Cettina Donato: una splendida conferma! Miriam Fornari: una luminosa promessa!

Ancora una serata molto positiva alla Casa del Jazz di Roma in occasione de “L’altra metà del Jazz” la serie di incontri curati da Gerlando Gatto e dedicati alle musiciste di jazz.
La serata si è aperta con la pianista messinese Cettina Donato; come prima di lei Giuliana Soscia, anche la Donato vanta un curriculum di pregio: laureata in composizione Jazz a Berklee, piano classico, musica jazz e didattica musicale al Conservatorio “A. Corelli”, e psicologia sociale all’Università di Messina, ha conseguito due master in Didattica Speciale; ha collaborato con numerosi artisti, tra i quali Stefano Battista e Fabrizio Bosso, ed è stata insignita del premio JazzIt per i suoi arrangiamenti nel 2013, 2016, 2018 e 2019. Con lei sul palco il noto attore, e conterraneo della musicista, Ninni Bruschetta, con cui ha lavorato in vari progetti.

In una vitale e rilassata atmosfera, arricchita dalla verve siciliana di Cettina e Ninni, la chiacchierata è iniziata con una panoramica sulla situazione del jazz in Sicilia, da cui è emersa una delle problematiche principali legate all’ambiente socio-culturale. Secondo la Donato, i musicisti, spesso dotati di un notevole talento, si accontentano di troppo poco, mancando la volontà di esplorare ciò che accade oltre i confini dell’isola.  Cettina ha poi raccontato gli inizi della sua carriera di direttrice d’orchestra e ha illustrato come il noto pianista Salvatore Bonafede si sia prodigato per farle da maestro di piano e mentore: in seguito, grazie alla profonda esperienza maturata negli anni,  ha evidenziato l’esistenza di una profonda differenza tra i conservatori italiani e quelli statunitensi, ricordando con molto affetto come questi (riferendosi in particolare al Berklee College of Music di Boston, dove come già detto si è laureata in composizione jazz) siano luogo di incontro tra persone provenienti da diversi Paesi e dagli innumerevoli background culturali. Come logica conseguenza, se un arrangiatore ha la necessità di uno strumento particolare, in quell’ambiente è facilissimo trovarlo; è proprio grazie a questa particolare situazione che, nel 2011, la musicista siciliana ha potuto assemblare in pochissimi giorni la Cettina Donato Orchestra e a registrare un disco in mezza giornata! Di qui il discorso si è spostato sulle sue capacità di  far convivere musica classica e jazz: in realtà – ha sostenuto la musicista – la definizione di jazz è molto vaga, difficile da dare anche dagli stessi jazzisti, sottolineando un genere in continuo mutamento, oltre che un abbattimento del concetto stesso di genere musicale, tema che verrà poi ripreso dalla seconda musicista della serata. Infine, interpellata riguardo ai consigli che lei darebbe alle nuove generazioni di musiciste jazz, Cettina suggerisce savoir-faire, umiltà, studio costante in primis e di acquisire le competenze necessarie, soprattutto non sottovalutando il ruolo che la fortuna e la serendipity possono avere in queste situazioni.
Anche questa parte è stata allietata da alcuni brani suonati dalla pianista; i primi sono stati Vorrei Nuotare e l’ironico e divertente I Siciliani, entrambi impreziositi da un bravissimo Bruschetta il cui apporto alla serata è stato tutt’altro che marginale, con interventi sempre misurati e quanto mai pertinenti. In conclusione, una struggente The Sweetest Love, brano dedicato alla memoria della madre con la Donato visibilmente commossa.

La protagonista del secondo intervento è stata Miriam Fornari: nativa di Assisi, laureata in Piano Jazz alla Siena Jazz University, è attualmente studentessa al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma (dove risiede) e all’Accademia La Voce.
Miriam narra del suo avvicinamento al mondo della musica fin dai primi anni di età e della sua progressione negli anni. Nel corso dell’intervista riprende un po’ il concetto di genere di cui la Donato aveva parlato in precedenza, sia descrivendo una scena musicale in cui il concetto di genere sta diventando ormai desueto, sia con il suo stesso stile eclettico, influenzato dal jazz, dal rock e dalla musica elettronica. Ne ha dato alcuni esempi con le sue composizioni Samsara, Drawing (di cui è stato proiettato e illustrato il video in anteprima assoluta) e Cielo. Parte importante della sua musica, racconta Miriam, è la ricerca del silenzio, ovvero lo studio del rapporto che vi è tra il suono e il terreno fertile su cui esso si sviluppa, argomento, tra l’altro della sua tesi di laurea. Miriam spiega anche di come la sua musica voglia esprimere il rapporto tra la realtà e i sogni, specificatamente di come questi influenzino la vita di tutti i giorni. Infine, parla delle aspettative per il suo futuro, della musica che rappresenta la sua vita, delineando un quadro in cui la maggior parte dei musicisti sono uomini ma che, come già affermato da Rossella Palagano lo scorso martedì, è in continua evoluzione e cambiamento.
In conclusione, anche questo secondo appuntamento è stato molto stimolante e interessante: un degno seguito alla puntata di martedì scorso che, nonostante il meteo sfavorevole, è riuscita ad attrarre un numeroso pubblico alla Casa del Jazz.

Il prossimo incontro è in programma martedì 31 ottobre, con inizio sempre alle 21, ed avrà come protagoniste Maria Pia De Vito, Sonia Spinello ed Eugenia Canale. Ingresso 5€. Clicca qui per acquistare i biglietti online

APdJ ringrazia Riccardo Romagnoli per le immagini

Redazione

ℹ️ INFO UTILI:
Casa del Jazz – Viale di Porta Ardeatina 55 – Roma
tel. 0680241281 –
La biglietteria è aperta al pubblico nei giorni di spettacolo dalle ore 19:00 fino a 40 minuti dopo l’inizio degli eventi

 

Gatto&Friends: “L’altra metà del Jazz” – ritorna il ciclo di incontri alla Casa del Jazz

Dopo qualche anno il nostro direttore Gerlando Gatto ritorna alla Casa del Jazz di Roma, con “L’altra metà del Jazz”.

Prendendo spunto dalle pagine del libro, per l’appunto “L’altra metà del Jazz” (Kappa Vu/Euritmica Edizioni), Gatto, autore dell’interessante volume, condurrà sei serate dialogando con alcune delle migliori jazziste italiane (sia affermate sia in fase di lancio).

Così come obiettivo del libro era dimostrare, attraverso una trentina di interviste, come il jazz sia ormai patrimonio ampiamente condiviso anche dalle musiciste, che non si limitano più a cantare ma agiscono in tutti i settori musicali esattamente come gli uomini, così le serate alla Casa del Jazz evidenzieranno come le jazziste italiane, contrariamente a quanto forse alcuni ancora pensano, non sono solo delle vocalist ma anche strumentiste, arrangiatrici, compositrici, direttrici d’orchestra.

Gli incontri si terranno in linea di massima ogni martedì, con inizio alle 21; Gatto intervisterà le jazziste le quali offriranno al pubblico anche alcuni momenti live.

Si parte il prossimo 17 ottobre con la pianista Giuliana Soscia e la cantante Rossella Palagano (ingresso 5€ – clicca qui per acquistare il tuo biglietto ).

Il 24 toccherà alla pianista Cettina Donato, fresca dell’uscita del nuovo disco “Mito” (Alfa Music), che dividerà il palco con l’attore Ninni Bruschetta, ospite del disco e ancora la pianista Miriam Fornari. Il 31 ottobre alla Casa del Jazz arrivano Maria Pia De Vito e la cantante Sonia Spinello con Eugenia Canale al pianoforte. Il mese successivo, si riprenderà il 7 novembre con la pianista Stefania Tallini che dividerà il palco con la contrabbassista Federica Michisanti accompagnata dal pianista Simone Maggio. Il 15 novembre sarà di scena Rita Marcotulli che non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni e la bassista e contrabbassista Elisabetta Pasquale; infine, il 20 novembre si chiude con la vocalist Marilena Paradisi accompagnata dal talentuoso, giovane pianista cosentino Carlo Manna e con la cantante Erika Petti.

Soffermiamoci adesso sulla prima serata di martedì 17 ottobre. Tra le big ecco una musicista davvero straordinaria, per la quale il termine “completo” non è sufficiente a delineare tutti gli aspetti di una personalità straordinaria. Giuliana Soscia è infatti allo stesso tempo pianista classica, fisarmonicista pop-jazz, pianista jazz, compositrice, arrangiatrice, direttrice d’orchestra, tutte doti evidenziate nel corso di una oramai lunga carriera costellata da numerose incisioni e altrettanto numerosi riconoscimenti. Quanto mai interessante, quindi, sentire dalla sua viva voce le forti motivazioni che l’hanno accompagnata in tutti questi anni.

Di converso Rossella Palagano è una giovane artista che si affaccia alle grandi ribalte venendo da una terra, la Basilicata, purtroppo non sempre considerata nella dovuta luce nemmeno sotto il profilo jazzistico. Crediamo, perciò, risulti particolarmente stimolante ascoltare dalla viva voce di una protagonista come si vive l’essere jazzista in provincia.

Dopo questo primo articolo, presenteremo di volta in volta tutti gli appuntamenti di questo ciclo, lo ripetiamo, condotto dal nostro direttore Gerlando Gatto. 

Marina Tuni

ℹ️ INFO UTILI:
Casa del Jazz – Viale di Porta Ardeatina 55 – Roma
tel. 0680241281 –
La biglietteria è aperta al pubblico nei giorni di spettacolo dalle ore 19:00 fino a 40 minuti dopo l’inizio degli eventi

Si apre il 12 con Ibrahim Maalouf
il 47° Roma Jazz Festival

Una conferenza stampa molto, troppo lunga, per un programma molto, troppo lungo. Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il racconto della mattinata del 4 ottobre in cui è stato presentato alla stampa il più che voluminoso programma di Musica per Roma per la stagione 2023-2024.

In linea teorica si sarebbe dovuto parlare sia del l’Auditorium sia della Casa de Jazz ma di quest’ultima struttura si è detto poco o nulla.

Veniamo quindi al calendario delle manifestazioni in programma nella sede dell’Auditorium; per darvi un’idea l’indicazione delle stesse occupa ben più di dieci pagine per cui risulta impossibile sintetizzarle in un articolo che possa essere letto fino alla fine.

Di qui una decisione drastica: dopo aver detto che le manifestazioni si articoleranno attraverso “I grandi concerti”, “Le nuove residenze artistiche di Tosca e Daniele Silvestri”, “il focus Brad Mehldau”, “La stagione del Teatro, della musica contemporanea e delle orchestre giovanili”, soffermeremo la nostra attenzione sugli argomenti che maggiormente interessano i lettori di questo blog, vale a dire la musica, in special modo il jazz.

Il focus su Brad Mehldau si sostanzia in due concerti che il grande pianista terrà il 16 marzo e il 6 maggio rispettivamente in piano-solo e in trio.

Dal I° al 10 dicembre si svolgerà l’oramai collaudata rassegna italo-francese “Una Striscia di Terra Feconda” curata come sempre da Paolo Damiani e Armand Meignan. Quest’anno i concerti si svolgono anche al di fuori di Roma vale a dire Ostia e Civitavecchia. Numerosi i musicisti italiani coinvolti, tutti di grande prestigio: da Enrico Rava (il 1 novembre in trio con William Parker contrabbasso, Andrew Cyrille batteria), a Gianluigi Trovesi il 10 novembre, da Rita Marcotulli con lo stesso Damiani il 1 dicembre, a Maria Pia De Vito con Anais Drago, Michele Rabbia e Romail Al il 3 dicembre, da Peppe Sevillo & Solis String Quartet il 5 dicembre a Zoe Pia e Cettina Donato l’8 dicembre… a Javier Girotto con Jean Pier Como il 9 dicembre. Egualmente numerosi e di prestigio i jazzisti francesi come Louis Sclavis clarinetti, Benoît Delbecq pianoforte, Steve Argüelles batteria, Bruno Chevillon contrabbasso, Noe’ Clerc solo fisarmonica…

Ma senza dubbio l’evento più atteso per gli appassionati di jazz è il “Roma Jazz Festival” in programma dal 12 ottobre al 26 novembre. La manifestazione, giunta quest’anno alla sua 47° edizione, viene declinata attorno all’attualissimo tema della transizione. In effetti, come sottolineato in un comunicato del Festival, in un mondo dove la “transizione” ecologica, tecnologica, economica e sociale, rappresenta una delle principali priorità, la musica jazz non poteva che generare una ulteriore transizione stilistica. Così, negli ultimi anni la scena jazz si è ampliata e diversificata, accogliendo numerosi generi paralleli tanto che oggi, la linea di demarcazione tra jazz, musica elettronica, musica contemporanea, musica popolare, rap o pop è diventata sempre più sottile e sfumata.

Coerentemente a tali premesse, il programma è quanto mai variegato presentando artisti di estrazione completamente diversa.

L’apertura, il 12, è affidata ad un musicista che in breve è divenuto un beniamino anche del pubblico italiano, Ibrahim Maalouf; trombettista di straordinarie capacità tecniche, Ibrahim è stato premiato in Francia con i più alti riconoscimenti e nel corso della oramai lunga carriera ha collaborato con artisti come Sting, Marcus Miller e Melody Gardot.

Il 2 e 3 novembre appuntamenti con due calibri da novanta quali John Scofield e Avishai Cohen ambedue in trio.

Il 4 novembre incontro con Judith Hill vocalist proveniente dal pop di classe avendo collaborato con Stevie Wonder e Michael Jackson.

Il 5 concerto che consigliamo vivamente essendo di scena uno dei migliori fisarmonicisti jazz, Vincent Peirani, in trio.

Il 9 un’occasione per scoprire il talento del pianista sudafricano Nduduzo Makhathini venuto prepotentemente alla ribalta in questi ultimi tempi.

Tra gli altri numerosi concerti da segnalare ancora l’11 novembre gli intramontabili “Yellowjackets”, il 12 il trio Jan Bang/Eivind Aarset, il 16 Tony Levin e Pat Mastelotto, bassista e batterista della storica band King Crimson.

Tra gli italiani il 12 novembre “Conversession” ovvero il gruppo vincitore del contest Lazio Sounds 2023, il 16 Anais Drago, il 17 Francesco Bearzatti e Ilaria Capalbo, il 18 Raffaele Casarano e Ilaria Sanchietti.

Chiusura il 26 con un trio d’eccezione costituito dal sassofonista inglese Shabaka Hutchings ben noto alle platee di tutto il mondo, il cantante e compositore marocchino Majid Bekkas e il batterista Hamid Drake con un programma dedicato ad Alice Coltrane.

Altro evento di grande interesse per il pubblico di “A proposito di jazz” il Gospel Festival su cui ci soffermeremo in un prossimo articolo.

Gerlando Gatto

L’altra metà del Jazz, il secondo libro di interviste di Gerlando Gatto, continua a far parlare di sé…

Il secondo libro di interviste di Gerlando Gatto, “L’Altra Metà del Jazz – Voci di donne nella musica Jazz” (2018, KappaVu – Euritmica edizioni) continua a far parlare di sé, anzi a far parlare il suo autore e, soprattutto, le trenta musiciste intervistate! (Redazione)

Cliccando qui potrete accedere all’articolo completo di Guido Michelone pubblicato su Doppio Jazz, con l’intervista in esclusiva a Gerlando Gatto 

Riportiamo il testo dell’intervista:

quote
«Gerlando Gatto, giornalista professionista, decano della critica jazz italiana di alto livello, negli ultimi anni ha composto una sorta di trittico librario (destinato forse a diventare un polittico) con tre volumi dedicati alla realtà locale, sia pur con apertura internazionali: il primo testo è Gente di Jazz. Interviste e personaggi dentro un festival jazz e l’ultimo, al momento, è Il Jazz Italiano in Epoca Covid. Parlano i jazzisti. Nel mezzo c’è questo originalissimo L’Altra Metà del Jazz. Voci di donne nella musica jazz, di cui l’autore stesso ci parla approfonditamente in quest’intervista esclusiva.

-Gerlando, come ti è venuta in mente l’idea di un libro di interviste a sole donne jazziste?
La genesi di questo libro è piuttosto particolare. Nel maggio del 2017, quando si trattava di dare l’ok alla stampa, in fase di impaginazione del mio primo libro Gente di Jazz, per ragioni di spazio saltarono due interviste a Tiziana Ghiglioni e Rita Marcotulli. Così il libro uscì con interviste solo a “maschietti”. La prima ad accorgersi di questa anomalia fu mia moglie di solito molto attenta al mio lavoro; lei mi rimproverò aspramente anche perché poteva venir fuori l’immagine di un giornalista (il sottoscritto) che non considerava le musiciste di jazz mentre nella vita privata aveva molte amicizie reali con jazziste quali la stessa Marcotulli, Maria Pia De Vito, Marilena Paradisi, Antonella Vitale… e l’elenco potrebbe allungarsi di molto.

-Anche per esperienza personale, i rimproveri delle mogli hanno spesso risvolti positivi…
Infatti, questa ramanzina mi fece riflettere molto e mi rafforzò in un’idea che già da tempo mi frullava in testa: dedicare un libro di interviste solo alle jazziste e non già per ghettizzarle ancora una volta ma per dimostrare con i fatti quale importanza abbiano oggi le musiciste jazz, concetto che stenta a passare nella mentalità comune. Parlai, quindi, di questo progetto con Giancarlo Velliscig presidente di Euritmica che insieme a KappaVu avevano curato l’edizione di Gente di Jazz e con Marina Tuni che mi è stata accanto nella stesura di tutti e tre i libri che ho pubblicato. Ambedue trovarono l’idea giusta e così il libro è uscito ottenendo un grande successo. Una precisazione: grande successo non di vendite ma di attestati di stima.

-In che modo le hai prevalentemente intervistate? Telefono, e-mail, prima o dopo i concerti? In hotel? O altro ancora?
Ovviamente un po’ di tutto. Tengo a precisare che il libro contiene alcune interviste storiche, tra cui una a Dora Musumeci mai pubblicate in precedenza e interviste – la maggior parte – realizzate proprio per questa pubblicazione. Ovviamente se dovessi raccontare la storia di ogni singola intervista forse potrei scrivere un altro libro, ma colgo l’occasione per segnalartene qualcuna. Innanzitutto, in questa sede vorrei ancora una volta ricordare la figura di Dora Musumeci la prima vera jazzista italiana, pianista e vocalist, di grandissimo spessore del tutto ignorata dai critici vecchi e nuovi, così come evidenziato anche nelle più recenti Storie del jazz. Ebbene la intervistai nel 1998 come primo atto di un libro a lei dedicato. Purtroppo, un pirata della strada la falciò nel pieno centro di Catania e ovviamente non fu possibile proseguire. Nel 2017 era a Roma Sarah Jane Morris un’artista che in famiglia amiamo tutti e tre: io, mia moglie e mio figlio.

-Un’occasione da cogliere al volo, come si suol dire

Così quando l’artista ci concesse un appuntamento per intervistarla ci recammo tutti e tre e lei [Sarah Jane Morris] fu di una straordinaria dolcezza. Un altro episodio: ho sempre ammirato la pianista e compositrice Myra Melford ma non avevo avuto l’occasione di incontrarla; quasi per caso, decisi di contattarla su Facebook ed ebbi così modo di conoscere non solo un’artista formidabile ma una persona di squisita gentilezza. Non altrettanto potrei dire di una celebre vocalist statunitense di cui non farò il nome che aveva delegato tutto a un portavoce, il quale voleva indicarmi lui quali domanda fare e quali no, al che si beccò un bel… infine vorrei ricordare l’intervista a Radka Toneff, una straordinaria cantante norvegese che ebbi modo di intervistare durante il mio soggiorno in quel Paese e che purtroppo se ne andò suicida nel 1983 a soli 30 anni. Ma, come accennavo, ogni intervista contiene in sé un’altra storia per cui mi fermo qui.

-Pensi che in questa fase storica (il XXI secolo grosso modo) ci sia stata davvero un’emancipazione per la donna che vuole occuparsi di jazz?
In una certa misura sì… ma solo in una certa misura.

-Come spieghi la cronica scarsa presenza nella storia del jazz dell’universo femminile (a parte quello canoro)?
Questa domanda si riallaccia alla precedente. Il jazz è nato in un ambiente prevalentemente maschilista e anche quando negli anni Venti si affermò il blues classico portato in auge da vocalist donne, queste donne faticarono non poco per far assurgere in primo piano tematiche femministe. Al riguardo consiglierei di leggere il bel libro di Angela Davis Blues e femminismo nero. In buona sostanza i maschi l’hanno sempre fatta da padroni nel micro-universo jazzistico anche quando si sapeva benissimo che c’erano moltissime musiciste al di fuori dell’ambito vocale che potevano suonare in qualsivoglia contesto.

-Nel tuo libro su 31 intervistate ben 11 sono straniere da tutto il mondo. Riveli diversità d’approccio, nel parlare e nel dialogo, tra italiane e straniere?
Sostanzialmente no. Ho notato invece diversità di approccio a seconda del rapporto con le intervistate. Ad esempio, Marilena Paradisi si è aperta in modo davvero straordinario, così come Enrica Bacchia si è rivelata nella sua complessa umanità al limite del commovente. Con le straniere questo non è stato possibile in quanto con nessuna c’era un vero e proprio legame di amicizia.

-E fra le straniere noti particolari differenze fra le jazziste?
C’è poco da fare: tranne qualche eccezione le star mai dimenticano di essere tali e non vorrei aggiungere altro.

-A differenza delle straniere (dove per circa metà incontriamo strumentiste o bandleader) le jazz woman tricolori sono tutte cantanti: perché questa penuria in Italia di donne che non suonano uno strumento (salvo qualche eccezione che tu hai ovviamente evidenziato)?
Hai ragione… ma solo in parte. Tornando al mio libro ci sono, infatti, ben sei musiciste che non sono solo vocalist: Giulia Barba si sta sempre più confermando eccellente sassofonista, Marcella Carboni è arpista di assoluto livello, Rita Marcotulli è pianista che tutto il mondo ci invidia, Silvia Bolognesi è considerata una delle migliori contrabbassiste a livello europeo, Donatella Luttazzi oltre a cantare suona bene la chitarra mentre di Dora Musumeci ho già parlato. Questo per dire che anche in Italia la situazione sta cambiando anche se attraversiamo un momento particolarmente difficile e delicato le cui responsabilità, a mio avviso, ricadono anche sugli stessi musicisti alcuni troppo ideologizzati, altri troppo poco.

-Vero o no che sembra essere tornato (magari con ironia) lo stereotipo della cantante jazz un po’ vamp o sexy o dark lady rispetto alle femministe alla Jeanne Lee o Nina Simone degli anni ’60-’70?
Francamente non mi sembra. Ma la mia opinione vale per quel che vale dal momento che negli ultimi anni ho di molto diradato la mia presenza ai concerti e quindi non ho avuto modo di percepire ciò che tu affermi.

-Da quanto ti hanno raccontato, rispetto alle narrazioni del passato, il jazz è ancora un ambiente maschilista?
A questa domanda ho già risposto seppur tra le righe in precedenza. Comunque lo ribadisco in modo chiaro e netto: il jazz rimane un ambiente maschilista e ci vorrà ancora qualche tempo perché le cose cambino realmente e non solo di facciata”.

-Come mai nel giornalismo, nella critica, nell’insegnamento, nella fotografia, nell’organizzazione del jazz la donna è largamente e tristemente assente (o minoritaria)?
Innanzitutto vorrei sottolineare come in tutti gli ambiti che hai citato si prosegue lungo la vecchia strada per cui il merito, le capacità sono all’ultimo posto. Vedi ciò che accade nell’editoria, nei Conservatori per cui gli studenti pagano cifre rilevanti per avere un’educazione al massimo livello e i direttori viceversa pensano a risparmiare a scapito della qualità dell’insegnamento. Purtroppo, valgono altri elementi. Ciò detto la risposta alla tua domanda va ricercata nel fatto che gli spazi sono veramente pochi e dato il maschilismo imperante per le donne non è facile trovare un terreno su cui avventurarsi».
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Sempre in primo piano “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”

Procedono le presentazioni dell’ultimo volume del nostro direttore, Gerlando Gatto, “Il Jazz italiano in epoca Covid”.
L’ultima, in ordine di tempo, il 20 agosto presso la terrazza del Kursaal di Giulianova gentilmente messa a disposizione dall’assessore Di Carlo.
Ed è stata una serata davvero magica, al di là di ogni più rosea aspettativa. Gatto si è presentato con al suo fianco il celebre musicista Renzo Ruggieri, uno dei migliori fisarmonicisti jazz a livello europeo. Il tutto impreziosito da un pubblico numeroso ma, quel che più conta attento ed entusiasta.
Gatto ha introdotto la serata con poche ma esaurienti parole sul volume in oggetto, lasciando quindi campo libero a Ruggieri il quale ha affascinato e commosso il pubblico con una sua splendida composizione “Terre”.
La serata è proseguita, quindi, con un serrato dialogo tra Gatto e Ruggieri con quest’ultimo che, oltre ad essere un grandissimo musicista, ha evidenziato una squisita sensibilità nell’illustrare le motivazioni e le valenze del volume. Ma, com’era logico attendersi, il pubblico ha particolarmente gradito le performances solitarie del fisarmonicista che ha presentato, in successione, altre due sue composizioni, “Carnevale” e “La lettera” per chiudere con il celeberrimo “Libertango”. Dal canto suo Gatto ha spiegato perché ha inteso il volume come una testimonianza giornalistica avendo preferito non esporre proprie idee ma lasciar parlare i musicisti.
Alla fine della serata Gatto mi ha confessato che la sua più grade soddisfazione era stata la dichiarazione di una gentile signora che, dopo averlo ringraziato per la presentazione stringata, senza fronzoli, aveva esplicitamente dichiarato che dopo aver sentito Ruggieri, aveva cambiato idea sul jazz: “Prima dicevo che non mi piaceva, ma se questo è jazz adesso lo adoro”. (Redazione)

In precedenza il 2 luglio, nell’ambito del Festival jazz di Palermo di cui vi abbiamo ampiamente riferito, nella splendida cornice del “Ridotto dello Spasimo” appuntamento con Gerlando Gatto per la presentazione del volume in oggetto. All’evento hanno partecipato anche Ignazio Garsia anima pulsante del Brass, Rosanna Minafò instancabile addetto stampa presso la fondazione Brass Group nonché Responsabile Ufficio Stampa presso Sicilia Jazz Festival, e la cantante Kate Worker. La serata è stata vivacizzata da polemiche sollevate da alcuni partecipanti: in effetti mentre Gatto, limitandosi a riportare le opinioni dei musicisti, sottolineava come gli stessi non fossero rimasti particolarmente soddisfatti del comportamento del governo durante quel terribile periodo del lockdown generalizzato, alcuni tra il pubblico hanno fortemente contestato queste affermazioni sostenendo che il governo si era mosso assai bene. E si è arrivati a sostenere che l’Italia era stata la nazione che meglio era riuscita a tutelare i musicisti rimasti senza lavoro, affermazione che francamente si può accettare solo presupponendo una precisa e ben individuata militanza politica. Comunque la serata è ben presto rientrata nei limiti di una piacevole dialettica grazie ad un canto alle pregevoli performance canore della Worker, dall’altro dal sempre puntuale intervento di Garsia che ha riprodotto la sua tesi (per cui ha lanciato una petizione) affinché la produzione delle 58 orchestre pubbliche sia estesa al Jazz, creando 1200 posti di lavoro per un’offerta più rispondente ai bisogni di musica del Paese .

*****
Parallelamente a queste presentazioni, si susseguono anche le recensioni sulla stampa. Questa volta ne segnaliamo due. La prima è uscita sul quotidiano La Sicilia di Catania di qualche giorno fa a firma di Leonardo Lodato e ve la riproponiamo integralmente:
MUSICA
Gerlando Gatto e il mondo del jazz ai tempi (duri) del Coronavirus (LEONARDO LODATO)
Il silenzio si fa musica. E viceversa. Può sembrare banale (o, forse, anacronistico) ma il libro “Il jazz italiano in epoca Covid” (pp. 217) è occasione e spunto di riflessione/i per chi fa musica e per chi la ascolta, perché il Covid, e soprattutto i consequenziali
lockdown, hanno modificato, se non radicalmente cambiato, certi modi di interpretare le “pause”, generando il silenzio come “sinonimo di attesa”.
Lo sa bene Gerlando Gatto che non vuole ergersi a saccente risolutore di problematiche esistenziali ma che, da ottimo conoscitore della scena jazzistica italiana, ha voluto raccogliere e mettere in ordine “sentimenti” e sensazioni, lo state of mind del mondo del jazz ai tempi del Coronavirus. Quarantuno gli artisti interpellati. Undici domande indirizzate ai protagonisti, per entrare nella loro vita privata o, per meglio dire, come accaduto a tutti noi, “derubata” della routine, del contatto diretto con gli altri. Ed è emblematico che a rispondere per primo alle domande di Gerlando Gatto, sia stato chiamato Claudio Angeleri, pianista e compositore nato proprio in quella Bergamo divenuta tristemente simbolo del disagio e del terrificante scontro con la prima ondata di Covid (e chissà per quanto tempo ci porteremo dentro agli occhi e al cuore, quella sfilata funebre di carri militari).
Racconta Angeleri: «Ho cercato subito di essere vicino ai giovani facendo quello che so fare meglio. Cioè insegnando e suonando… Cambieremo modo di essere e anche di fruire della musica per almeno i prossimi due/tre anni…». Forte delle sue frequentazioni, Gerlando Gatto coinvolge nel progetto artisti di caratura internazionale, pensiamo ad Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Franco D’Andrea. E tanti siciliani come lui (catanese di stanza a Roma), come Rosalba Bentivoglio, Francesco Branciamore, Cettina Donato, Pippo Guarnera e Stefano Maltese. Ma è con le parole della vocalist Enrica Bacchia che ci piace l’idea del ripartire da zero per ricostruire
il rapporto tra musica e musicisti, tra palco e spettatore. Da quelle «intuizioni ancora in fasce, campi positivi e negativi di energia con cui relazionarsi, filamenti di futuri astratti da condensare…».

La seconda è stata pubblicata su Alias (“Manifesto”) a firma di Luigi Onori già apprezzato collaboratore di “A Proposito di Jazz”.
UN LIBRO
Esce tre mesi dopo l’inizio del lockdown Il jazz italiano in epoca Covid. Parlano i jazzisti (pp. 218, GG edizioni), che il giornalista e critico musicale Gerlando Gatto pubblica nel giugno 2020. La sua è una delle «voci» jazzistiche più autorevoli: Gatto, attivo dagli anni Sessanta, esperienze dalla radio alla carta stampata, dalla tv al web, dal 2007 cura un blog-newsletter che nel ‘17 è diventato testata giornalistica:
A proposito di jazz. Ha realizzato, tra l’altro, due volumi di interviste nel 2017 e ’18 e
usa la forma-intervista nel nuovo testo per dialogare con 41 jazzisti di varie generazioni (E. Rava, L. Tucci), stili (S. Maltese, R. Ruggieri), strumenti (F. D’Andrea, F. Bosso), sesso (C. Donato, R. Bentivoglio).
Si serve di una griglia di undici domande modificandola quando possibile, a seconda
di come l’intervista sia stata raccolta, prevalentemente a distanza. I quesiti-base vanno dalla situazione economica alla mutazione delle relazioni umane e professionali, dai rapporti con istituzioni e organismi di rappresentanza al valore della musica e a cosa ascoltare durante l’isolamento.
Il pianista classico Massimo Giuseppe Bianchi, nella prefazione, specifica che l’autore «ha provato ad andare oltre l’analisi stilistica (…). Gerlando capisce e ama la musica, rispetta i musicisti e da loro è rispettato nonché, come da qui traspare, riconosciuto quale interlocutore credibile (…). Ha voluto, credo, fare quello che un critico non ha tempo o voglia di fare: comunicare direttamente con la persona (…). L’interesse del presente volume, ne sono convinto, non si esaurirà con l’estinzione del pericolo attuale».
Ha ragione il prefattore, perché se a una prima lettura si sente la mancanza di una
sintesi ragionata delle risposte, rileggendo Il jazz italiano in epoca Covid si apprezzano la varietà dei pareri e l’apertura delle idee. Ciò restituisce l’effetto traumatico, spiazzante del primo lockdown e fa capire, a distanza, come l’interpretazione del fenomeno e del suo impatto sia ancora «aperta». Ecco una breve antologia di risposte.
Francesco Cusa: «Ritengo che sarà molto difficile ripartire. Occorrerà approfittare di questo stallo per rivedere la politica dell’organizzazione musicale in Italia, liberarla dai gangli che la congestionano in clan e cordate, per una gestione e selezione più armoniche e meno elitarie. La parola d’ordine è comunque defiscalizzare».
Massimo De Mattia: «Credo che l’arte e la cultura siano il vero capitale, senza il quale oggi saremmo già tutti vittime della disperazione. Abbiamo bisogno
di assurgere a un nuovo stato emotivo di speranza e meraviglia, di folgorazione e
di sogno (…) Non vedo su quali altre forze contare. A parte l’amore».
Maria Pia De Vito: «Si stanno attivando moltissime catene di solidarietà, ed è una bella cosa. Per chi riesce a mettersi in ‘pausa’ nella pausa, è come un ritiro spirituale, una grande pulizia interna. Ma non ho molte illusioni sulle dinamiche dei ‘poteri’ che ritroveremo all’uscita da tutto questo».
Enzo Favata: «Ho deciso di riorganizzare il mio tempo, dando uno schema rigido alle mie lunghe giornate, suddivise con orari ed impegni precisi (…) 400 ore di registrazione, non voglio lasciarle in un cassetto e le cose più interessanti le sto rimasterizzando e mettendo online, sarà un lavoro che continuerò anche finiti i
tempi del coronavirus».
Paolo Fresu: «Seguo con attenzione le istanze del mondo dei lavoratori dello spettacolo che versano in condizioni di estremo disagio. Partecipo a una miriade di tavoli di discussione su questi temi e si sta tentando di mettere assieme tutti e di dialogare perché il nostro mondo è molto vasto ed altrettanto sfilacciato. Dirigo
anche le attività della Federazione Nazionale il Jazz Italiano, della quale sono il presidente».
Enrico Intra: «I rapporti tra persone si modificheranno per chi ha memoria del passato. Per chi non ha cura dei beni comuni che ci circondano e attenzione verso il prossimo non cambierà nulla. Lo dico per esperienza. Ho vissuto da bambino quel drammatico periodo della Seconda guerra mondiale, la povertà del dopoguerra
e certi avvenimenti tragici che hanno segnato la nostra Repubblica qualche decennio
dopo».
Nicola Mingo: «Cerco di reagire mantenendo un contatto diretto con il pubblico (…) attraverso i social. Organizzo dirette e video party con miei home concert, invitando i follower e gli appassionati per stare in compagnia e far ascoltare la mia musica. Il vantaggio dei social è che ti (…) consentono la comunicazione diretta con musicisti e appassionati da ogni parte del mondo».
Franco Piana: «Spero che (il Covid, ndr) ci faccia capire quanto è importante dare la
precedenza alle persone piuttosto che alle cose, siamo sempre troppo presi da noi stessi e abbiamo poco tempo da dedicare alle persone care o a quelle bisognose».

Gerlando Gatto & Francesco Venerucci “Jazz & Covid tra Parole e Musica alla Civica Scuola delle Arti di Roma

Proseguono le presentazioni dal vivo del terzo libro del nostro direttore Gerlando Gatto, “Il Jazz Italiano in Epoca Covid”, che avevano subito una battuta d’arresto a causa della pandemia.
L’evento, inserito nel cartellone di Inside The Music, un progetto a cura di Fabrica Harmonica, si svolgerà alla Civica Scuola delle Arti di Via Bari, 22 (II piano) a Roma, domenica 27 febbraio 2022 con inizio alle ore 18.30

Si tratta di un’occasione unica perché, in realtà, le presentazioni saranno due! Infatti, in abbinamento a quella del libro di Gerlando, il pianista e compositore Francesco Venerucci presenterà il suo nuovo CD “Tramas”, un disco che vede la partecipazione speciale di Dave Liebman, flautista e sassofonista statunitense e dove le liner notes sono a cura dello stesso Gatto.

L’album si snoda attraverso nove tracce, tutte originali, nel quale il comune denominatore è l’assoluta qualità di composizioni ed esecuzioni, ed un gusto che fa di questo lavoro una bellissima conferma del talento del cinquantunenne pianista romano. Jazz ma non solo; si va dalle sponde del Mar Mediterraneo a quelle atlantiche direzione New Orleans, dall’Africa all’Europa. Fra le composizioni spicca la dedica alla tragedia del Ponte Morandi di Genova del 2018, testimoniata dall’intensità del brano “August 14th”.

“Il Jazz Italiano in Epoca Covid” (Lulu ed.), è il terzo libro di interviste firmato dallo storico giornalista di Jazz Gerlando Gatto, dopo “Gente di Jazz (2017, due ristampe) e “L’altra metà del Jazz” (2018), pubblicati entrambi per i tipi di KappaVu Edizioni/Euritmica.
Si tratta di un instant book che raccoglie, attraverso 41 interviste, pensieri, speranze, progetti, consigli di ascolto ma anche paure e preoccupazioni di musicisti e musiciste del Jazz italiano, immortalati in un periodo compreso tra marzo e maggio 2020, durante il lockdown dovuto alle misure di contenimento della pandemia da Covid-19.
Tra gli artisti intervistati in “Il Jazz Italiano in Epoca Covid” troviamo: Maria Pia De Vito, Paolo Fresu, Enrico Intra, Enrico Rava, Franco D’Andrea, Rita Marcotulli, solo per citare alcuni di essi, tutti personaggi di riferimento del jazz nazionale, che compaiono nel volume.
Per l’ideazione e la realizzazione dell’opera, Gatto si è avvalso della collaborazione della scrivente, la giornalista musicale Marina Tuni, che ha anche raccolto alcune delle interviste assieme a Daniela Floris.
A concludere la serata, una degustazione di vini bio della Cantina Ponziani, nata dalla passione di un gruppo di donne che producono vini caratterizzati dal grande amore per il territorio, vocato alla viticoltura, qualità, sperimentazione e cura del dettaglio per i vini IGT Umbria della Tenuta, situata nel verde delle colline di Orvieto, a metà strada tra Roma e Firenze.
INGRESSO A NUMERO CHIUSO con prenotazione obbligatoria fino esaurimento posti – 5€
CLICCA QUI PER ACQUISTARE IL BIGLIETTO ONLINE
info: 393 914 5351 – evento disponibile anche su Facebook Live Streaming alla pagina di Inside the Music

Marina Tuni