Pino Jodice Jazz Trio dal vivo all’Elegance

Il progetto Pjtrio – Pino Jodice Jazz Trio|Infinite Space rappresenta l’ultimo lavoro discografico di questo trio che ha all’attivo una collaborazione ventennale e un’attività concertistica di lungo corso. È stata per molti anni ritmica di una delle orchestre jazz nazionali più importanti come la PMJO Parco della Musica Jazz Orchestra (Orchestra residente dell’Auditorium Parco della Musica di Roma dal 2005 al 2009) e vanta collaborazioni con artisti internazionali di chiara fama come: Mike Stern, Enrico Rava, Paolo Fresu e tantissimi altri. Il lavoro discografico si sviluppa attraverso le composizioni originali del leader Pino Jodice, pianista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra jazz, musicista pluripremiato a livello internazionale e riconosciuto già nel 2002 come miglior nuovo talento jazz al Premio Palazzo Valentini Jazz (Rm) e al Premio Positano Jazz (Na). Ha inoltre scritto e arrangiato per musicisti internazionali di grande fama come Gary Burton, John Scofield, Bradford Marsalis e tantissimi altri. Luca Pirozzi e Pietro Iodice vantano collaborazioni con i più grandi musicisti internazionali ed insieme rappresentano una solida e imponente sezione ritmica tra le più richieste in Italia e all’estero. Il trio è unito dal grande affiatamento che si evince sia nelle registrazioni sia nei live attraverso un continuo e magico interplay. Per la serata il featuring Andrea Centrella Live electronics.
Sul palco Pino Jodice (piano), Luca Pirozzi (contrabbasso) e Pietro Iodice (batteria).

Venerdì 23 novembre
ore 21 e ore 23.30 (doppio set)
Elegance Cafè Jazz Club
Via Francesco Carletti, 5 – Roma
Euro 15 (concerto e prima consumazione)
Infoline +390657284458

Con “Gente di Jazz” un’istantanea sul Jazz italiano negli ultimi anni

Nel 1973 Ian Carr, celebre trombettista fondatore e leader dei Nucleus, pubblicò un libro intitolato Music Outside – Contemporary Jazz in Britain nel quale riportò le sue conversazioni con personaggi emergenti e consolidati della scena musicale jazz britannica. Mike Westbrook, Jon Hiseman, John Stevens, Trevor Watts, Evan Parker, Mike Gibbs, Chris McGregor affrontarono a cuore aperto qualsiasi tema che ritenessero importante, dalle personali scelte artistiche, alle proprie aspirazioni (frustrate o non), alla endemica difficoltà di trovare sbocchi discografici sino a giungere alla triste realtà che, suonando solamente jazz, la vita non era facile. Riletto a distanza di anni, quel libro di interviste, fornisce molte più informazioni di qualsiasi altro trattato critico e ci restituisce un ritratto fedele e vivido del movimento jazz in Inghilterra dei primi anni Settanta.
Così come è avvenuto con Carr crediamo che Gerlando Gatto, autore di Gente di Jazz per l’editore Euritmica/Kappavu, abbia non solamente realizzato un libro di interviste, ma scattato un’istantanea sulla situazione del jazz italiano degli ultimi anni.
Molte intervista sono state realizzate nel corso delle varie edizioni di Udin&Jazz, festival di cui Gatto è assiduo frequentatore, e anche per questo molti sono i musicisti del nord est, storica fucina di talenti del jazz italiano, ad essere interpellati.
Gatto non si è limitato però solamente a dare voce ai jazzisti nazionali, ma ha anche inserito nel suo lavoro i suoi colloqui con musicisti di fama internazionale, quali Joe Zawinul, Mino Cinelu, McCoy Tyner, Martial Solal, Michel Petrucciani, Gonzalo Rubalcaba e Cedar Walton entrando spesso in dettaglio su aspetti meno noti della loro attività.

(Cedar Walton)

Gente di Jazz, quindi, risulta essere una miniera di informazioni per l’appassionato di jazz e, in generale, per chi si occupi di cultura e di spettacolo. Scopriamo così, che Stefano Battaglia ha una solida formazione classica e una conoscenza approfondita dei compositori del barocco, che il sassofonista udinese Francesco Bearzatti si è costruito una solida reputazione in Francia prima di essere conosciuto in Italia (nemo profeta in patria…), che Stefano Bollani non riesce a scindere tra jazz, improvvisazione, divertimento e spettacolo e che sa imitare molto bene Johnny Dorelli, che il contrabbassista Rosario Bonaccorso ritiene, come Leonardo da Vinci, che “la semplicità è il massimo della raffinatezza”.
Scorrendo ancora Gente di Jazz, apprendiamo di come il pianista siciliano Dario Carnovale abbia trovato la sua dimensione artistica nella tranquillità di Udine, di come Claudio Cojaniz intenda in maniera sociale il ruolo dell’artista in quanto “veicolatore di pensiero”, di come Massimo de Mattia sia stato ammaliato dai Delirium di Ivano Fossati e per questo abbia scelto il flauto come suo strumento, e di come il veneziano Claudio Fasoli, storico sassofono del Perigeo, aveva un sogno, ormai irrealizzabile, di suonare con Elvin Jones e Tony Williams. Dall’intervista con Enzo Favata emerge la sua concezione in un jazz che incontri l’anima etnica delle diverse località del globo, mentre da quella con Paolo Fresu apprendiamo che l’emozione del suonare talvolta fa scorrere delle lacrime sul volto del trombettista sardo.

(Paolo Fresu)

Il batterista romano Roberto Gatto confida all’autore il suo orgoglio per aver inciso con Chet Baker, un musicista che non amava molto i batteristi, mentre il suo compagno nei Lingomania, Maurizio Giammarco, racconta della sua eccezionale esperienza di direttore della Parco della Musica Jazz Orchestra (PMJO). Il chitarrista Antonio Onorato rivela di avere effettuato studi approfonditi sulla Napoli del 1700 e di conoscere bene tutti i musicisti di quel periodo, mentre il pianista Enrico Pieranunzi che ha fornito all’autore ben quattro interviste nel corso degli anni, confida il suo amore per Scarlatti. Enrico Rava ricorda che la sua carriera decollò dopo la registrazione per l’ECM dell’album The Pilgrim And The Star, mentre il pianista romano Danilo Rea rivela la sua ammirazione per la sintesi musicale tra tradizione e improvvisazione raggiunta dai musicisti dei paesi nordici. Infine, ultimo degli italiani, Giancarlo Schiaffini lancia un allarme sulla standardizzazione del linguaggio musicale e sull’omologazione della maniera di fare jazz.

(Enrico Rava)

Passando ai musicisti internazionali, Mino Cinelu racconta di aver parlato con Miles Davis dopo un concerto senza riconoscerlo, mentre il compianto Michel Petrucciani confida di amare Estate di Bruno Martino per la sua melodia e per le grandi possibilità di improvvisazioni che forniva. Gonzalo Rubalcaba racconta dell’importanza nel suo jazz della musica popolare cubana, mentre Martial Solal afferma di non credere nell’elettronica applicata alla musica. Anche Cedar Walton preferisce il suono acustico, mentre McCoy Tyner racconta della sua costante ricerca del nuovo. Chiude la serie delle interviste, ordinate in stretto ordine alfabetico, Joe Zawinul il quale svela che quando sopraggiunge l’ispirazione, la ragione cessa di operare.

(Joe Zawinul)

La lettura di Gente di Jazz è agile. I temi trattati nelle interviste mettono in luce la personalità dei vari artisti, le loro inclinazioni e rivelano la loro estetica musicale. Gatto ha il raro dono di riuscire a far parlare i musicisti, di metterli a loro agio cosicché questi possano davvero esprimere il loro pensiero senza remora alcuna. Questo aspetto è molto apprezzabile in quanto la spontaneità delle dichiarazioni raccolte da Gatto e le verità che queste contengono si trasmettono immediatamente al lettore e consentono a quest’ultimo di entrare in stretto contatto con la dimensione artistica dei musicisti.

Marco Giorgi per www.red-ki.com

(McCoy Tyner)

Le immagini sono di Luca A. d’Agostino/Phocus Agency ©

Giuliana Soscia Tour in India

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In un momento in cui il nostro Paese non brilla certo nel panorama internazionale, è con vero piacere che vi segnaliamo questa notizia anche perché si tratta di un’artista che da sempre riscuote la fiducia e la stima del vostro cronista: la fisarmonicista, compositrice e arrangiatrice Giuliana Soscia con il suo trio “Sophisticated Ladies” – A Tribute to Women Composers in Jazz – sarà protagonista di un tour in India proprio in occasione della Festa della Donna.
In particolare il Giuliana Soscia Trio si esibirà il 6 Marzo presso l’ “Experimental Theatre dell’NCPA” di Mumbai, il 7 Marzo presso l’Auditorium del “GD Birla Sabhaggar” di Calcutta e l’ 8 Marzo presso il “Civil Services Officer’s Institute” di New Delhi, con il supporto dell’Ambasciata Italiana in India e gli IIC di New Delhi e Mumbai.
Il trio, oltre la leader, comprende Aldo Vigorito al contrabbasso e Pasquale Fiore alla batteria. (altro…)

Gianni Savelli. La musica è innanzitutto condivisione

Gianni Savelli

Sassofonista, compositore, arrangiatore Gianni Savelli (Napoli 1961) si è fatto le ossa suonando in diversi contesti, dal pop, alla musica improvvisata… al jazz canonicamente inteso. Nel 2000 nasce Media Res, qualcosa che va al di là del semplice gruppo musicale: si tratta, in effetti, di un progetto attraverso cui Savelli cerca di portare ad unità le varie fonti che hanno ispirato il suo fare musica. Nel 2015 l’album ‘Magellano’, pubblicato dall’etichetta tedesca Neuklang, completa la trilogia iniziata con ‘Media Res’ (2004) e proseguita con ‘Que la fête commence’ (2008). Ed è proprio da quest’ultima realizzazione discografica che prende il via questa intervista raccolta nel dicembre del 2015.

Partiamo dall’oggi; cosa rappresenta per te questo magellano?
Partirei dal titolo: magellano nasce dalla fascinazione per questo grande personaggio che ha cambiato la storia dell’uomo. L’esplorazione di Magellano è un impresa che chiude un’ epoca e ne apre un’altra ridisegnando totalmente l’immagine che l’uomo europeo aveva del mondo. Con le dovute proporzioni, e riferendomi ad un orizzonte personale, questo disco allo stesso modo rappresenta per me un punto di partenza e d’arrivo. E’ il terzo atto dell’attività di Media Res, di cui si può dire sia una sorta di esplorazione nella musica suscitata dal fascino esercitato su di me da culture diverse partendo da quella europea, passando per quella afro-americana approdando a quelle asiatiche. Così, mentre, nel primo disco si potevano riconoscere con una certa facilità le diverse influenze, Brasile, Cuba, Africa, India e così via; nel secondo disco queste differenti fascinazioni si sono cominciate ad unire in modo coerente e con magellano si è realizzata la sintesi di quello che cercavo. Potrei dire che il mio percorso è stato quello di trattare la musica come un linguaggio narrato. Quindi, mi sono trovato a prendere le “parole” delle diverse lingue di mio interesse per poi scomporle in unità più piccole come fossero “lettere” al fine di ricomporre queste unità in un nuovo linguaggio di sintesi. Da qui la creazione di una musica che fosse più aderente alle mie intime necessità.

Vogliamo ricordare i titoli dei primi due album?
Certamente: il primo si intitola semplicemente media res e venne pubblicato nel 2004 da JazzInRoma, il secondo que la fête commence fu pubblicato nel 2009 da Alfa Music.

Un percorso lungo…
Si, quasi sedici anni. Tre album, forse pochi, ma per me ogni disco rappresenta una tappa nella maturazione della mia sensibilità .

In che senso questo magellano, come tu dicevi, rappresenta allo stesso tempo un punto di partenza e un punto d’arrivo?
Un punto d’arrivo perché rappresenta la chiusura di una trilogia, un punto di partenza perché segna il passo con la mia disponibilità a vivere la musica in una maniera più libera. Sono aperto a qualsiasi novità sia sul piano musicale che su quello del rapporto di condivisione con il pubblico.

Per esempio?
Si potrebbe fare l’esempio del video ‘Pacifico’. Per la sua realizzazione abbiamo fatto una vera e propria ‘call for action’. Vale a dire, una sorta di appello alla mobilitazione rivolto alle persone che mi seguono, con la richiesta che ci fossero regalate immagini che per loro erano significative, evocative di emozioni suscitate dal brano. E’ arrivato un numero enorme di immagini, piccoli filmati, spesso di straordinaria qualità e noi li abbiamo ricondotti a un possibile disegno registico. Una delle idee che abbiamo voluto esprimere attraverso il video è quella di un tempo che non è il concetto cronometrico ma piuttosto è più vicina a quello che nell’antica Grecia veniva chiamato Kairos, cioè un tempo dinamico in cui nell’istante presente accadono molte cose simultaneamente. Le persone che hanno partecipato a questa iniziativa, vedendo il video e riconoscendo il proprio contributo, si sono sentite direttamente coinvolte. Per la copertina di magellano abbiamo agito in un modo simile. Abbiamo iniziato proponendo a delle persone tre differenti progetti, abbiamo fatto ascoltare la musica e poi, tenendo conto dei loro suggerimenti, abbiamo preparato due possibilità che abbiamo sottoposto al vaglio di settanta persone. Sono state loro che hanno avuto l’ultima parola.

Ma come avete scelto queste persone?
Sono persone che mi seguono, appassionati della mia musica che quindi erano già dentro il mio discorso. (altro…)

Tanto Jazz nei programmi di “Musica per Roma”

Presentata nei giorni scorsi la stagione 2014-2015 all’Auditorium Parco della Musica

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Nei giorni scorsi è stato presentato alla stampa il programma di “Musica per Roma” (leggi Auditorium) per la stagione 2014-2015.

Ancora una volta gli organizzatori hanno predisposto un cartellone ove c’è ampio spazio per le varie manifestazioni artistiche pur cercando di mantenere un qualche filo rosso che le unisca; così, ad esempio, eventi musicali si intersecano con attività teatrali, artistiche e culturali, mentre performance di natura scenica, letteraria o visuale presentano contiguità con il mondo delle sette note.

Ed è proprio a quest’ultimo settore, con specifico riferimento al jazz, che come al solito si indirizza la nostra attenzione. Dobbiamo, al riguardo, constatare come, dopo un periodo di magra, l’Auditorium torni a riproporci una serie di appuntamenti jazzistici notevoli per numero e qualità.

E’ già ai nastri di partenza l’annuale edizione del “Roma Jazz Festival” condotto more solito, con mano sicura, da Mario Ciampà. Il tema scelto per quest’anno è lo swing in un accostamento con gli USA ove lo swing divenne la colonna sonora di quel “New Deal” con cui si riuscì a superare la gravissima crisi del ’29.

Parallelamente a questo filo conduttore ci sono altri due elementi giustamente tenuti in considerazione da Ciampà: il 40° anniversario della scomparsa di Duke Ellington, considerato uno dei più importanti compositori di tutta la storia del jazz, e i 70 anni della liberazione di Roma da parte delle truppe angloamericane.

Insomma una serie di elementi musicali e non che si incontrano e si intersecano per delineare un momento importante . Il programma si svolge dal 14 al 30 novembre con alcuni appuntamenti davvero degni di rilievo: Dave Holland/Kenny Barron in apertura; 3 Cohen’s Sextet e Jason Moran/Robert Glasper rispettivamente il 16 e 17; Dee Dee Bridgewater il 25 novembre; Bireli Lagrene & Gipsy Project il 27. Anche quest’anno molto spazio ai musicisti italiani: Fabrizio Bosso Quartet & Paolo Silvestri Ensemble in “Swinging Duke” il 19 novembre; Enrico Rava – Parco della Musica Jazz Lab il giorno dopo; Franco D’Andrea/Daniele D’Agaro/Mauro Ottolini il 24 novembre. La chiusura del Festival è affidata all’ Orchestra Operaia “Swing Era”.

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Tornano alla Casa del Jazz le guide all’ascolto sugli standard

Danilo Rea

Danilo Rea

“Jazz standard” le guide all’ascolto condotte dal “nostro” Gerlando Gatto tornano alla Casa del Jazz con due stelle di assoluta rilevanza internazionale, Maurizio Giammarco e Danilo Rea, i quali  apriranno e chiuderanno questo nuovo ciclo rispettivamente il 9 gennaio e il 16 febbraio. Maurizio Giammarco è quel che si dice un musicista a 360 gradi: eccezionale sassofonista, negli anni ha evidenziato una grande maturità sia come compositore, sia come arrangiatore, sia come direttore d’orchestra: non a caso sotto la sua abile direzione la PMJO (Parco della Musica Jazz Orchestra) è stata per alcuni anni una delle migliori big band a livello europeo realizzando concerti che rimarranno nella storia del jazz nazionale. Dal canto suo Danilo Rea è uno di quei musicisti la cui fama ha oltrepassato il confine degli appassionati di jazz senza perdere alcunché dell’originaria identità; pianista fantasioso, solare, dotato di tecnica strabiliante proprio in queste settimane sta conoscendo un successo clamoroso in duo con Gino Paoli.

Insomma si preparano altri sei mercoledì all’insegna della bella musica con ospiti davvero “di lusso”. E bisogna dare atto ai responsabili della Casa del Jazz di una grade sensibilità soprattutto verso il  pubblico. In effetti, dopo l’ottimo successo ottenuto dallo scorso ciclo, con la sala concerto che non riusciva a contenere il numeroso pubblico accorso nell’ultima serata, si è deciso di proseguire lungo questa strada ed affidare a Gerlando Gatto un secondo ciclo sempre incentrato sugli standard e quindi su una delle peculiarità principali del jazz, vale a dire l’ interpretazione con modalità del tutto differenziate di uno stesso brano.

Maurizio Giammarco

Maurizio Giammarco

E non c ‘è dubbio che anche questo ciclo sarà un successo dal momento che, oltre a Giammarco e Rea, tutti gli altri ospiti sono artisti di rilievo. Così il 16 gennaio avremo modo di ascoltare un pianista che meriterebbe molto più dei riconoscimenti finora acquisiti, Andrea Beneventano in trio. Il 23 gennaio sarà la volta di uno dei migliori chitarristi bop oggi in circolazione nell’intera Europa, vale a dire Nicola Mingo, in un solo-guitar. Gennaio si chiude con un altro trio guidato da un eccellente pianista abruzzese, Paolo Di Sabatino, e completato da Marco Siniscalco – basso e Glauco Di Sabatino – batteria. Il 6 febbraio due tra i migliori emergenti del nuovo jazz italiano, il batterista Lorenzo Tucci con Luca Mannutza pianoforte e organo.

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