quest’ultimo di tutti gli arrangiamenti, eccezion fatta per “Estrelas” e il monkiano “Pannonica” dovuti a Gabriele Comeglio. Diciamo subito che è un piacere ascoltare la musica di questo CD: la band è ben rodata e altrettanto ben diretta, con gli arrangiamenti che funzionano alla perfezione riuscendo a mettere in risalto sia la compattezza dell’insieme sia la capacità improvvisativa dei singoli. Così abbiamo la possibilità di ascoltare assolo di tutti gli “ospiti” a partire da Mauro Negri in “Conception” di George Shearing, per chiudere con Bonacasa nel già citato Pannonica. Dal canto suo il leader si dimostra non solo eccellente strumentista (ma questo già lo si sapeva) ma anche dotato compositore: tre brani (“Cyber Blues”, “Estrelas” e “Care”) sono dovuti alla sua penna e non sfigurano accanto a standard quali “Moment’s Notice” di John Coltrane o “Celia” di Bud Powell. Ma quel che veramente colpisce in questo album è il sound, un sound pieno, corposo, carico di swing proprio come quello delle big-band di una volta, un sound che purtroppo si ascolta sempre più raramente nei dischi e ancor più di rado nei concerti per ovvii motivi economici.

FunSlowRide – “FunSlowRide” – SAM 9039

FunSlowRide_1I FunSlowRide – International Collective of Music Travellers – sono un collettivo di talentuosi musicisti ; prodotto da Gegè Telesforo con la supervisione di Leo Sidran (figlio di Ben) e realizzato in due anni di lavoro in vari studi di registrazione (Brooklyn, Madison, Londra,….), FunSlowRide vede la collaborazione di artisti e vocalist del calibro di Alan Hampton, Sachal Vasandani, Joanna Teters, Mosè Patrou, Joy Dragland, Ainé, Greta Panettieri oltre naturalmente a Gegè Telesforo alla voce, tastiere e percussioni. A tutti questi si aggiunge il grande Ben Sidran con uno “spoken-words” sul tema di un emozionante brano dedicato ai bambini (“Let The Children”). Il risultato è dei più positivi: proprio grazie all’innesto di tante voci, di tanti artisti così differenti, l’ album acquista una sua specificità rafforzata da alcune linee guida che Telesforo ha voluto seguire: la ricerca di un groove incessante e la proposta di melodie ampie, ariose, riconoscibili. Di qui un ritmo incalzante che caratterizza tutto il disco con una tensione che mai si dilegua. In programma nove originals scritti prevalentemente da Gegé Telesforo (musica) e Greta Panettieri (parole) con l’aggiunta di “I Shot The Sheriff” di Bob Marley; tra questi ci piace segnalare “Next”, una dolce melodia scritta da Telesforo e dedicata alla figlia Joana per raccontarle – spiega lo steso vocalist pugliese – “le emozioni contrastanti di una storia d’amore”: convincente la prestazione vocale di Alan Hampton, sicuramente un grande talento, ben accompagnato da Domenico Sanna al pianoforte; assolutamente trascinante il già citato brano di Bob Marley con in bella evidenza il vocalist Moses Patrou e il sassofonista Alfonso Deidda.

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