Al via una nuova collaborazione tra AFIJ, Associazione Fotografi Italiani di Jazz e la nostra testata. Intervista a Pino Ninfa

La bellezza del Jazz risiede nelle sue infinite forme e sfaccettature e noi di A Proposito di Jazz lo sappiamo bene, essendo sempre a caccia delle emozioni e delle suggestioni che questa musica è capace di generare.

Il nostro lavoro di comunicatori, promotori e recensori del Jazz sarebbe manchevole se le nostre parole non fossero accompagnate dalle immagini, preziosa testimonianza visiva dei nostri racconti… perché crediamo che, una volta finita la musica, le parole e le immagini possano continuare a mostrare l’anima del musicista, percorrendo quel filo di Arianna che lo unisce al suo pubblico. Le parole e le immagini sono la musica che va oltre, che si può sentire anche guardando, leggendo, ricordando… Non a caso tutti i nostri pezzi sono sempre corredati dalle foto gentilmente concesse dai nostri amici fotografi.

Per tutto questo, quando abbiamo appreso che dodici fotografi italiani di jazz, dopo un percorso durato oltre un anno, hanno formato un’associazione, l’AFIJ, con tanto di Atto Costitutivo, Statuto e soprattutto dotandosi di un Codice Etico con le linee guida per gli associati, abbiamo pensato che sarebbe stato bello presentare l’iniziativa e seguirne l’evoluzione, dedicandole una rubrica fissa sul nostro portale, per farvi conoscere da vicino i fotografi che ne fanno parte – che sono al momento una trentina – e pubblicando, a turno, il profilo di ognuno di essi e una galleria dei loro lavori più rappresentativi.

Prima di passare alle singole presentazioni, che avranno cadenza mensile, iniziamo con una selezione di immagini dei soci fondatori, che sono: Giuseppe Arcamone, Antonio Baiano, Giuseppe Cardoni, Riccardo Crimi, Luca d’Agostino, Umberto Germinale, Pino Ninfa – che abbiamo intervistato per voi – Andrea Palmucci, Luciano Rossetti, Andrea Rotili, Domenico Scali e Paolo Soriani.

Da maggio del 2019 l’AFIJ è entrata a far parte della Federazione Nazionale Il Jazz Italiano, presieduta da Paolo Fresu, nata nel 2018 su iniziativa delle quattro associazioni rappresentative del settore: i-Jazz (l’associazione dei festival italiani), MIdJ (realtà che raggruppa i musicisti jazz), e le neonate AdeidJ (Associazione delle etichette indipendenti di jazz) e Italia Jazz Club (associazione dei jazz club).

Molte sono le iniziative a cui l’associazione ha già partecipato, tra le quali ricordiamo le mostre fotografiche: “Nuova Generazione Jazz”, nell’ambito di “Jazzahead” a Brema, “Il jazz italiano per le terre del sisma” a L’Aquila a cura di Paolo Soriani, alla Triennale di Milano, per “Jazzmi”, dove Luciano Rossetti ha esposto i suoi lavori per i 50 anni ECM. Tra i workshop: il progetto multimediale al Conservatorio di Cosenza, con performance di musica e fotografia degli allievi fotografi seguiti da Pino Ninfa, e dei musicisti coordinati dal maestro Nicola Pisani, quello di Jimmy Katz a Morrovalle, nello studio di Andrea Rotili e persino in India, dove Ninfa ha tenuto il corso “Visione e Improvvisazione nell’era tecnologica” all’Indian Institute of Engineering Science and Technology, Shibpur (IIEST Shibpur).

E ancora, in Friuli Venezia Giulia, a cura di Luca d’Agostino: un protocollo su “Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento” (ex “alternanza scuola/lavoro”) con l’Istituto Alberghiero Pertini di Grado a GradoJazz by Udin&Jazz, frutto di una sinergia tra Anpal Servizi (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro), Lotus Flower, e l’Associazione Euritmica e un laboratorio formativo al Liceo Artistico Statale Sello di Udine durante Jazz&Wine of Peace, in collaborazione con il Circolo Culturale Controtempo.

Recentemente l’AFIJ ha premiato il vincitore della borsa di studio per giovani fotografi, che diventerà una mostra ospitata al Blue Note di Milano (già pronta ma purtroppo saltata causa Covid-19).

I fotografi AFIJ partono dunque dall’assunto che la fotografia sia parte fondamentale della cultura legata al jazz, di cui si conosce la storia, oltre che per la musica, anche per le immagini che l’hanno raccontata attraverso gli obiettivi di fotografi come Herman Leonard, William Claxton, Francis Wolff, William Gottlieb. Questi maestri della fotografia hanno creato una iconografia storica che si affianca ai suoi protagonisti e ne diviene testimonianza imprescindibile per capire l’evoluzione di questa cultura musicale nel corso degli anni.

Uno degli scopi principali dell’AFIJ è inoltre quello di conferire quella dignità che il ruolo del fotografo professionista merita nel contesto jazzistico e, più in generale, nello scenario più vasto dei festival e della comunicazione. L’Associazione, in totale sinergia e condivisione di intenti, sarà dunque una squadra compatta, un collettore di progetti, un punto di riferimento per i giovani talenti che si affacciano a questo affascinante mondo, portando energia nuova ma senza mai dimenticare che l’attività di fotografo dev’essere affrontata con serietà, dignità e spirito di collaborazione.

Marina Tuni

Quattro domande al fotografo Pino Ninfa, tra i decani dei fotografi jazz (ma non solo…) e Presidente dell’associazione

Pino Ninfa

Della genesi dell’AFIJ abbiamo parlato poc’anzi; c’è qualcosa che desideri aggiungere sulle motivazioni hanno portato voi fotografi a riunirvi in modo ufficiale?
Intanto che ho accettato di fare il presidente perché vorrei poter fare arrivare dei giovani fotografi in AFIJ e quindi creare uno scambio di vedute e di esperienze fra generazioni di fotografi.
Per fare questo abbiamo realizzato un concorso con relativa borsa di studio per fotografi under 35.
Contribuire a sviluppare una identità come categoria in una realtà come quella attuale, dove la figura del fotografo non ha l’importanza che meriterebbe per capacità e professionalità.

Una foto ben fatta ha un’anima e soprattutto mostra l’essenza del musicista, quel filo, dicevamo, che lo unisce al suo pubblico. Spesso, quando scrivo un articolo, una recensione, mi soffermo a pensare al peso, all’impatto che ogni singola parola potrà avere in chi mi legge… È una grossa responsabilità, non trovi? Capita anche a te di pensarlo per le fotografie che scatti?
Si certamente anche se da tempo devo dire che oltre all’idea di come rappresentare un musicista mi interessa il contesto in cui opera. A questo proposito mi viene in mente una frase di Faulkner: “Non abbiamo mai visto niente allo stesso modo, ma guardavamo la stessa cosa”. Ecco, sono stimolato nell’incontrare visioni da offrire allo spettatore per condividere con lui le atmosfere di quel momento, offrendogli una mia personale visione.

-La musica, si sa, è una fenomenale attivatrice di emozioni.. anche estetiche, se vogliamo. Esiste persino una ricerca che dice che le nostre menti hanno la capacità di elaborare una sorta di libreria musicale che riesce a richiamare, attraverso una singola emozione collegata ad un brano, una multiforme combinazione di sentimenti ad esso associati. Quando scatti una fotografia, quanto la tua mente è condizionata dal fatto che ti piaccia o meno la musica dell’artista che stai fotografando e quanto ciò influisce sul risultato finale?
Molte delle foto che faccio sono in situazioni dove non c’è musica, nel senso che mi piace incontrare il musicista non solo sul palcoscenico. Quando lo fotografo durante un concerto la musica ha la sua influenza, insieme al  fascino dell’atmosfera che lo circonda.

Quando, appena diciassettenne, sei partito dalla tua Catania per trasferirti a Milano, sapevi già quale direzione avresti voluto dare alla tua vita? L’arte fotografica, la musica, l’impegno nel sociale facevano già capolino al tuo orizzonte?
No, tutto è arrivato dopo. Mi ha aiutato essere un appassionato di musica prima che un fotografo.
Amare l’arte cercandone segreti per arrivare in profondità. Col tempo ho imparato che il jazz è un principio che si può applicare in molti ambiti e che l’improvvisazione è una storia importante al pari di cogliere l’attimo. Tutte e due hanno bisogno di conoscenza e talento per poterle applicare in quello che si vorrebbe dire e fare.

(Marina Tuni)

 

Talos, un festival a sud-est del mondo

La musica ha una qualità: può migrare senza incorrere nel freno di frontiere, muri, fili spinati. Può cioè spostarsi liberamente ed, in alcuni casi, trovare l’accoglienza più calda.
Ecco. Il Talos Festival suggerisce quest’idea, di una rassegna aperta e inglobante per arti musica danza e in genere spettacolo. Il tema principale resta quello delle bande, grazie alla cui folta presenza, per citare Mascagni, la Puglia è una terra benedetta da Dio. E Pino Minafra, condirettore con suo figlio Livio della kermesse, da combattivo pronipote del mitico Talos qual ė, ha affermato che si sta finalmente concretizzando un importante traguardo legislativo regionale per la tradizione bandistica per come emerso nello specifico convegno interno alla manifestazione (che ha ospitato peraltro la presentazione del libro di Ugo Sbisá, “Puglia: le etá del jazz”).
Le bande hanno una tradizione forte nella regione – un paragone possibile le fanfare che eseguivano Sousa negli USA di inizio novecento – che risulterebbe di denominazione d’origine (non) protetta se non esistessero iniziative come quella ruvese la cui mission è tenerle in vita, consolidarle, rilanciarle.
Alle bande è stata, come da consuetudine, riservata un’ampia vetrina nella settimana di anteprima (1-5 settembre) a base di concerti, masterclass, flash mob, mostre fotografiche (Talosart a cura di Raffaele Puce), laboratori coreografici.
Talos è ancora La Melodia, La Ricerca, la Follia. Ma il tema sottotraccia rimane quello della rivendicazione della ricchezza artistica del territorio che si estende attorno a Ruvo verso varie latitudini e longitudini.

La notte della tammurriata offerta da Enzo Avitabile con i Bottari di Portico, che ha inaugurato a piazzetta Le Monache la sezione internazionale del Festival (6-9 settembre), va in tale direzione, in cui Suono Parola Danza si incontrano, per come statuito dal leader, profeta della ‘disamericanizzazione’, pur mantenendo l’influsso di black music (slang e tamburi compulsivi richiamano il rap); ed omaggiando, alla sua maniera, il Chain Of Fools di Aretha Franklin con lo stesso spirito devoto con cui rinnovare il canto accorato di Terra Mia di Pino Daniele. Il sassofonista di Soul Express ha maturato una propria poetica di “Paisá” che è sintesi profetica di linguaggi, come il griko, e ritualitá afro/mediterranee, rafforzate da collaborazioni come con la cantante palestinese Amal Murkus e col francese Daby Tourè, immortalato nel documentario ” Enzo Avitabile: Music Life” (2012) di Jonathan Demme: tutto nel segno della condivisione-senza/divisione e del recupero unitario e identitario di comuni radici ritmiche, sonore, idiomatiche.

Ed anche quando, poche ore prima, si esibiva, nello spettacolo Notturni, il trio italo-franco-austriaco composto da Livio Minafra al piano (degno di sviluppi il suo fischio che raddoppia le note della mano destra, alla Salis), Michel Godard a tuba e serpentone e Roland Neffe a vibrafono e marimba, la cifra stilistica era di quel taglio, con una musica leggera, variante, emotiva, inerpicantesi su immaginari Balcani con affacciata su New Orleans ma anch’essa radicata nella vasta area sull’asse tirreno/jonio/adriatica.
Sulla traccia dell’album Campo Armonico (Quinton) vi si è costruita la dimensione scenica dell’Adagio alla Finestra di giovani ninfe e mature driadi che, affacciate sulla corte della Pinacoteca d’Arte Contemporanea-ex Convento, gesticolano acclamano chiacchierano, bocche della verità e follia maldicente, tarantolata, mentre lasciano scivolar giù brandelli di carta, vox populi (o vox dei?) nella visione dell’ideatore Giulio De Leo che “ribalta il luogo comune teatrale e letterario del balcone come simulacro del femminile”.

Giorno 7 il vento dell’est ci porta in direzione Egeo, verso la Grecia di Xenakis e Vangelis, sulle ali del pianoforte di Sakis Papadimitriou, giá visto alla prima edizione del festival di Noci nel 1989. Ed ancora in spolvero nel prodigarsi nella ricerca modale di echi classici, agli albori del pensiero occidentale, fino al I secolo a.c., e riportare in vita aforismi, epitaffi, odi poetiche grazie al canto di Georgia Sylleou, incorniciato dalle figurazioni coreutiche di De Leo e Compagnia Menhir, con l’apporto di interpreti diversamente abili. Titolo della coreografia ‘Passionale’, dove il gesto, privo di illusioni estetiche, è strumento di relazione, vicinanza, ascolto.

Poi la zolla musicale indoeuropea tracima ancora verso oriente, sulle rotte di Marco Polo, fino all’India di Trilok Gurtu. Il percussionista, con un set strumentale che è un arsenale, si esibisce in un “solo” in cui prevalgono tablas e voce, in una congiunzione meditativa trasmessa agli spettatori che partecipano, a fine concerto, all’ esecuzione creando collettivamente un bordone tipo tampoura con un riff ripetuto ad accompagnare il musicista sul palco. Il cui sargam recita il ritmo, lo melodizza. E dà il meglio di sé quando si trasforma in un intona rumori concreti, creando vibrazioni da un secchio d’acqua, agitando oggetti, soffiando nel microfono per generare echi apocalittici, bacchettando cose per scovarne risonanze, in una sfida alle leggi dell’acustica quasi fosse un Cage venuto dall’Asia più tradizionale.

Est, est ancora est con The Bulgarian Voices “Angelitas”, polifonia di schietta matrice popolare, la loro, resa attraverso il sapiente gioco delle sezioni soprano-mezzosoprano-alto-contralto che si intrecciano e si riuniscono in accordi inconsueti per noi, talora misteriosi da decifrare, in cui pesa l’ utilizzo dei quarti di tono proprio della musica folklorica. Applauditi i canti a dispetto e quelli a risposta ma soprattutto bissata, su richiesta di un pubblico divenuto maggioranza bulgara, una originalissima versione di Bella Ciao.

Le due giornate finali hanno registrato la produzione La notte delle bande con Pino Minafra & La Banda, diretta da Michele Di Puppo, in repertorio Rossini, Bellini, vari autori fra cui compositori bandistici pugliesi, e con la partecipazione fra gli altri del poeta Vittorino Curci. Una formazione eccellente, sicuramente da “esportare”.

In pinacoteca poche ore prima era stato presentato il disco Sincretico (Dodicilune) del fisarmonicista Vince Abbracciante con Alkemia 4et nonché In The Middle, atelier coreografico curato da Sanna Myllylahti su musica del contrabbassista Giorgio Vendola oltre a Giardini famigliari, con commento sonoro affidato alla tromba di Giuliano De Cesare, con la danzatrice Mimma Di Vittorio in bella evidenza.
Nell’ultima serata la performance dei Fratelli Enzo e Lorenzo Mancuso, seguita da Ciclopica, dei salentini di BandAdriatica diretta da Claudio Prima, con brani del nuovo album Odissea (Finisterrae), ha chiuso in bellezza il palinsesto dopo le sonorizzazioni di Nicola Pisani e Michel Godard sulle figure di Arcipelago.

È tutto, da Ruvo di Puglia, la cittå del “Jatta”, il Museo; la città del “Jezz”, meticcio con sponde a Levante oltre che con i Sud del mondo.

Amedeo Furfaro

Melodia, ricerca, follia: questo il focus che caratterizza il ritorno alle origini del Talos Festival. A Ruvo di Puglia (Bari) dal 3 al 10 settembre

Erasmo da Rotterdam diceva che la follia è capace di prolungare la giovinezza. Figuriamoci quali miracoli può fare se la si accosta alla musica e alla ricerca, che tengono accesa la mente! Al Talos Festival 2017, dal 3 al 10 settembre a Ruvo di Puglia (Bari), melodia, ricerca, follia sono gli elementi che caratterizzano l’intero programma di una delle manifestazioni più apprezzate e conosciute a livello nazionale e internazionale, ideata e diretta dal trombettista e compositore Pino Minafra.

Nel centro storico della bella cittadina pugliese, adagiata tra uliveti e vigneti, si alterneranno circa 500 ospiti, tra cui Michel Godard, John Surman, Peppe Barra, Ihab Radwan, Ernst Reijseger, Faraualla, Roberto Ottaviano, Canzoniere Grecanico Salentino, Eugenio Colombo, Dario Cecchini, Evan Parker, Michel Portal, Vincent Peirani, Nicola Pisani, Livio Minafra, l’Orchestra Sinfonica della città Metropolitana di Bari; inoltre Il Talos Festival propone anche quest’anno un articolato programma dedicato al fenomeno culturale della banda con concerti, produzioni originali, presentazioni di dischi, masterclass. Tra gli eventi collaterali anche le mostre fotografiche di Enzo Paparella e Raffaele Puce e una proiezione a cura di Michele Pinto. Grande novità di questa edizione è l’incontro tra musica e danza contemporanea, con le coreografie curate da Giulio De Leo e dalla Compagnia Menhir per regalare un carattere multidisciplinare nella progettualità già ricca del festival.

Il Talos Festival nasce nel 1993 dall’idea del Maestro Pino Minafra, jazzista di fama mondiale e docente di tromba presso il conservatorio Piccinni di Bari, con l’intento di creare un meltin pot nel quale i suoni della tradizione pugliese, mediterranea ed europea si incontrano in una feconda contaminazione multiculturale; di fatto realtà di un’Europa sempre più grande e unita pur nelle sue diversità. Da subito si realizza una forte sinergia con l’Amministrazione Comunale di Ruvo, che sostiene la manifestazione, dimostrando una grande apertura e sensibilità.

Questi elementi hanno fatto nascere in Puglia un festival/laboratorio internazionale di grande spessore qualitativo e progettuale, che si è svolto ininterrottamente dal 1993 sino al 2008.

La direzione artistica, dal 1993 al 2000 e nel 2004 è stata del Maestro Minafra, mentre sino al 2008 tale ruolo è stato ricoperto da altri musicisti che, modificando la ratio alla base del progetto ne hanno comportato una modifica del presupposto fondante il festival e con una conseguente riduzione dell’attenzione del pubblico europeo e nazionale. L’Amministrazione Comunale, detentrice del marchio depositato “Talos Festival”, ha inteso quindi riavviare e rilanciare tale prodotto culturale di elevato prestigio internazionale riaffidando la direzione artistica al Maestro Minafra e ripristinandone il filone primigenio della produzione progettuale legata all’attualità. Caratteristica che peraltro antesignanamente ha contribuito a far nascere moltissimi festival jazz in molti comuni pugliesi.

L’obiettivo principale della ripresa è dunque non solo rimettere in continuità la manifestazione riportandola agli antichi fasti ma anche di legare la presenza di jazzisti di spessore internazionale al territorio e alle sue espressioni. Scelta cardine, non a caso, è l’idea di puntare il tema del festival sulla BANDA: la storia musicale più rappresentativa del Sud.

Il festival, organizzato come detto dal Comune di Ruvo di Puglia, gode della collaborazione di una ricca rete di partner che si sono incontrati intorno alla co-progettazione di un importante percorso di rilancio pluriennale del progetto Talos e della sua governance. Ci saranno dunque il Conservatorio di Musica Niccolò Piccinni di Bari, l’Associazione Culturale Terra Gialla, l’Associazione Menhir con l’omonima compagnia di danza contemporanea diretta da Giulio de Leo e la cooperativa Doc Servizi. Fondamentale poi il supporto di Camera di Commercio di Bari, Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Confcommercio Ascom di Ruvo di Puglia, Orchestra Sinfonica della Città Metropolitana di Bari e Itel Telecomunicazioni; la collaborazione del Forum GiovanIdee, della rete Ruvo Solidale, dell’associazione Proloco di Ruvo di Puglia e degli sponsor Tipografia De Biase, Cantina di Ruvo di Puglia, Talos Viaggi e Hotel Pineta.

Talos Festival è diviso, come da tradizione, in due sezioni: un’anteprima (dal 3 al 6 settembre) dedicata alle esperienze che si sono formate all’interno di istituzioni culturali, conservatori, scuole e molto altro e il Festival internazionale (dal 7 al 10) con grandi ospiti di respiro nazionale ed internazionale e alcune produzioni originali realizzate espressamente per il Talos che dimostrano il ruolo di ecletticità, poliedricità e innovazione che la banda può svolgere nel panorama musicale in tutto il mondo.

Info e programma completo: www.talosfestival.it

Mazzone/Pisani/Ninfa, Antonio Faraò e Giovanni Tommaso al Roccella Jazz!

Il Comune di Roccella Jonica (RC)
è lieto di presentare:

ROCCELLA JAZZ FESTIVAL 2017 – RUMORI MEDITERRANEI
XXXVII EDIZIONE

“A me piace il sud”
Original Tribute to Rino Gaetano

Direzione Artistica: Vincenzo Staiano

Lunedì 21 agosto 2017
ore 18.00
Auditorium Comunale “Unità D’Italia”
Via Cristoforo Colombo 2:

SULLA ROTTA DELLE STORIE.
UN OMAGGIO AL MEDITERRANEO – DA ROGHUDI A LEPTIS MAGNA
Vincenzo Mazzone, Nicola Pisani, Pino Ninfa

ingresso € 7 intero / € 5 ridotto (per under 25/over 60)

ore 21.15
Teatro Al Castello:

ANTONIO FARAO’ EKLEKTIK

ingresso € 10 intero / € 7 ridotto (per under 25/over 60)

ore 22.30
Teatro al Castello:

ORIGINAL TRIBUTE TO RINO:
Jasmine Tommaso Sings The Songs Of Rino Gaetano
With Giovanni Tommaso Apogeo Quintet

(Produzione Originale E Prima Assoluta)

ingresso € 10 intero / € 7 ridotto (per under 25/over 60)

Ore 24.00
Teatro al Castello:

MIDNIGHT JAZZ READING

 

Lunedì 21 agosto 2017. Dopo il triplo concerto del 20 agosto con cui è partita la sezione Rumori Mediterranei, la XXXVII Edizione del Roccella Jazz Festival presenta una delle serate più attese dal pubblico e dalla stampa, ma anche una delle più rappresentative artisticamente, con la combinazione di diversi modi di intendere il jazz e una produzione originale del festival, in prima assoluta, dedicata a Rino Gaetano.

Alle 18.00 in Auditorium un progetto multimediale dedicato al rapporto tra i luoghi del Sud e il jazz, un filo conduttore decisivo nella longeva attività di Pino Ninfa, fotografo del jazz (e non solo) tra i più influenti, nonchè presidente dell’associazione P.I.M. (poesia-immagine-musica). Il titolo dello spettacolo Sulla Rotta Delle Storie. Un Omaggio Al Mediterraneo – Da Roghudi A Leptis Magna è eloquente: insieme alle immagini la musica, offerta da due straordinari strumentisti quali Vincenzo Mazzone (Batteria) e Nicola Pisani (Sassofoni), una congiunzione tra vista e udito, con l’obiettivo di sensibilizzare la coscienza collettiva. Produzione originale del Roccella Jazz.

Il sud che ispira l’intera rassegna e in particolare questa serata di lunedì 21 è alla base anche del lavoro di uno dei più eclettici e ammirati uomini di jazz in Italia: Antonio Faraò, che presenta a Roccella il nuovo disco Eklektik. Il pianista romano ha una discografia importante, con colossi di fama internazionale come Miroslav Vitous, Joe Lovano, Bob Berg, Jack De Johnette e molti altri, il suo ultimo lavoro Eklektik – al crocevia tra jazz, funk, elettronica e fusion – annovera una “all star band” con Snoop Dogg, Marcus Miller, Bireli Lagrène, Manu Katché, Mike Clark, Robert Davi, Didier Lockwood e Lenny White. A Roccella Faraò avrà con sè una band coi fiocchi: Ronnie Jones e Claudia Campagnol (Voce), Enrico Solazzo (Tastiere & Programming), Daniele Sorrentino (Basso Elettrico) e Lele Melotti (Batteria).

Ultimo concerto della serata, l’evento clou dell’intera rassegna. Prima assoluta per una produzione originale del Roccella Jazz Festival: “Original Tribute To Rino” – Jasmine Tommaso Sings The Songs Of Rino Gaetano With Giovanni Tommaso Apogeo Quintet. Una straordinaria rilettura del patrimonio di Rino Gaetano da parte di un grande del jazz italiano e internazionale, quel Giovanni Tommaso noto non solo ai cultori del jazz di tutto il mondo, ma anche agli amanti della discografia del cantautore crotonese, visto che si occupò degli arrangiamenti e della direzione d’orchestra di E io ci sto (1980), coinvolse Rino nel progetto Alice del Perigeo Special (1980) e nel tour con il New Perigeo e Riccardo Cocciante che diede vita al QConcert (1981). Accanto allo storico contrabbassista e alla figlia Jasmine, che da anni vive in America, una formazione speciale con Daniele Scannapieco (Sax), Alberto Parmeggiani (Chitarra), Claudio Filippini (Pianoforte) e Alessandro Paternesi (Batteria).

Lunedì 21 prosegue un’antica tradizione del Roccella Jazz Festival, le masterclasses che si svolgeranno nelle prestigiose sale del Palazzo Carafa, recentemente restaurato. I docenti saranno proprio sei tra i musicisti partecipanti: Giovanni Tommaso (contrabbasso), Francesco Bearzatti (clarinetto), Dave Howard (armonia e composizione), Jasmine Tommaso (canto), Francesco Loccisano (chitarra battente), Claudio Cojaniz (pianoforte). Nella stessa settimana sarà possibile partecipare anche a seminari e corsi di formazione: monitoraggio di palco (Enzo Barchitta), “suono, ergo sono” (Piera Recchini), fotografia (Pino Ninfa), passeggiate musicali (Eleonora Bilotta, Francesca Bertacchi, Francesco Rosa), tecnica moderna per fisarmonica(Virginio Aiello), “il contraccolpo nel jazz” (Massimo Donà).

Martedì 22 agosto in programma il concerto dei Raw Frame, nuovo e talentuoso trio di art-jazz; il Massimo Donà Trio con Francesco Bearzatti in una produzione originale (prima assoluta) tra filosofia e jazz, con uno “sguardo sonoro” a Pitagora; infine un tuffo nella storia dell’acid jazz con il popolarissimo James Taylor Quartet, il trionfo dell’organo Hammond soul jazz.

 

Roccella Jazz:
http://www.roccellajazz.org/

Riprende nel 2017 il Talos Festival di Ruvo di Puglia

pino-minafra-valentina-pavone

Per quest’anno niente Talos Festival: l’edizione 2016 della manifestazione di Ruvo di Puglia non ci sarà e il discorso verrà ripreso durante l’estate del 2017.
L’annuncio è arrivato settembre nel corso di una conferenza stampa durante la quale il sindaco Pasquale Chieco, l’assessora alla cultura Monica Filograno e il direttore artistico Pino Minafra hanno illustrato le prospettive future del festival conosciuto e apprezzato a livello nazionale e internazionale.
Dal 2012 il Festival è tornato alla sua dimensione originale, ritrovando nella direzione artistica del suo ideatore, il trombettista e compositore Pino Minafra, la forza progettuale e la qualità artistica che per nove edizioni – dal 1993 al 2000 e poi nel 2004 – lo hanno reso un festival di riferimento nel panorama europeo. Nelle ultime quattro edizioni (che hanno coinvolto centinaia di artisti e circa 80mila spettatori in circa 40 giorni di programmazione) il festival si è riappropriato del suo antico ruolo di motore produttivo di cultura, votato alla sperimentazione di nuovi linguaggi musicali e alla valorizzazione delle radici fondanti la storia e la tradizione musicale pugliese. Tra gli ospiti Fanfara di Tirana, Transglobal Underground, Maya Homburger, Faraualla, Nicola Pisani, Pasquale Innarella, Keith e Julie Tippetts, Tankio Band, Antonello Salis, Instant Composers Pool Orchestra, Gianluigi Trovesi, Han Bennink, Louis Moholo, Klaus Paier e Asia Valcic Duo, Cesare Dell’Anna e Girodibanda, Moni Ovadia, Javier Girotto, Gabriele Mirabassi & Roberto Taufic, Vince Abbracciante, Enver Izmailov, Kocani Orkestar, Taraf De Haidouks, Orchestra di Piazza Vittorio, Boban e Marko Markovic Orkestar. (altro…)

A Ruvo di Puglia il Talos riafferma la propria identità

Minafra2 e Talos

Pino Minafra

Come altre volte sottolineato in questo stesso spazio, a nostro avviso i molti Festival di jazz che si svolgono nel nostro Paese hanno oramai perso buona parte della loro originaria valenza, eccezion fatta per quelle manifestazioni fortemente legate al territorio che quindi portano avanti istanze locali e/o producono qualcosa di duraturo che vada al di là dei concerti e/o ci aiutino a riflettere su vicende che vanno ben al di là del fatto meramente musicale.

Ad esempio – e anche questo l’abbiamo già scritto – il Festival di Udine si fa apprezzare soprattutto per il grande lavoro svolto nel promuovere i musicisti locali. Alla categoria dei festival “utili” va iscritto, a buon diritto, il Talos Festival di Ruvo di Puglia svoltosi dall’1 all’11 ottobre scorsi.

Quanti hanno letto l’intervista a Pino Minafra, ideatore, curatore, direttore artistico e vera e propria anima della manifestazione, si ricorderanno di quanto sia stato difficile organizzare quest’anno il Festival in mancanza, quasi assoluta, di fondi pubblici; ebbene, bisogna dare atto al musicista, compositore e arrangiatore pugliese, ed alla sua straordinaria squadra di volontari, di essere riusciti ad organizzare in poco tempo un cartellone di assoluto rilievo che risponde, appieno, a quelle caratteristiche cui prima si faceva riferimento. Nel libretto illustrativo del festival, Minafra scrive che è stata “una lotta incessante contro ignoranza , pregiudizi, immobilismo e oggi crisi economica, politica e feroce burocrazia”. Una lotta per riaffermare il diritto del Sud a non accettare un mondo violento aggressivo, schiavo di un mercato senza scrupoli e quindi desideroso di proseguire un proprio viaggio esistenziale.

In quest’ambito Minafra ed il suo Festival portano avanti, oramai da anni, una battaglia d’assoluta avanguardia: dare finalmente dignità alle bande che specie in Puglia rappresentano una realtà, viva e palpitante; proprio per questo si sta cercando di organizzare una serie di convegni per sensibilizzare – utilizziamo ancora le parole di Minafra – “politici ad alto livello affinché sia promulgata una legge che dia ai molti ragazzi che escono dal Conservatorio una certa tranquillità nel senso di poter trovare nella banda un’occasione di lavoro”. Di qui la proposizione, durante il Festival, di una serie di bande e formazioni giovanili che hanno caratterizzato i primi sette giorni della manifestazione.

Giovedì 8 ottobre è iniziata la fase finale (cui abbiamo assistito) che data l’incertezza del tempo è stata organizzata al Palazzetto dello Sport, certo non il luogo ideale per ascoltare dei concerti ma che tuttavia, quest’anno, grazie ad alcune modifiche, ci ha fatto ascoltare musica in buone condizioni.

In apertura di serata, l’8, il duo Louis Sclavis e Michele Rabbia… ed è stato davvero un bel sentire! Louis Sclavis è un clarinettista che non esiteremo a definire eccezionale; in possesso di una tecnica prodigiosa, posta comunque sempre al servizio dell’espressività, è in grado di produrre architetture sonore di grande respiro. La respirazione circolare, produrre un suono soffiato, suonare lo strumento senza bocchino e senza ance, ricavare note di senso compiuto solo picchettando sulle chiavi sono alcune delle tecniche che Sclavis ha messo in mostra in un colloquio serrato e entusiasmante con il compagno di avventura. Il tutto, come ci ha confermato lo stesso Sclavis in una breve intervista che pubblicheremo tra qualche giorno, all’insegna dell’improvvisazione più totale: nessun punto fermo, nessun appuntamento definito, ma solo la gioia di suonare, il lasciarsi trasportare dalla propria musicalità sicuri che il partner è lì pronto ad accogliere ogni tuo suggerimento e a farsi egli stesso protagonista di un nuovo segmento di percorso.

Ovviamente un discorso del genere postula che ambedue gli artisti siano di assoluto spessore… e così è stato. Michele Rabbia – ma non lo scopriamo certo adesso – è stato all’altezza della situazione dialogando magnificamente con l’artista francese. Grazie alla sua straordinaria fantasia, che gli consente di esprimere sulle percussioni una tavolozza coloristica di grande originalità, Rabbia si è dimostrato ancora una volta un vero e proprio poeta delle percussioni, un artista straordinariamente fertile e creativo.

In seconda serata la “Cypriana” con musiche di Nicola Pisani e drammaturgia di Maria Luisa Bigai. Ecco, quando sopra accennavamo a musiche che fanno riflettere, questa ne è un chiaro esempio. Quanti conoscono la storia di Cipro? Sicuramente non molti e siamo sicuri che l’ascolto di quest’opera avrà spinto molti a saperne di più. Ma come è nata “Cipryana”? Nel 2011, Yiannis Miralis, docente di strumento ed educazione musicale al Dipartimento delle Arti/Musica dell’Università Europea di Cipro, ebbe l’idea di realizzare un’opera per celebrare il cinquantesimo anniversario della Fondazione della repubblica di Cipro. Attraverso il coinvolgimento di varie istituzioni pubbliche è così nata questa partitura composta e diretta da Nicola Pisani ,valente sassofonista, compositore e arrangiatore nonché coordinatore del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Cosenza. L’opera si basa su temi musicali tratti dal repertorio tradizionale cipriota ma inseriti in un contesto di musica contemporanea con momenti di drammaturgia, altamente evocativi, comprendenti poesie e testi di poeti greci e ciprioti nonché frammenti di lettere di condannati a morte altamente drammatici, selezionati ed elaborati da Maria Luisa Bigai , regista, attrice e docente di Arte Scenica presso il Conservatorio di Napoli. Alla testa dell’Orchestra Calabra e del Coro Polifonico Ottavio De Lillo anche a Ruvo la “Cypriana” ha ottenuto quel meritato successo che aveva già contraddistinto la sua esibizione a Roma nel 2012. In effetti Pisani ha confermato di avere un pensiero musicale profondo, originale che si evidenzia tanto nei momenti di composizione estemporanea quanto nella conduzione dell’orchestra guidata magnificamente attraverso i meandri di una partitura non facilissima. Di qui il bell’impasto di suoni, l’intreccio mirabile fra strumenti e voci e il perfetto inserimento di quei momenti drammaturgici cui prima si faceva riferimento. Alla fine più che meritata l’ovazione del numeroso pubblico .

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Venerdì 9 ottobre ben tre appuntamenti, Nel pomeriggio, presso la splendida Cattedrale, un duo di livello internazionale: la violinista Maya Homburger e il contrabbassista Barry Guy. I due, che fanno coppia sia sul palcoscenico sia nella vita, hanno presentato un non facile repertorio incentrato sulla connessione tra musica improvvisata e musica antica barocca. Un connubio sulla carta difficilissimo ma , come si è dimostrato, alla portata di questi due grandi artisti: lei è, infatti, unanimemente riconosciuta come una delle più grandi virtuose del violino barocco mentre Barry Guy è musicista che ha scritto alcune delle pagine più significative del jazz contemporaneo avendo guidato, tra l’altro, la “London Jazz Composer” e partecipando al trio di Evan Parker. Di qui un set di grande classe che ha entusiasmato gli spettatori purtroppo non particolarmente numerosi.

In serata apertura con un altro duo internazionale… ed anche in questo caso musica che fa riflettere. Sul palco c’erano, infatti il pianista ucraino Vadim Neselovskyi e il multistrumentista russo Arkady Shilkloper, come a dire gli esponenti di due nazioni in guerra che però sul palco, grazie alla musica, ritrovano le ragioni di una profonda unità. La musica proposta dai due artisti è stata davvero toccante, emozionante. Specialista di corno, flicorno e alphorn (leggi corno alpino) l’artista russo ha sciorinato il meglio del suo vasto repertorio costruito attraverso tanti anni di militanza in varie band e orchestre. Dal canto suo il pianista e compositore ucraino si è fatto conoscere dal pubblico del jazz suonando nei vari gruppi guidati da Gary Burton, esperienze cui da qualche anno ha affiancato l’attività di docente presso la Berklee College of Music. Vadim e Arkady collaborano oramai da alcuni anni e hanno inciso un album “Krai” esemplificativo della loro arte, sempre in bilico tra improvvisazione e scrittura. Equilibrio mirabile che si è potuto ammirare anche nel concerto di Ruvo in cui i due, oltre che suonare assieme, si sono pure esibiti in pochi ma succosi interventi in solo.

ucraino

Vadim Neselovskyi

In seconda serata i “Funk Off” su cui mi consentirete di non divulgarmi ulteriormente.

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Sabato 10 ottobre per motivi legati alla non giovanissima età, abbiamo disertato gli appuntamenti pomeridiani per presentarci in buona forma ai due impegnativi concerti serali. Alle 20 quello che sulla carta avrebbe dovuto essere uno dei concerti clou dell’intera manifestazione: il piano-solo di Franco D’Andrea. Il musicista meranese ha oramai raggiunto un livello di maturità e di consapevolezza dei propri mezzi espressi tali da porlo ai vertici del pianismo jazz non solo italiano. Di qui l’attesa con cui il vostro cronista attendeva questo vero e proprio evento. Purtroppo il pubblico, che solo la sera prima aveva assistito ai concerti in religioso silenzio, questa volta è stato quanto mai distratto disturbando non poco l’esibizione dell’artista. Il quale, comunque, ha suonato da par suo: una serie di piccoli , deliziosi bozzetti, in cui D’Andrea ha riproposto alcuni standards rivisti alla sua maniera, inframmezzati da brani più lunghi. Il tutto legato da una straordinaria capacità di costruire strutture, da un linguaggio affatto personale e da quel grande amore per la tradizione che D’Andrea ha sempre rivendicato.

In seconda serata la MinAfric Orchestra; sapientemente guidata da Pino Minafra, la compagine, che si avvale dell’apporto di straordinari solisti quali, tanto per citare qualche nome, Roberto Ottaviano, Sebi Tramontana, Carlo Actis Dato, Vincenzo Mazzone, Livio Minafra, ha entusiasmato il pubblico – solo pochi minuti prima poco attento – con un suono assolutamente originale che, come nelle intenzioni del suo ideatore e conduttore, richiama fortemente lo spirito non solo del nostro Sud ma di tutto il Mediterraneo. Di qui, nel repertorio scritto dai Minafra (padre e figlio) e da Nicola Pisani, il riemergere di atmosfere, situazioni, umori in cui, almeno per noi gente del Sud, è facile ritrovarsi. Assolutamente straordinaria la coesione dell’ensemble con un bilanciamento ben studiato tra parti scritte e improvvisazione per cui quasi tutti i musicisti – non solo i solisti sopra citati – hanno trovato l’opportunità di esprimere il proprio potenziale. Un tocco in più è stato fornito dal quartetto vocale “Faraualla”, composto da Gabriella Schiavone, Maristella Schiavone, Terry Vallarella e Serena Fortebraccio, che sia cantando a cappella sia esibendosi in seno all’orchestra hanno evidenziato una vocalità e una coerenza alle tematiche suggerite da Minafra assoluta. Insomma un magnifico concerto che pone l’orchestra e il quartetto ai vertici del jazz made in Italy.

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Domenica 11 ottobre giornata conclusiva. In mattinata presentazione dei tre album che sono in qualche modo scaturiti dal Talos Festival ( “Rebel Flames”, “Born Free” e “Minafric” ) su cui ci soffermeremo successivamente nell’ambito della rubrica “I Nostri CD”. Nel pomeriggio, al Teatro Comunale “In Sudafrica: Round About Township. Storie urbane e di liberta”, spettacolo multimediale con le foto di Pino Ninfa e le musiche di Nicola Pisani ai sassofoni e Vincenzo Mazzone alla batteria. Ed è stato un viaggio, spesso emozionante, in una realtà per noi così lontana e quindi non facilmente comprensibile; ma le foto di Pino Ninfa ci hanno raccontato in maniera chiara, senza retorica, la vita di quelle lontane periferie urbane in cui la gente di colore cerca ancora oggi una propria dimensione senza alcunché perdere della propria dignità. Dal canto loro, sulla scorta delle immagini, Pisani e Mazzone hanno improvvisato una colonna sonora tanto suggestiva quanto pertinente.

La serata conclusiva era dedicata all’Albania e si articolava attraverso diverse situazioni tutte egualmente godibili, a tratti trascinanti. I primi a salire sul palco sono stati i componenti dell ‘ “Albanian Iso Polyphonic Choir” i quali si sono esibiti a cappella nella riproposizione di brani tradizionali. Il coro ci ha personalmente emozionati data la splendida vocalità di tutti i loro componenti e francamente avremmo preferito ascoltarli di più. Invece, dopo qualche pezzo, è salito sul palco, ad accompagnarli al piano, l’eccellente Robert Bisha, musicista vulcanico e di eccellente tecnica.

Successivamente ecco la Fanfara di Tirana, una brass band tra le migliori dell’intera area balcanica; in grado di scaricare sull’ascoltare una micidiale potenza di suono, l’orchestra ha conquistato i pubblici di tutta Europa riproponendo, in versione aggiornata , il patrimonio folkloristico albanese. Dopo una buona mezz’ora della loro esibizione, alla Fanfara si sono uniti i Transglobal Underground, ovvero uno scatenato gruppo inglese che si caratterizza per la capacità di mescolare suoni moderni e suoni etnici, reggae e jazz, con un sapiente uso dell’elettronica. A completare il tutto la voce di Hysni (Niko) Zela , definito un vero e proprio patrimonio della cultura albanese e per questo nominato ‘Gran Maestro delle Arti’. Così, la già trascinante musica degli albanesi si è fusa con l’irriverenza degli inglesi in una sorta di ribollente calderone che ha finito con l’entusiasmare molti giovani i quali si sono assiepati sotto il palco e hanno accompagnato la fase finale del concerto ballando con allegria.