“Suoni del Futuro Remoto” tra i 100 greatest Jazz album del 2021

500 copie in edizione limitata, copertina bellissima realizzata dal giovane Nicola Andrulli sulla quale è riportato uno dei simboli della città di Matera, la scultura dedicata al contadino che attende giornalmente nella piazza di Matera di essere scelto dal proprietario terriero per il lavoro nei campi. Ma nel disco, etichetta Onyx, l’immagine riprende il contadino che indossa una cuffia audio che lo trasforma in un attento ascoltatore di musica.
È così che si presenta “Suoni del Futuro Remoto (Partitura per Orchestra e Suoni Naturali)” il vinile prodotto dall’Etichetta Onyx Jazz Club di Matera (numero di catalogo CdOnyx 029 e 030), del Collettivo Onyx diretto da Joe Johnson con ospite Paolo Fresu e Massimo Ottoni, con i suoni campionati da UniBanda SFR, curato nella parte tecnica da Francesco Altieri di LabSonic.
Il disco testimonia il percorso di ricerca sonora che l’E.T.S. di Matera ha realizzato nel 2019 nella città dei Sassi in occasione dei festeggiamenti di Matera Capitale Europea della Cultura. Progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 ideato e co-prodotto da Onyx Jazz Club e Fondazione Matera Basilicata 2019.
Pochi giorni fa, il disco è stato selezionato dalla prestigiosa rivista specializzata JazzIT tra i 100 GREATEST JAZZ ALBUM DEL 2021.


Un prestigioso traguardo che ripaga gli sforzi fatti in questi anni dall’associazione lucana. Fanno parte del JAZZIT Awards 2021 registrazioni di musicisti del calibro di Chris Potter, Enrico Rava, Dave Liebman, Joe Lovano, Brandford Marsalis, Pat Metheny e tanti altri ancora.
“Suoni del Futuro Remoto” non è solamente un disco, ma, come in un libro, è possibile ritrovare il racconto di uno dei luoghi più belli del mondo, un progetto voluto da un gruppo di soci, quelli dell’Onyx, che nonostante alcune paure iniziali e defezioni, ha condotto in porto una esperienza esaltante attraverso il coinvolgimento di tanta gente.
Tutto ciò lo avverti scartando la cellophanatura che sigilla il disco e aprendo la busta gatefold, che contiene all’interno un libretto di 12 pagine ricche di fotografie e contributi scritti da parte di numerosi testimoni del progetto come ad esempio Paolo Verri, Paolo Mele allora rispettivamente Direttore e Project Manager della Fondazione Matera Basilicata 2019, di Antonella Ciervo ufficio stampa Onyx, Angelo Palmas, Presidente di Nuoro Jazz e Mauro Calderoni, Sindaco di Saluzzo.
Spiccano subito all’interno due cd che riproducono il concerto completo registrato in Piazza San Francesco il 26 agosto 2019 e un progetto nel progetto: “Passeggiando di notte”, che riporta i suoni della città registrati in una notte d’estate.
Dalla tasca laterale della copertina scivola una busta bianca contenente il vinile. Questo disco nero, con un diametro di circa 33 cm, che dopo anni di abbandono, sostituito dal più piccolo e maneggevole compact disc, ritorna prepotentemente sulla scena dell’ascolto dell’alta qualità per gli audiofili più incalliti.
Non resta altro che poggiare il nero disco sul piatto dello stereo e accompagnare il braccio del giradischi sui primi solchi, sedersi in poltrona e dedicarsi all’ascolto.
«Suoni del Futuro Remoto è frutto di un lavoro sinergico fatto tra la Fondazione e il project leader Onyx Jazz Club, che nel 2019 ha raccontato la città di Matera in modo del tutto inedito, attraverso la suggestione dei suoi suoni più simbolici, da quelli urbani a quelli naturali, trasformati poi in una partitura orchestrale – sottolinea il Direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019, Giovanni Oliva -. Il prestigioso riconoscimento ottenuto dal progetto è l’attestazione della grande qualità prodotta nel percorso di co-creazione con la scena creativa lucana per Matera Capitale Europea della Cultura 2019, che intendiamo rilanciare con forza nei prossimi mesi».

Redazione

SUONI DEL FUTURO REMOTO
Testo a cura di Luigi Esposito progettazione Direzione SFR.
Onyx Jazz Club, project leader

TEMA DEL DOSSIER DI CANDIDATURA
Futuro Remoto
Progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 ideato e co-prodotto da Onyx Jazz Club e Fondazione Matera Basilicata 2019
COSA
Ogni luogo ha un suono e ogni città ne possiede a volte senza esserne consapevole. È da questi elementi che è nato “Suoni del futuro remoto”, il progetto di Onyx Jazz Club coprodotto dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019. L’attività di soundscaping e soundrecording effettuata dagli studenti del Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo dell’Università della Basilicata (UniBanda) si è unita al lavoro ultratrentennale dell’Onyx, che punta da sempre al rapporto stretto fra territorio e musica e che in questo caso ha contato su collaborazioni e partnership che vanno dalla Scuola di Alto Perfezionamento Musicale e dal Comune di Saluzzo, fino all’Università di Hannover. Il risultato è passato da una serie di collaudi sonori e concerti nei quali gli artisti provenienti da tutta Europa si sono lasciati ispirare dal luogo nel quale si sono esibiti, dal chiostro di un museo, al ventre della terra nella profondità di un pozzo, fino ai cortili dei Sassi. Un viaggio nel tempo che non ha trascurato nessuno degli elementi forti di una città millenaria come Matera.
Uno degli eventi più suggestivi è stato il concerto che ha chiuso la serie di sperimentazioni, il 26 settembre 2019, che ha visto sul palco naturale di piazza San Francesco il Collettivo Onyx, composto da Marta Gadaleta, voce; Gianfranco Menzella, sax tenore; Mike Rubini, sax alto, Pepi Romaniello, sax tenore e soprano; Biagio Orlandi, sax tenore e soprano; Nicolò Petrafesa, pianoforte; Gianni Vancheri, chitarra e clarinetto basso; Rino Locantore, voce, tamburi a frizione, bottiglia, metallofonia (frangizzolle); Pasquale Gadaleta, contrabbasso; Giacomo Mongelli, batteria, musicisti provenienti dalla Basilicata e dalla Puglia diretti dallo statunitense  Joe Johnson con ospiti il video artist Massimo Ottoni e il trombettista Paolo Fresu, impegnati nella prima del concerto basato sulla partitura per “Orchestra e Suoni Naturali” composta dallo stesso Johnson con il materiale campionato nelle strade della città e nel Parco della Murgia Materana dagli studenti.
Immaginate, dunque, un’orchestra sinfonica composta da centinaia di elementi: i falchi grillai, il tufo bianco, i mulinelli della Gravina, i pendii della Murgia, le distese di malva selvatica. Il racconto di Matera attraverso uno spartito in grado di leggere l’acustica dei luoghi.
Suoni del Futuro Remoto (SFR) presenta all’Europa Matera e il suo paesaggio attraverso i suoi suoni naturali che sono stati catturati, analizzati, mappati, rielaborati in digitale, per coglierne la voce più autentica e trasformarli in diversi linguaggi, dalla musica, all’installazione artistica e sonora, fino ad essere tradotti in performance dal vivo.
COME
Il progetto, nato all’interno del percorso di co-produzione avviato dalla Fondazione Matera-Basilicata2019 nel 2017, ha avviato le sue attività nel 2018 con una serie di “collaudi sonori” di luoghi acusticamente interessanti della città.  Performance dal vivo di musicisti e artisti hanno sperimentato le particolari sonorità per raccontare un inedito itinerario sonoro.  Il compito di registrare i suoni è stato affidato agli studenti dell’Università della Basilicata, i ragazzi di UniBanda, che hanno lavorato con i loro colleghi dell’Università di Hannover e ai volontari del Servizio Volontario Europeo (SVE) dopo aver appreso alcune tecniche di post-produzione audio in una residenza presso la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo. Dai suoni naturali della Gravina a quelli delle Festa Patronale passando attraverso i suoni delle piazze, dei vicoli, delle botteghe artigiane, tutto si è trasformato, come per magia in note musicali.
RISULTATI
I suoni campionati sono diventati i protagonisti di due percorsi paralleli, uno più narrativo-performativo, l’altro più artistico-musicale. Nel primo caso l’UniBanda ha utilizzato le tracce per ideare, progettare e realizzare in autocostruzione sei installazioni sonore in alcuni dei luoghi più significativi della città, il campus universitario, ma anche il palombaro di S. Giovanni da Matera (antica cisterna di raccolta delle acque piovane), Casa Cava e la Piazza Vittorio Veneto.
Il progetto artistico-musicale si è avvalso di numerosi compositori e musicisti che hanno dato la loro personale lettura del territorio trasformando i suoni della città in partiture musicali originali, tra questi i Gaze of Lisa (Italia), Niels Berg Cinemascope (Svezia), Hilde Marie Holsen (Norvegia) e Joe Johnson (Stati Uniti). Quest’ultimo ha rielaborato i suoni naturali in note musicali dando vita a una partitura per orchestra e suoni naturali eseguita in prima mondiale assoluta dal Collettivo Onyx e dal trombettista jazz Paolo Fresu il 26 settembre 2019 nella splendida cornice di Piazza S. Francesco a Matera. Il progetto è stato successivamente presentato con grande successo di pubblico nel Teatro Magda Olivero della città di Saluzzo, partner di ferro del progetto, il primo novembre 2019.
Il concerto di Matera del 26 settembre 2019 è oggi conservato nei solchi di questo vinile e nei 2 cd allegati come testimonianza di un processo di condivisione di decine tra artisti, volontari, appassionati, tecnici, studenti, professionisti, Istituzioni, donne e uomini che hanno espresso serenità e competenza. SFR è un omaggio alla città di Matera, ai suoi luoghi fuori dal tempo, ai suoi suoni, agli abitanti permanenti e temporanei, protagonisti di uno spettacolo unico e irripetibile.
Grazie Matera, Capitale Europea della Cultura 2019!

In ricordo di Lelio Giannetto instancabile innovatore

Ho appreso della morte di Lelio Giannetto quasi per caso, leggendo – a gennaio 2021 inoltrato – su una rivista le parole del pianista e sperimentatore statunitense Thollem McDonas che lo ricordava.
Giannetto – contrabbassista, compositore, organizzatore e mille altre cose – è morto il 19 dicembre 2020 in un ospedale della natìa Palermo a causa di complicazioni dovute al Covid-19: aveva cinquantanove anni, essendo nato nel 1961.
Lo ricordo sulle pagine “immateriali” di questo sito ad oltre due mesi dalla sua scomparsa. Pur aduso, professionalmente, a scrivere pezzi su musicisti che non ci sono più, mi è difficile farlo per Lelio Giannetto per vari motivi: l’essere quasi coetanei; l’impossibilità ad immaginare che un artista di incredibile vitalità e visionarietà possa non esserci più; l’inadeguatezza cronica delle parole, aggravata dal fatto che da notevole tempo non ci si vedeva o sentiva.

L’ultima volta che mi sono occupato in modo ampio di Giannetto è stato quando ho recensito quella che Francesco Martinelli (in “giornaledellamusica.it”, 30 dicembre 2020, “Addio a Lelio Giannetto, generatore di mondi”) ha definito “la miglior documentazione della sua attività di instancabile organizzatore e musicista visionario” che “si trova nella splendida pubblicazione curata dall’Archivio Antonio Uccello dedicata ai primi dieci anni di attività dell’associazione: CURVA MINORE, contemporary sound. Musica nuova in Sicilia 1997-2007, a cura di Gaetano Pennino, Regione Sicilia 2009. Al volume sono allegati tre cd antologici che documentano alcuni dei progetti di Curva Minore”. In particolare parlai dei tre album che proponevano artisti e gruppi come, tra gli altri, Gianni Gebbia, Anatoly Vapirov, Louis Sclavis, Sebi Tramontana, Demon Smith, Trio d’Orchi, Ernst Reijseger Orchestra Virtuoso, Phil Minton, Margherita Kim, Eva Geraci, Adalgisa Baldano, Giancarlo Simonacci, Stefano Zorzanello, Matilde Politi. Il primo Cd esplorava i nuovi fermenti del jazz attraverso i progetti e gli ospiti dell’associazione “Curva Minore” di cui Giannetto è stato l’anima; il secondo sintetizzava una serie di stagioni di concerti dedicati alla musica contemporanea scritta; il terzo, sempre attraverso “Curva Minore”, lavorava su una possibile reinterpretazione stilistica della musica popolare (o folk) del Mediterraneo.
Già questo rende l’idea di quanto vasti e articolati, seppur complementari, fossero i campi d’azione di Lelio Giannetto che, peraltro, era un contrabbassista di notevole levatura e personalità, fin da quando emerse nel panorama jazzistico – in senso lato – alla fine degli anni Ottanta nel trio di Gianni Gebbia. Su disco la sua prima presenza fu nell’album-progetto di Pino Minafra “Quella sporca ½ dozzina” (1990) ma molto fertile fu la stagione che il musicista palermitano trascorse a Bologna, passando attraverso il collettivo Basse Sfere (da ascoltare “Specchio Ensemble”), tra gli altri con Francesco Cusa e Fabrizio Puglisi.
Nel 1997, però, Lelio Giannetto decise di tornare a Palermo e insieme a Gianni Gebbia diede vita a “Curva Minore, associazione per la divulgazione delle musiche innovative”: sarebbe stata questa la sua “casa” e la sua missione, praticamente fino alla scomparsa. Caratterizzanti dell’azione di “Curva Minore” si sarebbero rivelate l’impegno (quasi una lotta) continuo per produrre cultura innovativa-alternativa-sperimentale nel capoluogo siciliano in spazi di rara bellezza, il respiro internazionale dei suoi progetti, l’intreccio con altre forme artistiche, il peculiare esito della sinergia tra elementi della cultura palermitana ed altri di chiara natura cosmopolita.
Nell’ultimo periodo, come rammenta ancora Francesco Martinelli, Lelio Giannetto “si era dedicato a sviluppare progetti attinenti alla tematica del paesaggio sonoro”. La più recente iniziativa – “RiEvoluzione 2020” si era tenuta in streaming tra il 7 novembre e il 5 dicembre 2020 coinvolgendo Favignana, Trapani e Scicli.
Tutto questo ora si è fermato, anche se da più parti si è espressa la volontà di portare avanti gli oltre vent’anni di ricerca sonora di “Curva Minore”. Sarebbe bello e speriamo che accada, perché la vita di Lelio Giannetto prosegua. Ho ancora in mente la sua voce al telefono, la sua gentilezza e la sua determinazione, i suoi inviti ad andare a Palermo a vedere cosa stava organizzando. Purtroppo non sono mai andato, purtroppo.

Luigi Onori

Concludo con alcune frasi tratte dal citato articolo de “ilgiornaledellamusica.it” che vedeva non solo il contributo di Martinelli ma anche quello di due musicisti molto legati al contrabbassista siciliano: Fabrizio Puglisi e Francesco Cusa.
“Lelio ha realizzato un miracolo e riusciva a trasmettere questa sensazione ai musicisti, pittori, danzatori, tecnici e al pubblico coinvolto nelle sue rassegne. A Palermo programmare dei concerti di nuove musiche è un miracolo quotidiano…” (Fabrizio Puglisi)
“Lelio è stato una maschera del nostro tempo cosmetico, il ‘Giannetto’, una sorta di figura retorica, di Bagatto, di saltellante generatore di mondi, di scomodo agitatore sonoro. Non stava mai fermo! La sua era una danza incessante, centripeta e centrifuga…” (Francesco Cusa)

(L.O.)

Presentato “New Things” il nuovo lavoro di Franco D’Andrea, alla Casa del Jazz a Roma

Nell’articolata carriera del pianista-compositore Franco D’Andrea ci sono gruppi che hanno caratterizzato periodi, brevi o lunghi, di ricerca sonora e significativi risultati. Si possono, in questo senso, citare il Modern Art Trio a inizio anni Settanta, il quartetto con Tino Tracanna, Attilio Zanchi e Gianni Cazzola negli Ottanta e, nel nuovo millennio, l’ottetto comprendente Mauro Ottolini, Andrea Ayassot, Daniele D’Agaro, Enrico Terragnoli, Aldo Mella, Zeno De Rossi e Dj Rocca (Luca Roccatagliati).

Il nuovo trio di D’Andrea – con Mirko Cisilino alla tromba ed E. Terragnoli alla chitarra e all’elettronica – si appresta ad essere il “gruppo-simbolo” dell’attuale stagione: lo afferma lo stesso pianista, dopo un periodo di rodaggio. Con il chitarrista c’era già un rapporto di reciproca stima, nato ai tempi delle registrazioni presso El Gallo Rojo e maturato attraverso l’inserimento di Terragnoli nell’ottetto (lo si ascolta in Intervals I e II, 2017-’18). Il giovane trombettista friulano gli è stato, invece, segnalato da Zeno De Rossi e, in effetti, Cisilino è uno strumentista fuori del comune per le capacità improvvisative, l’uso sapiente di varie sordine (dalla plunger alla harmon), la conoscenza di stili del jazz dalle origini all’avanguardia.

La formazione ha, in realtà, pubblicato il doppio Cd  New Things (Parco della Musica Records) ma l’album è uscito a metà marzo 2020, in piena pandemia, senza godere di una reale distribuzione. Così si spiegano le aspettative per il concerto del trio alla romana Casa del Jazz il 17 luglio scorso, nell’ambito della rassegna “Reloaded” inziata il 1° luglio e in programmazione almeno sino al 9 agosto.

D’Andrea, Cisilino e Terragnoli edificano la loro musica basandola – secondo una tecnica messa a punto dal pianista in decenni di sperimentazione – su intervalli “generativi”, su cellule melodico-ritmiche che definiscono le coordinate di un orizzonte sonoro in perenne mutazione. Si riconoscono, nelle ricche e policrome trame, alcune forme ed autori di riferimento per Franco D’Andrea: il blues, il ragtime, la musica contemporanea (a volte i brani sono privi di swing), Lennie Tristano, Thelonious Monk, il jazz di New Orleans dalla Original Dixieland Jazz Band a Louis Armstrong. Il tutto, però, è assimilato in profondità, svelato nel colore/calore degli intervalli (resi espliciti nei titoli: M3 cioè terza maggiore; A 4 che sarebbe quarta aumentata…), riproposto in una veste di moderna polifonia che scardina e ridefinisce i ruoli degli strumenti, impegnati in un avvolgente interplay.

A Mirko Cisilino spetta lavorare soprattutto sulle variazioni timbriche generate dalla tromba (con o senza sordine), non trascurando elementi ritmici, episodi in assolo e esposizioni tematiche. Alla chitarra e all’elettronica di Enrico Terragnoli competono invece funzioni di tessitura generale, senza rinunciare a incursioni stranianti, accenni di walking bass, fraseggi alla Billy Bauer o alla Bill Frisell, interventi di distorsione e manipolazione del suono. Franco D’Andrea è il principale motore generativo del trio, ma al “cuore” dei brani si arriva attraverso un processo di avvicinamento, evocazione, allusione. Così è accaduto nell’iniziale Deep, nella minimalista M2, nella swingante March. Nel finale si sono moltiplicati i riferimenti al jazz delle origini, proposto in una chiave non revivalista eppure in grado di riproporre il “calore” di una musica definita “hot” (P5+M3 / Tiger Rag). Nel secondo bis, suonato in solitudine al piano, Franco D’Andrea ha omaggiato l’amato (e a lungo indagato) Monk.

Pubblico entusiasta, anche se non troppo numeroso, per un trio che si immagina di lunga vita. Nel frattempo  D’Andrea sta già lavorando ad un progetto orchestrale che coinvolge un giovane arrangiatore spagnolo, conosciuto durante l’edizione del concorso di Barga (Lucca) dedicata alle composizioni del pianista meranese che, a 79 anni, mantiene lucida progettualità e grande fantasia.

Luigi Onori

Adam Pieronczyk Quintet al Civitafestival 31 edizione

Le foto sono di LAURA GIROLAMI

CIVITAFESTIVAL

Forte Sangallo, Cortile Maggiore

Venerdì 12 luglio 2019

Ore 21:30

Adam Pieronczyk Quintet

Adam Pieronczyk, sax tenore e soprano
Ramberto Ciammarughi, pianoforte
Jacopo Ferrazza, contrabbasso
John B. Arnold, batteria

guest Fabio Zeppetella, chitarra elettrica

Trentunesima edizione del Civita Festival: una volta di più il direttore artistico Fabio Galadini riesce a portare a casa un Festival denso di eventi di ogni genere, quest’ anno senza alcun contributo pubblico, ma solo con sponsor e incassi di biglietti di ingresso a prezzi popolarissimi, che si svolgono per la maggior parte nello stupendo Cortile Maggiore del Forte Sangallo. Teatro, Danza, Musica, Reading, una varietà di spettacoli davvero notevole, un successo di pubblico altrettanto notevole: un pubblico variegato di esperti, appassionati, ma anche di curiosi, a riprova che se si investe nella cultura in maniera intelligente la gente risponde eccome. Anche quest’anno, come ogni anno.

Tra gli eventi il concerto del quintetto di Adam Pieronczyk. Un gruppo inedito, formatosi per l’occasione, con la regia del batterista John B.Arnold. Una regia attenta che ha messo insieme cinque musicisti portatori di personalità musicale alquanto spiccata. Questo è ciò che è accaduto al Forte Sangallo, o meglio, ciò che io ho visto e ascoltato accadere dal mio punto di vista (e di osservazione)

Adam Pieronxczyk apre il concerto con un assolo di sax: una intro libera che dopo qualche minuto svela il tema portante del brano, che viene doppiato dalla mano sinistra di Ramberto Ciammarughi al pianoforte, e dal contrabbasso di Jacopo Ferrazza. John B. Arnold entra con la batteria, senza toccare il rullante, insistendo sui tom e sui ride. La chitarra di Fabio Zeppetella comincia ad incalzare ed elegge ad alter ego, in un dialogo serrato, il pianoforte. Il suono potente del contrabbasso tira le fila della tessitura complessiva, fino all’ assolo di Ciammarughi.

Un assolo in cui idee estemporanee si intrecciano con frammenti del tema principale, mai buttati via. La mano destra e la mano sinistra sono totalmente indipendenti tra loro, è come ascoltare l’esecuzione di due strumenti, due linee complementari, non linea principale e accompagnamento.
Segue l’improvvisazione di Pieronxczyk: un fraseggiare legato, melodico, denso di idee ma aperto alle sollecitazioni degli accordi pieni del pianoforte e del procedere instancabile del contrabbasso.

Al rientro in scena della chitarra elettrica, con una nota ribattuta ostinata, il volume si intensifica fino ad un massimo che poi gradualmente si assottiglia: si torna al sax che rimane solo, come all’inizio, e che sussurra, fino all’ultimo armonico.

Il secondo brano comincia con sax e contrabbasso all’unisono: la batteria colora con suoni sospesi. Il pianoforte interviene con tocchi sporadici. Si unisce all’unisono anche la chitarra, unico suono non acustico. A un breve silenzio, suggestivo, segue il tintinnare del ride e una sezione in quartetto. Il (doppio) pianoforte di Ciammarughi, la batteria di Arnold, il contrabbasso di Ferrazza e la chitarra di Zeppetella procedono insieme in un dialogo serrato, fino a quando non entra Pieronxczyk. Tacciono chitarra e piano, e un nuovo trio entra in scena: contrabbasso, batteria e sax.
Su giri armonici semplici si imperniano idee suggestive. La composizione dei musicisti sul palco cambia continuamente dando adito a una ricerca sonora e timbrica costante.

Quando il dialogo è tra Pieronxczyk e Ciammarughi, in alcuni brani che prevedono questo inizio, il sax accenna il tema e il pianoforte prende corpo lentamente, passando da una leggera scansione armonico – ritmica ad una interazione paritaria. Niente è mai ripetuto, ma, allo stesso tempo, nessun “mattoncino sonoro” viene prematuramente abbandonato. Una cellula melodica, o ritmica, può nascere dal sax, passa alla chitarra elettrica, rimbalza sul pianoforte, viene ripresa dal contrabbasso, mentre anche la batteria riesce a cantarla. Il tutto veleggiando tra momenti adrenalinici ed episodi intimisti, passando per molte sfumature possibili.
Dimenticavo di scrivere che tutta la musica suonata, bis compreso, è stata musica originale.

L’IMPATTO SU CHI VI SCRIVE

Un quintetto, come accennavo, che – poste precedenti collaborazioni tra alcuni di loro, come quella lunghissima tra Ramberto Ciammarughi e Fabio Zeppetella, o quella tra John B. Arnold e Adam Pieronxczyk, si è costituito per la prima volta proprio in occasione del Civitafestival.
I musicisti, come spesso accade in questi casi, hanno provato poco prima di suonare: le possibilità di solito sono due. Si può assistere a una Jam Session, magari anche di altro livello, o si assiste a un concerto in cui non si improvvisa su schemi prevedibili, ma si compone estemporaneamente qualcosa di nuovo e, chissà, anche irripetibile.
Ho assistito alla performance di un quintetto affiatato, composto da cinque musicisti capaci di dare forma comune e suggestiva alla spiccata personalità di ognuno, estemporaneamente.
Ho notato i dialoghi serrati tra Fabio Zeppetella e Jacopo Ferrazza: chitarra elettrica e contrabbasso intrecciati in una trama base fondante della pienezza, della compiutezza del sound complessivo. E protagonisti di assoli interessanti e intensi.
Ritengo una fortuna quella di aver avuto la possibilità di ascoltare Ramberto Ciammarughi, artista tanto defilato quanto originale, capace di essere delicato e vulcanico, ovvero dall’espressività sanguigna, torrenziale, ma anche improvvisamente intimista. Consiglio a tutti di non perdere i pochi concerti cui cede: è un pianista originale, dallo stile del tutto particolare.
Non conoscevo Adam Pieronxczyk: è stato una bella scoperta, ho trovato il suo modo di suonare singolarmente in equilibrio tra una spiccata vena melodica e una istintiva propensione alla sperimentazione, con fraseggi inusuali che spiccano durante le parti in solo o l’esposizione dei temi ma anche la capacità di intrecciarsi con il resto del gruppo diventando parte di un voicing interessante anche quando le sequenze armoniche sono costruite su schemi semplici.
John B. Arnold fa parte di quel voicing: con la sua batteria spesso va oltre l’accompagnamento ritmico e si inserisce armonicamente nel tessuto complessivo. Davvero un bellissimo suono.

 

Sleego @ Rossini Jazz Club, Faenza

Giovedì 7 marzo 2019, il Rossini Jazz Club di Faenza ospita le sonorità irlandesi con il concerto di Sleego, trio formato da Manuel Vignoli al violino, Lucio Altieri alla chitarra acustica e al bouzouki irlandese e Domenico Strippoli alle percussioni. La rassegna diretta da Michele Francesconi si presenta in questa stagione con due cambiamenti sostanziali: il Bistrò Rossini di Piazza del Popolo è il nuovo “teatro” per i concerti che si terranno di giovedì. Resta immutato l’orario di inizio alle 22. Il concerto è ad ingresso libero.

Gli Sleego sono un trio strumentale nato con l’intento di rivisitare le melodie tradizionali celtiche in chiave moderna. Il progetto prende vita nell’estate del 2015 e, ad oggi, ha già all’attivo moltissimi concerti con feedback estremamente positivi da parte di pubblico e critica. Nel corso degli anni, il trio si è esibito in diverse regioni italiane ed ha vinto alcuni riconoscimenti degni di nota, tra cui il primo premio al concorso nazionale “Folk Nuove Generazioni” conferitogli dal “Li Ucci Festival” di Cutrofiano (Lecce) e il Premio della Giuria a “La Musica nelle Aie” di Faenza.

A giugno 2016 è uscita la prima produzione dal titolo “Inspire”, contenente otto brani tradizionali da loro rivisitati, più due tracce remixate create in collaborazione con il maestro e compositore Paolo Castelluccia, autore di colonne sonore per la RAI e per SKY. Nel 2018, invece, è venuto alla luce il secondo album della band, “Metamorphosis”, composto unicamente da brani inediti. Questo lavoro rappresenta una evoluzione nel percorso del gruppo, frutto di una ricerca sonora rivolta a cercare un connubio tra le sonorità celtiche e la world music: ritmi incalzanti, sonorità etniche e melodie romantiche creano un mondo intimo e immaginifico in cui avvolgere l’ascoltatore.

La rassegna musicale diretta da Michele Francesconi, dopo oltre dieci anni, cambia sede e si sposta al Bistrò Rossini che diventerà, ogni giovedì, il Rossini Jazz Club: la seconda importante novità riguarda proprio il giorno della settimana, si passa appunto al giovedì come giorno “assegnato” ai concerti. Resta invece immutato lo spirito che anima l’intero progetto: al direttore artistico Michele Francesconi e all’organizzazione generale di Gigi Zaccarini si unisce, da quest’anno, la passione e l’accoglienza dello staff del Bistrò Rossini e l’intenzione di offrire all’appassionato e competente pubblico faentino una stagione di concerti coerente con quanto proposto in passato.

La rassegna musicale del Rossini Jazz Club di Faenza prosegue, giovedì 14 marzo 2019, con il concerto del Beppe Di Benedetto Concept Quartet, formazione composta da Beppe Di Benedetto al trombone e all’euphonium, Gianluca Di Ienno al pianoforte, Giulio Corini al contrabbasso e Michele Morari alla batteria.

Il Bistrò Rossini è a Faenza, in Piazza del Popolo, 22.

Emilio Marinelli Dope 3 @ Rossini Jazz Club, Faenza

Giovedì 22 novembre 2018, il Rossini Jazz Club di Faenza propone il concerto di Emilio Marinelli Dope 3 con Emilio Marinelli al pianoforte e alle tastiere, Gabrielele Pesaresi al contrabbasso e al basso elettrico, Stefano Paolini alla batteria e al kaos pad e John Michael Mawushie al beat-box. La rassegna diretta da Michele Francesconi si presenta in questa stagione con due cambiamenti sostanziali: il Bistrò Rossini di Piazza del Popolo è il nuovo “teatro” per i concerti che si terranno di giovedì. Resta immutato l’orario di inizio alle 22. Il concerto è ad ingresso libero.

Il concerto dell’Emilio Marinelli Dope 3 è un viaggio musicali ricco di contaminazioni e suggestioni sonore tra jazz, elettronica e nuove tendenze della Black Music.

Il pianista Emilio Marinelli – jazzista, arrangiatore e compositore, con una solida esperienza di leader di formazioni e con un variegato e prestigioso ventaglio di collaborazioni nel suo curriculum – propone questo nuovissimo progetto con l’intento di avvicinare la tradizione jazz ad una contemporaneità raffinata ma fruibile, cercando di far convivere la gestualità e le intenzioni stilistiche di generi come hip-hop, rock, funk con la libertà espressiva e l’estemporaneità del jazz.

Pur discendendo dalla classicissima forma del trio jazz composto da pianoforte, contrabbasso e batteria, l’Emilio Marinelli Dope 3 evolve e potenzia la sua sezione ritmica con la presenza di John Michael Mawushie a.k.a JBEAT, laureatosi campione italiano di beat-box nel luglio 2018. Il meglio in circolazione sul suolo Italiano. Energia, ricerca sonora e groove sono le caratteristiche principali di questo combo, completato da una ritmica esperta e capace di straordinaria musicalità come sanno assicurare il contrabbassista Gabriele Pesaresi e il batterista Stefano Paolini, musicisti attivi nella scena jazz italiana e, a loro volta, entrambi già band leader e compositori.

La rassegna musicale diretta da Michele Francesconi, dopo oltre dieci anni, cambia sede e si sposta al Bistrò Rossini che diventerà, ogni giovedì, il Rossini Jazz Club: la seconda importante novità riguarda proprio il giorno della settimana, si passa appunto al giovedì come giorno “assegnato” ai concerti. Resta invece immutato lo spirito che anima l’intero progetto: al direttore artistico Michele Francesconi e all’organizzazione generale di Gigi Zaccarini si unisce, da quest’anno, la passione e l’accoglienza dello staff del Bistrò Rossini e l’intenzione di offrire all’appassionato e competente pubblico faentino una stagione di concerti coerente con quanto proposto in passato.

Giovedì 29 novembre, sempre alle 22, la stagione del Rossini Jazz Club di Faenza prosegue con Luca Ciarla Solorchestra, il concerto del violinista Luca Ciarla.

Il Bistrò Rossini è a Faenza, in Piazza del Popolo, 22.