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Fabrizio Bosso – “Plays enchantment”

Fabrizio Bosso – “Plays enchantment”

Fabrizio Bosso – “Plays enchantment” – Schema Records RW145

Era fin troppo facile prevedere che ci sarebbero stati molti omaggi discografici al grande Nino Rota: la cosa si è puntualmente verificata ma ciò nulla toglie alla valenza di questo album che vede un quartetto jazz capitanato dal trombettista Fabrizio Bosso e completato da Claudio Filippini al piano, Rosario Bonaccorso al contrabbasso e Lorenzo Tuccci alla batteria interagire niente di meno che conla London SymphonyOrchestra, con la direzione e gli arrangiamenti del maestro Stefano Fonzi. L'album ha avuto una gestazione piuttosto lunga: come confessa lo stesso Bosso ci son voluti cinque, sei mesi di lavoro con Stefano Fonzi soprattutto per “sistemare la parte jazz”. Dal Canto suola Lodon SymphonyOrchestraha accettato la richiesta di Fonzi e Bosso dopo aver visto su youtube alcune esibizioni del trombettista. Ora mettere assieme una grande orchestra sinfonica ed un combo di eccellenti jazzisti non significa automaticamente ottenere buoni risultati; questa volta, comunque, l'obiettivo è stato centrato appieno. L'album si presenta come una sorta di suite di circa 50 minuti in cui rivivono alcune delle pagine più belle di Nino Rota, da “Otto e mezzo” a “Romeo e Giulietta”, da “Amarcord” al “Gattopardo”, da “La Strada” al “Ragazzo di Borgata” edito dalla nel 1976 solo su 45 giri… fino alla “Dolce Vita”: insomma tutti brani di Nino Rota ad eccezione di “Enchantment” , scritto da Stefano Fonzi. Le partiture di Rota sono affrontate conil massimorispetto tanto che la splendida linea melodica delle composizioni mai viene messa in discussione; sia l'orchestra sia il quartetto si muovono quasi in punta di piedi e gli interventi solistici specie di Bosso e di Filippini (splendido l'assolo in “Romeo e Giulietta”) servono per lo più a focalizzare ancora meglio l'attenzione dell'ascoltatore sulla musica di Rota. Insomma non una rivisitazione in chiave jazzistica dell'opera di Rota ma una sorta di contaminazione per cui nell'impianto originale vengono immessi inserti jazzistici mai invadenti. Così Bosso dialoga con l'orchestra improvvisando spesso ma in maniera sempre contenuta, magnificamente sorretto da Filippini, Bonaccorso e Tucci mentre l'orchestra sottolinea l'ampio respiro delle melodie di Rota. Infine una notazione la merita il brano di Fonzi: il compositore è riuscito a cogliere appieno quella malinconia insita nelle pagine di Rota e a ripresentarcela in forma diversa.

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