Per ricordare lo storico locale serata evento venerdì 16 novembre

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Massimo Urbani

Massimo Urbani

Venerdì 16 novembre, presso “L'Asino che vola”, a Roma, un gruppo di musicisti e, speriamo, un pubblico numeroso si riuniranno per celebrare quella che è stata una delle più belle realtà musicali del panorama romano e nazionale: il “Folkstudio”.
Il locale, gestito con grande amore – è proprio il caso di usare questo termine – da Giancarlo Cesaroni, ha rappresentato moltissimo per l'evolversi della musica nel nostro Paese. Situato in un palazzo nel cuore di Trastevere, non si può certo dire che fosse un luogo particolarmente lussuoso. Si entrava attraverso una scalinata stretta e si accedeva al bar, uno stanzone con un grande bancone dietro il quale l'accogliente Gabriella serviva le bevande richieste. Una tenda ed eccoci all'interno dello spazio-musica: le pareti insonorizzate con sacchi di iuta, una pedana alta una quindicina di centimetri e poche panche dove accomodarsi alla meglio. Ma quando iniziava la musica, potevi davvero sentir volare una mosca.
L'atmosfera era straordinaria, raccolta, di vera partecipazione: i giovani musicisti avevano la possibilità di esprimersi in totale libertà e il pubblico era consapevole di assistere, comunque, a degli sforzi sinceri che poco o nulla avevano a che fare con le mode imperanti; insomma una sorta di rifugio dove fare ed ascoltare una musica diversa da quella che impazzava per radio e televisione. Non bisogna dimenticare che si era agli inizi degli anni '60 quando ancora cuore faceva rima con amore… e via di questo passo.

A questo punto interviene la grande intuizione di Giancarlo Cesaroni: dedicare espressamente il locale agli esordienti della canzone d'autore: così, nell'arco di poco tempo, al Folkstudio suonano e si formano alcuni dei nomi più significativi del cantautorato italiano, da Francesco De Gregori ad Antonello Venditti, da Ernesto Bassignano a Edoardo De Angelis, da Renzo Zenobi a Stefano Rosso, da Sergio Caputo a Grazia Di Michele… a Rino Gaetano; eguale attenzione alla musica popolare e quindi grande spazio a Giovanna Marinuzzi, Maria Carta Matteo Salvatore… sino alle nuove proposte di musica sudamericana con i Quilapayun o i Condores nel 1968-1969, sino a Daniel Viglietti nel 1976, con i Black Jack David irlandesi del 1977.
Sempre nel tentativo di presentare un' alternativa alla banalità della musica di consumo, nel '75 nasce l'etichetta discografica il cui catalogo, alla fine dell'avventura, conterrà registrazioni di Mimmo Locasciulli, Chalot, Infantino, Harman, Sannucci, Folk Magic Band, i Tarantolati, Schiano, Guaccero e Nacchere Rosse.
Nella sua immaginifica visione della musica, Cesaroni non trascurò il jazz cui anzi fornì un contributo tutt'altro che trascurabile: nel 1963 presentò al pubblico romano TommasoVittorini e Massimo Urbani due artisti che avrebbero conquistato vertici internazionali. E poi ancora , Michele Ascolese… e molti, molti altri.
Insomma una vera e propria fucina di talenti; venerdì, come si accennava in apertura, molti musicisti hanno già dato la loro adesione alla serata-evento, artisti quali Ernesto Bassignano, Edoardo De Angelis, Giovanna Marinuzzi, Francis Kuipers, Ugo Mazzei, Sandro Petrone, Erica Boschiero, Peppe Fonte, Francesco Di Vicino, Mimmo Cavallo, Tony Cercola, Paola Donzella, Anna Maria Castelli, Banda Jorona.
In conclusione consentitemi un ricordo del tutto personale: quando arrivai a Roma, nel '70, cominciai a lavorare per un quotidiano economico e riuscii a piazzare una rubrica di jazz in terza pagina. Grazie a questo “spazietto”, mi presentai a Cesaroni e da quel momento il “Folkstudio” divenne per me una sorta di seconda casa dove andare a trascorrere buona parte delle mie serate, accolto sempre con grande affetto nonostante non avessi in tasca il becco di un quattrino.

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