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sad musicianCari amici,

eccoci ancora qua dopo l'indispensabile pausa estiva. Chi si augurava una ripresa almeno a tinte cangianti si dovrà sostanzialmente ricredere: dal punto di vista economico le cose vanno ancora maluccio, di politica è meglio non parlare… ma non è che il nostro universo di riferimento, il jazz, ci dia poi così tante soddisfazioni. Nel pieno della  calura estiva è esploso lo scandalo dei festival che non pagano, fenomeno ad onor del vero non del tutto nuovo su cui mi riservo di intervenire quando avrò le idee più chiare. La stagione dei festival si sta concludendo con un bilancio tutto sommato negativo per quella reiterata mancanza di progettualità cui abbiamo più volte fatto riferimento e per la reiterata volontà degli organizzatori di puntare sempre sugli stessi nomi pur di non rischiare alcunché (Keith Jarrett docet). E così si va avanti tra proteste generali che purtroppo a nulla approdano.

Protestano, giustamente, i musicisti che – guarda un po' – vogliono essere pagati per le loro prestazioni; protesta il pubblico che magari vorrebbe ascoltare e vedere qualcosa di nuovo; protestano gli organizzatori che, invece di spremersi le meningi e , se del caso, rinunciare a qualcosa, preferiscono mungere ancora la “vacca pubblica” le cui mammelle si sono però prosciugate; protestano tutti assieme – musicisti, critici, organizzatori, politici – per ottenere una “legge che in accordo con la SIAE e l'ex ENPALS annulli le procedure burocratiche e i permessi per i locali – di qualsiasi tipo – che ospitano chi si esibisce dal vivo” almeno con riferimento ai locali che non possono contenere più di 200 persone; protestano ancora tutti assieme – musicisti, critici, organizzatori, politici – per il modo, veramente assurdo, in cui vengono distribuiti i finanziamenti del F.U.S. (Fondo Unico Spettacolo). Proteste che, fino a questo momento, non hanno sortito effetto alcuno né credo che ne sortiranno se non cambia radicalmente la situazione della cultura in Italia. Ma questo è un discorso molto più complesso su cui mi piacerebbe che i nostri lettori intervenissero.

Nel nostro piccolo noi protestiamo per il linguaggio che si usa quando qualcuno ci scrive per manifestare il proprio dissenso nei confronti di ciò che diciamo: ma è mai possibile che non si riesca a mantenere un dialogo, seppure a distanza, in termini civili? E' mai possibile considerare chi non la pensa come te un idiota o uno str…? E' mai possibile che l'aggressività abbia sempre la meglio sul ragionamento?

Comunque noi proseguiremo per la nostra strada, manifestando le nostre opinioni per fortuna libere da qualsivoglia condizionamento, nella speranza che siate sempre più numerosi a seguirci, magari sollecitando cambiamenti e innovazioni. Statene sicuri: ne terremo conto!

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