Quando la musica è aperta al mondo

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Foto Daniela Crevena

Ogni festival del Jazz in Italia si distingue dagli altri per una sua precipua caratteristica, che dipende da molti fattori.
L' Open di Ivrea è diverso da tutti gli altri per il fortissimo legame che Massimo Barbiero ha con il suo territorio non solo eporediese ma anche del canavese intorno. Questo legame, lungi dall' essere un legame “costringente” e provincialistico è piuttosto, come spesso abbiamo sottolineato, un punto di partenza, un trampolino di lancio per valori (culturali e sociali) condivisibili in assoluto.
Il tramite per questa condivisione è naturalmente la musica. In tutte le sue multiformi potenzialità: che passi (come per la prima parte del Festival, in cui purtroppo non eravamo presenti) per l' importante progetto di Enten Eller con l' Orchestra Exstinzione – performance non solo musicale, forte dei testi di Franco Bergoglio e delle foto e videoproiezioni di Luca D' Agostino – testimonianza di una realtà territoriale posteriore alla dismissione dell' Olivetti ma che testimonia nel particolare valori di certo universali; o che passi , come in questa seconda parte del Festival, attraverso concerti che anche solo per la estrema differenza tra progetti, mostrino le enormi potenzialità della musica e del Jazz. E la diversità non è forse sinonimo di apertura, soprattutto culturale, valore insito già esplicitamente nell' intitolare questo Festival “Open World Jazz Festival”?
Performance anche in questo caso non solo musicali (stage di danza, mostre fotografiche, aperitivi con specialità del territorio), concerti in comuni differenti; qui su “A proposito di Jazz” vi documenteremo i quattro concerti a cui abbiamo assistito.

SABATO 3 NOVEMBRE
Ivrea, ore 18.30, Sala Santa Marta – Concerto Aperitivo

Davide Merlino: vibrafono; Dario Trapani: chitarra; Simone Prando: basso elettrico
Riccardo Chiaberta: batteria

I MU quartet si autodefiniscono vicini al NuJazz, al Jazz di origine indoeuropea, nonché a sonorità elettroniche, jazzistiche, rock, insomma si propongono come artefici di nuove contaminazioni. Noi abbiamo sentito echi di World Music, Lounge, Swing, alcune atmosfere Rock, musica indiana, Funky ed altro ancora.
Senza cercare traccia di ognuna di queste suggestioni – intento didascalico che risulterebbe fine a se stesso – ciò che si è ascoltato è una musica di atmosfera, suggestiva, in cui il quartetto ha mostrato una tendenza tutt' altro che “finita” (in senso di definitivamente strutturata) a ricercare un flusso sonoro uniforme, nonostante gli ampi spazi dedicati ai soli improvvisativi. Note tenute a lungo in attesa di arrivare ad un timbro suggestivo, atmosfere volutamente eteree, progressioni fisse di accordi sui quali si impernia di volta in volta uno sviluppo tematico che rimane comunque “ipnoticamente” circolare; incursioni esotiche in estremo oriente (compreso un breve episodio vocale che potremmo avvicinare al canto tibetano, ad opera dello stesso Merlino).
Il quartetto (Merlino si conferma ottimo vibrafonista e percussionista) crea dapprima un tessuto armonico – ritmico spesso circolarmente reiterato, in modo da predisporre l' ambiente e chi ascolta quasi ad un rilassamento sensoriale (non anestetico, anzi denso di suggestioni) sul quale poi la creatività – collettiva ed anche individuale – ha base per dipanarsi in grande libertà. Per ottenere questo potete immaginare quanta coesione sia necessaria in un quartetto che ha come fine quello di ottenere varietà di timbri, fluidità, flussi sonori ondivaghi e dinamiche dalle sfumature continue.

Ivrea, Teatro Giacosa – ore 21.30

Odwalla & Hamid Drake – The world of percussion and Dance;
Massimo Barbiero: marimba, vibes, steel drum e percussions; Matteo Cigna: vibes, marimba, steel drum, dum dum; Stefano Bertoli: drums; Andrea Stracuzzi: percussions, steel drum; Alex Quagliotti: drums, steel drum; Doudù Kwateh: percussion; Doussu Tourrè: Djembè; Thomas Guei : Djembè
Laura Conti, Sabrina Olivieri, Marta Raviglia: vocal; Sellou Sordet, Gerard Diby, Lucien Koffi, Willy Romuald, Astride Géridan: dance
Special guest: Hamid Drake

Odwalla è un gruppo che si può ascoltare mille volte senza poter dire fino in fondo “il concerto era lo stesso della volta prima”. Un po' perché il gruppo di sole percussioni spesso si arricchisce (o si priva, per motivi squisitamente espressivi) di qualche elemento, il che fa la differenza. Un po' perché c'è una rilevante parte improvvisativa che per forza di cose fa “cambiare le carte in tavola” anche se i brani portati in scena sono gli stessi. In effetti Massimo Barbiero può contare sulla versatilità sonora del suo gruppo ed accostarvi ospiti anche diversissimi (dal punto di vista stilistico o anche solamente di genere – strumentale e vocale) senza che essi mai sembrino “avulsi” da un contesto pur così riccamente connotato.
Ad Ivrea stavolta con Odwalla c'erano tre voci femminili (Laura Conti – già essenziale nell' orchestra Exstinzione, Marta Raviglia – voce notevole del panorama jazzistico italiano dotata di una versatilità davvero rara, e Sabrina Olivieri – voce “gospel” ma non solo), e il batterista statunitense Hamid Drake. Drake, dotato di una forte personalità artistica ha donato questa sua irripetibilità ad un gruppo che come si diceva è affiatatissimo, riuscendo nell' impresa duplice di emergere come solista ma anche in quella non facile di amalgamarsi in maniera armonica nel complesso intreccio di voci, poliritmie, ritmi arditissimi (sia simmetrici ma resi asimmetrici con le accentuazioni, che asimmetrici di ogni genere fino ad esplodere in un finale strutturato in 7 + 8 ), interagendo con le altre due batterie , le multiformi percussioni di Doudù Kwateh, gli esplosivi e inesauribili Djembè di Tourrè e Guei, la marimba e il vibrafono di Barbiero e di Cigna. La straordinarietà della cosa non è certo nella capacità tecnica di Drake (che è ovvia), ma nella sua elevatissima capacità artistica, nella sua musicalità, che hanno reso questo concerto un evento ancora più spettacolare di quanto già non sia (e vi garantiamo che lo è moltissimo).
Anche perché con Odwalla si torna all' unione della musica con l' aspetto coreografico della danza, e quindi ad un importante e fondante aspetto visivo dei suoni. Quella di Odwalla non è musica che nasce per accompagnare la danza: quella di Odwalla è musica sorgente di danza così come la danza che avviene sul palco dà impulso alla musica. Non si può nemmeno catalogare la danza come “Afro”. E' la celebrazione del movimento, del ritmo, del battito cardiaco sviluppato in ogni modo all' ennesima potenza o all' ennesima potenzialità. Ma – non paia strano – è anche la celebrazione di temi melodici che vengono esposti dalla marimba ma che poi passano per ogni strumento a percussione. Da momenti di inaudita dolcezza e rarefazione a momenti di potente energia in cui tutti gli strumenti suonano – vibrano – tintinnano – risuonano, a momenti in cui è l' acqua a risuonare, descrivendo ed evocando paesaggi naturali che potrebbero essere in ogni angolo della terra, non c'è un attimo di stasi emotiva o creativa.
Ci sono anche duetti (vedi quello tra la marimba di Barbiero e il tamburo di Drake) in cui emerge tutta la sensibilità reciproca tra musicisti che oltretutto creando si divertono. E' proprio Barbiero, con la sua marimba, a dare sempre il segnale per una nuova presentazione tematica, o per la ripresa di un originario episodio di partenza, o per l' esposizione di un nuovo tema ritmico. Tutto diventa descrittivo, ma tutto può in ogni momento divenire simbolico. Addirittura poetica la voce di Doudù Kwateh, in uno dei brani, così come in quel contesto diventano poetici gli energici assoli di Drake.
I danzatori sono a dir poco emozionanti: e Sellou Sordet ha un' energia ed una grazia tali da lasciare senza fiato. Vorremmo poter avere maggiori conoscenze sulla danza perché la parte coreografica di questi ballerini è veramente notevole e meriterebbe una recensione a parte.

DOMENICA 4 NOVEMBRE
Montalto Dora, biblioteca, ore 18.30

Norbert Dalsass Trio; Norbert Dalsass: contrabbasso; Enrico Terragnoli: chitarra
Sbibu: percussioni

Lo strano, incredibile caso del concerto senza location, o meglio: di un bel concerto – particolare, curato, nuovo come sonorità – in una location che definire inesistente non è bastevole. E' dunque fortemente da sottolineare la bravura dei musicisti dal punto di vista musicale, ma anche la loro pazienza, la loro indiscutibile nobiltà d' animo, la loro gentilezza nei modi e la loro disponibilità per aver accettato di suonare in un risicatissimo androne di una minuscola biblioteca (spazio offerto dall' amministrazione locale) che è di certo un piccolo delizioso e meritevole spazio di lettura per la cittadina di Moltalto ma che in nessun modo si poteva pensare potesse diventare luogo adatto per suonare ed ascoltare il Jazz.

I musicisti si sono adattati, le persone si sono adattate (in piedi in un angolo, il chitarrista Terragnoli invisibile dietro ad una colonna) e il concerto è comunque andato in scena.
Limitiamoci a descrivere la musica: musica di sapore nordico, ma molto di più, effetti elettronici suggestivi che si intrecciano con l' acustica elegante del contrabbasso e della batteria, atmosfere meditative (che avrebbero avuto un loro bellissimo effetto in un luogo più consono invece che con la luce al neon che “smartellava” ovunque), momenti “notturni” e quasi cupi ed improvvise esplosioni di suono. Effetti naturalistici di acqua, aria, non solo elettronici . Tutte composizioni originali, originali anche come suono, un bel concerto che più che non valorizzato è stato purtroppo di fatto ostacolato.

Anfiteatro comunale Angelo Burbatti ore 21.30

Sphere feat. Fabrizio Bosso; Roberto Spadoni: guitar; Stefano Menato: alto sax, clarinet; Fiorenzo Zeni: tenor sax, clarinet; Giorgio Beberi: baritone sax, bass clarinet; Paolo Trettel: trumpet; Christian Stanchina: trumpet; Luigi Grata: trombone; Roland Gruber: tuba; Stefano Colpi: double bass; Stefano Bertoli: drums
Special guest Fabrizio Bosso: trumpet

E' il trentennale della morte di Thelonius Monk e Roberto Spadoni (chitarrista ma anche , compositore e direttore d' orchestra) con la sua orchestra “NP Monk Collective” presenta un concerto tutto dedicato ad un genio, non si finirà mai di dirlo, della musica Jazz.
Come abbiamo sottolineato all' inizio Ivrea Open World si distingue, essendo un festival “aperto”, per la grande varietà stilistica di musica che il direttore Massimo Barbiero decide di proporre. E questo “Sphere” è stato un appuntamento con il Jazz propriamente detto, con i brani più amati ma anche quelli meno noti di Monk, arrangiati in maniera fresca ma mai snaturandone il sound. Ed ascoltare il Jazz è sempre, sempre, sempre bello. Spadoni oltretutto piacevolmente, durante il concerto, spiega, racconta, svela aneddoti o particolari, prima di ogni brano, e questo importante decrittare rende la musica ancora più appassionante.
La Big Band è affiatata, i soli sono curati, c'è swing, gli scambi tra solisti ed orchestra sono divertenti, gli obbligati molto ben congegnati.
Fabrizio Bosso è un fuoriclasse, e proprio per questo si può permettere di essere pacato, elegante, perfettamente amalgamato all' orchestra. Al momento dei soli sa sprigionare tutta la sua personalità swingando, inventando infiniti fraseggi, percorrendo tutti i suoni possibili della sua tromba, facendo sfoggio di accenti e dinamiche che sono di per sé un' improvvisazione nell' improvvisazione, che con Bosso non è mai solo tematica ma musicale in senso lato.
Belli i soli di chitarra di Spadoni, espressivo e tecnico ad un tempo, e belli i suoi arrangiamenti, nonché fondamentale per la Band per il suo essere musicalmente trascinante.
“Round Midnight” non poteva mancare, con il suo tema esposto da Bosso, il raddoppio nello sviluppo ed un finale suggestivo, poetico, con effetti: una versione classica ma non così tanto da apparire “già suonata”. Interplay, passione, improvvisazione, swing: un bel modo per concludere (con meritati applausi) un fine settimana densissimo di musica per tutti i gusti.

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