Il “Coro che non c’è” fa ancora una volta centro: Straordinario successo della loro versione di “Helplessly Hoping”

Poco tempo fa vi ho parlato del “Coro che non c’è” un insieme di circa 100 ragazzi provenienti dai licei e dalle università romane che si stava affermando come una delle più belle realtà musicali capitoline.

Una clamorosa conferma della validità artistica di questo coro a cappella si è avuta nei giorni scorsi; per iniziativa di una ragazza hanno deciso di tentare un’impresa difficile. Così, scelto un pezzo – il celebre “Helplessly Hoping” di Crosby, Stills Nash, contenuto nel loro album di debutto nel 1969, nell’arrangiamento degli ‘Home Free’ – si è proceduto a scrivere le varie parti. Queste sono state inviate ai singoli ragazzi che le hanno incise da casa ovviamente con strumenti tutt’altro che professionali. Una volta registrate, le varie parti sono state assemblate da un membro del coro, Leonardo Ciamberlini. Risultato il video che potrete vedere qui: https://youtu.be/KtX1r0SzxlI.

Screenshot youtube

Immediate e francamente inimmaginabili le reazioni dei social (Youtube, Twitter, Instagram). In poche ore ci sono state oltre 80.000 visualizzazioni con circa 2.500 like e soli 8 dislike, e una serie di commenti positivi provenienti in massima parte dagli States.

In particolare molte e incredibili le reazioni del mondo musicale. Ecco quindi farsi sentire proprio alcuni componenti di quel gruppo a cappella da cui, come si diceva, è stato tratto l’arrangiamento, vale a dire Adam Chance, e Rob Lundquist degli “Home Free”, dichiarare rispettivamente: “Questa è bellissima, ragazzi! Questo gruppo ha fatto una versione in quarantena del nostro arrangiamento di Helplessly Hoping, ed è veramente commovente. Guardatela. Questa è meravigliosa ragazzi! Restate al sicuro e sani e continuate a cantare!”, “Questa è bellissima”.

Home Free

Ma nessuno avrebbe potuto immaginare che si sarebbe pronunciato niente di meno che uno degli autori del pezzo, vale a dire il mitico David Van Cortlandt Crosby, il quale si è lasciato andare ad un complimento tanto lusinghiero quanto inaspettato: “Grazie Italia per avermi reso la giornata meravigliosa cantando quella canzone così bene e con un tale cuore… amo l’Italia e gli italiani e questo spirito è una delle principali ragioni. Questa ora è la mia versione preferita di questa canzone in assoluto… mi piace più della nostra versione originale.”

David Crosby

Sintetici ma efficaci i messaggi di Jamie Margulis (Snarky Puppy): “Wow… 💗💗💗💗💗   -Jamie” e di Steve Van Zandt chitarrista, cantante, attore meglio conosciuto come Little Richard, in onore di Little Richard, o come Miami Steve, soprannome datogli da alcuni amici per il fatto che pare soffrisse sempre il freddo (Miami è una delle città più calde degli Stati Uniti d’America) “Wow. È bellissimo”.

Diverse le testimonianze anche dal mondo della cultura. Così Jeff Jarvis, giornalista, professore, scrittore americano “Questo mi ha illuminato la mattinata. Attraverso il mio maestro di coro via internet.”

Significativa la notazione di Deborah Copaken scrittrice, fotogiornalista anch’ella statunitense “Giusto per contrapporla all’odio che spopola qui, eccovi una canzone che vi metterà in ginocchio con l’amore.”

Diane Lewis, giornalista ed editrice di KING-TV, rete televisiva americana, ha scritto: “Questa è sempre stata una delle mie canzoni preferite di tutti i tempi. Amo questa versione. Mi fa piangere data la situazione in cui siamo, ma amerò per sempre la versione dei CSN fino alla morte.”

Dello stesso tenore il parere dell’altra giornalista dell’Atlantic e del New York Times, Rachel Donadio, secondo cui: “Ok, questo è meraviglioso. Ricordate che in italiano la H non si pronuncia.”

Ad occhi chiusi la reazione di un altro giornalista americano che scrive per il Wall Street Journal, Francis Xavier Rocca: “Piuttosto immaginatevi questo: degli studenti romani in un concerto virtuale.”

Screenshot YouTube

Bene ha interpretato lo spirito del video il critico d’arte, sociologo e saggista statunitense Howard Rheingold il quale è certo che “questo vi solleverà lo spirito. I volti e le voci della speranza.”

Entusiasta l’invito dell’arts administrator e scrittore Howard Sherman, anch’egli statunitense, “Avete visto questa bellissima Helplessly Hoping fatta da studenti italiani?”

E per non annoiarvi mi fermo qui tralasciando quindi le numerose testimonianze giunte dall’Italia nonostante il terribile momento che stiamo vivendo. Ma credo sia stato importante segnalare la voglia di questi ragazzi che amano la musica e vogliono farne una sorta di inno alla speranza che tutto passi e che si possa tornare presto alla normalità…magari, aggiungo io, con qualche differenza non proprio secondaria, rispetto al passato.

Gerlando Gatto

IN EQUILIBRIO TRA GIOVANI TALENTI E GRANDI NOMI LA NUOVA STAGIONE DEL MILESTONE JAZZ CLUB

Occhi puntati sui giovani talenti nostrani, alcune chicche inusuali e sorprendenti e nomi di grande richiamo, a livello nazionale e internazionale. Queste in estrema sintesi le peculiarità che possono descrivere la nuova stagione del Milestone Jazz Club, il locale piacentino di musica rigorosamente dal vivo che riapre la sua stagione di concerti il 5 ottobre e proseguirà tutte le settimane (perlopiù il sabato sera, qualche volta anche la domenica nel tardo pomeriggio e un unico venerdì) fino a tutto il mese di gennaio. Da febbraio, poi, sarà la volta della nuova edizione del Concorso “Bettinardi”, da sempre preludio del Piacenza Jazz Fest.

In sedici anni di vita il Concorso ha visto maturare professionalmente tanti dei giovani talenti che avevano superato le varie fasi della selezione fino alla finale, alcuni dei quali sono riusciti diventare musicisti affermati, concretizzando quella che, all’epoca della loro partecipazione, era un’ambizione: fare della musica la loro scelta di vita.

Quest’anno il Bettinardi si guadagna una larga fetta di programmazione al Milestone, sia attraverso tre dei protagonisti delle passate edizioni sia con una finale speciale, nuova di zecca. A tornare sul palco del club con i loro attuali progetti musicali saranno il polistrumentista Dario Carnovale (vincitore nel 2008 nella sezione gruppi col suo trio di allora) sabato 2 novembre insieme al saxofonista Francesco Bearzatti, il saxofonista Claudio Jr. De Rosa (miglior solista nel 2016) che presenterà il suo nuovo album il prossimo 4 gennaio insieme al quartetto che porta il suo nome e il pianista Francesco Orio (sempre miglior solista nel 2015 e miglior trio 2016) che si esibirà sabato 18 gennaio.

Domenica 13 ottobre si terrà invece la finale del Concorso Bettinardi “Speciale Emilia-Romagna”, appositamente bandita dal Piacenza Jazz Club insieme a Bologna In Musica e al Torrione di Ferrara, per selezionare giovani formazioni di musicisti che suonano musica originale residenti in maggioranza nella regione, con il sostegno della “Legge Musica”, prima in Italia nel suo genere. I gruppi che si esibiranno sono stati selezionati da una giuria di esperti sulla base del materiale audio inviato nei mesi scorsi, costituito da soli brani originali. Un’ottima occasione per tutti quei giovani che vogliono provare a crescere in un settore molto competitivo e in cui è molto difficile riuscire ad emergere senza l’ausilio di strumenti specifici che diano una mano concreta a sviluppare le proprie doti.

Pluralità di approcci, originalità di sguardi e livello qualitativo che tende sempre all’eccellenza nelle scelte artistiche, sono le caratteristiche più evidenti di questa stagione alle porte, che si preannuncia stimolante e variegata.

Senza addentrarsi troppo nel dettaglio, basti citare alcune perle come l’ultima serata di ottobre, una delle pochissime in Italia che vedrà esibirsi lo ZZ International Quartet, un quartetto internazionale di altissimo livello che include musicisti provenienti da quattro paesi diversi e che propone composizioni rigorosamente originali. Il quartetto è composto da Simone Zanchini alla fisarmonica e ai live electronics, Ratko Zjaca alla chitarra elettrica, Martin Gjaconovski al contrabbasso e Adam Nussbaum alla batteria.

Oppure a novembre la serata in due set che vedrà protagonista il batterista Roy Royston, nella prima parte insieme alla cantante Paola Quagliata in un duetto libero da appartenenze di genere, nella seconda insieme al suo quintetto, in una formazione particolarmente allettante, formata da clarinetto basso e saxofoni insieme alla fisarmonica, violoncello e contrabbasso.

Sempre a novembre, un trio di grandi nomi del Jazz, insieme per un progetto che finalmente torna a mettere il violino protagonista. Il violinista è il francesce Régis Huby che insieme al contrabbassista Bruno Chevillon (che qualcuno si ricorderà per aver accompagnato Michel Portal in un bellissimo concerto alla Sala degli Arazzi per il Piacenza Jazz Fest edizione 2018) e al batterista Michele Rabbia presentano il loro album “Reminescence”.

Tra i nomi di spicco non si può non citare la serata di venerdì 20 dicembre che vedrà il graditissimo ritorno di Antonio Faraò con un trio il cui spirito differisce dai precedenti, in virtù della presenza al contrabbasso e basso di Ameen Saleem, grande talento per anni nel quintetto di Roy Hargrove.

La commissione artistica del Milestone, composta da Gianni Azzali, Angelo Bardini e Monica Agosti, ha così voluto proporre al pubblico una programmazione che spazia per stili e per intenzione, che possa stuzzicare curiosità e interesse e che offrirà di certo la possibilità di ampliare i propri orizzonti musicali, per tutti coloro che non si vogliono fermare alle solite note ma amano continuare a crescere.

A partire dall’inaugurazione del 5 ottobre sarà già possibile all’ingresso fare la tessera 2020 del Piacenza Jazz Club che raffigurerà il padre del movimento free jazz Ornette Coleman nell’anniversario dei novant’anni dalla sua nascita.

Per maggiori informazioni si consiglia di visitare il sito www.piacenzajazzclub.it e seguire le sue pagine social su facebook, twitter e instagram.

Il Daniele Ciuffreda Organ Trio in concerto al Rossini Jazz Club di Faenza

Giovedì 7 febbraio 2019, la stagione musicale del Rossini Jazz Club di Faenza prosegue con il il Daniele Ciuffreda Organ Trio, composto da Daniele Ciuffreda alla chitarra, Matteo Addabbo all’organo Hammond e Daniele Pavignano alla batteria. La rassegna diretta da Michele Francesconi si presenta in questa stagione con due cambiamenti sostanziali: il Bistrò Rossini di Piazza del Popolo è il nuovo “teatro” per i concerti che si terranno di giovedì. Resta immutato l’orario di inizio alle 22. Il concerto è ad ingresso libero.

Daniele Ciuffreda guida il suo Organ Trio attraverso composizioni originali, tratte dal disco “Out On The Ninth Day”: swing travolgente, groove, blues unito alla consueta voglia di rendere omaggio alle songs più celebri della tradizione del Jazz.

«Nel 2015 dopo nove giorni passati in ospedale, all’improvviso mi è venuta in mente la prima frase del tema di questo brano – commenta Daniele Ciuffreda riferendosi alla quinta traccia che da il titolo all’album. Fin da subito ho creduto che avesse qualcosa di speciale e così ho provato a svilupparla con l’idea che potesse vagamente ricordare le composizioni di Bobby Timmons che hanno un forte legame con la church music. Il risultato mi ha convinto a tal punto da decidere di usarla come titolo del disco.»

“Out On The Ninth Day” è il titolo del disco che Daniele Ciuffreda ha realizzato nell’autunno del 2018 insieme ad Alberto Marsico e Daniele Pavignano. Il disco vede la presenza, come special guest, di Fabrizio Bosso ed è stato pubblicato da Abeat Records.

La rassegna musicale diretta da Michele Francesconi, dopo oltre dieci anni, cambia sede e si sposta al Bistrò Rossini che diventerà, ogni giovedì, il Rossini Jazz Club: la seconda importante novità riguarda proprio il giorno della settimana, si passa appunto al giovedì come giorno “assegnato” ai concerti. Resta invece immutato lo spirito che anima l’intero progetto: al direttore artistico Michele Francesconi e all’organizzazione generale di Gigi Zaccarini si unisce, da quest’anno, la passione e l’accoglienza dello staff del Bistrò Rossini e l’intenzione di offrire all’appassionato e competente pubblico faentino una stagione di concerti coerente con quanto proposto in passato.

Il prossimo appuntamento con il Rossini Jazz Club di Faenza è per giovedì 14 febbraio 2019, quando si terrà il concerto in solo di Tati Valle. Lunedì 11 febbraio, inoltre, il Bistrò Rossini ospiterà il concerto di chiusura della rassegna “Fiato al Brasile 2019”.

Il Bistrò Rossini è a Faenza, in Piazza del Popolo, 22.

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Daniele Ciuffreda Organ Trio
Daniele Ciuffreda. chitarra
Matteo Addabbo. organo Hammond
Daniele Pavignano. batteria

Rossini Jazz Club
Faenza. Piazza del Popolo, 22

Giovedì 7 febbraio 2019. ore 22
ingresso libero

web: www.bistrorossini.it
social network: www.facebook.com/rossini.jazzclub; www.twitter.com/rossinijazzclub; www.instagram.com/rossinijazzclub

Jazz e critica democratica, al tempo dei social media

“Stiamo uccidendo gli artisti con i social network”, ha dichiarato Vincent Lindon in un’intervista a “Vanity Fair”, misfatto che sarebbe consumato da quel mondo web che costringe lo spettatore ad una visione domestica dei film, per come lamentato dall’attore nell’imminenza dell’uscita di “L’apparizione”, del regista Xavier Giannoli. Concetti trasferibili alla musica?

C’è qualche dubbio, in proposito, constatato come il web, per quanto visto “dal divano”, contribuisca a render noti o famosi diversi artisti ed a mitizzare astri vecchi e nascenti delle sette note (e della celluloide). Sono tanti i musicisti che si giovano dei nuovi media per affermarsi e imporsi. Ci sono poi altri risvolti del cambiamento generato dai social in questo ambito.
Uno è che si sta assistendo ad una mutazione dei ruoli più consolidati. Prendiamo ad esempio quello del critico/giornalista o cultore della materia che dir si voglia.
Jazz, nel caso specifico. A vedere lo scarso spazio assegnatogli su grandi giornali e tv, insomma sui media generalisti, parrebbe un mestiere destinato all’estinzione, come i brontosauri e gli indios dell’Amazzonia. Son sempre più rari i contributi, almeno quelli laboriosi e attenti a cui firme di provata esperienza ci hanno abituati.
Vero è che, in generale, il peso della stampa tradizionale – e quindi delle stesse rassegne stampa dei festival – non è più quello di una volta. Per la concertistica jazz, con la riduzione di contributi e sponsor, prevale la logica del botteghino e, giocoforza, la promozione importa più della riflessione ponderata a fari spenti. E non mancano uffici stampa costretti a diventare “operatori mediatici” per adeguarsi ai tempi che cambiano puntando a far pubblicare un ritaglio del comunicato, una breve, un redazionale o un’intervista prima dell’evento, reale o supposto.

Ma ci sono anche, per spiegare tale trend, specifiche ragioni di contenuto.
A livello di festival una certa ripetitività dei nomi in cartellone ad alcune rassegne (non ispirate alle produzioni originali né rischiosamente innovative) non è che faccia bene alla categoria dei “giornalisti musicali” nel senso che diventa sempre più difficile recensire una performance di un artista accreditato (che si ripeta, ovviamente) del quale si è detto tutto, si conosce ogni piega, lo si venera a priori per cui che senso avrebbe sottoporlo ad un ulteriore giudizio?

E c’è poi una tendenza centrifuga, di una “critica” divenuta città aperta, accessibile, non più roccaforte depositaria delle pronunce di pochi eletti, slegata da linee editoriali.
Fenomeno che non andrebbe visto con sospetto, nel senso che se ci sono degli appassionati i quali, anche tramite il web, si avvicinano e partecipano al mondo della musica afroamericana, non solo con la fruizione passiva, ma anche con l’approfondimento vigile, che siano i benvenuti!  Va precisato, per inciso, che essendo questa una rivista on line va da sé che il giudizio sul web non può di certo essere negativo, nella convinzione che si tratti di uno strumento utile alla democratizzazione del sapere e della cultura, compresa quella musicale. Per quella jazzistica, poi, che è minoritaria, sì, ma ha un’estensione mondiale, l’ausilio della rete è più che vitale come mezzo utile alla circolazione delle informazioni e dell’ascolto sia di documenti storici (quanti 78 giri su youtube!) che alla visione di filmati di concerti anche in contemporanea (che piacere vedere e sentire in diretta fb Al Di Meola mentre si esibisce in U.S.A.!).

Ma la figura dell’esperto, in questo panorama mutante, allora risulta appannata?
Guardiamo ai dischi di jazz. Capita che ne vengano pubblicati senza le liner notes di un addetto ai “lavori”. La cosa non è scandalosa. Quanti libri escono senza prefazione? Siamo lì. Non è detto, avrà pensato l’editore, che il lettore, l’ascoltatore nel caso degli album, debba esser accompagnato per forza nel suo approccio al disco da un “tecnico”. Idea che non fa una grinza. Sarà più autonomo nell’auto/orientamento e nell’apprezzamento. Un tutor di se stesso. E poi se vorrà potrà approfondire altrove, magari sulle riviste specializzate cartacee o web, o sui social. Ed è qui il punto principale del discorso. È lì che potrà trasformarsi a sua volta in giurato popolare che sentenzia a base di like, di cittadino che conquistata la Bastiglia culturale occupata da un’élite, potrà finalmente sfornare pensieri, limare stime, compilare il riquadro “scrivi la tua recensione”. Più saranno le condivisioni, a vario titolo, e più il disco, il concerto, ma la cosa vale anche per altri prodotti artistici (cinematografici, letterari, pittorici etc.) sarà da intendersi “contattato” dai nuovi digitors, e quindi acquisire popolarità e, forse, prestigio. Il numero è potenza, diceva qualcuno. Ancor più vero, in quest’era massmediale in cui Shazam ha “rubato” il posto ad orecchi sopraffini perché in grado di decifrare da poche note il titolo di un brano. Intendiamoci. È positivo che la libertà di critica sia sdoganata, diffusa sui social dove basta un pollice alto o un pollice verso a decretare se il gladiatore che si cimenta nell’arena artistica debba essere osannato o divorato. L’artista che si espone al pubblico è consapevole del rischio che corre e ciò lo sprona a migliorarsi e a dare il meglio. Tutto ciò è positivo specie se significa maggiore partecipazione e attenzione anche nel caso del jazz.

Lo sarebbe meno se prevalesse l’idea che solo il Verbo collettivo fosse il Dogma. Lo scontro, su queste premesse, sarebbe duro per i critici, decimati dallo sfoltimento degli spazi disponibili al jazz, per l’impari confronto, tipo Termopili, contro le flotte e le frotte dei persiani in avanzata (l’apparato di comunicazione massiva che sostiene e premia non certo generi ancora di nicchia come il jazz). E ridotti anche da un ricambio generazionale che procede con lentezza. La speranza è che la riserva indiana sia in qualche modo protetta dai nuovi fondamentalismi. Anche perché la coesistenza è possibile, c’è spazio per tutti, dal mainstream alla controinformazione. E’ la libertà dell’informazione, bellezza, la bellezza dell’informazione a 360 gradi. Tanto più vasta quanto meno imbavagliata.

In conclusione.  C’era un paesino il cui assessore alla cultura fungeva anche da direttore artistico della locale rassegna jazz. Ecco. È quello che, parlando del nostrano jazz journalism, bisognerebbe evitare: la confusione dei ruoli. Nel presupposto che il commentatore jazz sia uno stakeholder, un portatore di interesse, culturale più che economico, che opera da una data postazione mediatica. Ma non è una cosa social, non necessariamente, senza per questo essere antisocial, anzi di norma partecipando alla vita della rete, leggendo, consultando, confrontandosi, postandovi immagini, foto, notizie…oltretutto il web gli fornisce il termometro degli umori e degli amori verso questa musica.

In politica si sbatte il tweet in prima pagina. Nel caso in esame non sarebbe possibile. Il jazz non guadagna in genere la ribalta della cronaca. Ma ci può stare l’aspirazione a rivendicare per chi lo analizza, e senza accampare difese corporative, un livello sindacale minimo di rispetto delle competenze quando si “mette in vetrina” la propria mercanzia professionale di fronte alla platea degli interessati; nella quale, c’è da giurarlo, potrebbe sempre annidarsi chi è pronto al crucifige ed a fare mucchio selvaggio a colpi di click.

Amedeo Furfaro

TangoMinas @ Rossini Jazz Club, Faenza

Tango Minas
Francesca Esposito. canto, voce recitante
Pamela Falconi. flauto
Carmen Falconi. pianoforte
Giulia Costa. violoncello

Rossini Jazz Club
Faenza. Piazza del Popolo, 22

Giovedì 15 novembre 2018. ore 22
ingresso libero

web: www.bistrorossini.it
social network: www.facebook.com/rossini.jazzclub; www.twitter.com/rossinijazzclub; www.instagram.com/rossinijazzclub

Giovedì 15 novembre 2018, la stagione del Rossini Jazz Club di Faenza prosegue con il concerto di Tango Minas, formazione tutta al femminile composta da Francesca Esposito al canto e alla voce recitante, Pamela Falconi al flauto, Carmen Falconi al pianoforte e Giulia Costa al violoncello. La rassegna diretta da Michele Francesconi si presenta in questa stagione con due cambiamenti sostanziali: il Bistrò Rossini di Piazza del Popolo è il nuovo “teatro” per i concerti che si terranno di giovedì. Resta immutato l’orario di inizio alle 22. Il concerto è ad ingresso libero.

Acquaforte, il nuovo lavoro del quartetto Tangominas, è un affresco argentino “inciso” in tango.

Il tango è musica cosmopolita: ritmi africani, parole scritte da italiani in una lingua – il lunfardo – che è mélange di dialetti, spagnolo e altre lingue europee e non. Uno dei suoi migliori interpreti è un francese (Gardel) e lo strumento che più lo rappresenta (il bandoneón) è probabilmente di origine tedesca. È questo magico miscuglio che rende il tango tanto affascinante, sempre in grado di essere visitato e rivisitato nel corso della sua storia. Una musica meticcia, frutto di migrazioni, solitudini, perdite e rivincite contro “la suerte, que es grela”.

Acquaforte è un viaggio/affresco fatto di parole e suoni. Il ritratto contrastato di una musica che ha accompagnato la storia dell’Argentina, facendosi – alternativamente – ora effigie del potere, ora canto di libertà: poetica, contraddittoria ma sempre viva. In Acquaforte, le note degli strumenti si uniscono alla voce di Francesca Esposito che – incidendo l’aria – si fa canto e racconto per accompagnare lo spettatore in un mondo fatto di passioni, nostalgia, rabbia, poesia e storia. Un mondo molto più complicato di quello che traspare dai mille stereotipi del e sul tango e – proprio per questo – molto, molto più affascinante.

La rassegna musicale diretta da Michele Francesconi, dopo oltre dieci anni, cambia sede e si sposta al Bistrò Rossini che diventerà, ogni giovedì, il Rossini Jazz Club: la seconda importante novità riguarda proprio il giorno della settimana, si passa appunto al giovedì come giorno “assegnato” ai concerti. Resta invece immutato lo spirito che anima l’intero progetto: al direttore artistico Michele Francesconi e all’organizzazione generale di Gigi Zaccarini si unisce, da quest’anno, la passione e l’accoglienza dello staff del Bistrò Rossini e l’intenzione di offrire all’appassionato e competente pubblico faentino una stagione di concerti coerente con quanto proposto in passato.

Giovedì 22 novembre, sempre alle 22, il Rossini Jazz Club di Faenza propone il concerto di Emilio Marinelli Dope 3 con Emilio Marinelli al pianoforte e alle tastiere, Gabrielele Pesaresi al contrabbasso e al basso elettrico, Stefano Paolini alla batteria e al kaos pad e John Michael Mawushie al beat-box.

Il Bistrò Rossini è a Faenza, in Piazza del Popolo, 22.

Love Sick Duo @ Rossini Jazz Club, Faenza

Love Sick Duo
Paolo Roberto Pianezza: voce, chitarra
Francesca Alinovi: voce, contrabbasso

Rossini Jazz Club
Faenza. Piazza del Popolo, 22

Giovedì 4 ottobre 2018. ore 22
ingresso libero

web: www.bistrorossini.it
social network: facebook.com/rossini.jazzclub; twitter.com/rossinijazzclub; instagram.com/rossinijazzclub

Giovedì 4 ottobre 2018, la stagione del Rossini Jazz Club di Faenza prosegue con Love Sick Duo, la formazione composta da Francesca Alinovi al contrabbasso e alla voce e Paolo Roberto Pianezza alla voce, alla chitarra e alla lap steel. La rassegna è diretta da Michele Francesconi e in questa stagione si presenta con due cambiamenti sostanziali: il Bistrò Rossini di Piazza del Popolo è il nuovo “teatro” per i concerti che si terranno di giovedì. Resta immutato l’orario di inizio alle 22. Il concerto è ad ingresso libero.

Il Love Sick Duo porta al Rossini Jazz Club le atmosfere del rock’n’roll delle radici, del country e del bluegrass. Dopo diversi tour in Italia e in Europa, Paolo Roberto Pianezza e Francesca Alinovi decidono di approfondire la vecchia musica della tradizione, da Chuck Berry fino ad arrivare a Hank Williams passando per Buck Owens e Bob Wills e pescando nei “traditional” della musica di New Orleans, fulcro del groove e del sound della band e fonte di forte ispirazione.

Improvvisazione e interplay sono fondamentali nell’economia del duo: sono gli elementi che connettono i musicisti e portano sempre qualcosa di nuovo e unico in ogni concerto. Un valore aggiunto, alla selezione dei brani della tradizione americana, sono i brani originali in lingua italiana: alcuni sono stati pubblicati nella “live session” registrata a New Orleans nel 2016 con la clarinettista di fama internazionale Chloe Feoranzo. Il 25 maggio 2018 è stato dato alle stampe La Valigia Di Cartone, il nuovo disco composto da tredici brani originali..

La rassegna musicale diretta da Michele Francesconi, dopo oltre dieci anni, cambia sede e si sposta al Bistrò Rossini che diventerà, ogni giovedì, il Rossini Jazz Club: la seconda importante novità riguarda proprio il giorno della settimana, si passa appunto al giovedì come giorno “assegnato” ai concerti. Resta invece immutato lo spirito che anima l’intero progetto: al direttore artistico Michele Francesconi e all’organizzazione generale di Gigi Zaccarini si unisce, da quest’anno, la passione e l’accoglienza dello staff del Bistrò Rossini e l’intenzione di offrire all’appassionato e competente pubblico faentino una stagione di concerti coerente con quanto proposto in passato.

La stagione del Rossini Jazz Club presenta giovedì 11 ottobre il concerto “Opera Remix”, il nuovo progetto di Sax Four Fun, quartetto di sassofoni composto da Stefano Menato, Fabio Petretti, Fiorenzo Zeni e Giorgio Beberi.

Il Bistrò Rossini è a Faenza, in Piazza del Popolo, 22.