Un breve bilancio della stagione estiva
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Cari amici,eccoci ancora qui, dopo un’estate davvero rovente: rovente per il gran caldo che abbiamo avuto a luglio ed agosto, rovente perché la situazione socio-economica del Paese non mostra segni evidenti di miglioramento, anzi… Certo, la crisi finanziaria sembra aver raggiunto il suo acme per cui le cose dovrebbero migliorare, ma è l’economia reale quella che va davvero male. Lo stesso Monti ha dovuto ammettere che i provvedimenti assunti per sistemare i conti pubblici hanno avuto un pesante effetto depressivo; di qui la continua chiusura di fabbriche con conseguente perdita di posti di lavoro, fenomeno che a nostro avviso proseguirà almeno fino alla metà del prossimo anno, sempre che i tanto auspicati provvedimenti per la crescita ottengano l’effetto sperato.
In questa situazione, per tornare alla materia che più ci interessa in questa sede, c’è un dato che contrasta con la logica: nonostante la crisi nera, anche quest’anno durante il periodo estivo il nostro Paese s’è trasformato in una sorta di maestoso teatro all’aperto per ospitare rassegne di musica jazz. Alcune realtà sono state cancellate, altre hanno avuto vita difficile, ma se si va a guardare il panorama generale si vedrà come anche in questo 2012 festival jazz si sono svolti in ogni regione italiana a conferma di una tendenza oramai in atto da molto tempo.
Espressa la soddisfazione propria dell’appassionato di jazz, forse è opportuno andare più a fondo per porsi innanzitutto una domanda: ma quanti di questi festival sono davvero eventi degni di attenzione? Quante di queste manifestazioni si basano su una programmazione degna di questo nome, su un fil rouge che leghi i vari concerti, insomma su una pur minima progettualità? Quanti organizzatori si prendono la briga di presentare nuovi talenti invece che ricorrere ai soliti nomi triti e ritriti?
Se vogliamo essere onesti, i festival che rispondono a siffatti requisiti si contano, forse, sulla dita di una sola mano. Il caso più evidente è quello di Umbria Jazz sicuramente la manifestazione italiana più importante quanto a concorso di pubblico: ebbene è mai possibile che per l’ennesima volta ci vengono presentati gli stessi musicisti, alcuni certo bravissimi; non si potrebbe fare qualcosa di più e di meglio, magari diminuendo le serate, risparmiando qualche soldo, e premiando qualche giovane?
Ci rendiamo conto che una logica del genere non appartiene ai nostro solerti organizzatori eppure qualcosa bisogna fare pena una decadenza da cui sarà sempre più difficile uscire. Non a caso, archiviata la stagione dei festival, si torna ad una situazione assai difficile per cui i dischi non si vendono, i musicisti vengono pagati poco e male, il pubblico comincia a scarseggiare.
la cosa non ci tange…. anzi noi abbiamo puntato sui giovani quest’anno, non avendo purtroppo budget considerevoli, anzi… miseri se paragonati a certi altri festival ma, gratuitamente, abbiamo dato la possibilità di conoscere gente nuova….. speriamo che ne sia valsa la pena….. 🙂 Marigliano in Jazz
Concordo pienamente con le considerazioni esposte. Sono rarissime le manifestazioni che si arrischiano a presentare un programma sviluppato in autonomia . E’ più facile spendere qualche soldo in più, ma andare sulla sucurezza dei ” soliti noti ” piuttosto che investire su giovani emergenti, anche se di qualità a volte superiore e, quando si trovano musicisti diversi, molto spesso hanno il merito di essere amici del musicista nominato ” direttore artistico” di quel festival e qui mi fermo perchè qui si apre un capitolo che meriterebbe di essere affrontato in più spazio e con più tempo, così come quello della competenza dei suddetti responsabili artistici in materia jazzistica e di mercato jazzistico. Sarebbe bello, comunque, parlarne un po’.