Tempo di lettura stimato: 2 minuti

Concha Buika

Concha Buika

Un minimo di irritazione frammisto a tanta delusione: queste le sensazioni dopo aver ascoltato il concerto di Concha Buika martedì 28 marzo all'Auditorium Parco della Musica di . Mi ero imbattuto in Buika quasi casualmente, mentre preparavo una serie di conferenze sul tema dei rapporti tra ritmi afro-cubani e jazz. Mi aveva molto incuriosita questa cantante di flamenco dalla pelle nera; poi, approfondendo l'argomento, avevo scoperto che Concha non si limitava a cantere il flamenco ma lo contaminava con stilemi jazzistici dando vita a qualcosa di assolutamente inedito ed affascinante. Per cui la prima volta che capitò a Roma mi precipitai a sentirla e ne rimasi estasiato.

Adesso, Buika è cambiata, è cambiata molto… e purtroppo non in meglio. Quando l'ascoltai per la prima volta, ebbi la netta sensazione che la vocalist, con le sue canzoni, volesse comunicare al pubblico tutta la propria anima, tutto il proprio dolore per una esistenza difficile che, sì, l'aveva portata al successo ma dopo tante, forse troppe, vicende non del tutto felici.

Ora, invece, l'artista, forse appagata dal successo planetario, sembra più interessata al lato ludico della musica… tanto per intenderci a far divertire il pubblico piuttosto che ad emozionarlo. Così, ad esempio, anche la riproposizione di “Mi niña Lola” sembrava aver perso per strada quella carica di pathos che contrassegnava l'originaria interpretazione.

A questo punto qualcuno potrà obiettare che forse sto esagerando, che forse sono un po' troppo cattivo, e probabilmente avrà ragione: il fatto è che quando ti aspetti qualcosa da qualcuno che stimi particolarmente, il fatto che le tue aspettative non trovino riscontro nella realtà ti addolora particolarmente.

Comunque, fermo restando quanto sin qui detto, Buika ha confermato di essere una vocalist di livello assoluto. Il concerto inizia in modo particolare con la tromba sordinata che esegue qualche frase in pieno stile il che potrebbe preludere ad un concerto molto versato sul lato jazz. Invece poco dopo entra in scena Concha, fasciata in un abito di lamé, che accompagnata dalle sole tre percussioni inanella una serie di brani che nulla hanno a che vedere con il jazz. Quando poi entra in campo la formazione per intero, vale a dire con l'aggiunta di pianoforte e chitarra, le cose si riequilibrano e ascoltiamo quel genere di musica così particolare, proprio dell'artista, in cui convivono jazz, flamenco musica etnica, pop. Si susseguono così “Misery”, “Volveras” particolarmente coinvolgente, “Don't let mi be lonely tonight”, “El ultimo trago”… insomma vecchi successi accanto a pezzi nuovi tutti porti con grande professionalità e impreziositi da quella voce così straordinaria, una voce dal registro brunito che non disdegna di misurarsi sulle ottave più alte ma che, soprattutto, può vantare un'intonazione assolutamente formidabile: Buika può cantare diverse battute a cappella e poi entrare perfettamente sulla nota così come gli altri strumenti, con una precisione che ha dell'incredibile. Il pubblico percepisce queste doti e l'applaude, l'applaude lungamente chiedendogli un bis che lei concede volentieri.

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares