Tempo di lettura stimato: 8 minuti



Amato Jazz trio – “Well”

Amato Jazz trio – “Well”

Amato Jazz trio – “Well” – abeat ABJZ 089

E' con vero piacere che vi presento questo album in quanto era da molto tempo che non mi capitava tra le mani un disco dei tre fratelli siciliani. Lacuna che è stata colmata, adesso, da questo album che conferma appieno quanto già di buono si conosceva sul trio. La formazione si basa su alcuni punti fermi che da sempre ne caratterizzano lo stile: innanzitutto l'interplay fra i tre evidentemente agevolato dal conoscersi assai bene anche al di fuori dell'ambiente musicale; una profonda conoscenza dell'intera letteratura jazzistica mai fine a sé stessa ma sempre usata come piattaforma per nuove elaborazioni; il forte attaccamento alla Sicilia che si sostanzia in un costante ricerca ed esposizioni delle proprie radici mediterranee; il profondo rispetto verso la musica classica. Di qui una musica dalle mille sfaccettature, a volte penosa e meditativa, altre trascinante ed esplosiva, ma sempre eseguita con grande gusto e senso della misura. Come al solito, i temi sono quasi tutti scritti da Elio e Alberto (rispettivamente pianista e contrabbassista) cui si aggiungono, nell'occasione due riletture di pezzi di Stravinski con risultati assolutamente apprezzabili.

torna su

Carlo Alberto Canevali, Lorenzo Frizzera – “Godzilla in Wonderland”

Carlo Alberto Canevali, Lorenzo Frizzera – “Godzilla in Wonderland”

Carlo Alberto Canevali, Lorenzo Frizzera – “Godzilla in Wonderland” – nbn

Album sicuramente non facile questo del batterista Carlo Alberto Canevali e del chitarrista Lorenzo Frizzera. I due si ritrovano sul terreno dell'improvvisazione pura dopo aver percorso strade non sempre coincidenti. Il batterista si è fatto le ossa suonando al fianco di grandissimi musicisti jazz quali Kenny Wheeler, Stefano Battaglia, Franco d'Andrea, ed Heny Threadgill ma ha pure sviluppato diverse esperienze nel campo della live electronic; Frizzera ha alternato ad esperienze prettamente jazzistiche (specie con Jimmy Cobb) collaborazioni nella musica etnica, nella musica elettronica, nel funk, nel pop. Forti di questo variegato bagaglio, i due hanno dato vita ad un album dalla atmosfere assai cangianti in cui, per l'appunto, è possibile ritrovare eco di queste molteplici esperienze accomunate dalla voglia di improvvisare, di lasciarsi andare all'ispirazione del momento, di trovare sempre nuovi terreni su cui avventurarsi, nella certezza di non perdersi per strada il compagno d'avventura.

torna su

Luigi Cinque – “Luna reverse”

Luigi Cinque – “Luna reverse”

Luigi Cinque – “Luna reverse” – My favorite records 8034135080080

Ancora un album di rara intensità di Luigi Cinque che si conferma musicista originale ed unico nell'attuale panorama non solo italiano. In effetti la sua musica sfugge a qualsivoglia classificazione frequentando, contemporaneamente, diversi territori : dal jazz all'etnica… fino alla musica contemporanea in una sorta di miscellanea che nulla lascia al caso. Il tutto è ponderato,analizzato e guidato con mano sicura verso un approdo che Cinque conosce assai bene sin dall'inizio. Di qui la sensazione di una sorta di viaggio guidato  in cui il musicista siciliano ci conduce per mano, in maniera assai discreta, quasi con la paura di disturbare attraverso un ascolto trasversale che deve, necessariamente deve uscire dai binari tradizionali se si vuol comprendere cosa la musica sta cercando di esprimere… e ciò al di là delle vexata quaestio se la musica possa o meno essere semantica.  In realtà dall'ascolto del disco risalta evidente un dato di fondo: la musica non conosce confini. E la cosa è comprovata dalla composizione stessa dell'Hypertext O'rchestra, la band che oramai Cinque dirige da tempo, in cui figurano musicisti di estrazione assai diversa, dal brasiliano Armandinho specialista del cavaquinho agli archi del Balanescu Quartet,  da Efren Lopez all'oud a Mauro Palmas alla mandola…per finire con i pianoforti di Sal Bonafede eccellente jazzista allo stesso Cinque.

torna su

Max De Aloe – “Bradipo”

Max De Aloe – “Bradipo”

Max De Aloe – “Bradipo” – abeat ABJZ 070

Ancora una prova maiuscola di Max De Aloe che si conferma musicista di grande levatura. Ben coadiuvato da Roberto Olzer al piano, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Nicola Stranieri alla batterista, l'armonicista ha confezionato un album che si ascolta con grande interesse dal primo all'ultimo minuto. Come abbiamo già imparato dai precedenti album, Max ama le melodie ampie, distese che riesce a disegnare al meglio con il proprio non facile strumento, dando la giusta profondità ad ogni singola nota che si susseguono, così,  come in una sorta di racconto che ha un inizio, uno svolgimento e una fine. E questo andamento filmico è sottolineato dalla presenza di alcuni brani: “L'aria in mezzo” ispirato a “Mare dentro” di Amenàbar, “Lee and Jackson” espressamente dedicato al grande amore tra Lee Krasner e Jackson Pollock, “Pianosequenza” un omaggio al film “Nodo alla gola” di Hitchcock… per finire con “La strada” di Nino Rota.  Il tutto con momenti di grande trasporto che riescono veramente a toccare chi si avvicina alla musica scevro da ogni superficialità. In quest'ambito tutti i musicisti si esprimono al meglio, con il pianista che non si limita a punteggiare le esposizioni del leader ma si lancia egli stesso in assolo quanti mai centrati (lo si ascolti soprattutto in “La bella Hélène” di Olzer) e con una sezione ritmica perfetta per questo tipo di musica, in grado di fornire sempre il giusto supporto ritmico – armonico. I temi sono tutti molto affascinanti sia che si tratti di composizioni originali del leader o del bassista sia che provengano da repertori altrui come la straordinaria “Pink Floyd Suite”.

torna su

Marcus Miller – “A night in Montecarlo”

Marcus Miller – “A night in Montecarlo”

Marcus Miller – “A night in Montecarlo” – Dreyfus

Siamo a Montecarlo il 29 novembre 2008: gli organizzatori del locale festival danno carta bianca a Marcus Miller ponendogli accanto l'Orchestra Filarmonica di Montecarlo composta da una trentina di musicisti con l'aggiunta di alcune stelle quali il trombettista Roy Hargrove, il chitarrista e cantante Raul Midon… insomma una situazione straordinaria e di grande livello. Ovviamente la cosa non stupisce vista la caratura del personaggio: il bassista è stato figura di primissimo piano nelle formazioni di Davis degli ultimi anni, come testimoniano gli album “Tutu” e “Amandla” rispettivamente del 1985 e '88 in cui Miller è stato autore di molti brani oltre che strumentista presente in tutte le esecuzioni.

torna su

Stefano Pastor, Kash Killion – “Bows”

Stefano Pastor, Kash Killion – “Bows”

Stefano Pastor, Kash Killion – “Bows” – Slamcd 524

Il violinista, flicornista e percussionista Stefano Pastor prosegue lungo la strada, non facile, di una musica di ricerca che in questo caso affronta un'ulteriore sfida: basarsi su due strumenti dalle sonorità piuttosto simili quali violino e violoncello, quest'ultimo nelle mani sapienti del californiano Kash Killion, specialista anche di strumenti indiani. Di qui un album dall'indubbia fascinazione che si apre con incredibile facilità a mondi diversi come quelli influenzati dall'avanguardia (si ascolti il brano d'apertura (“Obstinacy”), da suggestioni indiane (“Shanti”), da reminiscenze monkiane… il tutto vissuto con sincera partecipazione, al di là di qualsivoglia oleografica rappresentazione. E così i due dialogano fittamente per circa cinquanta minuti dando vita a situazioni musicali assai interessanti in cui le voci da un canto si fondono, dall'altro conservano intatta la loro individualità in un equilibrismo senza rete che fatalmente potrebbe compromettere l'esito finale dell'album e che invece ne certifica l'assoluta valenza. Per chiudere vorrei evidenziare la splendida esecuzione di “Ruby my dear” affrontata dai due con grande rispetto anche se in maniera assolutamente straniante ed originale: davvero una performence d'antologia.

torna su

Renzo Ruggieri – “Kramer project”

Renzo Ruggieri – “Kramer project”

Renzo Ruggieri – “Kramer project” – Voglia d'Arte Production 104

Questo è il primo CD ufficiale della nuova etichetta Voglia d'Arte Production (VAP) che ha rilevato anche alcuni CD dell'associazione Promozione Arte; due le direttrici che guideranno questa nuova presenza discografica:  “free improvisation” e  “italian jazz”. L'album che vi presento n questa sede appartiene, ovviamente , alla seconda categoria e nel suo genere rappresenta davvero una sorta di gioiellino. Ho detto tante altre volte che se Gorni Kramer fosse nato al di là dell'Atlantico oggi sarebbe considerato uno dei più grandi jazzisti del mondo. E' nato in Italia e ancora nel nostro stesso Paese c'è chi stenta a riconoscergli la statura di grande musicista. Benissimo ha fatto, quindi, Ruggieri a dedicargli questo omaggio che si è concretizzato dopo il ritrovamento di una valigia in cui Kramer conservava un gran numero di arrangiamenti manoscritti, spesso per formazioni sempre diverse. Di qui la voglia di rifare il repertorio del grande fisarmonicista con una big band “personalizzata” (spiega esplicitamente lo stesso Ruggieri) nel tentativo di restituire all'ascoltatore una musica il più fedele possibile all'originale ma in cui fosse possibile notare anche la “mano” di Ruggieri. Obiettivo raggiunto? A mio avviso perfettamente… e se non ci credete ascoltate l'album… ma con la dovuta attenzione.

torna su

Domenico Sanna – “Too marvelous for words”

Domenico Sanna – “Too marvelous for words”

Domenico Sanna – “Too marvelous for words” – Tosky TSK 002

Ancora un disco d'esordio che questa volta vale il doppio: è il primo album da leader del pianista Domenico Sanna coadiuvato da Giorgio Rosciglione al contrabbasso e Marco Valeri alla batteria, ed à altresì il primo disco jazz della nuova etichetta Tosky Records. La scelta è caduta sul musicista di Gaeta e devo dire che si è trattato di una decisione felice. Domenico Sanna evidenzia una serie di caratteristiche che , se confermate, lo porteranno sicuramente ad ottimi risultati. Innanzitutto una seria preparazione di base, dote oramai indispensabile se ci si vuole affacciare nel mondo del jazz; in secondo luogo una profonda conoscenza della materia che si va a trattare; infine buon gusto nella scelta del repertorio e acutezza nell'indicare i compagni di strada. In effetti Sanna, come sottolinea giustamente nelle note di copertina Dado Moroni, conosce assai bene alcuni grandi pianisti del passato come Ahmad Jamal, Bill Evans, George Shearing senza però trascurare gli artisti di oggi quali Keith Jarrett e Brad Mehldau; ciò non gli ha, impedito, però di forgiare uno stile del tutto personale che si evidenzia soprattutto nella qualità del suono che egli riesce a ricavare dal proprio strumento grazie ad un tocco leggero e morbido e ad un ben calibrato equilibrio sulla dinamica. E su questa stessa strada l'hanno seguito sia Rosciglione sia Valeri sicché è l'intero trio a presentarsi al suo pubblico forte di questa già importante caratteristica costituita da una certa originalità del sound complessivo.

torna su

Anna Sini – “Sound of night”

Anna Sini – “Sound of night”

Anna Sini – “Sound of night” – abeat ABJZ 086

Bel disco d'esordio per Anna Sini, una vocalist che se manterrà le promesse contenute in quest'album potrà ben dire la sua nell'oramai variegato mondo del canto jazz italiano. Con alle spalle un gruppo coeso e in grado di assecondarne il canto tutt'altro che banale, la Sini evidenzia già alcune doti importanti: un timbro dagli apprezzabili chiaroscuri increspato da un leggero vibrato, una naturale eleganza di esposizione, un'ottima predisposizione a stare sul ritmo, un ottimo gusto nella scelta del repertorio. In effetti, specie per un primo album, ci si aspetta di ascoltare pezzi non particolarmente “pericolosi” mentre la Sini ha scelto di cimentarsi con brani tutt'altro che facili: così, accanto a tre originals firmati da Ferraiuolo e Roberts, ha inserito pezzi non molto battuti dai cantanti quali  “Africa di John Coltrane” portata al successo niente di meno che dalla Lincoln ed eseguita da Anna in modo piuttosto originale anche se l'ispirazione alla grande Abbey appare evidente, “Very Early” di Bill Evans, “Norwegian Wood” dei Beatles riletta in chiave prettamente jazzistica, “Girl from Ipanema” un brano sempre arduo da affrontare e soprattutto la splendida composizione di Charlie Haden “Silence”.

torna su

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares