Kenny Barron: a colloquio con l’enciclopedia del jazz

È con vero piacere che “A proposito di jazz” accoglie tra i suoi collaboratori un giovane musicista appena laureato con 110 e lode al Conservatorio di Latina. Il suo nome: Daniele Mele. Daniele, classe ’97, inizia a studiare pianoforte all’età di 13 anni. Dopo una doverosa formazione classica con il M. Ilaria Liberati intraprende gli studi Jazz presso il Conservatorio “O. Respighi” di Latina sotto la guida del M. Andrea Beneventano, dove, come si diceva si diploma con lode. Approfondisce gli studi con Andrea Rea, Roberto Bottalico, Ignasi Terraza, Kevin Harris, e si forma seguendo masterclass di Jazz e di musica classica in tutta Italia (Berklee, Siena Jazz, Arcevia Jazz, etc.).
L’inizio di questa collaborazione con il nostro blog è di quelli che lasciano il segno: si tratta, infatti, di una approfondita intervista con Kenny Barron, pianista e compositore tra i più importanti ancora sulla scena.
Nato a Filadelfia, il 9 giugno 1943, Kenny si esibisce da quando aveva quindici anni e in tutto questo arco di tempo ha saputo sviluppare uno stile personale che lo colloca tra i grandi della tastiera di tutti i tempi: ancora oggi le sue registrazioni con Stan Getz nulla hanno perso dell’originario fascino così come quelle del gruppo Sphere di cui  nel 1980 fu uno dei fondatori, con Charlie Rouse (sax), Buster Williams (basso) e Ben Riley (batteria).
E, alla grandezza dell’artista, si è sempre accompagnata una statura umana di straordinaria dolcezza: chi scrive queste note ha avuto l’opportunità di intervistarlo oramai parecchi anni fa e ne conserva un ricordo bellissimo dovuto proprio alla gentilezza e alla disponibilità dell’uomo. Gentilezza e disponibilità che dimostra appieno in questa intervista che pubblichiamo qui di seguito. (G.G.)

Ore 9:00 (New York) il giorno 25/04/2021.
-Sono molto emozionato in questo momento e la ringrazio per avermi concesso quest’intervista.
“Oh, è un piacere”.

Prima parlavo con mio padre, gli stavo dicendo che credo ci sia una grande differenza tra musica jazz e musica pop: se voglio parlare con un “nome importante” del Jazz posso avere qualche possibilità di farlo, mentre credo che se volessi parlare con un idolo del pop avrei maggiori difficoltà.
“Sì, lo penso anch’io”. (ride)

-Sì… il jazz è più popolare del pop!

“È vero”.

Mi fa piacere sapere che sta bene. Vorrei chiederle della vaccinazione, perché so che si è vaccinato: è andato tutto bene?
“Oh sì, ho avuto due dosi di Moderna. Due dosi, quindi… ora sono a posto”.

-Benissimo. Questo è un periodo assurdo!
“Sì, lo è”.

-Se non le spiace, parleremo di alcuni punti che mi interessano particolarmente. So che ha suonato in Italia ad Umbria Jazz con numerosi musicisti, e mi piacerebbe sapere quale fu la sua prima volta qui e perché.

“La prima volta in Italia fu… wow… nel 1963? ’63 o ’64, ero con Dizzy Gillespie. Sì, eravamo a Milano”.

-Era una tappa del tour che faceste in giro per il mondo?
“Sì, suonammo in Piazza Duomo e la cattedrale è incredibilmente bella. Quella fu la prima volta”.

-Le piace l’Italia?
“La amo. La gente, il popolo… non si può mangiare male in Italia. È veramente difficile!”.

È vero. E invece cosa mi dice del suo rapporto con la musica italiana? Per esempio, io sono di Napoli, nel Sud Italia. Sono cresciuto ascoltando “O sole mio” e “Tu sì ‘na cosa grande”. Conosce queste canzoni?
“Oh sì, le ho sentite tante volte. Non ho mai saputo i nomi dei compositori, ma le ho sentite tante volte”.

-Ok! Ha qualche aneddoto particolare dell’Italia, o ci sono musicisti di sua conoscenza qui?
“Ah… beh, ovviamente una delle mie persone preferite è Dado (Moroni, NdT). Abbiamo suonato insieme in duo, e numerose volte abbiamo fatto dei tour suonando la musica di Monk, eravamo quattro pianisti. A dire il vero abbiamo un progetto insieme per il prossimo anno, penso a Budapest… ho suonato con lui tante volte, e gli voglio bene. La prima volta che ho incontrato Dado è stata ad un seminario in una città vicino Genova, Nervi.

-Stava partecipando ad un seminario su di lei?
“No no, in realtà era il mio interprete!”.

-Ah, bello! (si ride)
“Siamo diventati presto amici, e lì l’ho sentito suonare per la prima volta. In realtà c’era una jam session ogni sera lì al club. Andai per sentirlo suonare e ne rimasi affascinato, è un musicista incredibile… anche con contrabbasso e batteria!

-Oh… non lo sapevo!
”Oh sì, lo assumerei! Per suonare il contrabbasso, e lo assumerei anche per suonare la batteria”.

-Interessante…
“E ho fatto una registrazione con Stefano, Stefano Di Battista, alcuni anni fa. E il contrabbassista, di cui non ricordo il nome ora…”

-Forse Rosciglione? Giorgio o Dario Rosciglione?
“Oh, no. Li conosco, padre e figlio. Era un musicista più giovane. Comunque tutti bravi musicisti”.

-Bene. Adesso mi piacerebbe parlare con lei dei tre album che amo. Il primo è “Canta Brasil”. Lo adoro! Sa, ballo salsa e bachata con la mia fidanzata…
“Ah-ah, wow!”.

Sì, ballavo prima del Covid ovviamente, ora è tutto chiuso. Ma mi piace, perciò quando ascolto questo tipo di ritmi inizio a ballare e a muovermi. Mi è davvero piaciuto quell’album, e sbaglio se affermo che è iniziato tutto con L’uomo, Dizzy Gillespie?
“Oh, più o meno; in realtà non suonavamo così tanti pezzi brasiliani… ma quell’esperienza è stata d’introduzione alla musica brasiliana: suonavamo “Desafinado”, “Samba De Uma Nota So”. Tuttavia, ciò che davvero mi avvicinò alla musica brasiliana fu ascoltare “Brasil ‘65”, sai… nel 1965! Stavo ascoltando la radio a San Francisco, quando passarono proprio quell’album e ne rimasi folgorato. C’erano chitarre eccezionali, poi Wanda De Sah, e il pianista, era il leader, Sergio Mendes… fu il gruppo che mi portò alla musica brasiliana. Da quel momento in poi ho lavorato con Stan Getz, che suonava molto questo tipo di musica, e poi ho fatto ricerche e ascoltato musica Brasiliana più datata, quella della scuola del Samba. Poi ho conosciuto Nilson Matta, Duduka da Fonseca e Romero Lubambo, e iniziammo a suonare e suonare insieme. Mi insegnarono molti ritmi differenti, e da dove provenivano… questi ritmi vengono dal Nord del Brasile, questi altri dal Sud. Iniziai a lavorare con loro. E così fondammo la band, Canta Brasil”.

-Mi scusi ma vorrei sapere qualcosa di più su Gillespie. Com’era al di fuori del mondo musicale? Ho iniziato a studiare il jazz un po’ di tempo fa, e lui è uno di quei grandi nomi che si devono necessariamente studiare, e da cui si deve prendere il più possibile.
“Fuori dal mondo musicale? Era un grande, davvero una persona cortese, anche molto divertente… fuori dal mondo musicale”.

-Non lo era durante la musica?
“Oh sì, era egualmente divertente! Ma molte persone pensavano che fosse solo apparenza, invece lui era così anche fuori dal palco. Era divertente, molto cortese e molto rispettoso”.

– Quindi il vostro tour mondiale si è tenuto tra il ’62 e il ’66. Che cosa mi dice rispetto alle tappe? Mi ha parlato di Milano, nel ’63.
“Sì, in Italia. Ma abbiamo suonato anche in altri posti: Copenaghen, in Svezia, Varsavia in Polonia, che al tempo era ancora comunista”.

-E fuori dall’Europa?
“Non abbiamo suonato fuori dall’Europa. Abbiamo fatto solo un tour europeo, e quella fu la prima volta che andai in Europa. Fu un inizio fantastico per me!”.

-Sì, posso immaginarlo! (si ride) Parliamo del secondo album, si intitola “Two as One”, l’album con Buster Williams.
“Oh Buster!”.

-E questo lavoro è di particolare importanza per gli italiani, perché è stato registrato a Perugia al Teatro Morlacchi.
“Sì”.

– Ricordo “All of You” e “Someday My Prince Will Come”, e l’ostinato di Buster… 40 secondi forse sul fa, e poi tutto il sound che si apre quando suona il Re basso e con tutte quelle frequenze che arricchiscono la musica. Meraviglioso!
“Certo”(ride)

-E Buster Williams? Com’è?
“Io amo suonare con Buster Williams. In effetti ho appena visto un video su di lui… non so se avete Amazon Prime in Italia”.

-Ce l’abbiamo.
“Si intitola “Bass To Infinity”. È tutto sulla sua vita, ci sono alcune interviste con Herbie Hancock, Lenny White… tutti suonavano insieme a Buster. Dura un’ora, è molto interessante. Sai lui è buddista, perciò parla della sua pratica e di molte altre cose. Ci conosciamo dal 1958, quando eravamo entrambi adolescenti a Philadelphia. Lo conosco da molto tempo, abbiamo lavorato molto insieme… è uno dei miei contrabbassisti preferiti in tutto il mondo”.

-Ho letto che ha suonato con… c’è qualcuno con cui non ha suonato? Ha suonato davvero con tutti!
“Sì, tutti. Le cantanti lo amano, ha lavorato con Nancy Wilson per molto tempo, e anche Sarah Vaughan. Questo video racconta anche delle prime volte in cui uscì per esibirsi, appena terminata la scuola superiore, con Gene Ammons e Sonny Stitt, e di quando ha dovuto avere il permesso da sua madre… dagli un’occhiata!”.

-Senz’altro. Sa… l’inizio della mia tesi di laurea contiene una frase su Philadelphia, e sul fatto che tutti i grandi musicisti sono di lì. È una specie di magia. (ridono)
“Non tutti, ma molti sono di lì! Io penso che una delle ragioni, prima di tutto, è che è molto vicina a New York, a solo due ore di guida. Perciò Philadelphia era una delle tappe principali per i musicisti che provenivano da New York, e io ricordo di aver visto Kenny Dorham e molte altre persone che semplicemente scendevano per andare a fare un concerto a Philly. E si può arrivare a Philadelphia per una sera, e poi tornare indietro quando il concerto è finito. Ai tempi aveva due Club principali che presentavano musicisti di fama mondiale, uno si chiamava Pep’s e l’altro Showboat. Vedevo ‘Trane, Yusef Lateef e Miles suonare lì, e molti altri. Philly era un luogo dove si lavorava, e penso sia per questa ragione che c’erano molti giovani musicisti, incluso me, che poi migliorarono con tutta quella musica attorno.

-Capisco.
“Philly aveva anche molti posti di lavoro per questi giovani musicisti, ci sono molti club in cui ho lavorato. Ed era una gran cosa, avere posti in cui suonare. Questo mi ha aiutato nella crescita, c’erano altri giovani musicisti con cui ho socializzato che sono ancora in giro! C’erano Sonny Fortune, beh lui è venuto a mancare ora, siamo cresciuti insieme… e Buster come sai. Philly era proprio un gran posto”.

-Il prossimo musicista di cui vorrei parlare è anche lui di Philly, e ora mi riferisco al terzo album, che è anche il mio preferito: sto parlando di “People Time”.
“Oh, Stan!”.

-Sì, questo album è la ragione per cui ho iniziato a studiare la sua musica e il suo modo di suonare il pianoforte. È vero che lui la considerava l’altra metà della mela, in senso musicale?
“Ehm, non lo so… così diceva! (ride) Beh, credo che per dirlo lo pensasse davvero. Musicalmente eravamo… empatici? Avevamo un approccio alla musica simile, la melodia era importante”.

-Sì! Sa Kenny, ho sempre l’impressione che quando Stan smette di suonare lei continui a suonare il sassofono ma usando il piano, e viceversa.
“Ah!” (ride)

– È incredibile! Davvero, mi sembra che siate come connessi.
“Sì, lo credo anch’io. Entrambi amavamo la liricità, e questo è importante. Stan poteva suonare una ballad e farti piangere, con il suo sound e le sue idee e la sua creatività. Quello fu un concerto interessante, specialmente in duo, lui era… beh, sono sicuro che conosci la storia”.

-La conosco.
“Era malato al tempo, quando registrammo in duo. Aveva una sorta di tumore del sangue, perciò sentiva molto dolore. Dovevamo registrare per tre sere, ma andammo avanti soltanto per due, lui non riuscì a finire l’ultima sera. Avemmo solo un altro concerto insieme dopo quell’episodio, a Parigi, e non riusciva a suonare molto. Lui suonava la melodia e io feci la maggior parte dei soli al pianoforte, e quella fu l’ultima volta che lo vidi”.

-Mi dispiace molto.
“Era marzo e io lo chiamai un mese più tardi, per sapere come stesse. Mi disse che stava bene e che avrebbe suonato per il prossimo tour, e poi a giugno… è venuto a mancare. Abbiamo perso una bella persona.

-Sì. Secondo me  Stan Getz e Paul Desmond sono due grandi sassofonisti che rimarranno nella storia del jazz
“Davvero?”.

-Sì, mi piacciono davvero tanto. Sicuramente c’è anche Charlie Parker, e tutti quei sassofonisti formidabili che sono fuori da ogni sorta di classificazione. Ma mi piacciono molto Paul e Stan per il modo che hanno di suonare.
“Quindi tu ami… il loro sound?”.

-Sì.
“Lo apprezzo. Paul aveva un sound molto morbido e snello, tenero. E una delle prime registrazioni che ho ascoltato era di Dave Brubeck e Paul Desmond, era ‘Jazz Goes To College’”.

-Sì, me la ricordo. Forse anni ’60?
“In realtà tardi anni ’50, perché ancora vivevo a Philly. Questo era uno dei miei pezzi preferiti”.

– Solo un’ultima cosa su Stan Getz… in quale occasione iniziò a collaborare con lui, a quanti anni? Ha mai rimpianto di non averlo conosciuto prima?
“Rimpiango sempre di non aver conosciuto prima le persone, ma sono lieto quando le conosco! Ricevetti una chiamata per lavorare con lui, per sostituire Chick Corea. Allora aveva una band con Stanley Clarke, Tony Williams e Chick. Mi chiamò e mi chiese di prendere il suo posto, questa fu la prima volta che lavorai con Stan. Era incredibile, suonavamo tutta la musica di Chick Corea. Penso si chiamasse “Captain Marvel Band” o qualcosa del genere. Era un piccolo tour, suonammo per poche serate soprattutto in Sud Carolina e a Baltimora. Quando partimmo Stan mi disse: “Sei davvero un musicista con esperienza”, e per me quello era un grande complimento. Per un po’ non l’ho più sentito, e poi pochi mesi dopo mi chiamò per un posto alla Stanford University”.

-Ho capito.
“Artist-in-residence. Mi chiamò per chiedermi di andare lì e suonare in alcuni concerti con lui. Da quel momento iniziammo ad andare in Europa durante l’estate perché io insegnavo alla Rutgers University e lui a Stanford, perciò non potevamo provare molto durante l’anno accademico. Ma in estate andammo a tutti i grandi festival d’Europa. Aveva una buona band, con Victor Lewis e Rufus Reid. Facemmo un paio di registrazioni a Montmartre con il quartetto, e un paio in duo. Sempre grande musica, grande scrittura. Registrammo un pezzo elettronico dal titolo “Apasionado”, in California. Mi piaceva, per me era qualcosa di diverso! C’erano gli archi e tutti i tipi di strumenti elettronici. Una grande esperienza che non avevo mai fatto prima”.

-Ok. Dato che lo ha accennato, mi piacerebbe parlare dell’insegnamento. Lei era un insegnante di pianoforte alla Rutgers University, e poi alla Julliard, la vecchia Manhattan School.
“Esatto”.

-Insegna ancora? O ha lasciato?
“No, mi sono congedato”.

-Perché, se posso chiedere?
“Beh, sto invecchiando! (ride) A un certo punto senti che hai bisogno di imparare qualcosa, ed io avevo bisogno di imparare altro. Avevo bisogno di ascoltare altre persone suonare, in un certo senso di “istruirmi”. Gli studenti erano bravi, intendo bravi davvero… che cosa avevo da dare loro? A Manhattan c’erano Gerald Clayton, Aaron Parks, era uno dei miei studenti, e molti altri… alla Julliard avevo Jonathan Batiste, alla Rutgers Terence Blanchard, Harry Allen. E tutti loro suonavano benissimo il pianoforte!”.

-Com’era un sua lezione tipo? Cosa faceva durante l’ora?
“Sostanzialmente suonavamo insieme. Ho sempre avuto due pianoforti nella mia aula. Suonavamo insieme perché questo mi permetteva di capire cosa effettivamente sapessero o non sapessero suonare. Insomma, erano al punto in cui io non avevo bisogno di dire loro “questo è un accordo di Do”, non avevano bisogno di questo da me: sapevano già come come suonare. Eravamo interessati a sottigliezze e rifiniture, e idee su tocco, frasi, cose del genere”.

-Quindi le sue lezioni erano come delle performance dal vivo, ma guidate?
“Sì, una cosa di questo tipo! Suonavamo e poi ci fermavamo, e dicevo “Ok, qui stiamo suonando una ballad, non dovete suonare così rigidamente, non c’è bisogno di suonare così tante note in questa ballad… lasciate spazio, anche il silenzio è parte della musica”, cose così. E penso che la prendessero molto seriamente”.

-Quindi… ha dei suggerimenti per diventare un buon insegnante? C’è un ingrediente speciale?
“No, non penso. Certo dipende, le persone hanno diversi modi di insegnare. Il mio modo di insegnare era quello di ascoltare i musicisti e sentire costa potevano fare, e sfidarli. Prendevamo una canzone e la suonavamo per 30 minuti, e poi facevamo un botta e risposta, per fare esercizio. E poi provavamo a sfidarci l’un l’altro, ed è un bene quando gli studenti provano a sfidare anche te. (si ride) Ho imparato molto anch’io”.

-Ok.
“Non è tipo “sono il tuo insegnante e tu fai quello che dico”, a quel livello non è così. È più uno scambio di idee. Imparo da loro, loro imparano da me”.

-Certo, grazie mille. Parliamo adesso di composizione. Lei ha composto molto: adoro “Until Then e Sunshower”, in particolare. Quanto pensa sia importante scrivere pezzi originali, che abbiano la propria firma?
“Penso sia importante, e che si debba scrivere il più possibile. Quello che cerco nella scrittura, quello che cerco di raggiungere nella composizione è… la semplicità. Non scrivo cose in 11/8, 9… non scrivo cose in tempi strani. Non sento la musica in quel modo! Alcuni musicisti lo fanno comodamente e mi piace ascoltarli, ma il mio approccio è più che altro fatto di melodie semplici, armonie che forse qualche volta sono ingannevoli… o forse non qualche volta! Per me funziona la semplicità”.

-Sì. Stavo pensando… lei reputa questo un passaggio fondamentale? Un passaggio che un musicista deve fare per sentirsi completo? O pensa che si possa saltare?
“Intendi saltare la scrittura?”.

-Sì.
“Beh, non tutti i musicisti sono compositori, alcuni di loro non scrivono. Ma, come dice qualcuno, l’improvvisazione è composizione, solo che non è scritta”.

-Infatti.
“Un musicista Jazz compone tutto il tempo… quando inizia a scrivere, quella è una composizione! (si ride) Ma molti musicisti semplicemente non sono per la scrittura, e li capisco. Io penso che sia un altro aspetto di te che dovresti esplorare”.

-Ok. Guardi, una volta ho frequentato una masterclass di Billy Childs. Secondo me è un grande compositore.

“Sì, lo è.”

-E ha detto qualcosa che io ritengo incredibile. Ha detto: “Il segreto del comporre è creare qualcosa di sorprendente, e allo stesso tempo inevitabile”.
“Sì, ok”.

-Mi suona come qualcosa del tipo: “Devi creare musica che ha dei legami con il passato, in modo che ascoltandola tu sappia dove sta andando, ma che abbia anche qualcosa di sorprendente che ne cambia la direzione”, no?
“Sì, sì, sì”.

-È d’accordo?
“Sono d’accordo. E ho ascoltato abbastanza musica di Billy Childs, è un compositore brillante”.

-Lei ricorda un buon consiglio che qualcuno le ha dato recentemente o nel passato, o un evento particolare che ha cambiato il suo modo di comporre e suonare?
“Ehm… sì! Qualcuno una volta mi diede un’idea che io poi ho provato ad applicare: prova a suonare il tuo solo nello spazio di una quinta perfetta. Tutte le tue parti di improvvisazione. Ovviamente non puoi farlo chorus dopo chorus dopo chorus, ma fai una prova. Quanto puoi suonare solo in quel piccolo spazio di una quinta perfetta?”.

-Non ho capito bene, Mr. Barron…
“Sul pianoforte, una quinta perfetta, da Do a Sol. E stai suonando una canzone, qualunque essa sia, prova a suonare tutto all’interno di quella quinta perfetta, cromaticamente”.

-Ok!
“E vedi come va. È qualcosa che puoi provare… potresti restare sorpreso. Perché qualsiasi nota tu metta insieme funzionerà contro qualsiasi accordo suonerai. Deve essere risolto, ma funziona. Questo è un consiglio che qualcuno mi diede e che ho provato. È qualcosa da ricordare”.

-Ok, ora… l’ultima parte. Oltre la musica, sono curioso rispetto alla giornata tipica di Kenny Barron. Ci sono delle cose particolari che ama fare nel tempo libero, se non suona?
“Mi piace leggere molto. Mi piace leggere romanzi”.

-Che tipo di romanzi?
“Mi piace James Patterson, romanzi gialli e cose di questo tipo”.

-Sì! Le piace Zafon? Carlos Ruiz Zafon?
“Oh, non lo conosco”.

-No? È bravo! E Dan Brown?… quello de “Il Codice Da Vinci”.

-“Oh sì sì l’ho letto! (ridono di gran gusto) L’ho letto. In realtà ho anche visto il film”.

-Sì… mi scusi, l’ho interrotta.
“No, non fa niente. Stavo dicendo che durante il Covid non c’è molto altro da fare, perché altrimenti andrei da qualche parte, ascolto musica o cose di questo tipo. Perciò questo è ciò che faccio, leggo e provo anche a cucinare!”.

-Cosa cucina?
“Schnitzel… bistecca! Cose del genere”.

-Le piace la pizza?
“La amo. E a Napoli ho mangiato la migliore pizza della mia vita.”

-Wow! Si ricorda il posto?
“No, ma era così fina… con l’aglio…non ricordo perché mi ci hanno portato. Quella fu la migliore pizza che io abbia mai mangiato. E amo anche mangiare! (si ride) Che è un male!

-No. Non è un male! Sa, quest’anno mi ha fatto realizzare appieno che ci sono anche altre cose oltre alla musica. E se si usano queste cose per nutrire il proprio “appetito musicale”, ci si sentirà più rilassati nel suonare e meglio in generale.
“Lo penso anch’io. Bisogna essere una persona a tutto tondo, il che significa fare tutto nella vita, non solo musica. Ci sono persone ossessionate dalla musica, è tutto ciò che fanno: 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ascoltano e praticano musica, scrivono musica 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Vorrei essere una di queste persone, ma non lo sono. Ci sono altre cose che catturano la mia attenzione, come la politica o quanto accade nel mondo. Ora c’è il processo di Minneapolis (per la morte di George Floyd, NdT) che mi interessa”.

-Sì, anche a me.
“Succedono anche altre cose. Possono ispirare la tua musica, in un certo qual modo”.

-Sono d’accordo. Quali sono i suoi piani per il futuro? Ci sono nuovi album in cantiere, nuovi progetti?
“Non al momento. C’è un sassofonista, Greg Abate. Ha fatto delle registrazioni di… circa 15 miei pezzi, con il trio. Suona il sassofono contralto, e ha sovrainciso il sassofono e scritto una sorta di sezione di sax in alcuni dei pezzi. È abbastanza interessante! Ma penso che l’unica cosa che vorrei fare prossimamente è un solo, e poi forse un duo, con batteria o percussioni o… un violoncello! Sì qualcosa del genere. Ed è economico da produrre perché non devo pagare me stesso. (ride)”.

Kenny Barron, Udine, Teatro Palamostre, 10.04.2018 Note Nuove

-Verrà in Italia?
“Ci sono dei piani, non so se verranno cancellati o no a questo punto. Penso che a Perugia o Pescara ci potrò essere”.

-Lo spero!
“Lo spero anch’io! E ci sono altre cose… ce n’è una in una città chiamata… Merano? Non Milano, Merano”.

-Sì, nel nord Italia.
“Sì, non sono sicuro che accadrà. Ma penso che per luglio o agosto le cose miglioreranno almeno un po’, lo spero”.

-Sì, ed io sarò lì ad aspettarla! Vaccinato ovviamente, spero di poterla conoscere e abbracciarla nella vita reale.
“Ok! Grazie molte”.

Le sono molto grato, grazie mille.
“È stato un piacere!”.

Ci vediamo presto allora.
“Ok, ciao!”.

-Grazie, arrivederci!

Daniele Mele

Il nuovo festival jazz del Conservatorio Santa Cecilia “Jazz Idea”, a Roma dal 6 marzo

Si inaugura il 6 marzo a Roma “Jazz Idea”, il nuovo festival jazz del Conservatorio Santa Cecilia, con la direzione artistica di Carla Marcotulli, cantante e docente di Canto Jazz presso il Conservatorio.
Una nuova manifestazione ad ingresso libero, che vede protagonisti grandi nomi del jazz italiano e internazionale accanto ai nuovi talenti provenienti dal Dipartimento Jazz del Conservatorio di Santa Cecilia. Tanti gli artisti presenti nel cartellone, tra cui David Linx e il suo Voices Unlimited in quartetto con il grande batterista statunitense Bruce Ditmas (concerto 3 aprile, Masterclass 4 aprile), Alex Sipiagin ospite del quartetto di Riccardo Fassi e Stefano Cantarano (27 marzo), Maurizio Giammarco con il suo Syncontribe trio (13 marzo), Franco D’Andrea (concerto in piano solo il 20 marzo, Masterclass il 21 marzo), Giovanni Tommaso (6 marzo nel trio guidato dalla pianista di Cinzia Gizzi, 7 marzo Masterclass), Paolo Damiani con Daniele Roccato (10 aprile), Bruno Tommaso con una Masterclass (21 aprile), Rosario Giuliani in duo con Pietro Lussu (20 marzo), Nicola Stilo con Carla Marcotulli (27 marzo), Mario Corvini e Claudio Corvini con il Santa Cecilia Jazz Ensemble (6 marzo), Fabio Zeppetella, Pietro Leveratto e Ettore Fioravanti in quartetto con Carla Marcotulli e Cinzia Gizzi per un tributo a Dick Halligan (10 aprile), Lucio Perotti in trio (13 marzo).

Tredici concerti aperti al pubblico, strutturati in sei appuntamenti, che si terranno nella bellissima Sala Accademica del Conservatorio (via Dei Greci 18), caratterizzata da una delle migliori acustiche al mondo e dal Grande Organo Walcker-Tamburini. Protagoniste del Festival sono le nuove idee musicali, attraverso un dialogo interattivo fra tradizione e nuovi linguaggi.
Rilevante, la partnership con l’Università Ca’ Foscari: il 3 aprile il gruppo di improvvisazione del Conservatorio di Santa Cecilia si unirà in concerto a quello dell’Università, denominato MusiCa Foscari e guidato dal M° Daniele Goldoni. Un incontro che sarà preceduto, qualche giorno prima, da un live all’Auditorium Santa Margherita di Venezia. Il concerto inaugurale, domenica 6 marzo alle 18, omaggia Charles Mingus in occasione del centenario della sua nascita, attraverso una formazione orchestrale con sonorità che ricordano uno dei suoi ensemble più rappresentativi: la Mingus Big Band. Protagonista sarà il Santa Cecilia Jazz Ensemble diretto da Mario Corvini, che interpreterà i brani di Mingus arrangiati dagli allievi del corso di Composizione Jazz del Conservatorio, tenuto da Pietro Leveratto. Special guest: il trombettista Claudio Corvini. In apertura, il trio guidato dalla pianista Cinzia Gizzi, con una ritmica eccellente formata dal celebre contrabbassista Giovanni Tommaso – una leggenda del jazz italiano e internazionale – e da Marco Valeri – uno dei batteristi più creativi del panorama nazionale.
Il festival “Jazz Idea” rappresenta anche un ideale passaggio di consegne: da Paolo Damiani – fondatore e direttore del precedente Festival “Percorsi Jazz” – a Carla Marcotulli, ideatrice del nuovo format che ha tra gli obiettivi proprio quello del trasferimento di informazioni tra gli artisti di riferimento del jazz e le energie della nuova generazione.
Oltre ai concerti, nel programma di Jazz Idea anche Masterclass: lunedì 7 marzo, Giovanni Tommaso in “Teoria della Piramide – 5 Steps to Heaven”; lunedì 21 marzo Franco D’Andrea in “Applicazioni pratiche delle aree intervallari”; lunedì 4 aprile David Linx nel suo “Voice Unlimited Workshop” aperto al pubblico con un contributo di €15; lunedì 21 aprile Bruno Tommaso in “Parafrasi, mascheramenti, plagi e truffe”.
Riservati esclusivamente agli studenti del Conservatorio i quattro incontri con Nicola Stilo per il Silver’n’voices Lab che si terranno il 4, 11, 18 e 25 aprile.

PROGRAMMA DETTAGLIATO
6 MARZO  
Cinzia Gizzi trio
Cinzia Gizzi pianoforte / Giovanni Tommaso contrabbasso / Marco Valeri batteria

Mingus Centenary – Santa Cecilia Jazz Ensemble
direttore Mario Corvini
feat. Claudio Corvini
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13 MARZO
Rivisitando SYMBIOSIS di Claus Ogerman
Lucio Perotti Trio
Lucio Perotti pianoforte / Giulio Scarpato basso / Massimo Di Cristofaro batteria

SYNCOTRIBE TRIO

Maurizio Giammarco sax / Luca Mannutza hammond / Enrico Morello batteria
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20 MARZO
Rosario Giuliani/ Pietro Lussu duo
Rosario Giuliani sax / Pietro Lussu

Franco D’Andrea piano solo
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27 MARZO
Santa Cecilia Silver’n’voices Lab
Nicola Stilo & Carla Marcotulli

Riccardo Fassi – Stefano Cantarano Quartet special guest Alex Sipiagin

Alex Sipiagin tromba / Riccardo Fassi piano / Stefano Cantarano contrabbasso
Valerio Vantaggio batteria
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3 APRILE
Santa Cecilia meets Ca’ Foscari
Alessio Sebastio & Minji Kim
Melting pot
Minji Kim voce / Alessio Sebastio pianoforte

David Linx Voice Unlimited
David Linx voce / Vittorio Esposito piano / Davide Di Mascio contrabbasso,
Bruce Ditmas batteria
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10 APRILE
Daniele Roccato & Paolo Damiani
Bass in the mirror
Paolo Damiani contrabbasso / Daniele Roccato contrabbasso

Tribute to Dick Halligan and his Music

Cinzia Gizzi piano / Carla Marcotulli voce / Fabio Zeppetella chitarra /
Pietro Leveratto contrabbasso / Ettore Fioravanti batteria

Redazione

Maurizio Giammarco protagonista al Maderna Jazz Festival 2021 di Cesena con una masterclass e un concerto

Venerdì 17 e sabato 18 settembre 2021, il grande sassofonista Maurizio Giammarco sarà protagonista del Maderna Jazz Festival 2021. Il sassofonista condurrà il workshop “Gli itinerari dell’improvvisazione” e poi, nella serata di sabato 18 settembre, al termine delle attività didattiche, Maurizio Giammarco si esibirà in concerto insieme ai docenti del Conservatorio “Maderna” e ai musicisti che lo hanno coadiuvato nelle attività didattiche, vale a dire Mariano Di Nunzio alla tromba, Michele Francesconi al pianoforte, Paolo Ghetti al contrabbasso e Luca Santaniello alla batteria.

Il concerto si terrà a Cesena, nel Chiostro di San Francesco, alle 21. In caso di maltempo, verrà spostato nella Sala Dellapiccola del Conservatorio “Bruno Maderna”.

Il workshop “Gli itinerari dell’improvvisazione” condotto da Maurizio Giammarco vuole fornire un ampio spettro di argomenti di riflessione e concreti strumenti di studio per affrontare i molteplici aspetti dell’improvvisazione, sia che questa indirizzata al repertorio classico del jazz sia che invece guardi ai materiali originali di vario tipo.

L’improvvisazione, se praticata ad alti livelli, andrebbe meglio definita come composizione estemporanea, essendo una prassi che richiede al musicista una mole di conoscenze musicali che va ben oltre la mera maestria strumentale. Il workshop alternerà momenti di natura teorica (con argomentazioni e ascolti analitici) e pratica: gli studenti verranno invitati a cimentarsi col repertorio classico ma anche con originali di Giammarco per affrontare spunti musicali differenti.

Il workshop sarà articolato in tre momenti. Venerdi 17 settembre, la prima sessione di terrà dalle ore 10 alle 13, mentre nel pomeriggio le attività avranno luogo dalle 15 alle 18. Sabato 18 settembre, i lavori si completeranno con la sessione mattutina in programma dalle ore 10 alle 13.

Al termine del workshop, Maurizio Giammarco si esibirà in concerto insieme ai docenti del Conservatorio “Maderna” che lo hanno coadiuvato nelle attività didattiche. Sul palco avremo un quintetto formato da Maurizio Giammarco al sax tenore, Mariano Di Nunzio alla tromba, Michele Francesconi al pianoforte, Paolo Ghetti al contrabbasso e Luca Santaniello alla batteria.

Maurizio Giammarco è protagonista del Jazz in Italia fin dai primi anni ’70. Nel corso della sua carriera lo abbiamo conosciuto come solista di assoluto spessore, compositore, arrangiatore e leader di organici ampi. Alcune delle formazioni di cui ha fatto parte hanno segnato la storia mdel jazz italiano come Lingomania (considerato il gruppo più rappresentativo degli anni ’80) o la Parco Della Musica Jazz Orchestra, big band residente dell’Auditorium di Roma, di cui è stato direttore tra il 2005 e il 2010.

Il sassofonista vanta uno stile riconoscibile sul piano solistico come compositivo, frutto di una sintesi personale del proprio vissuto. Ha suonato con moltissimi musicisti di fama internazionale e con tutti i più importanti musicisti italiani. Ha composto e arrangiato musica per teatro, danza, cinema, cd roms, orchestra sinfonica e orchestra d’archi. Da sempre attivo anche in campo didattico, è stato autore di una monografia su Sonny Rollins (1996) e di un libro di sue composizioni e trascrizioni edito dalla Carish (2012). Ha diretto la rassegna Termoli Jazz Podium dal 2000 al 2006.

Il Maderna Jazz Festival è la rassegna organizzata dal Dipartimento Jazz del Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena ed è coordinata dal pianista Michele Francesconi.

Tutti gli eventi del Maderna Jazz Festival 2021 si svolgono a Cesena e sono ad ingresso libero. A causa delle restrizioni legate alla situazione sanitaria, per poter partecipare ai singoli eventi sarà necessaria la prenotazione, inviando una mail a eventi@conservatoriomaderna-cesena.it

Le eventuali variazioni del programma causate dalle evoluzioni della situazione sanitaria in corso saranno comunicate tempestivamente sul sito del Conservatorio (www.conservatoriomaderna-cesena.it) e sui canali social del Dipartimento Jazz del Conservatorio “Bruno Maderna”.

Domenica 19 settembre 2021, il Maderna Jazz Festival si completerà con il concerto della Big Band del Conservatorio Maderna diretta da Giorgio Babbini in programma alle 21, al Chiostro di San Francesco (in caso di maltempo, il concerto sarà spostato al Teatro Verdi).

Il Chiostro di San Francesco si trova a Cesena, in Via Montalti, dietro la Biblioteca Malatestiana.

Con le masterclass di Roberto Gatto e Roberto Tarenzi, torna in presenza la didattica jazz di Celano Jazz Convention

Venerdì 27 agosto 2021, dalle 14 alle 17, Celano Jazz Convention torna alla didattica in presenza con due incontri di altissimo spessore. Il batterista Roberto Gatto e il pianista Roberto Tarenzi condurranno infatti due masterclass dedicate ai rispettivi strumenti, trasmettendo ai partecipanti l’importanza e il valore delle loro esperienze musicali, sia quelle più strettamente tecniche sia quelle maturate suonando dal vivo come leader di formazioni o al fianco dei più importanti protagonisti del jazz italiano ed internazionale.

Gli incontri si svolgeranno a Celano, nelle sale di Palazzo Don Minozzi. Per iscriversi, occorre prenotarsi inviando una mail all’indirizzo conferenze@celanojazzconvention.com. Il costo di iscrizione a ciascuna delle due masterclass è di 35€.

Roberto Gatto si esibirà in concerto, poi, nella serata di venerdì 27 agosto, sempre a Celano, alla guida del suo quartetto e con la presenza di Beatrice Gatto come ospite alla voce.

Roberto Gatto è sicuramente il più rinomato batterista italiano all’estero e vanta importanti partnerships con artisti del mondo del jazz e non solo. Nato a Roma il 6 ottobre 1958, il suo debutto professionale risale al 1975 con il Trio di Roma (insieme a Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli) e da allora ha suonato in tutta Europa e nel mondo con i suoi gruppi e a fianco di artisti internazionali. È stato inoltre componente di Lingomania, una delle formazioni più importanti della storia jazz italiano. Oltre ad una ricerca timbrica raffinata e a una tecnica esecutiva perfetta, i gruppi a suo nome sono caratterizzati dal calore tipico della cultura mediterranea: questo rende senza dubbio Roberto Gatto uno dei più interessanti batteristi e compositori in Europa e nel mondo. Nella sua carriera musicale, Roberto Gatto ha collaborato come sideman con i più importanti interpreti della storia e dell’attualità del jazz internazionale: da Chet Baker a Freddie Hubbard e Lester Bowie, da Gato Barbieri a Kenny Wheeler e Randy Brecker e poi con Enrico Rava, Ivan Lins, Vince Mendoza, Kurt Rosenwinkel, Joey Calderazzo, Bob Berg, Steve Lacy e moltissimi altri.

Come leader ha registrato molti album: Notes, Fare, Luna, Jungle Three, Improvvisi, Sing Sing Sing, Roberto Gatto plays Rugantino, Deep, Traps, Gatto-Stefano Bollani Gershwin and more, A Tribute to Miles Davis Quintet, Omaggio al Progressive, The Music Next Door, Roberto Gatto Lysergic Band, Remebering Shelly, fino ai più recenti Sixth Sense, Now e My Secret Place. Nel corso degli anni ha composto musica per il cinema, in particolare insieme a Maurizio Giammarco la colonna sonora di “Nudo di donna” per la regia di Nino Manfredi, e, in collaborazione con Battista Lena, le colonne sonore di “Mignon e Partita”, che ha ottenuto cinque David di Donatello, “Verso Sera” e “Il grande cocomero”, tutti diretti da Francesca Archibugi.

Nel 1993 ha realizzato due video didattici “Batteria vol. 1 e 2”. È stato il direttore artistico di Jazz in progress presso il Teatro dell’Angelo a Roma. Per oltre dodici anni ha insegnato batteria e musica d’insieme presso i seminari di Siena Jazz. Ha frequentato il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e il Conservatorio de L’Aquila. Roberto Gatto è titolare della cattedra di batteria jazz al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.

Dopo lo studio del pianoforte classico, iniziato all’età di otto anni, Roberto Tarenzi scopre il jazz nell’adolescenza e studia con Enrico Intra e Roberto Pronzato ai Civici Corsi di Jazz di Milano, dove ottiene il diploma nel 1999, e frequenta i seminari della Berklee School a Umbria Jazz e i corsi di Siena Jazz.

Nel 1995 entra a far parte della Big Band diretta da Enrico Intra con cui incide quattro dischi e accompagna, tra gli altri, Dave Liebman, Max Roach, Bobby Watson, Bob Brookmeyer, Franco Cerri, Enrico Rava, Franco Ambrosetti. All’inizio del 2006 si trasferisce a New York per sei mesi, dove svolge un’intensa attività concertistica nei club e registra con la cantante Alice Ricciardi, Gaetano Partipilo, Franco Ambrosetti e Michele Bozza. Al ritorno dagli Stati Uniti, viene scelto assieme ad altri undici pianisti in tutto il mondo (tra cui Aaron Parks e Gerald Clayton) per partecipare al prestigioso “Thelonious Monk International Piano Competition”, esibendosi di fronte ad una giuria presieduta da Herbie Hancock e comprendente, tra gli altri, Danilo Perez e Andrew Hill. Nel 2008 si trasferisce a Roma e inizia una intensissima attività concertistica al fianco di Stefano Di Battista e Rosario Giuliani, collaborando altresì con Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Dario Deidda, Fabio Zeppetella, Fabrizio Bosso, Max Ionata e praticamente tutti i migliori musicisti della scena italiana.

A suo nome ha pubblicato diversi lavori discografici, tra i quali “Other Digressions”, “Trio Live”, “Love and Other Simple Matters” e “11 Little Things”, mentre con Cues Trio, formato insieme a Lucio Terzano e Tony Arco, ha inciso”Introducing Cues trio” e “Feel” con David Liebman come ospite.

Insegna stabilmente presso il Saint Louis College of Music di Roma, il Conservatorio di Latina, oltre a tenere seminari e workshop di improvvisazione.

Il percorso didattico di Celano Jazz Convention, tracciato dal direttore artistico della rassegna Franco Finucci, torna in presenza dopo aver continuato le attività online durante il periodo della pandemia. Sia l’edizione 2020 della rassegna che le iniziative promosse nel corso dell’inverno si sono tenute in rete e hanno proposto i seminari condotti da alcuni dei protagonisti più rilevanti della scena jazz italiana come Marco Di Battista, Max Ionata, Giovanni Falzone, Luca Mannutza, Marcello Di Leonardo, Ada Montellanico, Claudio Filippini, Umberto Fiorentino, Roberto Gatto e Tino Tracanna e con un ospite di assoluto rilievo internazionale come Jerry Bergonzi.

Il jazz Festival Gubbio No Borders compie 20 anni: l’edizione 2021 tra concerti, cinema e masterclass

Compie 20 anni il Festival Gubbio No Borders, nato dalla grande passione per la musica e per il jazz grazie all’impegno e all’entusiasmo della Associazione Jazz Club Gubbio che negli anni ha ospitato nella città di Gubbio grandi nomi del panorama musicale nazionale e internazionale tra cui Benny Golson, James Senese & Napoli Centrale, Paul Wertico, Gino Paoli, Samuele Bersani, Fabrizio Bosso, Danilo Rea, Quintorigo, Maria Pia De Vito, Greta Panettieri, Giovanni Tommaso, Javier Girotto e Dado Moroni.
Una ricorrenza importante, quella del 20° anno, che verrà celebrata con una edizione festosa a partire dal giorno di Ferragosto fino al 31 agosto con un cartellone che comprenderà concerti, cinema, matinèe, street parade e masterclass, con la direzione artistica di Luigi Filippini.
Un programma ricco e multistilistico, reso possibile grazie anche alla collaborazione e al patrocinio del Comune di Gubbio, il prezioso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la partnership con la Direzione Regionale Musei Umbria e con l’IIS Cassata-Gattapone.
Ad inaugurare il Gubbio No Borders 2021, il giorno di Ferragosto, sarà la P-Funking band che alle 18.30 e alle 21.30 inonderà le vie della Città di note, invitando il pubblico a unirsi alla parata per i festeggiamenti della 20a edizione.

Lunedì 16 agosto grande attesa nella bellissima cornice del Teatro Romano per il noto sassofonista Francesco Bearzatti con il suo acclamato Tinissima 4tet e il nuovo progetto “Zorro”.
Sabato 21 agosto alle 11.30, il concerto del mattino con la band Le Scat Noir presso i suggestivi giardini pensili del Palazzo Ducale.
Lunedì 23 agosto alle 21.15 protagonista un altro grande sassofonista, Javier Girotto – un gradito ritorno al Gubbio No Borders – insieme all’ottimo pianista Natalio Mangalavite. Due raffinati artisti argentini che hanno fatto innamorare l’Italia con la loro musica, e che al Palazzo Ducale presenteranno tutto il loro universo sonoro.
Le serate di domenica 29 e lunedì 30 agosto sono dedicate al NoBorders Cinema, con la proiezione dei due film “La mélodie” di Rachid Hami e “Il concerto” di Radu Mihâileanu. Location: Il Voltone presso il Palazzo Ducale.
Martedì 31 agosto alle 21.15 si torna al Palazzo Ducale per l’ultimo concerto della XX edizione: quello della cantautrice Sara Marini con il suo progetto “Djelem do mar”.
Il 25, 26 e 27 agosto tornano al Festival le Masterclass che prenderanno avvio dalle ore 9 presso l’IIS Cassata-Gattapone.
Info per costi e iscrizioni: Associazione Jazz Club Gubbio: www.jazzclubgubbio.itgubbiojazzclub@gmail.com,  tel. 347.8283783 – 333.4192889.

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A Tutto Jazz!

La tanto auspicata rinascita del Paese vede ai nastri di partenza anche molti festival del jazz che, more solito, si terranno lungo tutto l’parco dello stivale. Ecco, quindi, alcuni cenni sulle manifestazioni che ci appaiono di particolare interesse.

34 anni per Gezziamoci il Jazz Festival di Basilicata
“Gezziamoci, il Jazz Festival di Basilicata” è giunto alla sua XXXIV edizione e questo prestigioso traguardo viene raggiunto grazie al fatto di aver sempre tenuto fede alle sue motivazioni di fondo vale a dire l’aderenza alle esigenze del territorio e quindi la volontà di valorizzare lo stesso unitamente ai non pochi talenti locali.
Quest’anno il programma parte da giugno, mantenendo come sempre il cuore del Festival nel mese di Agosto.
Un festival pronto ad accogliere pubblico in sette comuni tra stazioni ferroviarie, chiostri, cattedrali, terrazzi, vicoli, piazze, musei, spiagge con concerti in ogni ora della giornata, laboratori di assaggio, visite guidate, trekking urbani, concerti all’alba, presentazioni di libri e letture condivise, performance di pittura.
Il titolo del Gezziamoci 2021 “Qui Basilicata, la cultura non si ferma!” vuole essere, quindi, la risposta dell’Onyx Jazz Club e di tanti sponsor e amministrazioni ed Enti che hanno voluto, insieme, dare una risposta forte per una ripresa della cultura, del turismo in una delle più interessanti regioni d’Italia.
Per gli appassionati di jazz molti gli appuntamenti da non perdere: in particolare il 20 luglio il trio di Bill Frisell con Thomas Morgan e Rudy Royston; il 5 agosto un altro trio con Kurt Rosenwinkel, chitarra, Dario Deidda, basso elettrico e Greg Hutchinson, batteria; il 7 agosto il solo della magnifica pianista Stefania Tallini; il 26 agosto l’altro piano solo protagonista Fabio Giachino; il 27 agosto Giovanni Amato, tromba – Mario Castellano, pianoforte – Marco De Tilla, contrabbasso, Pasquale Fiore, batteria & Quintetto di archi più due clarinetti, un flauto, un fagotto – Dirige Giovanni Di Napoli; il 28 agosto Rita Marcotulli, pianoforte, Ares Tavolazzi, contrabbasso e Alfredo Golino, batteria mentre il giorno successivo la stessa Marcotulli si esibirà in solo in un particolarissimo concerto programmato all’alba. Ovviamente, ampio lo spazio dedicato ai musicisti locali; così il 17 luglio si esibirà la vocalist Rossella Palagano in quartetto; il 31 sarà la volta del quartetto guidato dal chitarrista Andrea Corrado; il 24 agosto Saverio Pepe canta Battiato con Pier Domenico Niglio, programmazione elettronica; il giorno successivo si potrà ascoltare l’altro quartetto con il vocalist Emanuele Schiavone.

“Double Sky” a Padula dal 19 al 27 agosto
Sono aperte le iscrizioni per partecipare alle masterclass con i protagonisti del festival di musica internazionale “Double Sky” diretto da Maria Pia De Vito, che si terrà dal 19 agosto al 27 agosto presso la Certosa di Padula e che segna il primo passo del più ampio progetto culturale di costituzione di un polo creativo dal titolo “Padula. La Certosa delle Arti”. Un calendario di appuntamenti internazionali che prevede concerti, laboratori, masterclass e incontri, promossi e organizzati dalla Regione Campania attraverso la Scabec e realizzati in collaborazione con la direzione generale della Certosa di San Lorenzo e con la direzione regionale dei Musei MIC, con l’obiettivo di trasformare la più grande certosa d’Italia in un hub culturale in cui musica, arte contemporanea e arte barocca s’incontrano e si fondono.
Sede di eventi ma anche Summer school con classi di formazione e laboratori gratuiti condotti da musicisti del calibro di Rita Marcotulli, Israel Varela, Michele Rabbia, Daniele Roccato e la stessa direttrice Maria Pia De Vito.
Le masterclass di piano, voce, batteria, percussioni, contrabbasso e live electronics si alterneranno ai laboratori del pomeriggio in cui gli studenti potranno praticare insieme ai propri insegnanti elementi di linguaggio ritmico, voce creativa e improvvisazione intuitiva, pensati per ispirare e far crescere giovani artisti della musica e non solo.
Per iscriversi alle masterclass è necessario prenotarsi attraverso il sito www.scabec.it . Il festival Double Sky ospiterà quest’anno Rita Marcotulli, Gianluca Petrella, Luca Aquino, Peppe Servillo, Javier Girotto, Fabrizio Bosso, Giovanni Guidi, Francesco Bearzatti, Michele Rabbia; ma “Padula, la Certosa delle Arti” non è solo musica, è contaminazione, a partire dalla imminente apertura della sezione dedicata all’arte contemporanea che sarà curata da Achille Bonito Oliva, per un progetto originale di formazione per il recupero e il rilancio del patrimonio di arte contemporanea che la Certosa già custodisce.

Varata la seconda edizione del Matino Jazz
Dal 19 al 25 luglio si svolgerà la seconda edizione del Matino Jazz, che, sempre sotto l’attenta guida del direttore artistico Elisabetta Tucci, riparte dopo il lusinghiero successo ottenuto nel luglio dello scorso anno. Molte le novità di quest’anno tra cui gli aperitivi in jazz e il contest per i giovani; si tratta, in particolare, di un concorso cui potranno partecipare, inviando una mail a ‘matinojazz21@gmail.com’, i giovani gruppi emergenti indicando il progetto proposto, il repertorio, la lista dei brani e la line up dei musicisti. La partecipazione è gratuita e le iscrizioni scadono il prossimo 10 luglio. Ma l’attenzione verso i giovani è dimostrata anche dal fatto che saranno i giovani ad aprire le serate dei big. Big che rispondono ai nomi di Giovanni Imparato (voce e percussioni) e Stefano Scartocci (pianoforte) in programma il 19 luglio; Gaetano Riccobono, Massimo Farò, Byron Landham, Davide Palladin, Nicola Barbonin cartellone il 20 luglio; Salvatore Russo con il suo Gypsy Jazz Trio sul palco il 21 luglio; Fulvio Palese, sassofonista salentino doc il 22 luglio; il ben noto Lino Patruno alla testa di un agguerrito sestetto con Clive Riche in veste di ‘guest star’ il 24 luglio.
Infine il 23 e 25 luglio due serate “tra amici” in compagnia del gruppo originario di Matino Jazz composto da Andrea Pace, Giulia Salsone, Bruno Zoia, Piero Fortezza, Elisabetta Tucci, Danilo Cartia.

 

Gerlando Gatto