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Ada Montellanico – “Suono di donna”

Ada Montellanico – “Suono di donna”

Ada Montellanico – “Suono di donna” – Incipit 138
Ecco un' Ada che non ti aspetti, un'Ada che ti spinge ad ascoltare il suo ultimo disco almeno un paio di volte ma che alla fine ti gratifica trasportandoti su un terreno diverso rispetto a quelli da lei precedentemente esplorati. In effetti come tutti i veri artisti Ada Montellanico non si è mai riposata sui allori, cercando sempre nuove vie espressive per meglio estrinsecare la propria natura, il proprio essere. Non dimentichiamo che la Montellanico è stata tra le prime, se non la prima in senso assoluto, ad adoperare la lingua per cantare jazz, quella lingua italiana prima considerata del tutto inadatta a stilemi jazzistici. Ada ci ha provato ed ha aperto una nuova via. Adesso ci risiamo nel senso che la vocalist romana tenta un altro azzardo centrando ancora una volta l'obiettivo: abbandonare la veste di solo vocalist per andare più a fondo nella musica che si intende proporre. Come? Elaborando un progetto non banale, scegliendo la strumentazione più adatta (presenza contemporanea di clarinetto basso, basso tuba e trombone) e collaborando in prima persona all'arrangiamento la cui responsabilità principale ricade, comunque, su un altro eccellente musicista da lei stessa scelto, il trombettista siciliano Giovanni Falzone. Nasce così “Suono di donna”, un concept album in cui la cantante interpreta brani scritti da donne e provenienti non solo dal jazz: ascoltiamo così, nell'ordine, composizioni di Joni Mitchell, Carmen Consoli, Ani DiFranco, un original firmato Montellanico-Falzone, Carla Bley, Maria Schneider, Bjork, un altro original di Ada, Abbey Lincoln e Carol King. Come si nota un programma quanto mai variegato che avrebbe potuto determinare una certa discontinuità dell'opera. Viceversa Ada è stata tanto brava da ammantare ogni brano della veste giusta dando più rilievo ora alle parole ora alla veste orchestrale. Si ascolti, al riguardo, l'abilità con cui la vocalist da un canto fa risaltare gli splendidi testi della Consoli, dall'altro evidenzia gli arrangiamenti di due brani straordinari come quelli di Carla Bley e Maria Scnheider anche a costo di non mettere in primo piano la voce. Insomma un disco davvero notevole cui vanno i nostri più sinceri complimenti.

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