Ex Aequo: Mattiuzzi e Mirra al TrentinoInJazz

TRENTINOINJAZZ 2018
e
TrentinoIn Jazz Club
presentano:

Domenica 2 dicembre 2018
Ore 20.30
Bar Circolo Operaio Santa Maria
Via Santa Maria 8
Rovereto (TN)

EX AEQUO:
GAIA MATTIUZZI & PASQUALE MIRRA

Nuovo appuntamento autunnale del TrentinoIn JazzClub, il ciclo del TrentinoInJazz ideato da Emilio Galante per coinvolgere i club di Trento e Rovereto, con un concerto intimo a cura di due nomi cari al TrentinoInJazz: Gaia Mattiuzzi e Pasquale Mirra, ovvero Ex Aequo.

Gaia Mattiuzzi e Pasquale Mirra, già presenti all’edizione 2017 del Festival, si incontrano nuovamente animati dal desiderio di esplorare nuove forme espressive nell’arte del duo. Il repertorio affrontato, composto da brani originali e rivisitazioni personali, si mantiene in equilibrio tra complessità contrappuntistica e lirismo. Il duo affronta le molteplici possibilità timbriche dei rispettivi strumenti alla ricerca di una dimensione sonora personale.

Gaia Mattiuzzi è attiva nell’ambito della musica jazz, classica e contemporanea. Svolge un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero, ha collaborato con orchestre sinfoniche e ensemble di vario genere, ma anche con nomi del calibro di Michele Rabbia, Gabriele Mirabassi, Francesco Cusa, Vincenzo Vasi, Gianni Gebbia, Xabier Iriondo, Mauro Pagani, Elliot Sharp, Wu Ming, Moni Ovadia, Baba Sissoko. Collabora stabilmente con Fabrizio Puglisi e Cristiano Calcagnile ( Laut). Pasquale Mirra è considerato uno dei vibrafonisti più interessanti della scena italiana e internazionale. Collabora e ha collaborato con grandi improvvisatori come Michel Portal, Fred Frith, Nicole Mitchell, Tristan Honsinger, Ernst Rijseger, Rob Mazurek, Ballakè Sissoko, Hamid Drake. Nel 2013, 2014, 2015 viene nominato miglior vibrafonista italiano dalla rivista di settore Jazzit. Nel 2014 e nel 2015 inoltre considerato tra i migliori musicisti dell’anno per i critici della rivista Musica Jazz.

Prossimo appuntamento con il TrentinoInJazz giovedì 6 dicembre: Sonata Islands a Rovereto.

Nelle immagini di Pino Ninfa lo spirito del jazz

 

 

 

L’immagine-simbolo è uno struggente “Porgy and Bess” sudafricano in cui dominano le ombre, un violoncello ed una figura di donna. Si parla di “Jazz Spirit”, la più recente delle mostre del fotografo Pino Ninfa (sponsorizzata dalla Olympus), tenutasi dal 5 al 30 giugno al Centro Culturale di Milano, uno spazio altamente funzionale in pieno centro meneghino. Come spesso accade nelle iniziative di Ninfa, la mostra è stata accompagnate da varie performance e incontri: “Sulle strade della musica” con Enrico Intra al pianoforte e gli scatti del fotografo (5 giugno); “Nel sogno del racconto. La città come palcoscenico” con Claudio Fasoli al sax soprano e le foto dei partecipanti al workshop, più una conversazione tra il jazzista ed il musicologo Maurizio Franco (12/6); “Fra sacro e profano. Le feste religiose in Italia e nel mondo” con la tromba di Giovanni Falzone e la batteria di Alessandro Rossi, arricchite dall’uso dell’elettronica e dall’interazione con le foto di A. Safina, E.Resmini, L.Rossetti, R.Iurato, M. Pasini, I.Adversi, C.e S.Onofri e dello stesso Ninfa (15/6); a concludere gli “eventi speciali” un incontro tra Luciano Linzi (direttore artistico di “JazzMi”) ed Enrico Stefanelli (direttore del “Photolux Festival”) su “Fotografare il jazz: Racconto e resoconto. Usi possibili per la committenza” (19/5).

Seguo il lavoro di Pino Ninfa da parecchio tempo e la sua attività non cessa di sorprendermi perché è una costante ricerca. Rispetto alla mostra del novembre 2017 al “Roma Jazz Festival”, l’esposizione milanese è avvantaggiata da uno spazio più adatto, meno dispersivo, con un’ottima illuminazione che ha consentito un efficace montaggio delle quarantatré foto, di cui nove in grande formato, tutte in bianco e nero. Ninfa ha una serie di scatti “caposaldo” che propone da tempo, immagini funzionali e simboliche rispetto alla sua estetica del racconto-resoconto; le serie esposte, però, mutano profondamente nella loro sequenza e si arricchiscono sempre di nuove fotografie. Ho registrato, tra le altre, un Luca Aquino al Vicenza Jazz Festival del 2017, il duo Paolo Fresu e Bebo Ferra in concerto dentro al carcere di massima sicurezza di Nuoro (2012), la Banda De Muro al festival “Time in Jazz” (2016), Max De Aloe ed Antonio Zambrini a “Jazz per l’Aquila” (2015), “Jazz for Kids” al “Liebnitz Jazz Fest” (2016), un’incredibile foto del pianista Gonzalo Rubalcaba al teatro Olimpico di Vicenza (2017) in cui Ninfa riesce a catturare e a fissare tutta l’energia dell’artista e a farne un ritratto dai caratteri barocchi. Splendida anche la doppia immagine di Michel Portal (“Piacenza Jazz Fest” 2017) come una foto che risale al 2005 largamente inedita: si è ai “Suoni per le Dolomiti”, nell’altopiano di Folgaria, e davanti ad una struttura bellica della prima guerra mondiale (Forte Sommo Alto) c’è la tastiera del pianoforte che suonerà Stefano Bollani che è stata smontata per una revisione tecnica. L’accostamento tra l’austero edificio e la tastiera genera un cortocircuito iconico fortissimo e – oltre a rappresentare in modo simbolico e poetico la filosofia della rassegna sonora – genera idee e tensioni narrative immediate. Di grande suggestione anche la foto di Enrico Intra all’ex-grattacielo Pirelli che suona il piano dominando Milano (“Piano City”, 2015) come lo scatto torinese in cui il progetto “Sonic Genome” di Anthony Braxton si ritaglia uno spazio nel museo egizio.

Persone, paesaggi, musicisti, luoghi, strumenti, materia e architetture si incontrano nel gioco delle luci e delle ombre; la macchina fotografica di Pino Ninfa riesce a catturare lo “spirito del jazz” in modo polifonico e poliedrico, regalando al visitatore tante tracce su cui incamminarsi e attraverso cui ricercare.

Luigi Onori

Didier Lockwood Il Paganini del jazz

Magnetismo personale, tecnica eccezionale, creatività e inventiva, capacità di trasmettere sapere e conoscenza, erede dei più grandi violinisti di jazz: queste sono solo alcune delle specificità cha caratterizzano Didier Lockwood che ci ha lasciati domenica scorsa (18 febbraio) all’età di 62 anni, a seguito di una crisi cardiaca.

Dire che il mondo del jazz – francese, europeo, internazionale- è sotto choc è un eufemismo. Nell’arco di oltre quattro decenni di carriera, il talentuoso strumentista, originario di Calais e figlio di un professore di violino, dapprima membro del gruppo rock kobaien «Magma» del batterista Christian Vander, quindi di « Zao , una formazione di jazz-rock e di rock progressive guidato da François “Faton” Cahen et Yoshk’o Seffer, si è finalmente imposto nel mondo del jazz diversificando, un po’ alla maniera di Michel Portal, le sue attività musicali. Compositore di musiche da film, di opera jazz, di musica sinfonica (ricordiamo in particolare il suo concerto “Les Mouettes”), di poemi e di spettacoli lirici come “Le Jazz et la Diva” con  Caroline Casadesus, il violinista, acustico ed elettrico, depositario del violino di Michel Warlop – il quale, a sua volta, l’aveva ricevuto dal suo primo mentore e ‘maître à penser’, Stéphane Grappelli – ha esteso la sua passione musicale anche attraverso l’insegnamento creando una scuola, il CMDL (Centre des musiques Didier Lockwood) a Dammarie-les-Lys en Seine-et-Marne).

La forza di questo grande musicista, particolarmente affabile e disponibile, era inoltre la sua facoltà di visionario capace di mescolare le musiche. Qui il jazz francese con le sue declinazioni, anche manouches, lì ancora il jazz-rock, la fusion, là la musica classica e le sperimentazioni sonore della più spinta avanguardia. E tutto ciò con una immensa professionalità e una passione divorante per la sperimentazione, la ricerca e il desiderio di oltrepassare qualsivoglia formalismo.

Violinista estremamente sensibile, generoso, amico fedele, seduttore e incantatore in musica, si era esibito appena qualche settimana fa al Duc des Lombards a Parigi – con André Cecarrelli (batteria) e Antonio Faraò (piano) per la presentazione della sua ultima opera, “Open Doors” (Okeh/Sony Music), e aveva appena suonato al Bal Blomet (Parigi – XVè) quando la grande falciatrice ha tolto al mondo del jazz, senza preavviso, uno dei suoi fiori più belli e adorabili.

Didier Pennequin

Piacenza Jazz Fest 2018: XV Edizione dal 17/02 al 25/03

Sarà un traguardo importante quello del prossimo Piacenza Jazz Fest che si accinge a spegnere quindici candeline. Tante infatti sono le edizioni della manifestazione che ormai ha abituato la città di Piacenza e alcuni comuni limitrofi ad essere per un mese e mezzo il centro di molteplici iniziative di grande qualità e portata artistica, nonché un evento culturale a tutto tondo. Ad affiancare il cartellone principale, composto dai più grandi nomi del panorama musicale nazionale e internazionale, viene confermata la costellazione di tutti gli eventi cosiddetti collaterali, che formano ormai l’identità profonda di questo festival e che si vanno a intrecciare ogni anno più profondamente col tessuto sociale del territorio, dove si inseriscono, arricchendolo e vivacizzandolo. Il festival conferma la sua formula, che è stata e ancora è uno dei punti forti del successo, e presenta musica per oltre un mese, a volte con più appuntamenti in una stessa giornata, nei luoghi più belli e suggestivi della città di Piacenza e con alcune trasferte nei comuni che hanno aderito al progetto e alla visione dell’organizzazione.

La manifestazione, ideata e organizzata dall’Associazione culturale Piacenza Jazz Club che si fregia del patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il sesto anno consecutivo, è diretta artisticamente da Gianni Azzali, presidente del Piacenza Jazz Club e si avvale del determinante sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, con il supporto della Regione Emilia-Romagna e dei Comuni di Fiorenzuola d’Arda e di Salsomaggiore Terme, oltre al supporto di alcune realtà istituzionali e imprenditoriali del territorio. Tante e preziose le collaborazioni con associazioni o enti che hanno aderito così alle finalità e agli obiettivi della manifestazione, abbracciandone gli intenti, come il Teatro Sociale di Stradella, in provincia di Pavia (grazie alla collaborazione con l’associazione “Tetracordo” di Livio Bollani.), il Comune di Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma, compagnie teatrali locali: le Stagnotte con uno spettacolo a favore dell’AISM dal titolo “Storyville” e TraAttori per “Scuola e Jazz”, co-produzioni con Fondazione Teatri di Piacenza e con l’associazione Jazz Network – Crossroads, il consolidamento del rapporto con le più importanti realtà locali: la Galleria Ricci Oddi, il Conservatorio “Nicolini”, la Galleria Alberoni, il centro commerciale “Gotico”, l’associazione “Il Pellicano Onlus” e l’AUSL, la casa residenza anziani “Vittorio Emanuele”, i Licei “Gioia” e “Respighi” e la Casa Circondariale delle Novate.

IL CARTELLONE PRINCIPALE

Il cartellone principale si caratterizza per l’elevata qualità artistica e l’originalità delle sue proposte e riunisce nomi di primo piano della scena internazionale.

Sono ospiti di questa edizione alcune delle figure più rappresentative, delle vere e proprie pietre miliari in campo musicale che hanno reso grande il Jazz, portandolo alla sua forma attuale. Stiamo parlando di artisti della caratura di Michel Portal insieme al suo storico trio con l’aggiunta speciale di Louis Sclavis, al Salone degli Arazzi il 17 marzo; della grande figura storica, icona del Cool Jazz, il mitico Lee Konitz, che si esibirà il 20 marzo al Milestone; da New York sono in arrivo poi i due fuoriclasse Dave Douglas e Uri Caine che presenteranno al Conservatorio Nicolini il 3 marzo il loro nuovo progetto: “Presents Joys”. Sempre al Nicolini il 13 marzo una stella nascente: il pianista albanese, naturalizzato statunitense Vijay Iyer in piano solo, una vera chicca all’interno del nutrito cartellone 2018. Un’altra stella direttamente dagli Stati Uniti è Nnenna Freelon, una cantante, compositrice, produttrice, arrangiatrice dalla voce di velluto che regalerà un concerto incantevole il 10 marzo in quel gioiello che è il Teatro Verdi di Fiorenzuola d’Arda (PC).

Anche il Jazz italiano è molto ben rappresentato, grazie alla presenza di tanti grandi, tra cui spicca il trombonista Mauro Ottolini. Sarà proprio lui, in veste anche di direttore alla testa di un’intera orchestra ritmico-sinfonica, a dare il via a questa edizione con un omaggio imperdibile a Luigi Tenco con l’ausilio delle voci di Karima e Vanessa Tagliabue Yorke, allo Spazio Rotative la sera del 17 febbraio.

Presente poi una rappresentanza di quei musicisti che hanno l’Italia nel cuore o che dell’Italia hanno fatto la loro seconda patria. Primo tra tutti un personaggio molto amato come Toquinho che troverà spazio il 23 marzo nel teatro più bello di Piacenza, il Municipale, per un concerto di quelli da incorniciare nell’album dei ricordi. Gli altri due sono un grande amico del festival come Javier Girotto che al Palazzo dei Congressi di Salsomaggiore Terme il 3 marzo presenterà un progetto legato alle musiche della sua terra di origine insieme a un altro musicista, il giovane e valente bandoneonista Pablo Corradini, con cui condivide alcune note biografiche, dato che entrambi sono argentini di nascita che hanno messo però radici in Italia.

Chiudiamo questa sfilata di grandi artisti con tre musicisti che, in omaggio a una delle caratteristiche peculiari della musica di fare da collante al di là delle differenze, hanno deciso di unire le loro forze per fare di tre mondi una realtà del tutto nuova: vi riescono brillantemente l’italiano Fausto Beccalossi, il brasiliano Roberto Taufic e l’argentino Carlos “el tero” Buschini che presenteranno il progetto “Tres Mundos” il 15 marzo nel Teatro Sociale di Stradella (PV), grazie alla collaborazione con “Tetracordo”.

Un cast di alto livello come si diceva, per festeggiare nel migliore dei modi i quindici anni del festival.

Allo Spazio Rotative poi si chiuderà il programma domenica 25 marzo alle ore 18.00 con ingresso libero con il classico Galà di premiazione dei vincitori dell’edizione 2018 del concorso “Bettinardi”. Prima della proclamazione delle classifiche saliranno sul palco ad esibirsi i primi due classificati di ogni sezione in cui si divide il concorso: solisti, gruppi e cantanti. Al termine della serata, non potrà mancare il tradizionale brindisi con vini e salumi piacentini per salutare il festival e dare appuntamento all’estate con Summertime in Jazz, la rassegna itinerante che si snoda lungo le più belle e suggestive vallate della nostra provincia.

L’ALTRO FESTIVAL

Com’è ormai piacevole consuetudine, durante il periodo del festival la musica si diffonderà in tutta la città. Tornerà “Piacenza Suona Jazz!” e le sue numerose esibizioni live in contesti informali e conviviali, ambientate in luoghi alternativi ai teatri quali locali e club, distribuiti sia in centro che fuori città.

Torna a grande richiesta la rassegna “Il Jazz al Centro – Aperitivo Swing”, in stretta collaborazione con la Direzione del Centro Gotico che vedrà quest’anno esibirsi, sempre dalle ore 17.45, tre formazioni davvero ragguardevoli.

Tornano a grande richiesta le “Incursioni Jazz” che allieteranno a suon di Swing alcuni luoghi a sorpresa, come esercizi commerciali o uffici del centro storico e della periferia, concedendo una breve, ma godibilissima pausa dalle attività da cui ciascuno è preso nel corso della giornata.

Sarà sempre una marchin’ band che accompagnerà a scuola swingando i bambini di alcune scuole primarie attraverso i pedibus musicali.

Piacenza Jazz Fest per il sociale significa: Donatori di musica in Ospedale e nelle case protette e concerto nella casa circondariale delle Novate.

Alla Galleria Ricci Oddi, l’appuntamento di quest’anno sarà “Improvvisazione tra le Opere” (sabato 24 febbraio ore 18.00) che vedrà dialogare alcuni dei quadri di questo autentico gioiello piacentino con la musica del trio di Luciano Biondini, composto oltre che dalla sua fisarmonica anche da una chitarra classica e da un basso acustico.

E poi ancora presentazioni di libri, workshop musicali, conferenze, masterclass, una giornata di studi dedicata al rapporto tra il Jazz e il Cinema, Jazz Brunch.

Melodia, ricerca, follia: questo il focus che caratterizza il ritorno alle origini del Talos Festival. A Ruvo di Puglia (Bari) dal 3 al 10 settembre

Erasmo da Rotterdam diceva che la follia è capace di prolungare la giovinezza. Figuriamoci quali miracoli può fare se la si accosta alla musica e alla ricerca, che tengono accesa la mente! Al Talos Festival 2017, dal 3 al 10 settembre a Ruvo di Puglia (Bari), melodia, ricerca, follia sono gli elementi che caratterizzano l’intero programma di una delle manifestazioni più apprezzate e conosciute a livello nazionale e internazionale, ideata e diretta dal trombettista e compositore Pino Minafra.

Nel centro storico della bella cittadina pugliese, adagiata tra uliveti e vigneti, si alterneranno circa 500 ospiti, tra cui Michel Godard, John Surman, Peppe Barra, Ihab Radwan, Ernst Reijseger, Faraualla, Roberto Ottaviano, Canzoniere Grecanico Salentino, Eugenio Colombo, Dario Cecchini, Evan Parker, Michel Portal, Vincent Peirani, Nicola Pisani, Livio Minafra, l’Orchestra Sinfonica della città Metropolitana di Bari; inoltre Il Talos Festival propone anche quest’anno un articolato programma dedicato al fenomeno culturale della banda con concerti, produzioni originali, presentazioni di dischi, masterclass. Tra gli eventi collaterali anche le mostre fotografiche di Enzo Paparella e Raffaele Puce e una proiezione a cura di Michele Pinto. Grande novità di questa edizione è l’incontro tra musica e danza contemporanea, con le coreografie curate da Giulio De Leo e dalla Compagnia Menhir per regalare un carattere multidisciplinare nella progettualità già ricca del festival.

Il Talos Festival nasce nel 1993 dall’idea del Maestro Pino Minafra, jazzista di fama mondiale e docente di tromba presso il conservatorio Piccinni di Bari, con l’intento di creare un meltin pot nel quale i suoni della tradizione pugliese, mediterranea ed europea si incontrano in una feconda contaminazione multiculturale; di fatto realtà di un’Europa sempre più grande e unita pur nelle sue diversità. Da subito si realizza una forte sinergia con l’Amministrazione Comunale di Ruvo, che sostiene la manifestazione, dimostrando una grande apertura e sensibilità.

Questi elementi hanno fatto nascere in Puglia un festival/laboratorio internazionale di grande spessore qualitativo e progettuale, che si è svolto ininterrottamente dal 1993 sino al 2008.

La direzione artistica, dal 1993 al 2000 e nel 2004 è stata del Maestro Minafra, mentre sino al 2008 tale ruolo è stato ricoperto da altri musicisti che, modificando la ratio alla base del progetto ne hanno comportato una modifica del presupposto fondante il festival e con una conseguente riduzione dell’attenzione del pubblico europeo e nazionale. L’Amministrazione Comunale, detentrice del marchio depositato “Talos Festival”, ha inteso quindi riavviare e rilanciare tale prodotto culturale di elevato prestigio internazionale riaffidando la direzione artistica al Maestro Minafra e ripristinandone il filone primigenio della produzione progettuale legata all’attualità. Caratteristica che peraltro antesignanamente ha contribuito a far nascere moltissimi festival jazz in molti comuni pugliesi.

L’obiettivo principale della ripresa è dunque non solo rimettere in continuità la manifestazione riportandola agli antichi fasti ma anche di legare la presenza di jazzisti di spessore internazionale al territorio e alle sue espressioni. Scelta cardine, non a caso, è l’idea di puntare il tema del festival sulla BANDA: la storia musicale più rappresentativa del Sud.

Il festival, organizzato come detto dal Comune di Ruvo di Puglia, gode della collaborazione di una ricca rete di partner che si sono incontrati intorno alla co-progettazione di un importante percorso di rilancio pluriennale del progetto Talos e della sua governance. Ci saranno dunque il Conservatorio di Musica Niccolò Piccinni di Bari, l’Associazione Culturale Terra Gialla, l’Associazione Menhir con l’omonima compagnia di danza contemporanea diretta da Giulio de Leo e la cooperativa Doc Servizi. Fondamentale poi il supporto di Camera di Commercio di Bari, Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Confcommercio Ascom di Ruvo di Puglia, Orchestra Sinfonica della Città Metropolitana di Bari e Itel Telecomunicazioni; la collaborazione del Forum GiovanIdee, della rete Ruvo Solidale, dell’associazione Proloco di Ruvo di Puglia e degli sponsor Tipografia De Biase, Cantina di Ruvo di Puglia, Talos Viaggi e Hotel Pineta.

Talos Festival è diviso, come da tradizione, in due sezioni: un’anteprima (dal 3 al 6 settembre) dedicata alle esperienze che si sono formate all’interno di istituzioni culturali, conservatori, scuole e molto altro e il Festival internazionale (dal 7 al 10) con grandi ospiti di respiro nazionale ed internazionale e alcune produzioni originali realizzate espressamente per il Talos che dimostrano il ruolo di ecletticità, poliedricità e innovazione che la banda può svolgere nel panorama musicale in tutto il mondo.

Info e programma completo: www.talosfestival.it

I NOSTRI CD. Buon natale in Jazz

a proposito di jazz - i nostri cd

Jesper Bodilsen – “Santa Claus Is Coming To Town” – Up Art Records
santa-clausIl Natale si avvicina e, come ogni anno, sul mercato compaiono produzioni discografiche dedicate a questa festività. Ecco quindi tre album, piuttosto diversi ma accomunati dall’essere dedicati alle canzoni natalizie.
Il primo è il nuovo CD di Jesper Bodilsen, “Santa Claus is Coming to Town”, uscito lo scorso 21 ottobre, su etichetta Up Art Records. Contrabbassista, compositore, arrangiatore e didatta danese, Bodilsen vanta un curriculum di tutto rispetto avendo collaborato con artisti di assoluto livello quali, tanto per citare qualche nome, Enrico Rava, Kasper Villaume, Stefano Bollani, Katrine Madsen, George Colligan, inoltre dal 2003 si è esibito in tutto il mondo con il celebre Danish Trio insieme a Stefano Bollani e al batterista Morten Lund. Adesso ha deciso di mettersi in proprio e in breve tempo ha prodotto due importanti album: del primo , “TID”, abbiamo parlato di recente; il secondo è questo “Santa Claus Is Coming To Town” in cui il contrabbassista si presenta alla testa di un gruppo con Peter Rosendal al piano, Regin Fuhlendorf chitarra, Francesco Calì piano e fisarmonica e Claus Waidtlow al sax con l’aggiunta delle voci di Mads Mathias, Joe Barbieri e la piccola (nove anni) Marie Bodilsen. Il repertorio è scelto con molta oculatezza: niente brani particolarmente celebrati ma canzoni tratte dal mondo natalizio italiano, scandinavo e statunitense. Tutt’altro che casuale anche la scelta delle voci: Mads Mathias è artista di punta della nuova musica danese, e Joe Barbieri è ben noto al pubblico italiano per le sue doti di raffinato e sensibile interprete, li si ascolti rispettivamente, in “Have Yourself A Merry Little Christmas” con in bella evidenza il contrabbasso del leader e la chitarra di Regin Fuhlendorf, e “Quanno nascette Ninno” (versione originale di “Tu scendi dalle stelle”); davvero brava Marie Bodilsen nell’interpretazione del brano tradizionale svedese “På Loftet sidder Nissen” .

Kurt Elling – “The Beautiful Day” – Okeh
the-beautiful-dayDi impianto diverso questo secondo album firmato da Kurt Elling, ovvero da colui che viene considerato una delle personalità più eminenti nel campo del canto jazz maschile: non a caso ha vinto diverse volte i sondaggi delle riviste Down Beat e JazzTimes. Kurt è accompagnato da un gruppo piuttosto numeroso con Stuart Mindeman al piano, Clark Sommers al basso , John McLean alla chitarra (musicisti che erano con lui anche nell’ultimo tour italiano), Jill Kaeding cello, Jim Gailloreto sax soprano, Tito Carrillo tromba, Kendrick Scott batteria, Kalyan Pathak percussioni, Luiza Elling voce. L’album è molto gradevole anche perché l’artista ha avuto l’intelligenza di pescare nel mare magnum delle canzoni natalizie alcune perle che non si ha spesso l’occasione di ascoltare. Così accanto a molti canti tradizionali, figurano, tra gli altri, tre pezzi scritti da Leslie Bricusse per il musical “Scrooge”, uno scoppiettante “This Christmas” di Donny Hathaway dalla chiara impronta soul impreziosito da un convincente assolo di John McLean, il vagamente rockeggiante “Same Old Lang Syne” scritto e cantato da Dan Fogelberg che come singolo ottenne un buon successo nel 1980…fino a giungere a “The Michigan Farm (Cradle Song , op.41/1) una delicata composizione di Edvard Grieg cui Elling ha aggiunto le liriche facendo arrangiare il tutto al fido Mindeman. Ebbene, in tutte queste occasioni Kurt Elling dimostra di aver affrontato l’impresa con grande serietà, abbandonando qualsiasi atteggiamento gigionesco da grande star, di compiacimento del pubblico e cercando così di trasmettere l’intima essenza dei brani. Quasi superfluo aggiungere che la prestazione vocale è ancora una volta di altissimo livello: mai una nota fuori posto, l’intonazione perfetta, l’uso dello strumento sempre aderente alle volontà espressive…in estrema sintesi una grandissima sensibilità musicale.

Nils Landgren – “Christmas With My Friends V” – ACT 98302
christmas-with-my-friend-vQuesto terzo album dedicato al Natale si inserisce in una storia che parte nel 2006: il trombonista scandinavo Nils Landgren pensò, bene, in quell’anno, di raccogliere accanto a sé alcuni degli amici musicisti e festeggiare il Natale in musica; il concerto venne registrato nella Chiesa di Odensala a Stoccolma e poi pubblicato su CD. Dato il successo di questa prima esperienza, Landgren ha deciso di ripeterla ogni due anni, effettuando un tour natalizio tra la Svezia e la Germania. Queste tournées hanno prodotto altrettanti album tutti premiati con un Germa Jazz Award. Eccoci quindi al quinto CD che presumibilmente otterrà lo stesso successo dei precedenti sia per il messaggio di pace che intende veicolare sia per la qualità della musica. Sulla statura artistica del leader non esistono dubbi, così come per gli altri artisti scelti per questa nuova avventura: i quattro cantanti: Jeanette Kohn, Jessica Pilnäs, Sharon Dyall e Ida Sand, che suona anche il pianoforte, Jonas Knutsson ai sassofoni, Johan Norberg alla chitarra ed Eva Kruse al basso. Ciascuno di questi musicisti ha proposto due brani arrivando così ad una track list piuttosto variegata in cui il Natale è raccontato sotto varie sfaccettature musicali. Tra i brani che ci hanno maggiormente colpiti , l’apertura basata su un brano di Bach ed eseguita in solitaria da Landgren, “Baby It’s Cold Outside” affidato alla voce di Jessica Pilnäs, il traditional “Go Tell It On The Mountains” interpretato con solida partecipazione da Ida Sand e lo strumentale “Seven Stains From Christmas Eve” di Johan Norberg. (altro…)