Grande Jazz al Roma Jazz Festival – In programma dal 1 al 21 novembre

Ci siamo. A ulteriore conferma del ritorno ad una vita normale, lunedì 1 novembre si apre la 45° edizione del Roma Jazz Festival che si concluderà il 21 novembre.
In programma 19 concerti in Auditorium Parco della Musica e al Monk; diretto come oramai da tanti anni da Mario Ciampà, il Roma Jazz Festival 2021 è realizzato con il contributo del MIC – Ministero della Cultura, di Roma Capitale ed è prodotto da IMF Foundation in co-realizzazione con Fondazione Musica per Roma.
Come al solito, questa manifestazione si caratterizza per la ricerca di un tema che anno dopo anno muta per affrontare sempre nuove sfide. Per questo difficilissimo periodo si è deciso di proseguire nell’esplorazione trasversale di ciò che ha cambiato la nostra vita in questi ultimi anni, e delle forme espressive che la musica e la cultura hanno assunto tramite l’uso delle tecnologie e dei social media. Di qui la scelta del “Jazz Code” quale tema di questa quarantacinquesima edizione del Roma Jazz festival.  Jazz, quindi, come “codice aperto”, da sempre proiettato nella continua ricerca di nuove forme, di nuove atmosfere, di nuove sonorità. Un crocevia tra le arti e i linguaggi in cui la musica si confronta con il multimediale e con le arti visive che entrano in sintonia con i suoni.
A dare concretezza a questi concetti, un cartellone di assoluto rilievo che accanto alle stelle del jazz, ai nuovi talenti internazionali unisce alcuni tra i più prestigiosi musicisti italiani.

Ecco quindi alcuni dei grandi nomi del pantheon mondiale della musica jazz come il sax tenore Joe Lovano, per la prima volta in Italia insieme al pianista polacco Marcin Wasilewski, il chitarrista John Scofield in duo con il contrabasso di Dave Holland, il celeberrimo pianista Brad Mehldau, la sassofonista Lakecia Benjamin e Roberto Fonseca, da molti considerato come l’Herbie Hancock de L’Avana. Senza trascurare l’incontro fra l’introspezione meditativa e l’attenzione per i diritti civili di The Vijay Iyer Trio
Naturalmente riflettori puntati anche sui nuovi talenti come il trombettista di New York Theo Croker e scoprire, grazie a Theon Cross, come uno strumento particolare come la tuba sia finita al centro della più innovativa scena londinese.
Per quanto concerne il made in Italy, da ascoltare con molta attenzione le sonorità della giovane italo-tunisina LNDFK, figlia della Napoli più contemporanea, mentre con il post-bop notturno si misurano i milanesi Studio Murena. Sempre in primo piano uno degli eroi della nostra infanzia, Zorro, grazie al giustamente celebrato Tinissima Quartet. Sarà altresì possibile modificare il corso di un concerto direttamente da mobile app come nel live di Tin Men and The telephone e rivivere l’esperienza di celebri videogame a suon di jazz come nel progetto, in anteprima nazionale, della Young Art Jazz Ensemble diretta da Mario Corvini. Ascolteremo altresì lo space funk dei Tangram e il jazz elettronico e cosmico di Gianluca Petrella, mentre ci si potrà smarrire fra le incursioni cinematografiche di La Batteria e le spericolate traiettorie di Ugoless, riflettere sulle memorie future di Paolo Damiani e sulla speranza di un futuro diverso come fa Giovanni Guidi con la Little Italy Orchestra.

Gerlando Gatto

1° novembre h21
MARCIN WASILEWSKI TRIO & JOE LOVANO
ARCTIC RIFF
Auditorium Parco della Musica | Sala Petrassi

2 novembre h21
GIOVANNI GUIDI/LITTLE ITALY ORCHESTRA
Auditorium Parco della Musica | Sala Petrassi

3 novembre h21
FRANCESCO BEARZATTI/TINISSIMA QUARTET
ZORRO
Auditorium Parco della Musica | Sala Petrassi

4 novembre h21
BRAD MEHLDAU TRIO
Auditorium Parco della Musica | Sala Sinopoli

5 novembre h21
UGOLESS feat. DOMENIO SANNA
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

6 novembre h21
YOUNG ART JAZZ ENSEMBLE diretta da MARIO CORVINI
JAZZ IS A (VIDEO) GAME
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

7 novembre h12 – h21
RJF NO JAZZ PARTY: THE TANGRAM + LA BATTERIA + STUDIO MURENA
Monk

7 novembre h21
PAOLO DAMIANI UNIT
MEMORIE FUTURE
Auditorium Parco della Musica | Sala Petrassi

8 novembre h21
THEO CROKER
BLK2LIFE
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

10 novembre h21
LAKECIA BENJAMIN
PURSUANCE – THE COLTRANES
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

11 novembre h21
ROBERTO FONSECA
YESUN
Auditorium Parco della Musica | Sala Sinopoli

11 novembre h21
LNDFK
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

12 novembre h21
JOHN SCOFIELD/DAVE HOLLAND DUO
Auditorium Parco della Musica | Sala Sinopoli

15 novembre h21
GIANLUCA PETRELLA guest V3RBO
COSMIC RENAISSANCE
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

16 novembre h21
THE VIJAY IYER TRIO
UNEASY
Auditorium Parco della Musica | Sala Sinopoli

18 novembre h21
TIN MEN AND THE TELEPHONE
GREATEST SHOW
Auditorium Parco della Musica | Teatro Studio Borgna

21 novembre h21
THEON CROSS TRIO
WE GO AGAIN
Monk

I nostri CD. Collezione autunno/inverno

a proposito di jazz - i nostri cd

L’Autunno, tempo di feuilles mortes che anticipa di poco l’inverno, è periodo prolifico per il jazz “di stagione”.
Coi primi, e i secondi, freddi, niente di meglio che sentire un disco a qualunque ora della giornata, compresi aperitivi e post prandium, e magari singing in the rain.
Abbiamo provato, come di consueto, a selezionare alcuni album di un certo appeal e a farli “sfilare” a mò di “collezione autunno-inverno” come consigli per gli acquisti in occasione delle festività o per semplice uso privato da parte del lettore.
I brand delle label sono di ottimo livello e così dicasi dei musicisti in “passerella”. L’ultima parola come sempre resta comunque affidata, uno per uno, ai componenti il pubblico.

THREE LOWER COLOURS, RED EARLY RECORDINGS (CALIGOLA)

L’album Red. Early Recordings (Caligola) ci restituisce la musica di Marco Tamburini nel trio “bassless” con Stefano Onorati alle tastiere e Stefano Paolini alla batteria (e tutti e tre ai live electronics).
Che dire davanti a questo lavoro del compianto trombettista cesenate? Sarà forse scontato ma il primo pensiero è come la musica, un cer- to tipo di musica così reattiva, riesca ancora oggi, a poco più di una dozzina d’anni dalla registrazione, a comunicare una freschezza che
contrasta con il destino che ha spento anzitempo uno degli artisti più ispirati della scena jazz. In tale formazione, il jazz-rock di stampo davisiano è riverniciato a nuovo con impasti tech che lo rendono ancorato più al futuro che al passato.
Negli otto brani, con “Naima”, “Blue in Green”, “Knives Out” ed il resto originali, Marco and partners, i Three Lower Colours, intingono il tutto di Red, colore fondamentale, secondo Lüscher, nelle sue diverse varianti.
Nel disco l’anima musicale di Tamburini pare trasmigrare, rigenerando energia espansiva allo stato puro. Cosa che al jazz, al suo jazz rosso rubino, riesce ancora una volta.

DINO BETTI VAN DER NOOT, THE SILENCE OF THE BROKEN LUTE (AUDISSEA)

The Silence of the broken Lute, il nuovo album di Dino Betti van der Noot prodotto da Audissea, si apre con un brano così intitolato ed è già in primis un segnale di riconquista di uno Spazio da parte del Suono, occupato nei mesi della pandemia dal Silenzio qui simboleggiato da un liuto rotto.
Immagine pittorica, questa, con richiami ad altre arti secondo un ap- proccio umanistico a cui il compositore ci ha da tempo abituati.
Ancor più stavolta Betti è homo orchestralis, scrive partiture pensate come un articolato siste- ma nervoso con diversi gangli periferici le cui arterie sono irrorate dagli apporti dei musicisti
che le eseguono (LoBello, Mandarini, Mariotti, De Ceglie, Begonia, Calcagno, Allavena, Marchesi, Cerino, Ciceri, Visibelli, Manzoli, Tarocco, Gusella, Parrini, Cattaneo, Rinaldo, Zitello, Alberti, Bertoli, Tononi, Sanesi).
Anche il successivo “Listen for the Sea-Surge” si rifà ad un verso di Ezra Pound nel presuppo- sto che la sua Musica non abbia “distanziamento” con le altre culture e non lo abbia neanche all’interno del progetto in questione tant’è che vi possono coesistere, in un organico di stampo jazzistico, sitar e tablas, arpa celtica e viola così come neroamericanità e classicità, poesia e figurazione.
E mentre “Here Comes Springtime”, datato 1985, si presta benissimo alla improvvisazione grazie alla struttura di blues che ne è alla base, in “Our Nostos” è il mito greco del ritorno (odisseico) a far da filo d’Arianna nello snodo armonico che si affastella e si frattaglia prima di schiudersi ad arcaici quadri bucolici.
Infine “Souriante èpanouie ravie”, citazione da Prevert, è permeata come tutto il disco da sen- so corale e afflato di speranza e curiosità verso quanto ci circonda ancora oggi, nel day after. Betti è l’artigiano che ha tolto il liuto rotto dal Vuoto Sonoro che lo circondava, riportando la vita, come la Musica, ad libitum…

CLAUDIO FASOLI 4et, NEXT (ABEAT)

Abeat Records pubblica Next, nuovo album di Claudio Fasoli in 4et. Per l’occasione il sassofonista si avvale della partnership del chitarrista Simone Massaron, del contrabbassista Tito Mangialajo Rantzer e del batterista Stefano Grasso nel proporre un lavoro articolato in dieci steps, il primo dei quali offre subito un assaggio della sua/sue musica/musiche. A volerla definire per negazione non si tratta di musica d’uso eppure è ben fruibile specie quando
la si ascolta nei momenti di tensione ritmica e pulsazione: non fa filtrare tout court sentimen- talismi eppure ha sincere modulazioni espressive, è coerente a sé stessa e nonostante tutto appare molteplice, divagante, diffratta. La voce del sax, riconoscibile a distanza, pare affac- ciarsi ogni volta su una distesa inventiva… next… protesa-sospesa (i latini usavano il costrutto sintattico della “perifrastica attiva” per indicare lo “stare per”) in un accavallarsi di strutture, skylines melodiche, guglie improvvisative, pause silenzi adagi. La sezione ritmica, fonda- mentale, e la chitarra, trattata con mano sapiente alla Goodrick, sistemano i suoni in modo che quello del leader possa meglio svilupparsi e così rappresentare al meglio la propria Identità.

LORENA FONTANA, TANGO FOR IDA (KOINÈ, DODICILUNE)

Il tango-cancion è la risultante di più strati sedimentati approdati alla forma musicale compiuta di Carlos Gardel a seguire fino a Piazzolla ed al suo Nuevo tango.
Per questo motivo album come Tango for Ida della cantante Lorena Fontana (Koinè-Dodicilune) sono più che mai benvenuti perché raccordano diversi filoni entro cui trovano accoglienza De Moraes e Toquinho oltre ai vari Solanas, Discepolo, Canaro, Blasquez… Il cd contiene tredici brani che nel loro insieme, per
come la Fontana li ha saputi inanellare, con il giusto spirito interpretativo, costituiscono un carillon di echi sparsi di un pianeta, quello argentino, che ha maglie larghe quanto l’orbita terrestre.
Vi si trovano classici come “Torno al Sud (Vuelvo al Sur)”, “Oblivion”, “La fiera delle Pulci (Calambache)”, “Volesse il cielo (Quem me Dera)”.
I particolari adattamenti in lingua italiana rendono questo disco a suo modo unico anche per la assimilazione del linguaggio del tango da parte della Fontana, essa stessa autrice di “Dubi- tango” e “Chorinho da Boa Sorte”.
E c’è anche in scaletta “Youkali” di Weill e Bertrand quasi a rimarcare la circolarità dell’ab- braccio della Fontana a questa musica sempre “nueva”.
Una cultura, quella tanguera, ancor più di un genere capace di infondere poesia, varietà e mestizia nella propria musica chiaroscura. Nel lavoro in questione, è pennellata a misura la scelta dell’organico di base con Fabrizio Mocata al piano ed Enrico Guerzoni al cello arric- chito dagli ospiti Geoff Warren (fl), Roberto Rossi (per), Gianluigi Giannatempo (string arr.), Eugjien Gargiola e Massimiliano Brutti (v.), Eva Impellizzeri (viola) Silvia Dal Paos (cello).

GIUSEPPINA CIARLA, A TICKET HOME, AUTOPRODUZIONE

Arpa e voce. Si può descrivere così in pillole A Ticket Home, l’album di Giuseppina Ciarla uscito in questo 2021 discografico? Certamente no. La domanda retorica cela comunque una verità di base e cioè che molta musica può essere ricondotta a degli elementi primari quali il canto sulla trama di un accompagnamento come quello degli antichi citarioti con il risultato, tramite la “spoliazione” di ornamenti e sovrap- posizioni, di riscoprire l’essenziale ricchezza che lo compone. L’artista, statunitense d’adozione, “torna a casa” rimanendo cittadina
del mondo operando in tale guisa sia che maneggi Piazzolla o Michael Jackson ovvero una canzone napoletana come “Maria Marì” o uno standard come “Nature Boy” od anche un latin come “Que Sera” o una ballad come quella di Sacco e Vanzetti di Morricone: va al fondo me- lodico e, con l’arpa, armonico delle cose… musicali. In questo caso ci consegna undici brani in cui figura, oltre a un paio di propria scrittura, un arrangiamento originale di “Bella Ciao”. E non era facile per una partitura che le tante versioni in circolazione tendono a logorare ma la abilità della Ciarla, detto fatto, l’ha elegantemente ristrutturata.

FALOMI-TURCHET-TRABUCCO, feat DI BONAVENTURA, NAVIGANTI E SOGNATORI (ABEAT)

Meditare erraneo. Mediterraneo, in quanto termine, potrebbe essere visto così, con la caduta di are, come un grande lago che “ai naviganti intenerisce il core” nel solcarlo pensierosi. Una distesa di (m)are a cui l’album Naviganti e Sognatori (Abeat) si ispira come si evince già dai titoli dei brani iniziali, “Terra e mare”, “Rotte mediterranee”, “Le vie del mondo”… In tale multiverso si sono incrociati percorsi salma- stri di musicisti provenienti da due repubbliche marinare, genovese e
veneziana, con propaggini nordadriatiche. Rispondono ai nomi di Luca Falomi alla chitarra, Alessandro Turchet al contrabbasso, Max Trabucco a batteria e percussioni, ospite Daniele Di Bonaventura al bandoneon.
Fra le nove tracce sono inserite due arie popolari – “La nova gelosia”, “Lanterna de Zena” – arrangiate da Falomi che firma gran parte dei brani (l’altro autore è Trabucco nei primi due) mentre Turchet ha rielaborato il traditional “Voi che son dos stelis”.
È una musica che veleggia, come sospinta da moto poco increspato dei flutti, con motivi che schiudono orizzonti inediti all’ascolto.

MARCO SINOPOLI EXTRADICTION, CHROMATIC LANDSCAPES (PARCO DELLA MUSICA)

L’estradizione è figura giuridica. Metaforicamente la si può però “estradare” in altri ambiti lessicali così come succede in musica con il Marco Sinopoli Extradiction.
Il chitarrista, nel nuovo album Chromatic Landscape inciso per Parco della Musica Records, in effetti vi opera delle traslazioni di timbri ed immagini che si rincorrono l’un l’altra, in un effluvio
di impressioni e suggestioni in movimento.
Sono nove tracce in tutto nelle quali il chitarrista e compositore “mette a servizio” il proprio strumento allo sviluppo dell’insieme sonoro imbastito dagli apporti al flauto da Bruno Paolo Lombardi e dell’ospite Nicola Stilo, al clarinetto di Luca Cipriano, al bassoon di Fabio Gia- nolla, al piano di Alessandro Gwis, al basso di Toto Giornelli e alla batteria di Alessandro Marzi. L’ensemble funziona perfettamente da… ensemble nel senso che la musica procede con coralità costante creando e ricreando colori cangianti e tonalità variopinte, su cui si (e) stendono melodie esternate tramite quella (extra)dizione che è propria del jazz in quanto arte dell’extra – dire dell’esprimere “oltre”, verso i paesaggi cromatici di possibili Altrove.

MASSIMO DONÀ ENSEMBLE, IPERBOLICHE DISTANZE. LE PAROLE DI ANDREA EMO (CALIGOLA)

“L’eco è lo specchio dei suoni come lo specchio è l’eco delle immagi- ni”.
È uno degli aforismi di Andrea Emo, forse fra i più sintetici ed illumi- nanti.
A voler leggere altri scritti del filosofo veneto, oltre l’ “Aforismario”, egli appare, un po’ come Jackson Pollock, rifuggire dal sistematico, “macchiare” il foglio quasi fosse una tavolozza, esprimendo concetti
sparsi che hanno un fil rouge sottile non sempre, a primo acchito, facile da individuare. Il jazz per certi versi è così, può apparire sfilacciato per poi vedersi i fili riannodati.
L’album Iperboliche Distanze. Le parole di Andrea Emo (Caligola Records) del Massimo Donà Ensemble è prova del nove di come i testi di Emo possano diventare materiale da leggìo per musicisti che su quella base esercitano il loro pensiero in note.
“La musica è una plenitudine che sorge da un vuoto” recita David Riondino, anche se “vi è una parentela fra il vuoto e la sonorità” interconnesse dallo Special Ensemble (Baldan, Gne- sutta, Olivato, Polga, Ponchiroli, Trionfo, Ragazzoni feat. Calgaro, Damiani, Fasoli, Mirra, Rava) che avvolge con telo ritmico/armonico parole che Emo scrisse in prosa parapoetica e che ora rivestono la propria voce di un nuovo fraseggio.

ANCHE IL JAZZ TIENE FAMIGLIA

Guardando, fra le recenti novità discografiche, agli album dei fratelli Tonolo (“Our Family Affair”, Caligola), di Adalberto e Andrea Ferrari, con Trovesi, (“NRG Bridges, Intertwined Roots”, Parco della Musica) e di Jasmine e Giovanni Tommaso (“As Time Goes By”, PDM) è sorta spontanea la domanda di quanto nel jazz possa incidere la relazione affettiva e l’appartenenza familiare dei musicisti.

In generale, secondo William McDougall, la mentalità di gruppo, a partire dal nucleo base della famiglia, dà qualcosa in più rispetto alla risultante della somma degli individui. La qual cosa, se riferita al mondo del jazz, trova riscontro in communities e/o organizzazioni associate (la A.A.C.M. a Chicago, la J.C.O.A. di Mantler e della Bley, la Instant Composers Pool di Breuker e soci etc.) dove aggregazione e condivisione sono elementi fondanti.
Ma il grado di coesione che trasmette il legame fraterno o filiale, l’influenza reciproca, l’empatia parentelare, la stessa frequentazione domestica in un ambiente familiare musicalmente orientato e dotato, possono forse ancor meglio dar luogo a quel qualcosa in più di cui alla menzionata tesi psicosociale.
La storia del jazz ridonda dei nomi dei Mills Brothers, The Dorsey Brothers, The Hampton Sisters, The Boswell Sisters, gruppi acclamati e chissà se “sorellanza” e “fratellanza” non abbiano aggiunto un richiamo spettacolistico o quantomeno di curiosità alla “family band”.
Da precisare, intanto, che brilla per affinità elettiva e creatività, fra gli autori, la stella perenne dei fratelli George e Ira Gershwin.
Fra le “famiglie jazz” spiccano i fratelli Joe e Marty Marsala, gli Heath (Jimmy, Percy e Albert), i Jones (Thad, Hank ed Elvin), i “Jazz Brothers” Chuck e Gap Mangione, i LaBarbera (Joe, Path e John), i McLean, i Brecker Brothers al secolo Michael e Randy, la Dinastia Marsalis (Winton, Brandford, DelFeayo, Jason…) il cui patriarca Ellis è scomparso nel 2020, per non parlare di ascendenze tipo Natalie Cole figlia di Nat, Denardo Coleman, figlio di Ornette, Joshua Redman il cui padre era Dewey, Eric Mingus (genitore, ovviamente, Charles), Neneh Cherry, figlia adottiva del trombettista Don, in area hip hop, come dire che non sempre vale il detto “qualis pater talis filius”.
L’influsso paterno del contrabbassista-compositore Bill Lee ha influenzato il regista Spike mentre, sempre a livello trasversale, la passione per il jazz di Clint Eastwood si è riverberata nel figlio, il contrabbassista Kyle. Per contro Kailand Morris, figlio ventenne di Stevie Wonder, pur essendo musicista, ha sfondato come influencer e designer nel campo della moda prevalendo in lui, evidentemente, l’imprinting di Kai Milla, la madre stilista.
Musicisti sono Philippe e Louis Petrucciani, fratelli di Michel, il cui papà, Antoine, era un chitarrista jazz, francesi come Katia Labèque sorella di Marielle anch’essa pianista di base classica. Mago della sei corde, per la cronaca, è Stochelo (dei fratelli) Rosenberg, rappresentante del jazz manouche.
Se si guarda alle coppie celebri si incrociano i dna artistici di John e Alice Coltrane, Lester Bowie e Fontella Bass (sorella di David Peaston), Paul e Carla Bley,
In Italia, alla radice dell’albero genealogico, si ritrova il sincopato canterino del Trio Lescano e, ben più avanti, il jazz moderno di maestri come Dino e Franco Piana, a seguire i Minafra (il bandleader e trombettista Pino, la moglie Margherita Porfido clavicembalista e il figlio Livio, pianista), i jazzisti siciliani dell’Amato Jazz Trio, i Deidda, gli Iodice, i Bollani (per l’esattezza Manuela sorella di Stefano padre di Frida la cui genitrice è Petra Magoni), Danilo e Oona Rea…
Il gioco potrebbe continuare a lungo, saltellando di biografia in biografia, da una famiglia più o meno “allargata” ad una diadica, magari di fatto, alla ricerca di addentellati validi a documentare come il guscio familiare possa incidere nel definire un’identità musicale, nello specifico jazzistica.
L’interazione, il sostegno, il comune linguaggio, la solidarietà, la comprensione sono importanti elementi di coagulo anche nella formazione dei singoli che si confrontano con i parenti più o meno stretti. Nel jazz comunque rimarrà il Talento, per i figli d’arte e non solo, l’ingrediente primario per un musicista che si rispetti, assieme ad abilità e preparazione. Se poi questi tiene famiglia, in senso artistico, tanto meglio!

Amedeo Furfaro

Maurizio Giammarco protagonista al Maderna Jazz Festival 2021 di Cesena con una masterclass e un concerto

Venerdì 17 e sabato 18 settembre 2021, il grande sassofonista Maurizio Giammarco sarà protagonista del Maderna Jazz Festival 2021. Il sassofonista condurrà il workshop “Gli itinerari dell’improvvisazione” e poi, nella serata di sabato 18 settembre, al termine delle attività didattiche, Maurizio Giammarco si esibirà in concerto insieme ai docenti del Conservatorio “Maderna” e ai musicisti che lo hanno coadiuvato nelle attività didattiche, vale a dire Mariano Di Nunzio alla tromba, Michele Francesconi al pianoforte, Paolo Ghetti al contrabbasso e Luca Santaniello alla batteria.

Il concerto si terrà a Cesena, nel Chiostro di San Francesco, alle 21. In caso di maltempo, verrà spostato nella Sala Dellapiccola del Conservatorio “Bruno Maderna”.

Il workshop “Gli itinerari dell’improvvisazione” condotto da Maurizio Giammarco vuole fornire un ampio spettro di argomenti di riflessione e concreti strumenti di studio per affrontare i molteplici aspetti dell’improvvisazione, sia che questa indirizzata al repertorio classico del jazz sia che invece guardi ai materiali originali di vario tipo.

L’improvvisazione, se praticata ad alti livelli, andrebbe meglio definita come composizione estemporanea, essendo una prassi che richiede al musicista una mole di conoscenze musicali che va ben oltre la mera maestria strumentale. Il workshop alternerà momenti di natura teorica (con argomentazioni e ascolti analitici) e pratica: gli studenti verranno invitati a cimentarsi col repertorio classico ma anche con originali di Giammarco per affrontare spunti musicali differenti.

Il workshop sarà articolato in tre momenti. Venerdi 17 settembre, la prima sessione di terrà dalle ore 10 alle 13, mentre nel pomeriggio le attività avranno luogo dalle 15 alle 18. Sabato 18 settembre, i lavori si completeranno con la sessione mattutina in programma dalle ore 10 alle 13.

Al termine del workshop, Maurizio Giammarco si esibirà in concerto insieme ai docenti del Conservatorio “Maderna” che lo hanno coadiuvato nelle attività didattiche. Sul palco avremo un quintetto formato da Maurizio Giammarco al sax tenore, Mariano Di Nunzio alla tromba, Michele Francesconi al pianoforte, Paolo Ghetti al contrabbasso e Luca Santaniello alla batteria.

Maurizio Giammarco è protagonista del Jazz in Italia fin dai primi anni ’70. Nel corso della sua carriera lo abbiamo conosciuto come solista di assoluto spessore, compositore, arrangiatore e leader di organici ampi. Alcune delle formazioni di cui ha fatto parte hanno segnato la storia mdel jazz italiano come Lingomania (considerato il gruppo più rappresentativo degli anni ’80) o la Parco Della Musica Jazz Orchestra, big band residente dell’Auditorium di Roma, di cui è stato direttore tra il 2005 e il 2010.

Il sassofonista vanta uno stile riconoscibile sul piano solistico come compositivo, frutto di una sintesi personale del proprio vissuto. Ha suonato con moltissimi musicisti di fama internazionale e con tutti i più importanti musicisti italiani. Ha composto e arrangiato musica per teatro, danza, cinema, cd roms, orchestra sinfonica e orchestra d’archi. Da sempre attivo anche in campo didattico, è stato autore di una monografia su Sonny Rollins (1996) e di un libro di sue composizioni e trascrizioni edito dalla Carish (2012). Ha diretto la rassegna Termoli Jazz Podium dal 2000 al 2006.

Il Maderna Jazz Festival è la rassegna organizzata dal Dipartimento Jazz del Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena ed è coordinata dal pianista Michele Francesconi.

Tutti gli eventi del Maderna Jazz Festival 2021 si svolgono a Cesena e sono ad ingresso libero. A causa delle restrizioni legate alla situazione sanitaria, per poter partecipare ai singoli eventi sarà necessaria la prenotazione, inviando una mail a eventi@conservatoriomaderna-cesena.it

Le eventuali variazioni del programma causate dalle evoluzioni della situazione sanitaria in corso saranno comunicate tempestivamente sul sito del Conservatorio (www.conservatoriomaderna-cesena.it) e sui canali social del Dipartimento Jazz del Conservatorio “Bruno Maderna”.

Domenica 19 settembre 2021, il Maderna Jazz Festival si completerà con il concerto della Big Band del Conservatorio Maderna diretta da Giorgio Babbini in programma alle 21, al Chiostro di San Francesco (in caso di maltempo, il concerto sarà spostato al Teatro Verdi).

Il Chiostro di San Francesco si trova a Cesena, in Via Montalti, dietro la Biblioteca Malatestiana.

I NOSTRI CD. Un disco (jazz) per dopo l’estate…

Segnadisco per sette, come le note, album di altrettante label (elencate qui in ordine alfabetico). Li segnaliamo in un panorama jazzistico più che qualificato, estraneo al can can estivo perché relativo a musica che non si esaurirà col deporre ombrelloni e sdraio e alle prime cadute delle foglie dagli alberi. Ecco allora una possibile Top Seven, una Jazz Parade che sottoponiamo al vaglio del lettore.

Trio Kàla – “Indaco Hanami” – Abeat Records

Fra le novità 2021 della Abeat spicca “Indaco Hanami” del Trio Kàla, album inciso presso Artesuono destinato a lasciare il segno nel corrente anno discografico. Per caratura dei musicisti, la pianista Rita Marcotulli, il contrabbassista Ares Tavolazzi e il batterista Alfredo Golino, anzitutto. Perchè dagli studi di registrazione di Stefano Amerio è ancora una volta uscito un prodotto di fattura impeccabile, in cui mixaggio e masterizzazione sono fasi finali determinanti del processo produttivo che porta al cd. Ma soprattutto la musica, in parte originale – come i due brani introduttivi della Marcotulli (“Indaco”, “Bobo’s Code”) oltre a “ Dialogues” scritto a sei mani dal trio ed a “Cose da dire” – che si congiunge ad un quinterno di cover imbellettate con sopraffino gusto jazzistico. Oltre a “Quando” e “ Napule è” di Pino Daniele, alla beatlesiana “Lady Madonna” vi figura, di Randy Newman, “I Think It’s Going To Rain” anche questa arrangiata con sapienza in confezione per standard trio. Anche nella conclusiva “Romeo and Juliet” di Nino Rota il sensuale groove della tastiera ci riporta in mente il dubbio che il sesso del pianoforte sia femmina tanto l’immedesimazione della Marcotulli col suo suono appare organica, di una strana solarità attenuata dall’indaco.
Il trio, questo trio nella fattispecie, ne rafforza la “visibilità” per chi, nell’ascolto, immaginasse di trovarsi al di qua della “quarta parete”, col pensiero astratto da quelle note e da quelle linee improv- visative.

Luigi Bonafede – “Lokas” – Caligola Records.

Certo jazz fa pensare all’alta moda, per eleganza, stile, alchimia nel creare senza demolire la lezione dei grandi maestri. E quando il brand è griffato Luigi Bonafede, musicista ben piazzato nel ranking dei pianisti jazz, allora c’è da aspettarsi l’uscita di album come “Lokas”, su etichetta Caligola Records, ospite la vocalist di origine caraibica Dawn Mitchell, un cd dedicato alla cantante Anna Lokas, a sei anni dalla sua scomparsa. Il jazzista piemontese, che si esibisce in una formazione più che testata, una sorta di “think tank” musicale di esperti strumentisti con Gaspare Pasini al sax alto e soprano, Marco Vaggi al contrabbasso e Ferdinando Faraò alla batteria, dà vita ad un mood di ampio respiro e di freschezza rigenerante, gravitante in più J Zones, fra swing e be/hard bop, attraverso vari format, dalla ballad (“She”, “Wake Up”) allo spiritual (“Silently”), dall’elettronico (“Curse of Pan”) al latin (“Running of my Way”), dal modaleggiante (“Lokas”, “Flash”) al climax vocalese (“Looking Around”) in genere con prati e praterie per gli steps improvvisativi lasciati scoperti dal pianoforte. Come avviene in “Balance”, in apertura, allorchè sotto la voce bluesy della Mitchell, compare, inconfondibile, il Logo Bonafede.

Javier Girotto, Vince Abbracciante – “Santuario” – Dodicilune

Capita che il jazz sia un pensiero triste che si suona… quando incontra il tango. Capita che il tango riscopra inedite possibilità di sviluppo lirico e melodico… quando due strumenti come un sax soprano o baritono o un quena flute si sovrappongono alle armonie rese da una fisarmonica ed inseguono la partitura di un choro.  Capita tutto ciò quando ad imbracciarli quegli strumenti sono due jazzisti latini completi e creativi come Javier Girotto e Vince Abbracciante, ambedue in diverso modo legati al DNA piazzolliano. “Santuario” è l’album Dodicilune che racchiude al meglio, artisticamente parlando, questa esperienza che ancora una volta unisce Puglia e Argentina su un filo sonoro che corre e scorre da una parte all’altra dell’Oceano Atlantico in direzione sud, con Tavoliere e Ande rispettivi capolinea. Tra le cose più belle del disco il pedale introduttivo di “Santuario degli animali”, il barocco girovagant e “tono su tono” di” “Fugorona”, l’atmosfera pastorale di “Ninar”, la metrica “spezzata” da contrattempi in “Trama della Natura”, il pathos intimo di “En Mi”, la melodia andante di “2 de Abril”, l’articolato fraseggio tanguero in “Fuga a Sud”, il “Pango” più tango del compact, la avviluppante tessitura accordale di “Aramboty”. E, a chiusura sipario, “Soprano” e “L’ultima chance”, degno suggello del lavoro del duo prodotto dalla label leccese.

Andrea Rea Trio – “El Viajero” – Filibusta

L’album “El Viajero” (Filibusta) “registra” un Andrea Rea Trio in gran spolvero. Intanto il pianista campano vi esplicita una notevole verve sia interpretativa che esecutiva nonché attrezzi compositivi di prim’ordine nei tre brani a sua firma, “Dillo”, “Tales of Freedom” e “El Viajero”. Lo caratterizzano una robusta forza negli “ostinati” mentre il tocco sui tasti ne rivela uno spanish heart che spiega anche l’adozione di un termine ispanico come titolo del disco.L’anima latina sta anche alla base della scelta di un brano di Hamilton De Hollanda in tracklist esattamente “Capricho de Espanha” nonché “Milonga Gris” di C. Aguirre ed è condivisa dai musicisti del combo, il contrabbassista Daniele Sorrentino e il batterista Lorenzo Tucci (nel cd Losen “Impasse” del 2018 il drummer era Marcello De Leonardo). Ma il “viaggiatore” Rea nel proprio personale errare si sposta anche su territori differenti, ed eccolo alle prese con “The Man Who Sold The World” di David Bowie e “Till There Was You” di M. Wilson districarsi con il solito estro, la consueta abilità e l’immancabile inventiva fra paesaggi sonori pop e jazz ad origliare i suoni del mondo da riprodurre sul pianoforte. Non sarà un caso se il brano forse più intenso fra gli otto totali ci pare “En la Orilla del Mundo” di M. Rochas, reso celebre da Charlie Haden e Gonzalo Rubalcaba, che è poi quello in cui il gruppo si trasforma in 4et arricchito dall’inclusione qualificata di Giacomo Tantillo alla tromba.

Livio Minafra, Eugenia Cherkazova – “Round Trip Apulia Balkans” – Incipit/Egea.

Si era appena intravisto Livio Minafra in veste di autore di manuali didattici (120 finestre sull’improvvisazione. Teoria e pratica dell’Improvvisazione libera e idiomatica, Timoteo, 2020) che lo si ritrova di lì a poco nei consueti panni di musicista, nell’album “Round Trip Apulia Balkans”, in duo con la fisarmonicista greco-ucraina Eugenia Cherkazova, su marchio Incipit, distribuito da Egea. Le otto registrazioni sono state effettuate in tre festival pugliesi, Wanda Landowska 2018, Euterpe Festival 2018 e Talos 2019, kermesse appena tenutasi a metà luglio di quest’anno nella cornice di Ruvo di Puglia. L’ affacciata sui Balcani – confessa il pianista nelle liner notes – risale ai 13 anni, al primo ascolto del “tempo 7/8. Era l’Along Came Jazz Festival di Tivoli e l’Italian Instabile Orchestra eseguiva uno speciale arrangiamento di “Ergen Deda” del bulgaro Petar Liondev”. Quel suono fu una folgorazione! Da allora l’Adriatico, propaggine del Mediterraneo, è stato visto e vissuto dal Nostro come una semplice piattaforma d’acqua, non una barriera, che connetteva due sponde marine e due catene montuose, appunto i Balcani con l’Antiappennino apulo-garganico. La musica, l’improvvisazione, anche in questo compact, risente dello spostamento del bari/centro dal cuore afroeuroamericano in direzione indoeuropea, con tutto quanto ciò comporta. Anzitutto nel repertorio che comprende tarantelle di Rossini e Kircher oltre ad una ruvese, una “Danza Tartara” ideata dal pianista come del resto altre composizioni (“Lacrime Stelle”, “Zefiro Torna”, “Boomerang”) unitamente a un “Mix Tartar” a firma congiunta con N. Marziale e C. De Leo. E poi nell’interpretazione mutuante e mutante, senza cesure né diaframmi al fluire dei suoni anche nei momenti di ralenty melodico e ritmico. La fisa è a dir poco esemplare nell’assecondare e nel sostituirsi ad un pianoforte a volte metamorfizzato in cymbalon rumeno. Il progetto, inserito nel circuito concertistico di Puglia Sounds, si inquadra in una visione non centrica ma circolare della storia della musica.

EMAB Connection – “Unsaid” – Nusica.org

Unsaid degli Emab Connection, il titolo non inganni, è album di fitto dialogo strumentale, di jazz il cui “dire” è composto di segni, interplay comunicante, interfacciarsi frontale e laterale, feeling inten- so nel duettare e dettare cadenze, modulare timbri, levigare suoni. Il 4et, nato sull’asse adriatica Emilia-Abruzzo dei componenti e cioè Manuel Caliumi all’alto sax, Giulio Gentile al piano e Fender Rhodes, David Paulis al contrabbasso e Luca Di Battista alla batteria, conia una musica ricca di espressioni, frasi, costrutti liberi ed originali anche quando, come in “So- liloquy”, il “non detto” potrebbe sembrare lasciar spazio alla meditazione personale sulla collettiva, cioè a quella che scava e scova verità nascoste nella propria identità creativa. Ed il gruppo anche nelle altre sei tracce originali del compact si dimostra coeso nel perseguire l’obiettivo di una musica che ricuce eloquentemente impressioni ed atmosfere nell’omaggiare tutto ciò che è tacito.

Costanza Alegiani – “Folkways” – Parco della Musica

Le strade del folk sono in/finite?
E chi, nello specifico, si ritrova ancora a calcare le orme di maestri come Woody Guthrie o Bob Dylan? E poi, stante l’attualità di poeti ancora oggi pop(ular) come Lee Masters o la Dickinson, che spazio (r)esiste per chi si cimenti in lyrics a loro ispirate? Una risposta, non caduta nel vento, la suggerisce la vocalist Costanza Alegiani con l’album “Folkways”, prodotto da Parco della Musica Records, label della Fondazione Musica per Roma, distribuito da Egea Music. La cantante ci offre una misticanza sonora di traditional, composizioni originali e cover dei mitici folksinger soprariportati, denotando doti di originalità e sensibilità vocale già evidenziate nei due precedenti dischi a propria firma, “Fair is Foul and Foul is Fair” del 2014 e “Grace in Town” del 2018 con il batterista Fabrizio Sferra. Stavolta il suo progetto punta a comprovare come uno dei possibili percorsi per il folk born in U.S.A., forse il più energizzante, sia proprio il jazz. Ed in tale ottica si muovono gli altri musicisti che partecipano al lavoro, il sassofonista Marcello Allulli all’opera anche con apparati elettronici come il contrabbassista Riccardo Gola. Il tutto viene integrato dagli apporti degli ospiti, il chitarrista Francesco Diodati in tre tracce e il menzionato Sferra in quattro delle nove tracce complessive.
Ne vien fuori un florilegio multicolore di note in cui la voce affiora e riaffiora lasciando spesso fiato al fiato, il sax, aprendo sovente varchi al “battito” alla ritmica, per poi riprendere scena e microfono da cui far trapelare echi della Mitchell e della Baez nel lasciar sfilare una ideale galleria di personaggi letterari reali e immaginari.
Per la cronaca l’album, presentato in giugno alla Casa del Jazz di Roma, era stato anticipato dalla pubblicazione dei due singoli “It Ain’t My Babe” e “When I Was A Young Girl”.

Il ciclo primaverile di masterclass online di Celano Jazz Convention si completa con il sassofonista Tino Tracanna

Sabato 29 maggio 2021, dalle ore 16 alle 19, Celano Jazz Convention presenta “Semplicità e Complessità nell’improvvisazione”, masterclass online condotta da Tino Tracanna.

Musicista di grande spessore e improvvisatore rigoroso, Tino Tracanna ha collaborato negli anni con i più importanti musicisti del jazz italiano e ha dato vita a sodalizi duraturi nel tempo come quelli con Franco D’Andrea e Paolo Fresu. Nella sua visione musicale si intrecciano, con grande equilibrio, l’approccio razionale e l’abilità melodica per creare uno stile del tutto personale ed immediatamente riconoscibile.

La masterclass si svolgerà sulla piattaforma Zoom: la partecipazione costa 20€ e per iscriversi occorre prenotarsi con una mail all’indirizzo conferenze@celanojazzconvention.com con oggetto, obbligatorio, ”Prenotazione Seminario” e utilizzando un indirizzo mail al quale poi sarà inviato il link di partecipazione al seminario.

Dopo le prime esperienze con Gianluigi Trovesi e i gruppi del territorio bergamasco, Tino Tracanna ha inciso il suo primo album come leader per la Red Records.

Nei primi anni ’80 comincia la sua collaborazione con Franco D’Andrea che lo porta all’attenzione nazionale. Sempre nei primi anni ’80, incontra Paolo Fresu col quale inizia una collaborazione che continua tutt’ora. Con il quintetto guidato dal trombettista incide molti album e ottiene un felicissimo riscontro di critica e pubblico, raggiungendo premi importanti come il TOP Jazz di Musica Jazz o il premio francese Django. Nel corso degli anni, Tino Tracanna ha collaborato con numerosi musicisti italiani e stranieri incidendo molti album in qualità di ospite solista.

Dalla metà degli anni ottanta, il sassofonista è leader di proprie formazioni con le quali realizza diversi album ottimamente accolti dalla critica e dal pubblico partecipando a numerosi festival e rassegne. Tra questi ricordiamo “Quartetto”, “La Forma delle Cose” e “Live” (con Massimo Colombo, Marco Micheli, Francesco Petreni), “Gesualdo” (elaborazione dei madrigali di Gesualdo da Venosa con la partecipazione di Mariapia De Vito), “Punctus” in duo con Pierre Favre, “Affinità Elettive” (partitura per quartetto Jazz ed archi).

Nel 2011 nasce “Acrobats” (insieme a Mauro Ottolini, Roberto Cecchetto, Paolino Dalla Porta e Antonio Fusco) col quale incide l’omonimo primo album e il recentissimo “Red Basics” (2016) per il Parco della Musica. Nel 2012 in collaborazione con Bonnot e Roberto Cecchetto, nasce “Drops”, sperimentazione per strumenti acustici ed elettronica. Recentissima, infine, la nascita di “Double Cut” un quartetto pianoless con un insolito organico formato da due sax, contrabbasso, batteria.

Dal 1995 è docente presso diversi conservatori italiani e dal 2000 docente di ruolo e coordinatore dei Corsi Jazz presso il Conservatorio Verdi di Milano.

Il ciclo primaverile di incontri online proposto da Celano Jazz Convention, tracciato dal direttore artistico della rassegna Franco Finucci, ha avuto come protagonisti alcuni tra i musicisti più importanti del panorama jazzistico italiano. Dopo gli appuntamenti dedicati alla storia del jazz, tenuti da Marco Di Battista, l’attenzione si è rivolta ai singoli strumenti del jazz: la voce (con l’incontro condotto da Ada Montellanico, sabato 24 aprile), la batteria (Roberto Gatto, sabato 8 maggio), il pianoforte (Claudio Filippini, sabato 15 maggio), la chitarra (Umberto Fiorentino, sabato 22 maggio) e il sassofono (Tino Tracanna, appunto, sabato 29 maggio).