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Randy Weston and his African Rhythms Sextet – “The Storyteller” – Matèma 233279.
La registrazione dal vivo da cui scaturisce l'ultimo album del pianista-compositore afroamericano risale al dicembre 2009, nei locali del Dizzy's Club Coca Cola. L'album è pubblicato sotto l'egida del Jazz at Lincoln Center – une delle massime autorità istituzionali per il jazz – come evidenziato dal breve intervento scritto di Todd Barkan (coproduttore del Cd). Weston, poco conosciuto in Italia ma molto apprezzato in Francia, è uno dei maestri della black-music che, superati gli ottant'anni, continua a produrre, a generare una musica che mentre racconta ed evidenzia la storia diasporica di un popolo si mantiene viva ed attuale. Il pianista si può paragonare ad altri senatori che sono anagraficamente tra gli ottanta ed i novant'anni eppure sempre attivi in quanto a creatività e, in alcusi casi, docenza: Ornette Coleman, Sonny Rollins, Barry Harris, Jim Hall, Yusef Lateef. La musica di Randy Weston ha da sempre un respiro ampio, uno spessore epico pur essendo antiretorica e molto legata alla fisicità del suono e del corpo. Ha una matrice fortemente ritmica e timbrica: il pianista ha da decenni raggiunto una sintesi pressoché perfetta fra alcuni dei ritmi africani (nel Continente Nero Weston ha viaggiato e vissuto a lungo, a Tangeri) ed una scansione jazzistica. L'album si apre con un solo-piano dedicato al percussionista cubano Chano Pozo (introdusse i ritmi della sua isola nel bebop nei tardi anni '40) che sfocia naturalmente in “African Sunrise”; qui, su un ritmo afrolatino, l'altista T.K.Blue cità più volte “A Night In Tunisia” ed altri brani gillespiani e parkeriani. Il sestetto comprende anche il trombonista veterano Benny Powell (scomparso dopo la registrazione: l'album gli è dedicato), il contrabbassista virtuoso Alex Blake, il batterista Lewis Nash ed il percussionista Neil Clarke. Il resto dell'esibizione (nove brani) sono riuniti sotto il titolo “The African Cookbook Suite”. Weston cita un suo album omonimo e propone una serie di composizioni che hanno segnato la sua poetica (“Hi Fly” scritto nei primi anni '60 dopo il primo viaggio in Africa) e nuove partiture.
Nel retro della copertina campeggia una vasta savana con un solo, immenso albero: a questo paesaggio ben si connette il senso quasi di infinito di “The Shrine” mentre la conclusiva “Love, The Mystery Of”, del compositore africano Guy Warren, suggella concerto e registrazione con i suoi colori cangianti ed il ritmo ipnotico. Da ricordare, infine, che nel 2010 il pianista ha pubblicato per la Duke University Press (si può comprare su motema.com) “The Autobiography of Randy weston”, frutto di lunghe conversazioni rielaborate da Willard Jenkins. (Luigi Onori)

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